15 dicembre 2020

L’appassionata canzone di Bob Dylan “Murder Most Foul,” la storia dell’assassinio di JFK e l'”Intervista”


Provate ad immaginare una cosa del genere: un cosiddetto esperto di storia presidenziale di un grande network pubblica un’intervista sul giornale più famoso del mondo con il cantautore più famoso del mondo, che ha appena scritto una appassionata canzone in cui acccusa il governo degli Stati Uniti di aver partecipato all’assassinio del più famoso presidente americano moderno e l’intervistatore non fa neanche una domanda al cantante sulle specifiche accuse presenti nella sua canzone, se non per chiedergli se fosse rimasto sorpreso del fatto che la sua canzone era la n°1 della classifica di Billboard e porgli altri quesiti di argomento musicale e culturale che non hanno niente a che vedere con l’assassinio [del presidente].

Smettete di immaginare. Perché questo è esattamente ciò che Douglas Brinkley, storico presidenziale della CNN, ha appena fatto nella sua intervista del 12 giugno 2020 con Bob Dylan, pubblicata sul New York Times. L’intervista chiarisce in maniera inequivocabile che Brinkley non è minimamente interessato a ciò che Dylan ha da dire sull’assassinio del presidente degli Stati Uniti John F.Kennedy, il cui barbaro omicidio rappresenta l’emblema dell’involuzione degli Stati Uniti e della loro trasformazione in quella che, attualmente, è una vera e propria cloaca. Brinkley ha un’altra agenda.

Introduce l’intervista parlando della sua relazione con Dylan e ci dice che, grazie ad essa, si era sentito “a suo agio” quando lo aveva contattato nel mese di aprile, subito dopo l’uscita della sua canzone sull’assassinio di JFK, “Murder Most Foul.” Cita all’uopo un pezzo del New York Times di John Pareles, in cui Pareles descrive l’uscita della canzone come una vera e propria sorpresa: “L’assassinio di John F. Kennedy è la sua essenza e il suo trauma emotivo principale (“l’anima di una nazione è stata strappata via / e sta iniziando a decadere lentamente”) mentre Dylan cerca di trovare risposte, o almeno indizi, nella musica.


Questo è semplicemente falso, perché Dylan, enfaticamente, non cerca di trovare risposte o indizi sull’omicidio di JFK, ma espone con coraggio la sua risposta. Se ascoltate la sua voce penetrante e seguite attentamente il testo, potreste essere sorpresi di sentirvi dire, non da qualcuno che potrebbe essere liquidato come una sorta di insoddisfatto “pazzo cospirazionista,” ma dal musicista più famoso del mondo, che c’era stata una cospirazione da parte del governo per uccidere JFK, che Oswald era innocente e che i veri assassini avevano poi preso di mira il fratello del presidente.

Ma, né a Pareles né all’intervistatore e storico presidenziale Brinkley interessano veramente le risposte di Dylan. Come avevo scritto cinque giorni dopo l’uscita della canzone, era chiaro che i media mainstream erano già all’opera per distrarre i lettori dal nucleo centrale del messaggio di Dylan:

Mentre l’uscita della canzone era stata ampiamente riportata dai media mainstream, non ci è voluto molto perché quegli stessi media seppellissero la verità delle sue parole sull’assassinio sotto uno spettacolo di verbosità, destinata a condannare tramite blande lodi. Come tendono a fare i media in una cultura che esalta le celebrità dello spettacolo, il loro focus è tutto sui riferimenti culturali pop della canzone, il resto sono banalità sull’assassinio e sulle “teorie del complotto,” condite con insinuazioni vergognose e gratuite su Dylan, che sarebbe strano, ossessionato o vecchio. Come dice la canzone, “l’hanno ucciso una volta e l’hanno ucciso due volte,” quindi ora possono ucciderlo una terza volta, e poi una quarta, all’infinito. E ora bisogna liberarsi del messaggero di brutte notizie, insieme al presidente morto.

Brinkley continua questo insabbiamento con il pretesto di promuovere il prossimo album di Dylan, Rough and Rowdy Ways, mostrando il suo apprezzamento per la musica di Dylan e il suo genio e ponendo domande che enfatizzano le allusioni culturali e musicali del nuovo album, cercando nel, frattempo, di non concedere il minimo spazio all’esplosivo messaggio di Dylan.

Ecco la domanda di apertura di Brinkley, l’unica semidiretta che lo storico presidenziale ritiene degna di essere fatta riguardo a “Murder Most Foul” e all’assassinio di un presidente americano. Questa domanda apre l’intervista e chiude la porta ad ulteriori indagini. È anche una domanda ridicola:

Murder Most Foul” è stata scritta come un elogio nostalgico per un tempo perduto?

A cui Dylan risponde:

Per me non è nostalgica. Non penso a “Murder Most Foul” come ad una glorificazione del passato o ad una sorta di saluto per un’età perduta. Mi parla al presente. Lo ha sempre fatto, specialmente quando scrivevo il testo.

Brinkley pensava davvero di aver fatto una domanda seria? Nostalgia? Per che cosa, per un brutale assassinio, come lo descrive Dylan:

Essere condotto al macello come un agnello sacrificale

….

Abbattuto come un cane in pieno giorno

….

Il giorno in cui avevano sparato in testa al re
Migliaia di persone stavano guardando, nessuno aveva visto niente

No, lo storico presidenziale sapeva che la domanda non era seria. Pensava forse che Dylan avesse nostalgia del sanguinoso assassinio di un uomo che chiama re, mentre canta la parte di Amleto che invia il suo messaggio di mezzanotte di verità e vendetta al fantasma di JFK? Ovviamente no. Brinkley ha fatto quello che fanno tutti i principali media corporativi: si è assicurato che la verità fosse ben nascosta dietro un flusso di riferimenti culturali pop e di domande che avrebbero fatto presa sui lettori anziani del New York Times, la generazione del dopoguerra, vecchi nostalgici della loro giovinezza, al cospetto della senilità e della morte.

Quando Dylan risponde ad una delle domande sulla sua recente canzone, “I Contain Multitudes” dicendo che era stato “come scrivere in trance,” usa un termine che caratterizza perfettamente questa intervista del New York Times. È un’intervista che porta in trance, e con questo fa ciò che il Times ha fatto per quasi sessant’anni: offuscare la verità sull’omicidio del presidente Kennedy da parte degli apparati di sicurezza nazionale guidati dalla CIA. La stessa CIA che ha sempre trovato nel Times il suo portavoce più ricettivo.

Questa intervista, che inizia con una stupida domanda sulla nostalgia, termina con la domanda che tutti i millennials lettori del Times non vedevano l’ora che Brinkley facesse a Dylan:

Come va la tua salute? Sembri in forma smagliante. Come fai a far lavorare all’unisono mente e corpo?

Dalla nostalgia allo stato salute è, più o meno, il riassunto di questa intervista.

Al diavolo l’omicidio, anche se “Murder Most Foul,” la canzone di Dylan che ha dato inizio all’intervista, è un pezzo veramente sconvolgente e liberatorio. Perché Dylan tiene alto lo specchio per noi. Apre la porta alla dolorosa e disgustosa verità sull’assassinio di JFK. Ci spinge dentro l’ascoltatore e, come scrive in Chronicles, “la tua testa deve andare in un posto diverso. A volte ci vuole un certo qualcuno che te lo faccia capire.”

Quel certo qualcuno è Bob.

Qual è la verità e dove è andata?” si chiede.

Brinkley fa domande diverse, per portare la vostra testa in luoghi dove non vedrete nulla. È una vera magia.

Edward Curtin

Fonte: www.globalresearch.ca

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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