Il canale YouTube “Investire da zero” ipotizza sviluppi potenzialmente sconvolgenti, per le presidenziali americane del 3 novembre. Al termine della notte elettorale, Trump era in vantaggio in tutti gli Stati-chiave, e quindi poteva contare su un numero sufficiente di grandi elettori per essere riconfermato alla Casa Bianca. Poi, il voto per posta e il prosieguo dei conteggi (che si erano interrotti) ha invece capovolto la situazione, a favore di Biden, proprio in quegli Stati. Tra il 5 e il 6 novembre, Trump ha presentato ricorso in 6 Stati (Pennsylvania, Nevada, Georgia, Michigan, Wisconsin e Arizona) denunciando brogli e irregolarità tali da invalidare i risultati. In realtà, secondo Trump, si sarebbe alterato il voto anche in diversi altri Stati, anche se in modo non determinante. Gli Stati-chiave hanno rigettato la revisione richiesta di Trump, con la sola eccezione della Georgia (dove il distacco tra i due candidati era risultato millimetrico). Sembrava quindi una pessima notizia, per Trump: come se si dovesse rassegnare a vedere Biden alla Casa Bianca. Invece, le cose potrebbero stare in maniera diametralmente opposta. E cioè: è possibile che Trump avesse tutto l’interesse a veder rifiutate le sue richieste di riconteggio nei singoli Stati, perché solo così è possibile accedere alla Corte Suprema.
Nelle elezioni americane, se una delle parti ritiene ci siano stati errori o irregolarità può rivolgersi alla Corte del singolo Stato, che valuterà se procedere o meno alla verifica. Se però il singolo Stato rigetta la richiesta, il ricorrente – a quel punto, e solo in quel caso – può rivolgersi alla Corte Suprema. Oggi, dopo i lunghissimi riconteggi, il presidente eletto sarebbe Biden, con 306 grandi elettori, contro i 252 attribuiti a Trump. Ma a questo punto, dato il rifiuto delle Corti statali di procedere all’ulteriore verifica per via giudiziaria, la palla passerà alla Corte Suprema. In questo periodo, intanto, Trump ha affermato con certezza granitica che ci siano stati brogli, ma non ha fornito prove concrete. Questo è stato interpretato come la dimostrazione del fatto che, in mano, avesse ben poco. In realtà, il fatto di non esibire prove in questa fase è persino ovvio: se si conta di appellarsi alla Corte Suprema, confidando dunque nell’apertura di un processo, è naturale non scoprire le proprie carte. Non devi dare alcun vantaggio alla controparte: che potrebbe inquinare prove o condizionare testimoni. Il silenzio sulle prove, da parte di Trump, ha quindi perfettamente senso: le loro prove le porterebbero solo alla Corte Suprema, nel momento in cui questa dovesse accettare il ricorso (o meglio: i ricorsi, perché sono 6). E la Corte Suprema si pronuncerebbe su ogni singolo Stato, spiegando se esistono gli elementi per aprire l’inchiesta.
Il primo scenario è che la Corte Suprema dica che non ci sono elementi che giustifichino ulteriori indagini: in quel caso, Biden verrebbe proclamato presidente. Oppure, la Corte può accettare il ricorso sull’operato di alcuni singoli Stati. Se dovessero emergere brogli solo in alcuni Stati, questo potrebbe non essere sufficiente a ribaltare il verdetto elettorale (che dipende sempre dalla quantità di grandi elettori che ogni Stato esprime). Tradotto: se la vittoria venisse attribuita a Trump solo in un paio di piccoli Stati, potrebbe non bastargli per restare presidente: deve comunque raggiungere la soglia dei 270 grandi elettori. Ma… c’è un “ma” grande come una casa: e prefigura un’ipotesi che è quella più sconvolgente. Premessa: durante la sua presidenza, Trump ha promulgato una legge secondo cui, laddove uno dei partiti in lizza commettesse dei brogli, dei tentativi sistematici e organizzati di manomettere il risultato delle elezioni, e lo facesse con l’assistenza di Stati stranieri, quel partito perderebbe il diritto di presentarsi in ognuno dei collegi. In altre parole: se ora la Corte Suprema indagasse in diversi Stati, e scoprisse che in questi Stati il partito democratico ha usato un sistema per inquinare il voto, e l’ha fatto in modo sistematico e anche con l’aiuto di paesi stranieri, sarebbe automaticamente eliminato da tutte le competizioni.
In quel caso, non solo Biden direbbe addio alla Casa Bianca, ma decadrebbero dalla carica anche governatori, deputati e senatori. Uno scenario esplosivo: apocalittico. Il “supporto straniero” può essere inteso in tanti modi: nella legge è lasciato abbastanza vago. Potrebbe essere considerato “supporto esterno” il fatto che molti paesi – tra cui l’Italia, con Mattarella – si siano congratulati con Biden, pur in assenza di un pronunciamento ufficiale, e (se la Corte dovesse dimostrarlo) in presenza di brogli determinanti, con anche il supporto dei media nel nasconderli? Chi lo sa, sono aspetti che riguardano la giurisprudenza americana. In ogni caso, quello che è evidente è che, a questo punto, si entra in una fase davvero critica: o la Corte Suprema rigetterà tutti i ricorsi, oppure – se ne accettasse anche soltanto alcuni – si potrebbero prefigurare degli scenari incredibili. Io resto scettico, per me è quasi impossibile che tutto questo accada, e per un motivo: il partito democratico americano (esattamente come quello italiano) non è il “mandante” di questa eventuale, gigantesca operazione. A volerla sono state quelle élite transnazionali che controllano il Deep State americano (e anche i nostri Deep State), e che utilizzano il partito democratico negli Stati Uniti, così come utilizzano i partiti in Europa, per portare avanti la loro agenda.
In questo contesto, Donald Trump – già la sua elezione nel 2016 – era qualcosa di imprevisto e indesiderato. Di conseguenza, queste oligarchie hanno fatto di tutto (utilizzando il loro controllo totale sui media, sulla finanza, sui governi) per defenestrare Trump. Se, come appare, la sua popolarità è comunque altissima, potrebbero aver deciso di utilizzare i brogli (potendo contare sul controllo della macchina elettorale statunitense) per eliminare Trump. Ma se questo venisse dimostrato dalla Corte Suprema, non solo sarebbe azzerato il partito democratico: queste oligarchie internazionali verrebbero colpite in modo devastante, proprio nel momento in cui – attraverso l’utilizzo del Covid – stanno cercando di prendere il controllo di tutto l’Occidente in maniera ancora più pervasiva, per imporre un nuovo modello sociale ed economico. Per questo dico che sarebbeincredibile, una “rivoluzione” di questo tipo. E ritengo che il loro potere, così pervasivo (sui Deep State, sulla magistratura, sui media, sui servizi segreti, sulla finanza) coinvolge talmente tanti aspetti, e tante persone, che mi apparirebbe davvero incredibile che tutto questo sistema possa venir scardinato in pochissimo tempo, all’improvviso, da questa manovra.
Una manovra più che astuta: geniale. Farebbe apparire Machiavelli come un dilettante. Se la Corte Suprema desse a ragione a Trump, gli effetti sarebbero paragonabili a quelli del meteorite che si dice abbia fatto estinguere i dinosauri: una catastrofe, destinata a cambiare completamente il mondo, e a distruggere a un’élite che ci governa da tempo immemore. Va però detta una cosa: se esiste un popolo che è in grado di sconfiggere queste élite, non può che essere quello americano. E’ l’unico a essere effettivamente sovrano: diversamente da noi europei non ha organismi sovranazionali che gli possano imporre le scelte, e soprattutto gli americani hanno una potenza economica (e militare) che consente loro di fare, sostanzialmente, quello che vogliono. L’Italia è un esempio di sovranità limitata (dagli Stati Uniti) nella sua politica, interna ed estera, già nella Prima Repubblica; ora poi questa sovranità è proprio scomparsa, non decidiamo più nulla. Negli Usa è accaduto qualcosa di simile a quanto è avvenuto nell’Europa delle élite, ma – appunto – con un popolo che è rimasto comunque sovrano. Le oligarchie economico-finanziarie che governano gli Usa non sono espressione dell’America: si trovano lì perché, dopo la Prima Guerra Mondiale, gli Stati Uniti sono diventati il paese egemone, e quindi queste oligarchie lo hanno scelto come loro base, provvisoria.
Prima di allora, queste oligarchie erano fondamentalmente centrate in Inghilterra, e prima ancora in Francia e in altre parti del mondo. Ma questo dominio delle oligarchie sugli Stati Uniti è avvenuto in maniera quasi impercettibile, per gli americani stessi. Si sono infatti limitate a gestire alcuni posti-chiave del potere (finanziario, militare) per imporre la loro agenda soprattutto al resto del mondo. Gli americani non se ne sono accorti: avevano comunque la loro libertà, la loro democrazia (seppur completamente manipolata dai media) e la loro ricchezza. Poi cos’è successo? Esattamente come per noi – con la globalizzazione prima, con la crisi finanziaria poi, e infine con il Covid – il benessere degli americani è stato eroso, i posti di lavoro si sono spostati in Cina, le libertà democratiche sono diminuite. E si è tentato di imporre una trasformazione anche antropologica, con l’enfasi su elementi che vanno da Black Lives Matter al tema dei diritti civili. Di fronte a questo scenario – a questo impoverimento, a queste ingerenze – gli americani si sono ribellati, esattamente come hanno fatto gli altri popoli. La prima elezione di Trump, la stessa Brexit e persino l’insediamento in Italia del governo gialloverde rispondono allo stesso schema, ma con una differenza sostanziale: Salvini e Di Maio erano sì al governo, ma non avevano il potere.
Il problema è che l’Italia non è uno Stato sovrano. E così, una volta a Palazzo Chigi, Lega e 5 Stelle si trovavano sopra di loro Mattarella, sopra Mattarella la Merkel, sopra la Merkel le tecno-burocrazie della Commissione Europea, le quali rispondono a quelle élite di cui ho parlato, e quindi Salvini e Di Maio non potevano toccare palla. Lo stesso vale per la Brexit: la Gran Bretagna ha votato per uscire dall’Unione Europea, ma non ha la potenza degli Usa, e di conseguenza il volere del popolo britannico è molto più limitato di quanto non sia quello del popolo statunitense. L’elezione di Trump, del tutto imprevista, ha sparigliato le carte. Proprio per questo, quelle oligarchie e quei Deep State hanno cercato in ogni modo di colpirlo e distruggerlo: con i media, con le inchieste, col Russiagate, con la demonizzazione costante (dalla televisione a Hollywood, tutti i vip, l’industria musicale). Ma se, come sembra, questo non è bastato, e se una maggioranza degli americani è rimasta sulle sue posizioni, non era possibile applicare il modello che si è imposto all’Italia. A noi è stato detto: fatevi governare da chi volete, ma noi – con lo spread, con la Commissione Ue, con le imposizioni da parte del Quirinale e del ministro dell’economia – vi obblighiamo a fare la politica che vogliamo noi.
Negli Stati Uniti, questo non si può fare. Quindi, è possibile che abbiano utilizzato brogli diffusi, per evitare una rielezione di Trump, nel momento in cui il progetto del Great Reset doveva entrare nel vivo. Se effettivamente Trump, proprio perché conscio di questo pericolo, avesse prima promulgato la legge di cui vi ho accennato (sull’inquinamento elettorale) e poi raccolto prove schiaccianti, e se la Corte Suprema degli Stati Uniti – dove i repubblicani hanno la maggioranza – avesse mai il coraggio di pronunciarsi in termini favorevoli all’attuale presidente statunitense, questo aprirebbe uno scenario devastante: che rischierebbe di portare le élite globali sul banco degli imputati, a partire dallo Stato più importante per loro, cioè gli Usa, e cancellare alla radice il loro potere, che proprio negli Stati Uniti si basa, con effetti destabilizzanti per tutto il mondo. Succederà? Lo sapremo nelle prossime settimane. Io ritengo che dobbiamo restare coi piedi per terra, e non sperare troppo. Certo è che, se questo scenario si verificasse, noi ci troveremmo di fronte a una rivoluzione globale di portata storica.
(Nicola Zegrini, affermazioni contenute nel video-editoriale “Clamoroso: Trump potrebbe averli tutti in pugno“, diffuso su YouTube il 17 novembre 2020. Zegrini è il redattore del blog “UnUniverso“).
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