In Cina e nel mondo continua la propagazione del COVID-19 come lo ha battezzato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), avvertita sin dal 31-12-2019 della nuova SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome). L’epidemia ha un suo numero di riproduzione di base, R0, che viene considerato meno di 1 quando si esaurisce nel passaggio da un individuo all’altro e tende a salire come nella precedente epidemia di SARS (2002-2003) tra 2 e 4 per arrivare al morbillo con valori di 12-18. L’attuale R0 è stimata tra 2 e 3. Più di 70mila sono i contagiati in data odierna 17-2-2020, con quasi 2mila morti. I voli con la Cina sono stati sospesi, mentre l’influenza stagionale ha contagiato e fatto morire un maggior numero di persone. Come prevenzione si suggerisce quanto già conosciamo per raffreddore ed influenza: frequente ed approfondito lavaggio delle mani e del viso, coprirsi con il gomito da tosse e starnuti, anche con mascherine ad hoc, stare a casa se ammalati, richiedendo l’immediato intervento sanitario se le difficoltà respiratorie riguardano soggetti al rientro dalla Cina da due settimane o meno (periodo di incubazione dell’attuale malattia da coronavirus, 2-14- giorni). La città di Wuhan con 11milioni di abitanti e la provincia di Hubei in Cina vengono considerate l’epicentro della nuova epidemia da coronavirus (2019-nCoV). Il 30 gennaio l’OMS ha dichiarato questa epidemia un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale (Public Health Emergency of International Concern, PHEIC). Gli Usa hanno dichiarato il 2 febbraio la quarantena federale, due settimane di isolamento, per la prima volta dopo quella degli anni 60 che riguardava il vaiolo (National Center for Immunization and Respiratory Diseases, CDC). Il periodo di isolamento coincide con quello del maggior tempo tra l’esposizione e l’inizio della sintomatologia, cioè 14 giorni sia fuori che all’interno della Cina.
Nel tentativo di contenere il nuovo coronavirus per la sua facile diffusione, un punto cruciale è di stabilire se le persone contagiate possano trasmettere l’infezione senza sintomi. Secondo A. Fauci, direttore dell’NIAID (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), questa trasmissione asintomatica può avvenire riportando quanto comunicato da affidabili colleghi cinesi. Tuttavia le due precedenti epidemie da SARS e MERS (Middle-East Respiratory Syndrome) si sono propagate da individui con sintomi di malattia. Maria van Kerkhove (OMS) afferma, per esperienza di altre malattie presentate come asintomatiche, che quando si cerca di approfondire l’anamnesi personale, i pazienti si trovano all’inizio della sintomatologia e pertanto non sono completamente asintomatici.
Anche il personale sanitario sta pagando un grosso contributo alla patologia della nuova SARS con 1800 soggetti contagiati dal nuovo virus a metà febbraio e sei mortalità fra cui il Dr. Li Wen Liang, l’oculista che per primo ebbe sentore dello scoppio di una nuova epidemia lavorando al Wuhan City Central Hospital. Per il suo grido di allarme il 30 dicembre 2019, il giorno prima che le autorità cinesi comunicassero all’OMS dello scoppio di una epidemia cittadina di polmonite atipica, il Dr. Li ha dovuto fare marcia indietro per evitare di seminare il panico secondo le forze locali di polizia. Egli si infettava per un intervento di glaucoma su un paziente infetto il 10 gennaio e la diagnosi gli veniva confermata il 30 per morire il 7 febbraio. Giustamente considerato adesso un eroe anche al China Center for Disease Control.
Tra il riconoscimento di un neonato infettato alla nascita (primo febbraio) e migliaia di turisti bloccati sulle navi ad Hong Kong e in Giappone per la quarantena, sulla nave Diamond Princess a Yokoahma il 10% delle persone, 355, risulta infetto tra il 5 ed il 16 febbraio, si riesce a costruire in 10 giorni un nuovo ospedale a Wuhan per il ricovero dei nuovi pazienti ed un secondo viene completato la settimana successiva (6 febbraio).
L’attuale epidemia ha superato la SARS precedente (2002-2003: 8096 casi diagnosticati e 774 morti) nel numero dei contagiati e dei morti a quasi 50 giorni (17 febbraio) dalla sua scoperta, oltre 70mila infetti e più di 1900 morti. Insieme alla Cina, dove c’è il 99,1% di casi riportati, vi sono altri 28 paesi che denunciano altri casi in lieve aumento, non solo nella stessa area geografica dell’Asia, Giappone, Singapore, Tailandia, Hong Kong, Corea del Sud, Taiwan, Malesia, Vietnam, ma anche in altri continenti, Australia, America (Usa, Canada), Europa (Francia, Germania, Italia) ed ora anche l’Africa (Egitto, 14 febbraio). La domanda principale riguarda la provenienza del nuovo coronavirus: osservando le nuove sequenze è paragonabile a quello che abbiamo già, sembra che sia un ricombinante di coronavirus conosciuti in precedenza. Al 20 gennaio 2020 ben 14 sequenze genomiche del 2019-nCoV sono state comunicate da 6 diversi laboratori che fanno capo al National Center for Biotechnology Information’s Genbank e al GISAID (Global Iniziative on Sharing All Influenza Data).
I meccanismi molecolari che sono alla base della funzionalità e della patogenesi di questo nuovo virus sono stati studiati dai ricercatori dell’accademia cinese di scienze mediche e dall’Union Medical College di Pechino. Utilizzando 3 genomi del COVID-19, che sono stati sequenziati da campioni raccolti il 30-12-2019 e l’1-01- 2020 dalla National Institute Viral Disease Control and Prevention, che fa parte del CDC cinese e sono disponibili mediante il GISAID. Queste sequenze genomiche sono state paragonate a coronavirus tipo SARS di pipistrelli, a coronavirus della SARS umana e a coronavirus della MERS umana. Soltanto 5 nucleoditi sono stati trovati diversi su un totale di 29800 nucleoditi dei 3 genomi di COVID-19 e sono stati anche identificati 14 “open reading” frammenti, capaci di codificare per 27 proteine, includendo 4 proteine strutturali e 8 proteine accessorie. Ricerche precedenti indicano che le proteine accessorie possono mediare la risposta della cellula ospite nei riguardi del virus, che può influenzare la patogenicità e può fare parte della particella virale. Le proteine strutturali sono ben conservate tra tutti i coronavirus, mentre quelle accessorie sono generalmente uniche per ogni specifico gruppo di coronavirus. Le sequenze degli aminoacidi mostrano le connessioni di questi nuovi virus ai coronavirus tipo SARS del pipistrello ed una maggiore distanza dal coronavirus della SARS. Ancora più distante è il rapporto del COVID-19 dal coronavirus della MERS. I risultati di queste ricerche sono stati pubblicati su Cell Host & Microbe (A. Wu et al., “Genome composition and divergence of the novel coronavirus (2019-nCoV) originating in China”, doi:10.1016/j.chom.2020.02.001,2020. L’analisi del genoma del coronavirus COVID-19 dimostra chiaramente che appartiene ad un ramo filogenetico distinto da quello della SARS, anche se entrambi sono derivati dal coronavirus tipo SARS isolato nel pipistrello. Come il nuovo coronavirus sia mutato e si sia adattato all’uomo in breve tempo deve ancora essere focalizzato, sembra un ricombinante di un numero di diversi coronavirus conosciuti. È la terza volta che succede in 17 anni e non possiamo sapere se rappresentiamo l’ospite finale. “Almeno 50 coronavirus sono stati isolati nei pipistrelli (per lo più dall’intestino) che rappresentano il vero serbatoio di questa famiglia virale”. Cerchiamo adesso di stabilire l’eziopatogenesi, cioè il come ed il perché dell’attuale SARS e soprattutto come possiamo prevenire futuri scoppi epidemici. La sindrome respiratoria del medio oriente (MERS) ci aiuta a capire la porta di entrata delle cellule da parte del virus sia del pipistrello che dei cammelli o dei diversi animali (zibetto, furetto, roditori, maiali, cani, gatti, scimmie) per arrivare poi a noi umani. Prima i serpenti poi il pangolino (un formichiere) sono stati ipotizzati come animali intermedi nell’attuale epidemia.
La trasmissione originale all’uomo è verosimilmente avvenuta mentre si preparava la carne cruda da animali che sono il serbatoio di questi virus, ci si infetta attraverso abrasioni e tagli della cute. Questo procedimento è simile a quello avvenuto per il virus ebola e per l’HIV (AIDS) che presumibilmente sono emersi nella popolazione umana a causa della preparazione di carne proveniente da animali selvatici in Africa.
Per spiegare i recenti casi di trasmissione interumana, si è risaliti a pazienti capaci di diffondere più facilmente il virus per via aerea (aerosol) come per l’influenza ed anche osservato per la MERS nell’episodio epidemico avvenuto in Corea del Sud (2015).
Si è fatta l’ipotesi di certi superdiffusori cioè individui infetti capaci di spargere la loro infezione ad un largo numero di soggetti, causando casi secondari e multipli che disseminano il virus più a largo raggio. Questa situazione peggiora logicamente l’epidemia se si tratta di viaggiatori internazionali.
Da pochi giorni del tutto inaspettatamente l’Italia, che per prima aveva bloccato i voli da e per la Cina si trova al terzo posto della classifica dei paesi per numero di soggetti contagiati. Infatti con i dati odierni di 77150 contagiati in Cina e 2512 morti, dei 634 contagiati fuori dal territorio cinese vi è la Corea del Sud con 602 casi diagnosticati ed adesso si è inserita l’Italia con 152 contagiati e 3 vittime, precedendo il Giappone con 135 casi, Singapore 85 casi, Hong Kong 69 casi, la Tailandia con 35 casi, l’USA con 31 casi, l’Iran con 28 casi e via di seguito (29 nazioni). A parte stanno i casi della nave Diamond Princess con ben 630 casi. In Italia le regioni che pagano il tributo sono le stesse che hanno la maggiore attività produttiva e quindi più milioni di tonnellate di prodotti speciali. Lombardia 112 pazienti (di cui un medico) e di cui 2 vittime, il Veneto con 21 pazienti ed 1 vittima, l’Emilia-Romagna con 9 pazienti di cui 3 sanitari, di cui 2 medici e Piemonte con 6 casi diagnosticati. Infine il Lazio con la famosa coppia cinese che avevano rappresentato i primi casi in Italia e il 56iesimo soggetto del volo militare per recuperare gli italiani di Wuhan. C’è soltanto da commentare che dei casi cinesi diagnosticati 25mila sono già guariti, mentre in Italia siamo da tre giorni in piena sindrome da panico senza considerare in particolare che il centro di controllo delle malattie (CDC) in Cina riporta un andamento clinico mite per ben l’81% dei soggetti affetti dal coronavirus, con solo 4,7% di decorso grave, ed il 13,8% intermedio.
Le prospettive a questo punto dipendono dal comportamento epidemiologico tipo prima SARS esaurendosi e rimanendo una zoonosi nella provincia di origine oppure dando luogo ad epidemie sporadiche come la MERS e l’influenza aviaria relativamente per pochi individui ovvero, infine, diventando una virosi respiratoria umana stagionale come nel caso dell’ultimo virus influenzale del 2009 o degli altri coronavirus regionali meno aggressivi.
In attesa della preparazione di un vaccino specifico che possa prevenire la ulteriore diffusione di questo coronavirus COVID-19, previsto secondo l’OMS tra 18 mesi, bisogna tenere presente una terapia sintomatica e similare a quella dell’influenza stagionale, specialmente per i soggetti più anziani e con svariate patologie che li rendono più sensibili al virus – diabetici, cardiopatici, broncopatici eccetera.
Gli antibiotici servono per le infezioni batteriche secondarie, mentre i cortisonici vengono sconsigliati.
Infine gli antivirali suggeriti vanno dall’Interferon e la Ribavirina, alla terapia antiHIV con Lopinavir/Ritonavir per finire al nuovo prodotto Remdesivir usato per l’ebola. Ovviamente come le gammaglobuline per il tetano, gli anticorpi del plasma dei soggetti guariti rappresentano un logico impiego per i pazienti più gravi.
Prof. Giulio Tarro
Primario emerito dell’ Azienda Ospedaliera “D. Cotugno”, Napoli
Chairman della Commissione sulle Biotecnologie della Virosfera, WABT – UNESCO, Parigi
Rector of the University Thomas More U.P.T.M., Rome
Presidente della Fondazione de Beaumont Bonelli per le ricerche sul cancro – ONLUS, Napoli
Nessun commento:
Posta un commento