Voce sotto attacco.
Anni fa succedeva per minacce e intimidazioni mafiose.
Ora soprattutto per via “giudiziaria”: a colpi, cioè, di querele penali e citazioni civili, lo strumento più comodo per chiunque intenda tacitare, zittire chi dà fastidio, chi ficca il naso e alza il sipario su affari sporchi, trastole, combine.
Lo documenta e denuncia ogni giorno “Ossigeno per l’Informazione”, la battagliera associazione fondata da Alberto Spampinato una quindicina d’anni fa a tutela dei giornalisti non solo minacciati dalle mafie, appunto, ma anche da querele e citazioni il più delle volte infondate, pretestuose, strumentali, però autentici revolver puntati alle tempie di cronisti e free lance, spesso abbandonati al loro destino da editori altrettanto spesso collusi col potere.
40 ANNI DI “CONTRO INCHIESTE”
La Voce da quasi 40 anni, ormai, sta vivendo sulla sua pelle questa via crucis. Abbiamo deciso di cominciare il nostro percorso nel 1984 ed oggi ne avvertiamo tutto il peso, soprattutto sotto il profilo economico: l’ossigeno, infatti, sta per finire, le risorse sono ridotte al lumicino.
Ma non vogliamo mollare, fino a che le forze, fisiche e morali, ce lo consentiranno. Perché la vita professionale, la vita in sé, non avrebbe alcun senso senza la ‘Voce’: ossia senza quell’impegno quotidiano, da quasi 40 anni ad oggi, di fare informazione, anzi “contro-informazione” – come abbiamo sempre detto – scrivendo e pubblicando “contro-inchieste”, “contro-storie”.
Quello che purtroppo oggi sta sparendo, sommerso da un deserto informativo sempre più desolato e desolante, da un’omologazione che fa venire i brividi, da censure e ancor più autocensure mai immaginate, in una gigantesca bolla popolata di fake news raccapriccianti, proprio come l’immagine al microscopio del Covid-19: ricordate? una sorta di riccio, o mina, zeppa di aculei.
Una ventina di giorni fa alla Voce è stato assegnato il Premio Ferdinando Imposimato per il giornalismo e la comunicazione. Ne siamo orgogliosi, ci ha dato una grande forza, una spinta propulsiva a non mollare, per continuare proprio la lezione di Ferdinando Imposimato, che per anni ha scritto sulle colonne della Voce pagine memorabili, dense di passione civile e smisurato amore per la verità non solo giudiziaria ma anche e soprattutto storica, in nome di una ‘memoria’ personale e collettiva da tutelare a tutti i costi.
La motivazione del premio sta proprio nel giornalismo d’inchiesta che abbiamo sempre cercato di fare. Come scrisse Giorgio Bocca nel suo mitico ‘Inferno’ dedicato al martoriato (da mafie e corruzioni) Sud, in cui un intenso capitolo era dedicato proprio alla Voce. Annamaria Imposimato ne ha ricordato una definizione: “Una Voce nel deserto”.
CARRI ARMATI CONTRO BICICLETTE
Come del resto molto immaginifica fu, trent’anni fa, in piena Tangentopoli, un’altra definizione della Voce, stavolta partorita da un altro grande del giornalismo, Giampaolo Pansa, che arrivato a Napoli per presentare il suo ‘Penne Sporche’, volle noi della Voce al suo fianco. Quello stesso giorno ‘il Mattino’ dedicava un intero paginone d’attacco alla Voce, colpevole di denunciare, da mesi e mesi, i padrini politici del maggior quotidiano del Sud, da Pomicino a Gava, da Scotti a De Lorenzo. E Pansa pennellò: “Il carro armato del Mattino contro la bicicletta della Voce. Come a Sarajevo”...
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