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26 novembre 2017
Mirella Gregori Emanuela Orlandi la storia: Terza puntata
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25 novembre 2017
La famiglia di Emanuela presenta la denuncia di scomparsa anche al Vaticano
Lo aveva preannunciato l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace lo scorso 17 ottobre a Palazzo Madama.
In occasione della presentazione del Disegno di Legge a firma del Senatore Maurizio Santangelo, l’avvocato della famiglia Orlandi, Annamaria Bernardini De Pace, aveva preannunciato di voler presentare la denuncia di scomparsa di Emanuelapresso la Gendarmeria vaticana. “Pur essendo una cittadina ancora oggi iscritta all’anagrafe vaticana, Emanuela non c’è. Dunque chiederemo ai genitori di presentare una denuncia di scomparsa e a questa denuncia vorrà rispondere il Vaticano. Aprirà un’inchiesta? sarà una possibilità per il nostro Stato di riacquistare una dignità e avere delle risposte dallo Stato Vaticano che finora si è trincerato dietro ombre e preghiere?“.
La denuncia è stata presentata oggi perchè “al momento nessuna indagine è in corso sulla scomparsa di Emanuela Orlandi né in Italia né nella Città del Vaticano” dichiara Laura Sgrò dello studio Bernardini De Pace e legale di Pietro Orlandi. “Innanzitutto una denuncia di scomparsa, perché nel 1983, quando Emanuela Orlandi è scomparsa, la denuncia fu fatta alle autorità italiane, precisamente presso l’ispettorato competente per il territorio italiano, ma mai in Vaticano. Emanuela è una cittadina vaticana e la nostra speranza è quindi che il Vaticano apra un fascicolo. Denunciamo poi anche un’altra cosa, un fatto che rispetto all’archiviazione dell’indagine, aggiunge elementi nuovi: la trattativa intercorsa tra la magistratura italiana e la Segreteria di Stato vaticana volta a risolvere il problema mediatico della sepoltura di De Pedis in cambio di informazioni su Emanuela“.
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Presentazione Progetto Giustizia e Memoria
"Giustizia e Memoria - trent'anni di verità negate" è il titolo dell'incontro-dibattito che si terrà al Gran Caffè Gambrinus di Napoli il 27 novembre prossimo, dalle ore 10 alle 13, promosso dalla Camera di Giustizia Europea, dalla Voce delle Voci onlus e dalla piattaforma di crowdfunding Meridonare.Nel corso dell'incontro verranno accesi i riflettori su una serie di buchi neri e misteri che caratterizzano la vita del nostro Paese, sui quali fino ad oggi non è stata fatta giustizia: dalle tragiche vicende di Ilaria Alpi, Paolo Borsellino, Pier Paolo Pasolini, David Rossi e tante altre fino alle tragedie collettive come Ustica, Moby Prince, Costa Concordia e la strage per il sangue infetto.Tragedie sulle quali è anche calato un pesantissimo silenzio mediatico.Nell'incontro verrà illustrato il progetto "Giustizia e Memoria" promosso dalla Voce con il supporto di Meridonare.Modera i lavori Luciano Scateni, introduce il presidente della Camera di Giustizia Europea Nicola Cioffi, illustra i casi Andrea Cinquegrani.Intervengono il magistrato Corte di Cassazione Antonio Esposito, la giurista Manuela Mazzi, la giornalista Rita Pennarola e il magistrato di Cassazione Bruno Spagna Musso.Con viva preghiera di pubblicazione e diffusioneNapoli, 22 novembre 2017
Voce delle Voci onlus
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24 novembre 2017
Suicidio Conti, telefonata anonima a PrimaDaNoi.it 5 ore prima del ritrovamento del corpo
Messaggio artefatto e in gran parte incomprensibile al primo ascolto PESCARA. Una telefonata anonima, una voce criptata e assolutamente incomprensibile registrata sulla segreteria telefonica della redazione di PrimaDaNoi.it, venerdì scorso, 17 novembre 2017. Erano le 14.54. Un'altra chiamata, sempre da numero anonimo, una ventina di minuti prima, con il silenzio assoluto.
Il primo ascolto, avvenuto a pochi minuti dalla registrazione, è stato assolutamente infruttuoso: una lunga serie di sibili e silenzi, tipo scariche e spernacchiamenti ed una voce metallica, forse accelerata e dai toni striduli. Presumibilmente maschile e dall’accento meridionale, forse siciliano. A primo impatto è sembrata una telefonata di qualcuno che si trovasse in una zona non ben coperta dal segnale e con problemi di comunicazione.
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23 novembre 2017
Mangiafuoco: Emanuela Orlandi - Mirella Gregori, la storia Seconda Puntata
Condotto da: Angela Mariella, Sandrone Dazieri e Camilla Baresani. Regia di Luca Raimondo. In redazione: Mimmi Micocci, Maria Cristina Cusumano, Laura Nerozzi e Cristiana Affaitati. A cura di: Angela Mariella.
© RAI 2017 – tutti i diritti riservati.
Seconda puntata. Mangiafuoco del 17 ottobre 2017
C’eravamo lasciati così, con la voce di Mario, il telefonista senza volto, dà il via al mistero che vi stiamo raccontando, è il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi. Ma che caso è il caso Orlandi? terrorismo? festini a luci rosse? guerra fredda o depistaggio?
Sono le 8:00 di sera del 22 giugno 1983. Immaginate le mura di Città del Vaticano, immaginate le palazzine racchiuse fra quelle mura, immaginate un appartamento che ospita una famiglia composta da due genitori e 5 figli. Immaginate la cucina e la sala da pranzo, tra poco si cena, dove ognuno svolge il suo compito, chi cucina e chi apparecchia. Immaginate che tutti sono pronti a sedersi a tavola però… però manca un figlio, anzi una figlia, la penultima. Manca la 15enne Emanuela, alta un metro e sessanta, uscita di casa con jeans, camicia bianca e scarpe da ginnastica per andare alla lezione di flauto traverso e canto corale delle quattro del pomeriggio, a poche fermate d’autobus dal Vaticano. Manca, ma alle 19.00, cioè solo un’ora prima all’uscita dalla lezione, Emanuela ha chiamato da una cabina del telefono la sorella, per dirle che le hanno proposto un lavoretto, una dimostrazione di prodotti cosmetici: “Non fidarti e comunque torna a casa e parlane con la mamma” le ha detto la sorella, ma Emanuela non è tornata, non è mai più tornata. I primi elementi del giallo dunque arrivano in casa Orlandi con una telefonata, una delle tante telefonate di segnalazione, ma questa ha qualcosa di particolare. A parlare è un ragazzo che dice di chiamarsi Pierluigi. Lui e la sua fidanzatina avrebbero incontrato a Campo dei Fiori, non lontano dai luoghi della scomparsa, due ragazze, una molto simile ad Emanuela, dice di chiamarsi Barbara.
Il ragazzo chiamerà un’altra volta casa Orlandi per fornire particolari che renderanno la sua testimonianza molto attendibile, gli occhiali di Barbara, cioè Emanuela, che servivano per correggere l’astigmatismo e che a settembre avrebbe suonato il flauto al matrimonio della sorella. Era proprio così, ma nessun giornale fino ad allora lo aveva scritto. Il 28 giugno fu la volta di Mario. Dice di essere il titolare di un bar nel centro di Roma nei pressi di Piazza dell’Orologio. Anche Mario dice di aver visto Emanuela o Barbara come la chiama lui, mentre vendeva cosmetici, ma quando gli viene chiesto l’altezza della ragazza esita, come se non lo sapesse, dice “… bhe…bell’altina… ” mentre in realtà la Orlandi era alta appena un metro e sessanta e in sottofondo poi, dietro di lui, nella telefonata si sente una seconda voce che dice “…no, è de più!“. Pochi anni fa un pentito della banda della Magliana, Antonio Mancini, riconobbe quella voce come la voce del killer più spietato al soldo di Renatino De Pedis, il capo della banda della Magliana.
“…quello era il killer personale di De Pedis, Rufetto… proprio personale…si muoveva solo per i pezzi buoni…tipo come Edoardo Toscano hai capito perché non poteva tornare a casa…lui è proprietario di un ristorante. “Lei questa voce l’ha riconosciuta”. “Questa voce è la voce della Magliana. Siccome ci sta dentro… quel gruppo… la voce di quel gruppo può essere solo quella di Rufetto che gli fa questa telefonata. Allora io faccio due più due quattro, quelli li hanno presi i testaccini con la Magliana, non ci sono Turchi, Svizzeri… poi se vogliono cercare i Turchi cercassero i Turchi sono problemi loro no? Ma i personaggi… l’unico con quella voce, quel tono, quella mancanza di cultura… è Rufetto!”
Parleremo di un sacco di intercettazioni telefoniche, anche se da lontano, quando si infilavano spinotti ed erano i centralini della SIP a deviare le chiamate alla polizia, e oggi? Vi siete mai chiesti quanti siano i telefoni controllati nel nostro paese? legalmente intendo, non dagli spioni di mezzo mondo che ascoltano direttamente dai cavi sottomarini o dai satelliti? Io sì, e per capirlo ho dovuto scavare tra i dati più disparati. Dopo aver scartabellato, il numero che mi sembra più credibile è intorno alle 25.000 persone intercettata all’anno, su richiesta del PM o autorizzazione dei giudici. Autorizzazione che va rinnovata ogni 15 giorni.
Il problema è che le intercettazioni oggi, sono molto più complicate di una volta perché bisogna controllare anche quello che viaggia su internet, dai messaggini alle chiamate voip, ed è un’immensa quantità di dati. Per questo gli ufficiali di polizia giudiziaria si occupano in prima persona solo delle chiamate a voce, nelle stanze d’ascolto, quelle che vediamo nei film con i poliziotti con le cuffie che stanno svegli a colpi di caffeina. Di internet e di cose come whatsapp, figurarsi telegram e le altre applicazioni, se ne occupano aziende private appaltate dalle procure. Già, perche se per caso siete sotto indagine e avete mandato la foto delle vostre pudenda a qualcuno sappiate che probabilmente è stato un tecnico a partita IVA a catalogarle.
Quello che è certo è che il 3 luglio, undici giorni dopo la scomparsa, Giovanni Paolo II, durante l’Angelus, fa un appello che per la prima volta introduce l’ipotesi del sequestro.
“… descrivere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità di questo caso…”
Domenica 3 luglio erano ormai passati ben 11 giorni dalla scomparsa di Emanuela. Giovanni Paolo II, che per Ettore Orlandi, il padre della ragazza, era l’essere vivente più importante al mondo, a parte i propri familiari, si decise a parlare durante l’Angelus del grave fatto occorso ad una cittadina del Vaticano. Il Papa usò un termine, “rapimento” con cui tutte le illazioni su presunti colpi di testa di Emanuela si dissolvevano, tramutandosi in fonte di imbarazzo per chi aveva creduto alla teoria dell’ allontanamento volontario. Erano illazioni che in un certo senso infangavano anche la famiglia che l’aveva educata. La parola rapimento restituiva l’onore agli Orlandi dando per sempre loro lo status di vittime dirette e indirette di un sequestro. Avete presente quando si hanno dei sintomi tipo il prurito di Nanni Moretti in “Caro diario” e i medici ti danno le cure sbagliate? Poi siccome non guarisci ma insisti, si convincono che la cura giusta sia lo psichiatra o gli antidepressivi e invece era solo incapacità diagnostica dei medici curanti? Ecco, il Papa finalmente diagnostica il rapimento. Gli Orlandi non sono cattivi genitori e fratelli che non hanno saputo badare ad una ragazza. Ora però si trattava di capire chi fosse il rapitore.
L ‘Angelus del Papa polacco, che di fatto ufficializza la pista del sequestro, apre la strada ad importanti novità. Il 5 luglio arriva una chiamata alla sala stampa Vaticana. Un uomo con il chiaro accento americano dice di avere in ostaggio Emanuela, per liberarla chiede la scarcerazione di Ali Agca, l’attentatore del Papa. In tutto farà sedici telefonate. Nella seconda, alla famiglia Orlandi, fa ascoltare un nastro con la voce che sembra proprio la voce di Emanuela. Ripete più volte la stessa frase “… convitto nazionale Vittorio Emanuele II dovrei fare il terzo liceo st’altr’anno, scientifico …“.
Telefonata dell’ “amerikano” alla famiglia Orlandi
Ma voi memorizzate la voce dell’ americano, perché di americano in questa storia potrebbe essercene uno solo: Paul Marcinkus.
“Io sono molto grato che il Santo Padre ha accettato la mia richiesta per cominciare una nuova fase della mia vita, dopo tanti anni qui a Roma, io ho avuto un’esperienza preziosissima. Io ho capito che significa l’unità e l’universalità della chiesa.”
Un personaggio come l’arcivescovo Paul Marcinkus, scomparso nel 2006, meriterebbe un film intero e non solo la comparsata nel Padrino parte terza, peraltro il più brutto della serie. Giocatore di golf, fumatore di sigaro, fondatore insieme a Calvi, Sindona e Licio Gelli della Cisalpina Overseas Nassau Bank, indagata per riciclaggio di denaro proveniente dal narcotraffico nelle Bahamas, presidente dell’Istituto Opere Religiose, lo IOR, anche questo accusato di riciclaggio. A parte questo, il nostro arcivescovo è stato implicato, più o meno ufficialmente, in tutti gli scandali che sono girati per trent’ anni attorno al Vaticano, compresa la morte di Papa Luciani che non lo vedeva di buon’ occhio. Era anche massone, ma questa non è una colpa, anche se non è chiaro perché se fai già parte di un’organizzazione super potente come la Chiesa, hai bisogno di un circolo di amici con il cappuccio in testa. Nel 1987 la magistratura ha spiccato un mandato d’arresto contro di lui per il crac del Banco Ambrosiano ma visto che aveva il passaporto Vaticano nessuno è riuscito a mettergli le mani addosso e non ci sono state sollevazioni popolari perché si sa, il Vaticano non è il Brasile e un arcivescovo non è un terrorista in fuga. Marcinkus è morto negli Stati Uniti, libero e felice. Se esiste un aldilà, ed ha ragione lui, probabilmente sta contando soldi anche lì.
Sprezzante, amante del lusso, doppio e triplo-giochista pieno di amicizie tra il criminale e il discutibile, Marcinkus è la conferma di come moltissimi religiosi abbiano usato la Chiesa non per motivi mistici ma come forma di carriera agevolata. Ad un immigrato dell’ Illinois laureato a spese della Chiesa in teologia, chi glielo doveva offrire un posto così? alla bundesbank o alla banca mondiale non avrebbe resistito così a lungo e non avrebbe mai nemmeno fatto una simile carriera.
Sedici telefonate da sedici cabine telefoniche, l’amerikano, Marcinkus o chi per lui, chiede una linea diretta con il Vaticano anzi con il Cardinale Agostino Casaroli, il Segretario di Stato, il primo massone della lista pubblicata da Mino Pecorelli. Centoventuno cardinali e alti prelati iscritti alla massoneria. C’ erano Casaroli, Ugo Poletti e Paul Marcinkus il capo dello IOR, la banca Vaticana piena zeppa dei soldi degli americani che, prima con Carter, e poi con Reagan avevano ingaggiato la loro guerra ai comunisti. E’ in questa storia fatta di brave ragazze che studiano e sognano una vita normale, ad un certo punto, entra anche la sacra crociata contro l’impero del male con la pista bulgara, i lupi grigi e l’attentato al Papa.
Intervento Alì Agca
La faccia da fetente l’aveva, il perfido turco, doppio e triplo come se non li conoscessimo quelle figure da torturatore, i turchi ottomani che espugnano la civile Costantinopoli importandovi crudeltà inaudite: “mamma li turchi” quelle espressioni come nel film Fuga di mezzanotte. Che paura! Magro, segaligno, niente pastasciutta in quella faccia, killer professionista e galeotto di lunga data, Ali Agca il 13 maggio del 1981 spara a Giovanni Paolo II e per miracolo non lo ammazza. E’ un musulmano fanatico, un lupo solitario oppure lo scaltro militante di una spietata organizzazione eversiva? La fascistoide setta dei lupi grigi oppure ancora un pazzo da trattamento sanitario obbligatorio, un bugiardo invasato e seriale che nemmeno sa più da che parte stia la verità? Oggi Ali Agca è un libero cittadino turco di 59 anni (ndr 2017). Altri, meno assassini e meno bugiardi, altri che sono inermi giornalisti ed intellettuali, restano imprigionati nelle carceri turche.
Lupi grigi, come dire, fascisti turchi, perché questi sono i lupi grigi al tempo di Ali Agca. Non solo l’Italia ma il mondo, in quel tempo, si divideva in fascisti e comunisti e non solo in Italia, ma nel mondo, qualcuno prende gli ideali dal piedistallo del pensiero e li fa scendere ad altezza strada per diventare braccia armate al servizio di altre menti ed altri progetti. Fu così anche per i lupi grigi che in molte occasioni hanno prestato uomini e mezzi ai servizi segreti Bulgari.
Intervento Giudice Martella
Insomma, ben prima della scomparsa di Emanuela, Agcaaveva anticipato al giudice Martella che STASI e KGB avevano programmato il rapimento di cittadini Vaticani per uno scambio di prigionieri e ottenere la sua liberazione. Quindi Emanuela è un obiettivo casuale perché in atto c’era già un vasto e preciso piano per rapire cittadini Vaticani appartenenti a famiglie molto legate al Papa e sono gli inquirenti a scoprire che prima di Emanuela, altre ragazze erano entrate nel mirino dei terroristi.
Intervento Giudice Martella
Da quel che ricordo ho sentito parlare dei lupi grigi due volte in vita mia. La prima riguardo l’attentato al Papa Wojtyla e la seconda nel 1998 quando i magistrati che si occupavano di una serie di attentati alla TAV, in Val di Susa, arrestarono tre anarchici. Secondo le accuse, Baleno, Sole e Silvano, come si facevano chiamare i ragazzi, facevano parte dei lupi grigi in nome e per conto dei quali, avevano agito tirando giù tralicci e centraline telefoniche. Era un’accusa strana anche per un ignorante come me. Certo, la sigla lupi grigi poteva anche essere una copertura per depistare le indagini, ma non è molto intelligente usare un nome che fa drizzare le orecchie a tutti i servizi segreti del mondo, compresi quelli Vaticani.
Raccontare il caso Orlandi è come fare la lista dei misteri d’Italia, dal caso Calvi, il caso Sindona, il caso Ustica. In questa lista, a un certo punto, entra anche il casoOrlandi. Solo che dietro il caso Orlandi non c’è un banchiere non c’è un faccendiere non c’è un MIG libico, c’è una ragazzina di 15 anni. Le ipotesi sulla sua scomparsa diventano in breve, terreno di strumentalizzazioni, depistaggi e speculazioni anche a sfondo sessuale. E’ la pista della pedofilia.
In serbo c’è un viaggio per Boston, capitale dei preti pedofili andata e ritorno, perché anche questa strada incrocia quella di Paul Marcinkus descritto da alcuni come un assiduo frequentatore di segreti e giri porno. Emanuela sarebbe rimasta vittima di un festino a base di alcool e sesso a cui partecipavano alti prelati ed esponenti del clero, personale diplomatico della Santa Sede e anche un gendarme Vaticano.
A chiamare in causa Marcinkus è un pentito di Cosa nostra, Vincenzo Calcara. Tenete a mente questo nome. In carcere gli hanno detto, che qualcuno ha detto, che qualcuno ha sentito che Orlandi è morta durante una di queste feste ed è sepolta in Vaticano con altre ragazze della stessa età che hanno fatto la stessa fine. E Infatti, un’altra ragazza scomparsa c’è.
Festini a sfondo sessuale. La storia del mondo si potrebbe raccontare inanellando i casi di assassinio, violenza, overdose, scandalo politico, scandalo religioso, scandalo familiare locale causati dai festini promiscui, alcool droga e soprattutto violenza li percorrono. Non c’è un paese che non abbia avuto i suoi scandali da festino sessuale. Anche nel caso di Emanuela si parlò di ecclesiastici assatanati, di personale diplomatico presso la Santa Sede pedofilo, di gendarmi sessualmente corrotti. Secondo queste voci, la figura di Paul Marcinkus sarebbe stata tra quelle dei protagonisti di queste feste sesso droga e canto gregoriano. Il collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara ex affiliato di Cosa Nostra, sostenne che Emanuela era morta durante un festino finito male nell’abitazione di un prelato al Gianicolo, dove si trovava il capolinea dell’autobus che la ragazza solitamente prendeva per tornare a casa. Secondo il pentito Emanuela sarebbe poi stata sepolta in Vaticano. Il celebre esorcista padre Amorth confermò queste voci.
“Appena avvenne il fatto di Emanuela Orlandi non so perché ho avuto subito dentro di me l’impressione… è stata presa per un fattaccio sessuale. In un intervista a Monsignor Simeone Duca dice: ”Ecco… di abitudine si organizzavano dei festini. Avvenivano anche nella sede di ambasciate straniere presso la Santa Sede. Nella faccenda era coinvolto anche un gendarme…” e continua, le ultime parole…:” Quanto all’ Orlandi, dopo essere stata sfruttata, è stata fatta sparire e quindi uccisa .” “Ora questo coincide perfettamente con la mia sensazione. Quando Roma è stata sparsa di manifesti con la foto di Emanuela Orlandi, io pensavo ” Poverini, mi fanno compassione i familiari… è già morta…è già morta.”
Posso dire che Padre Amorth è stato uno dei miei personaggi preferiti? Nella Top Ten lo metto nei primi posti, tra il mago Zurlì e Freddy Krueger. Forse per il cognome, che sembra un insulto in romanesco, una maledizione. La vita di padre Amorth é stranamente divisa in tre. Durante la guerra è stato comandante partigiano della Brigata Garibaldi e ha guadagnato una medaglia al Valor Militare. Nella seconda parte ha fatto normale vita da prelato con agganci nella Democrazia Cristiana formando giovani menti, fino a quando nel 1986, e qui comincia la parte interessante, è stato nominato esorcista della diocesi di Roma. Nell’ultima parte della sua vita si è trasformato perciò in uno dei più spietati cacciatori di diavoli e satanassi. In venti anni ha compiuto più di 70.000 esorcismi, che spero siano stati più semplici di quelli che si vedono nei film con la gente che vola e ti vomita addosso. Nella sua instancabile caccia al maligno se l’è presa anche con i suoi servi o quelli che lui riteneva tali, tra gli altri Harry Potter, gli istruttori di yoga, Maurizio Crozza, Beppe Fiorello, Mario Montie un popolare gioco di carte giapponesi. Con il diavolo ha anche dialogato numerose volte durante gli esorcismi e io me lo immagino come quelle operazioni con il paziente con la testa aperta, che conversa con il chirurgo che gli maneggia il cervello. In un dialogo che riporta nel suo libro “L’ultimo esorcista”, padre Amorth, dopo aver discusso con Belzebù sulle qualità della Madonna, nel senso di madre di Nostro Signore, riesce a fargli confessare che ogni Ave Maria del Rosario è per lui una mazzata in testa. “Se i cristiani conoscessero la potenza del Rosario” conclude il diavolo, “per me sarebbe finita”. Forse per questo padre Amorth ha scritto un libro anche sul rosario. È morto il 16 settembre 2016 poco dopo che William Friedkin aveva fatto un documentario su di lui. Esatto, proprio il regista dell’Esorcista.
Ma che Emanuela è morta lo sa anche Sabrina, anche Sabrina sa che fine ha fatto Emanuela. Ma chi è Sabrina? In realtà bisognerebbe chiamarla Patrizia perché Sabrina Minardi, al secolo Patrizia, donna di facilissimi costumi amante di Renatino De Pedis, è la donna della banda della Magliana.
Intervista Raffaella Notariale – Sabrina Minardi
Sabrina o Patrizia, come la chiamava Renatino, che parla anni dopo e potremmo dire, molte vite dopo quella vita in cui era la donna del capo. Una vita in cui, tra macchine di lusso e salotti di vario genere, ha conosciuto umanità di vario genere.
Sabrina Minardi
Ora torniamo indietro e riavvolgiamo il nastro del sequestro Orlandi. Come molti di voi ricorderanno, un mese e mezzo prima della scomparsa di Emanuela, un’altra quindicenne era sparita da casa, a Roma, senza mai più fare ritorno. Si chiamava Mirella Gregori e benché non fosse cittadina del Vaticano e non conoscesse Emanuela, abitavano […] nel grande centro sparpagliato di Roma.
Anonimo a “Chi l’ha Visto?”
Nel luglio del 2005 una telefonata anonima alla trasmissione “Chi l’ha Visto?” suggerì un collegamento tra le scomparse delle due ragazze. “Chiedete al barista di via Montebello”, diceva la voce. Quel barista era il padre di Mirella. La telefonata era la stessa in cui si diceva che “per venire a capo del caso Orlandi bisognava scoprire chi fosse sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare” e come verrà confermato dalle analisi del DNA, il boss della banda della Magliana Enrico De Pedis. Da quando in qua il corpo di un malavitoso viene seppellito tra le Sacre mura di una Basilica?
Dunque ora è ufficiale quello dentro la basilica di Sant’Apollinare è il corpo dell’ex boss della banda della Magliana Enrico De Pedis. Anche se ancora manca la certezza dell’esame del DNA che verrà effettuato nelle prossime ore, i rilievi sulle impronte digitali fatti dagli esperti della scientifica non lascerebbero dubbi, si tratta proprio della salma di Renatino. L’ispezione nella tomba è stata disposta dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. L’apertura del sarcofago è avvenuta nel cortile della Basilica, dove la polizia ha allestito una tenda per le operazioni tecniche.
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