L’ultimo insulto alla memoria di Pier Paolo Pasolini risale a cinque anni fa, quando la procura di Roma archivia per l’ennesima volta la richiesta di riaprire il caso avanzata dall’avvocato della famiglia, Stefano Maccioni.
Ci sono nuovi elementi e, soprattutto, c’è il test del DNA che può essere di fondamentale aiuto per individuare gli altri (almeno due quelli identificabili) protagonisti sulla scena del crimine (oltre a Pino Pelosi).
Ma il pm, Francesco Minisci, ancora una volta, impedisce che verità e giustizia possano farsi luce, pur a tanti decenni di distanza da quella tragica notte all’idroscalo di Ostia.
La Voce ha scritto decine di articoli e inchieste, nell’ultimo decennio, per contribuire alla ricerca di quella verità, individuando nella pista “Petrolio” quella più attendibile, e suffragata da una considerevole mole di prove e di riscontri. Pista che porta ai grandi affari di Stato targati soprattutto ENI, all’epoca di quella ‘Razza Padrona’ impersonificata dal numero uno, all’epoca, del cane a sei zampe, Eugenio Cefis. Guai a toccare quei fili, come invece aveva osato fare, non solo da grande scrittore, ma anche da giornalista investigativo di razza, Pier Paolo. Che, a quel punto, “Doveva Morire”….
Potete rileggere articoli e inchieste della Voce sul giallo Pasolini – uno dei misteri di Stato più dolorosi, uno dei buchi neri più profondi – cliccando sui link in basso.
Intanto, vi proponiamo una breve intervista con l’avvocato Maccioni.