06 aprile 2019
Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 6 aprile 2019
05 aprile 2019
Carpeoro: nelle mie logge non c’erano magistrati né politici
Anziché escludere i massoni dalla politica, non sarebbe meglio se fosse la massoneria stessa, a monte, a chiudere le porte a chi ha incarichi pubblici? Si eviterebbero tanti equivoci, incluse le tempeste giudiziarie come quella che sta travolgendo il mondo politico siciliano, con il recentissimo caso della loggia "coperta" di Castelvetrano. Lo afferma l'avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, saggista e dirigente del Movimento Roosevelt. «In alcune regioni italiane – dice – la contiguità tra mafia e massoneria è particolarmente vistosa». Nel 2005 Carpeoro arrivò a sciogliere l'intera obbedienza di cui era "sovrano gran maestro" (storica espressione del Rito Scozzese italiano) dopo aver chiuso innanzitutto le logge siciliane e calabresi. «Nella mia massoneria – dichiara in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di "Border Nights" – per mia esplicita disposizione non potevano essere ammessi nemmeno magistrati ed esponenti della forze dell'ordine», proprio per evitare che li si potesse accusare, un giorno, di essere tentati di favorire "confratelli" nei guai con la giustizia. «L'aiuto massonico deve avere carattere privato», sottolinea Carpeoro: «Se un "fratello" finisce in carcere, se necessario si deve sostenere finanziariamente la sua famiglia, ma certo non gli si può evitare la galera».
Osservatore privilegiato della scena politica italiana, un tempo vicino a Bettino Craxi, Carpeoro è autore di saggi particolarmente scomodi: "Dalla massoneria al terrorismo", edito nel 2016 da Revoluzione, imputa a settori dei servizi segreti Nato la "sovragestione" degli attentati condotti dall'Isis in Europa, rilevaldone la chiara matrice simbolica non islamica, ma templarista e massonica. Quanto alla massonofobia di facciata esibita in modo ipocrita dal Movimento 5 Stelle, Carpeoro conferma l'appartenenza massonica di Gianroberto Casaleggio, da poco segnalata dal presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi. Su Casaleggio senior, Carpeoro aggiunge: «Era affiliato alla massoneria inglese, e anche a una Ur-Lodge attualmente di segno reazionario, anch'essa radicata nel mondo britannico». Come svelato da Magaldi nel saggio "Massoni" (Chiarelettere, 2014), le superlogge sovranazionali sono 36 organismi che reggono di fatto i destini mondo, al di sopra dei governi. Quello di Casaleggio era dunque un cenacolo oligarchico? «Sì, ma Casaleggio era un visionario, non un reazionario: e ogni visionario punta sempre al bene dell'umanità, non al suo male», fa notare Carpeoro, spesso critico con i grillini.
Lo stesso Carpeoro ha spesso denunciato l'influenza del politologo statunitense Michael Ledeen su Luigi Di Maio: «E' stato lui a organizzargli i tour alla vigilia delle elezioni, lo scorso anno, nei santuari supermassonici della finanza atlantica». Secondo Carpeoro, Ledeen – membro di spicco del potente Jewish Institute – è un tipico esponente della "sovragestione" della politica italiana: «Fu accanto a Craxi ma al tempo stesso anche a Di Pietro, poi a Renzi e contemporaneamente a Di Maio». Lobby ebraica? Supermassoneria reazionaria? Carpeoro diffida del complottismo, preferisce dosare rivelazioni precise e proporre analisi. La scorsa estate denunciò le manovre francesi per bloccare la nomina di Foa in Rai tramite Napolitano, Tajani e Berlusconi. Ora avverte: persa la partita contro Foa, sarebbe stato proprio il supermassone Jacques Attali, "padrino" di Macron, a premere (insieme al consueto Ledeen) perché il governo gialloverde cambiasse il vertice dei servizi segreti italiani, finora distinisi per essere riusciti a proteggere il nostro paese dal terrorismo.
Dettagli che fanno pensare, specie se si alza il volume sull'infiltrazione della mafia nelle logge siciliane, ma si tace sul resto. Come dire: si strepita per piccole questioni locali, senza mai voler vedere le trame della vera massoneria di potere, quella sovranazionale. «Lo stesso dicasi per il caso Mps: il Montepaschi era una struttura interamente massonica, e il massone David Rossi – precipitato dalla finestra del suo ufficio, nel 2013 – è morto per aver scoperto una verità imbarazzante». E cioè che era stato Mario Draghi, allora governatore di Bankitalia, a manovrare perché la banca di Siena si esponesse a operazioni spericolate, eseguendo ordini di scuderia provenienti dal gotha della finanza massonica mondiale. Quanto alla massoneria nazionale italiana, Carpeoro ormai se ne tiene alla larga: reputa tramontata la sopravvivenza della sua eredità culturale, e consiglia di non avvicinarsi alle logge (ormai in completo declino, a suo dire). L'insidia della malavita? «Risolvibile anche quella, volendo – conclude l'avvocato – nella misura in cui sono risolvibili anche gli altri mali storici italiani». A patto che, ovviamente, si smetta di fingere di non vederli.
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Osservatore privilegiato della scena politica italiana, un tempo vicino a Bettino Craxi, Carpeoro è autore di saggi particolarmente scomodi: "Dalla massoneria al terrorismo", edito nel 2016 da Revoluzione, imputa a settori dei servizi segreti Nato la "sovragestione" degli attentati condotti dall'Isis in Europa, rilevaldone la chiara matrice simbolica non islamica, ma templarista e massonica. Quanto alla massonofobia di facciata esibita in modo ipocrita dal Movimento 5 Stelle, Carpeoro conferma l'appartenenza massonica di Gianroberto Casaleggio, da poco segnalata dal presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi. Su Casaleggio senior, Carpeoro aggiunge: «Era affiliato alla massoneria inglese, e anche a una Ur-Lodge attualmente di segno reazionario, anch'essa radicata nel mondo britannico». Come svelato da Magaldi nel saggio "Massoni" (Chiarelettere, 2014), le superlogge sovranazionali sono 36 organismi che reggono di fatto i destini mondo, al di sopra dei governi. Quello di Casaleggio era dunque un cenacolo oligarchico? «Sì, ma Casaleggio era un visionario, non un reazionario: e ogni visionario punta sempre al bene dell'umanità, non al suo male», fa notare Carpeoro, spesso critico con i grillini.
Lo stesso Carpeoro ha spesso denunciato l'influenza del politologo statunitense Michael Ledeen su Luigi Di Maio: «E' stato lui a organizzargli i tour alla vigilia delle elezioni, lo scorso anno, nei santuari supermassonici della finanza atlantica». Secondo Carpeoro, Ledeen – membro di spicco del potente Jewish Institute – è un tipico esponente della "sovragestione" della politica italiana: «Fu accanto a Craxi ma al tempo stesso anche a Di Pietro, poi a Renzi e contemporaneamente a Di Maio». Lobby ebraica? Supermassoneria reazionaria? Carpeoro diffida del complottismo, preferisce dosare rivelazioni precise e proporre analisi. La scorsa estate denunciò le manovre francesi per bloccare la nomina di Foa in Rai tramite Napolitano, Tajani e Berlusconi. Ora avverte: persa la partita contro Foa, sarebbe stato proprio il supermassone Jacques Attali, "padrino" di Macron, a premere (insieme al consueto Ledeen) perché il governo gialloverde cambiasse il vertice dei servizi segreti italiani, finora distinisi per essere riusciti a proteggere il nostro paese dal terrorismo.
Dettagli che fanno pensare, specie se si alza il volume sull'infiltrazione della mafia nelle logge siciliane, ma si tace sul resto. Come dire: si strepita per piccole questioni locali, senza mai voler vedere le trame della vera massoneria di potere, quella sovranazionale. «Lo stesso dicasi per il caso Mps: il Montepaschi era una struttura interamente massonica, e il massone David Rossi – precipitato dalla finestra del suo ufficio, nel 2013 – è morto per aver scoperto una verità imbarazzante». E cioè che era stato Mario Draghi, allora governatore di Bankitalia, a manovrare perché la banca di Siena si esponesse a operazioni spericolate, eseguendo ordini di scuderia provenienti dal gotha della finanza massonica mondiale. Quanto alla massoneria nazionale italiana, Carpeoro ormai se ne tiene alla larga: reputa tramontata la sopravvivenza della sua eredità culturale, e consiglia di non avvicinarsi alle logge (ormai in completo declino, a suo dire). L'insidia della malavita? «Risolvibile anche quella, volendo – conclude l'avvocato – nella misura in cui sono risolvibili anche gli altri mali storici italiani». A patto che, ovviamente, si smetta di fingere di non vederli.
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04 aprile 2019
Regione Lazio, denuncia sprechi ed atti illeciti: allontanata dal posto di lavoro
Intervistiamo oggi l'Avvocato Maria Pia Capozza donna simbolo del Whistleblowing (denuncia alle autorità di attività illecite e fraudolente all'interno della pubblica amministrazione o in aziende private ) nell'era Zingaretti in regione Lazio.
Cosa succede quando un dipendente pubblico segnala anomalie e procedure illecite inerenti la Cosa Pubblica ai propri dirigenti? Dirigenti che solitamente vengono da incontri di piazza in cui manifestano la volontà di rompere col passato, con quei sistemi clientelari che hanno rovinato il nostro Paese, con i compromessi, con i ricatti, insomma, con la corruzione!
Prendiamo ad esempio alcune frasi pubbliche del governatore del Lazio e neo segretario Pd Nicola Zingaretti: "si rifiuta la cultura del lavoro che è un favore da chiedere a qualcuno: al politico, al potente di turno. Non è un favore da chiedere, il lavoro, è un diritto sancito dalla Costituzione".
Condividiamo questo principio e andiamo a vedere cosa ha fatto per tutelare il lavoro di una dipendente che ha denunciato fatti gravissimi passati sotto i suoi occhi e che ha avviato un percorso di risparmio per le casse pubbliche del 75% rispetto alla gestione che l'aveva preceduta come segretario di ISMA – Istituti di Santa Maria in Aquiro –
Avv. Maria Capozza, ha ricoperto l'incarico di Segretario Generale dell'IPAB ISMA cosa sono le IPAB?
"Le I.P.A.B. sono Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, che derivano dal cambio di normazione delle Opere Pie effettuato dalla Legge Crispi del 1890 e gestiscono patrimoni immobiliari di prestigio per erogare servizi sociali alle persone più svantaggiate. Di fatto le IPAB sono nate per essere lo strumento di Welfare più efficace e, soprattutto, più capillare, essendo presenti su tutto il territorio nazionale. Purtroppo, dalle cronache dei giornali italiani, emerge che le IPAB sono state coinvolte in scandali più o meno gravi di mala gestio. Ciò viene evidenziato anche da una mozione presentata il 6 marzo 2019 dalla Senatrice Maria Laura Granato per chiedere un intervento del Governo sulle IPAB ed anche per valutare la nascita di un'autorità amministrativa indipendente presso cui istituire un registro unico degli Enti di Assistenza e Beneficenza"
Anche l'IPAB ISMA è stata coinvolta in scandali di mala gestio?
"Si, anche l'IPAB ISMA ed anzi io stessa ho effettuato diverse denunce presso la Regione Lazio, l'ANAC, la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti su irregolarità ed illeciti che ho riscontrato. Inoltre, sul caso IPAB ISMA sono state presentate diverse Interrogazioni dinanzi alla Regione Lazio, al Senato, alla Camera dei Deputati e sono stati pubblicati diversi articoli, da ultimo Il Fatto Quotidiano del 27 febbraio 2019 a firma di Gaia Giuliani"
Quali sono state le risposte alle sue denunce, da parte delle Istituzioni coinvolte?
"Sono in piedi diversi giudizi in cui cercherò di far emergere la verità. Inoltre, subito dopo l'avvio di una serie di verifiche e di segnalazioni e denunce da parte mia nonché l'apertura di un fascicolo di Whistleblower presso l'ANAC non solo non ho avuto alcuna azione a tutela del mio posto di lavoro ma è iniziata nei miei confronti un'azione di persecuzione che mi ha impedito di svolgere mansioni presso l'IPAB dal 2014 ed, inoltre, il 31 luglio 2018 mi è stato notificata l'immediata caducazione del mio posto di lavoro presso l'IPAB ISMA. Quindi senza lavoro e senza stipendio, in attesa dei tempi "insani" della giustizia".
Qual è stato il ruolo della Regione Lazio?
"La Regione Lazio – appena insediata la prima giunta a guida dell'attuale Governatore – è stata la prima Istituzione a cui ho inviato le mie segnalazioni, in quanto per legge ha la vigilanza sulle IPAB. Inoltre, sono state presentate diverse interrogazioni sull'IPAB ISMA e su altre IPAB e denunce di sindacati quali DIRPUBBLICA E DIRETS (ex DIRER-DIRL). In particolare, la DIRER-DIRL dal 2014 ha denunciato alla Regione Lazio l'irregolarità di diverse nomine effettuate e DIRPUBBLICA ha presentato ricorso al TAR per l'impugnazione del bando che ha nominato l'attuale Segretario Generale dell'IPAB ISMA ed ha richiesto il commissariamento dell'IPAB ISMA sia alla Regione Lazio che al Ministro Salvini esponendo la "forzatura" delle nomine e, tra l'altro, il reato continuato di falso ideologico. Ad oggi, non mi risulta alcuna azione concreta avviata".
A suo parere ci sono elementi di novità e di cambiamento nel suo settore e nella Regione Lazio, negli ultimi anni?
"A questo proposito posso dire che i vertici di diverse IPAB e delle posizioni strategiche della Regione Lazio sono ricoperte da ex dirigenti del PCI e/o pensionati e sono di nomina dell'attuale Governatore della Regione Lazio. Inoltre non mi risulta che siano rispettati i principi di pari opportunità, essendo il numero delle donne nominate ai vertici quasi inesistente "
Concludiamo questo racconto segnalando che meno di un anno fa, il consiglio di Stato (con la sentenza 745/2018), ha evidenziato la mancanza di volontà da parte della regione, di attuare quanto previsto dalla Corte Costituzionale sulle IPAB lasciando un buco normativo che ha permesso abusi, sprechi e atti illegittimi.
A distanza di un anno, il Consiglio regionale del Lazio ha approvato la legge di riforma degli IPAB che secondo Zingaretti completano "il quadro dei servizi sociali dopo l'approvazione del Piano sociale. Gli Ipab nel Lazio sono 55. Siamo partiti dalla volontà di ridurre i costi, tagliere le spese inutili ma l'obiettivo vero di questa riforma è quello di creare una rete capillare diffusa su tutto il territorio che offra ai cittadini una gestione trasparente e sana della cosa pubblica, e di tutti quei servizi che sono utili alle persone che esposte alla profonda e radicata crisi"
L'esatto intento di Maria Pia Capozza e allora perché ha perso il posto di lavoro ed è diventata vittima di denunce e addirittura dell'annullamento del suo concorso?
Il Governatore Zingaretti sostiene che contro l'illegalità e la mancanza di trasparenza: "il punto di partenza, è la convinzione che l'impegno per la legalità non può essere delegato a nessuno. C'è una sfera di collaborazione da indagare e discuterne per indagarne gli effetti.può prevenire, curare e asciugare il brodo in cui l'illegalità e il crimine organizzato si radicano"
Qualche brodo è rimasto privo di asciugatura. Speriamo se ne accorga presto.
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Cosa succede quando un dipendente pubblico segnala anomalie e procedure illecite inerenti la Cosa Pubblica ai propri dirigenti? Dirigenti che solitamente vengono da incontri di piazza in cui manifestano la volontà di rompere col passato, con quei sistemi clientelari che hanno rovinato il nostro Paese, con i compromessi, con i ricatti, insomma, con la corruzione!
Prendiamo ad esempio alcune frasi pubbliche del governatore del Lazio e neo segretario Pd Nicola Zingaretti: "si rifiuta la cultura del lavoro che è un favore da chiedere a qualcuno: al politico, al potente di turno. Non è un favore da chiedere, il lavoro, è un diritto sancito dalla Costituzione".
Condividiamo questo principio e andiamo a vedere cosa ha fatto per tutelare il lavoro di una dipendente che ha denunciato fatti gravissimi passati sotto i suoi occhi e che ha avviato un percorso di risparmio per le casse pubbliche del 75% rispetto alla gestione che l'aveva preceduta come segretario di ISMA – Istituti di Santa Maria in Aquiro –
Avv. Maria Capozza, ha ricoperto l'incarico di Segretario Generale dell'IPAB ISMA cosa sono le IPAB?
"Le I.P.A.B. sono Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza, che derivano dal cambio di normazione delle Opere Pie effettuato dalla Legge Crispi del 1890 e gestiscono patrimoni immobiliari di prestigio per erogare servizi sociali alle persone più svantaggiate. Di fatto le IPAB sono nate per essere lo strumento di Welfare più efficace e, soprattutto, più capillare, essendo presenti su tutto il territorio nazionale. Purtroppo, dalle cronache dei giornali italiani, emerge che le IPAB sono state coinvolte in scandali più o meno gravi di mala gestio. Ciò viene evidenziato anche da una mozione presentata il 6 marzo 2019 dalla Senatrice Maria Laura Granato per chiedere un intervento del Governo sulle IPAB ed anche per valutare la nascita di un'autorità amministrativa indipendente presso cui istituire un registro unico degli Enti di Assistenza e Beneficenza"
Anche l'IPAB ISMA è stata coinvolta in scandali di mala gestio?
"Si, anche l'IPAB ISMA ed anzi io stessa ho effettuato diverse denunce presso la Regione Lazio, l'ANAC, la Procura della Repubblica e la Corte dei Conti su irregolarità ed illeciti che ho riscontrato. Inoltre, sul caso IPAB ISMA sono state presentate diverse Interrogazioni dinanzi alla Regione Lazio, al Senato, alla Camera dei Deputati e sono stati pubblicati diversi articoli, da ultimo Il Fatto Quotidiano del 27 febbraio 2019 a firma di Gaia Giuliani"
Quali sono state le risposte alle sue denunce, da parte delle Istituzioni coinvolte?
"Sono in piedi diversi giudizi in cui cercherò di far emergere la verità. Inoltre, subito dopo l'avvio di una serie di verifiche e di segnalazioni e denunce da parte mia nonché l'apertura di un fascicolo di Whistleblower presso l'ANAC non solo non ho avuto alcuna azione a tutela del mio posto di lavoro ma è iniziata nei miei confronti un'azione di persecuzione che mi ha impedito di svolgere mansioni presso l'IPAB dal 2014 ed, inoltre, il 31 luglio 2018 mi è stato notificata l'immediata caducazione del mio posto di lavoro presso l'IPAB ISMA. Quindi senza lavoro e senza stipendio, in attesa dei tempi "insani" della giustizia".
Qual è stato il ruolo della Regione Lazio?
"La Regione Lazio – appena insediata la prima giunta a guida dell'attuale Governatore – è stata la prima Istituzione a cui ho inviato le mie segnalazioni, in quanto per legge ha la vigilanza sulle IPAB. Inoltre, sono state presentate diverse interrogazioni sull'IPAB ISMA e su altre IPAB e denunce di sindacati quali DIRPUBBLICA E DIRETS (ex DIRER-DIRL). In particolare, la DIRER-DIRL dal 2014 ha denunciato alla Regione Lazio l'irregolarità di diverse nomine effettuate e DIRPUBBLICA ha presentato ricorso al TAR per l'impugnazione del bando che ha nominato l'attuale Segretario Generale dell'IPAB ISMA ed ha richiesto il commissariamento dell'IPAB ISMA sia alla Regione Lazio che al Ministro Salvini esponendo la "forzatura" delle nomine e, tra l'altro, il reato continuato di falso ideologico. Ad oggi, non mi risulta alcuna azione concreta avviata".
A suo parere ci sono elementi di novità e di cambiamento nel suo settore e nella Regione Lazio, negli ultimi anni?
"A questo proposito posso dire che i vertici di diverse IPAB e delle posizioni strategiche della Regione Lazio sono ricoperte da ex dirigenti del PCI e/o pensionati e sono di nomina dell'attuale Governatore della Regione Lazio. Inoltre non mi risulta che siano rispettati i principi di pari opportunità, essendo il numero delle donne nominate ai vertici quasi inesistente "
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A distanza di un anno, il Consiglio regionale del Lazio ha approvato la legge di riforma degli IPAB che secondo Zingaretti completano "il quadro dei servizi sociali dopo l'approvazione del Piano sociale. Gli Ipab nel Lazio sono 55. Siamo partiti dalla volontà di ridurre i costi, tagliere le spese inutili ma l'obiettivo vero di questa riforma è quello di creare una rete capillare diffusa su tutto il territorio che offra ai cittadini una gestione trasparente e sana della cosa pubblica, e di tutti quei servizi che sono utili alle persone che esposte alla profonda e radicata crisi"
L'esatto intento di Maria Pia Capozza e allora perché ha perso il posto di lavoro ed è diventata vittima di denunce e addirittura dell'annullamento del suo concorso?
Il Governatore Zingaretti sostiene che contro l'illegalità e la mancanza di trasparenza: "il punto di partenza, è la convinzione che l'impegno per la legalità non può essere delegato a nessuno. C'è una sfera di collaborazione da indagare e discuterne per indagarne gli effetti.può prevenire, curare e asciugare il brodo in cui l'illegalità e il crimine organizzato si radicano"
Qualche brodo è rimasto privo di asciugatura. Speriamo se ne accorga presto.
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03 aprile 2019
VOCE / 5 ANNI FA QUEL KILLERAGGIO SCIENTIFICO
Da cinque anni la Voce ha cessato le sue pubblicazioni cartacee e non è più in edicola. Dove non riuscirono Pomicino, Gava, Scotti, faccendieri e mafiosi d'ogni risma, è riuscito Antonio Di Pietro. Che ha ottenuto dai suoi colleghi prima di Sulmona e poi dell'Aquila sentenze abnormi e tali da decretare la fine del nostro magazine.
L'esecuzione in piena regola di una Voce che da trent'anni stava combattendo le sue battaglie antimafia, per scovare i politici collusi, i capitali riciclati, le camorre formato esportazione, alzare i veli sui palazzi del Potere, sui santuari bancari, sui controllori che controllano se stessi, sui conflitti d'interesse, sulle endemiche corruzioni, sui Misteri d'Italia, dal caso Alpi alla strage del sangue infetto.
Quella Voce di tutta evidenza "Doveva Morire", come è titolato il libro sulla tragedia di Aldo Moro scritto da due grandi amici di sempre della Voce, Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato.
QUELLA VOCE DOVEVA MORIRE
Ma vediamo le tappe dell'esecuzione scientifica. 2008. Alberico Giostra, giornalista Rai e da parecchi mesi collaboratore della Voce (dopo un anno firmerà "Il tribuno", dedicato allo stesso Di Pietro, senza passare alcun guaio, così come per l'articolo "incriminato") scrive un articolo su Cristiano Di Pietro, il rampollo dell'ex pm che si sta dando alla politica a livello regionale, nel suo Molise. Giostra narra anche della sua problematica maturità, per la quale riceve un aiutino da una insegnante di Sulmona, Annita Zinni. Niente di agghiacciante, nessuna accusa di stampo mafioso né di corruttele: una semplicissima, piccola mano.
Apriti cielo. Neanche avessimo accostato il nome della maestrina a quello di Totò Riina, dopo alcuni mesi riceviamo una citazione civile, in cui lady Zinni sostiene di aver ricevuto danni incalcolabili da quell'articolo killer, quantificabili in almeno 40 mila euro. A quanto pare non poteva più uscire di casa per la vergogna!
Francamente prendiamo la vicenda giudiziaria sottogamba, perché quelle lamentele non stanno né in cielo né in terra. Tant'è vero che in quel lasso di tempo, circa 9 mesi, l'insegnante ha fatto carriera politica, come documentato da alcuni filmati su Yuo Tube: da semplice segretaria di nome e di fatto è diventata segretario provinciale dell'Italia dei Valori del suo amico storico, Tonino Di Pietro.
Veniamo a sapere, da fonti molisane, che lo stesso ex pm avrebbe voluto querelare la Voce in prima persona; ma poi, consigliato dalla consorte e da un fido avvocato, avrebbe optato per l'amica Zinni. Avanti lei con la citazione milionaria.
Eccoci alla sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice Massimo Marasca del tribunale di Sulmona (oggi in servizio a Civitavecchia). La Voce viene condannata a 90 mila euro, addirittura il doppio di quanto richiesto dalla stessa Zinni. Ai confini della realtà.
E ancora più ai confini della realtà sono le motivazioni. Secondo il giudice Marasca, infatti, la povera Zinni ha subito un triplice danno: morale per la reputazione rovinata dall'articolo, di relazione per il fatto che la maestrina ha dovuto per quasi un anno interrompere qualsiasi tipo di relazione sociale (non è potuta, per fare un esempio, neanche andare in piscina), poi psicologico, un "patema d'animo transeunte", come attestava il certificato di un'amica psicologa.
Siamo lieti, comunque, di capire quanto la Voce conti: più di un Espresso e di una Repubblica, ritualmente condannate per episodi ben più eclatanti a 30-40 mila euro; più di un Roberto Saviano, che per una "svista" nel suo Gomorra (aveva scritto di un normale cittadino come di un camorrista) costò alla Mondadori 30 mila euro. Nel nostro piccolo siamo felici di tali attestati di stima da parte del giudice Marasca.
Gli attestati però volano via, mentre restano decreti ingiuntivi, pignoramenti, chiusura dei conti correnti, tutto l'autentico calvario che la Voce e il suo direttore, Andrea Cinquegrani, sono stati per 5 anni esatti costretti a percorrere.
IL LUNGO CALVARIO
La Voce, da allora, non è più uscita in edicola, per il semplice fatto che non era di tutta evidenza più possibile pagare le spese tipografiche e di distribuzione, non avendo più lo straccio di un conto corrente.
Gli ultimi spiccioli sono finiti per difenderci dagli attacchi giudiziari a raffica di lady Zinni, la quale è riuscita anche ad ottenere dal giudice civile di Roma l'ultima tranche di quel fondo per l'editoria derivante dal rimborso per le spese tipografiche. Ha incassato circa 20 mila euro di una annualità e bloccato ogni possibilità di riceve le seguenti. Cinquegrani, da allora, non ha più potuto avere un conto corrente, come neanche il peggior appestato.
E' riuscita Zinni – con il suo amico e mandante Di Pietro – a fare il deserto economico intorno a noi. Quel deserto che, in ben altro modo, evocava il grande Giorgio Bocca nel suo "Inferno", in cui dedicava un intero paragrafo al nostro magazine, "Una Voce nel deserto". Venne a trovarci nella piccola ma animatissima redazione di piazza Mercato nel 1991 e dopo quasi 15 anni tornò in occasione del suo "Napoli siamo noi", per la cui realizzazione ha collaborato Rita Pennarola.
Filippo Roma delle Iene durante la preparazione del servizio sulla vicenda giudiziaria di Sulmona che ha portato alla chiusura della Voce
Arrivano tre anni fa a Napoli le "Iene" con Filippo Roma per realizzare un servizio sul caso della Voce.
Un servizio che non uscirà mai. Solo l'intervista a Cristiano Di Pietro, per documentarne l'alto tasso di cultura con domande sulle capitali del mondo: quella del Brasile è Buenos Aires…
Ma l'odissea è solo all'inizio. Perché appena lette le farneticanti motivazioni della sentenza ci affrettiamo a chiedere che l'appello si possa tenere nel più breve tempo possibile, perché – lo sanno anche i bambini – se un giornale non esce presto muore.
Sapete cosa ci ha risposto il solerte tribunale dell'Aquila? Una multa, una sanzione di 1000 euro per aver osato disturbare lorsignori, chiedendo semplicemente di fare il loro dovere e il loro lavoro, visto che quello dell'Aquila non è un foro così intasato come possono essere quelli di Roma e Napoli. Lesa maestà.
E sapete quando si è svolto il secondo grado? A fine dello scorso anno, 2018, quindi dopo ben 4 anni da quello di primo grado. Ormai a quel punto non aveva più alcun senso, visto che era del tutto impossibile riprendere le pubblicazioni cartacee dopo una pausa così lunga. E del tutto scontato, poi, l'esito del giudizio: una limatina alla condanna, ridotta da 90 a 50 mila euro; però addirittura tornata sopra l'asticella dei 100 per via di interessi, spese legali e tutto quanto fa giustizia di casa nostra.
Una farsa all'italiana.
LE NOSTRE BATTAGLIE
Come abbiamo detto all'inizio, in trent'anni di pubblicazioni, a partire da aprile 1984, ne abbiamo passate di cotte e di crude (ma la Voce ha nel frattempo vinto il premio Penne Pulite e il premio Saint Vincent per le migliori inchieste), sia per via delle querele che delle pesanti citazioni civili, quelle richieste di risarcimento danni puntate come un autentico revolver alle tempie dei giornalisti scomodi, soprattutto se non hanno alle spalle un editore di una certa forza: ma anche in questi casi l'intimidazione riesce, perché da un bel po' ormai gli editori "scaricano" i giornalisti; se poi sono free lance vengono lasciati tranquillamente sbranare dagli aggressori in colletto bianco o anche sporco di mafia.
Siamo passati dalle citazioni miliardarie di Paolo Cirino Pomicino e i suoi 11 miliardi di lire per 'O Ministro, a quelle della sua creatura del cuore, l'ICLA acchiappatutto nel dopo terremoto e non solo; dalla raffica di querele e citazioni di Franco De Lorenzo per "Sua Sanità" e la Farmatruffa, a quelle degli amici Marcucci, gli oligopolisti nella lavorazione e distribuzione di emoderivati; da Alessandra Mussolini all'amico-camerata Roberto Fiore, il leader di Forza Nuova. Da quella di Bettino Craxi appena sbarcato in Tunisia, alla citazione del faccendiere dei Casalesi Cipriano Chianese ben prima che la magistratura cominciasse ad indagare su di lui. Ed a quella del Centro Sociologico Italiano, la seconda obbedienza massonica in Italia. Negli ultimi mesi una citazione perfino dalla Wada (il colosso internazionale che sulla carta è impegnato sul fronte antidoping) per il giallo del campione di marcia Alex Schwazer.
Per condire il tutto con altri faccendieri, camorristi e colletti bianchi, dalla sanità alla giustizia (sic) alla finanza. Un bel mix.
Siamo riusciti a spuntarla con tutti, ci siamo svenati in spese giudiziarie (ormai insostenibili anche solo per attrezzare un minimo di difesa), abbiamo resistito, siamo andati avanti tra sforzi inenarrabili per 30 anni.
Poi è arrivato lui, il Giustiziere, l'Uomo che voleva cambiare l'Italia. Ce l'aveva giurata, perché la Voce è stata la prima testata a scrivere del suo "tesoro", quella società Antocri che ne custodiva tutti i segreti e gli immobili, palate milionarie.
Ne scrivemmo dieci anni fa per primi. Nello stesso periodo usciva "Italiopoli" del grande Oliviero Beha, dove metteva a confronto, tra le varie coppie di italiani, come magistrati le figure di Ferdinando Imposimato e di Di Pietro. E Oliviero alzava il sipario sugli altarini del fondatore-affondatore di Italia dei Valori, Antocri ben compresa.
Qualche anno dopo Italiopoli e l'inchiesta della Voce, arriva il servizio di Report, che decreta in 24 ore la fine di Italia dei Valori e del suo leader maximo.
Di Pietro si è ricordato bene di quella cronologia…
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Di Vaccini & Feti si è parlato in un recentissimo convegno a Roma sul tema "Fede, Scienza e Coscienza", al quale sono intervenuti ricercatori i quali cercano, con gran fatica, di far conoscere agli italiani alcune verità nascoste sui vaccini, e soprattutto, su un loro razionale utilizzo.
Materia bollente, visti i muri di gomma innalzati da una classe politica sempre più genuflessa davanti ai mega interessi delle case farmaceutiche.
Sono intervenuti, tra gli altri, Debi Vinnedge, Martina Collotta, Stefano Montanari e Theresa Deisher.
Deisher afferma di aver trovato tracce di DNA fetale in alcuni vaccini e che questa presenza può spiegare lo scatenarsi di risposte autoimmuni.
Montanari rammenta che le linee cellulari fetali sono più di due: "Al momento – sostiene – esistono una trentina di vaccini realizzati con le due linee cellulari WI-38 e MRC-5, oltre a creme di bellezza. Ma sono in preparazione altre linee cellulari".
Collotta, dal canto suo, spiega come avviene un aborto. Osserva che quelli finalizzati alle linee cellulari "lasciano il feto integro. E il feto deve essere assolutamente sano".
Per questo motivo gli interessi di Big Pharma non riguardano bimbi abortiti spontaneamente, che possono essere partoriti con qualche malformazione. Ma quelli abortiti per scelta, e quindi perfettamente sani. Come neanche gli ariani al tempo dei nazi.
Of course le industrie farmaceutiche che producono farmaci, vaccini & creme di bellezza hanno la vista lunga, pensano alle montagne di profitti e se ne strafottono della vita umana.
Su questi temi ha di recente "esternato" un medico ed ex consulente del colosso in pillole Sanofi-Pasteur. Dettagliando le incredibili ricerche portate avanti al Wistar Institute di Philadelphia per conto di Big Pharma. Al centro dell'interesse i feti, per produrre vaccini e cosmetici. Ne sono stati sacrificati ben 76 (di feti) stando alle sue solo conoscenze.
Ma ecco un altro raccapricciante racconto. "Per combattere una malattia esantematica, pericolosa solo per donne in gravidanza, si uccidono e fanno a pezzi i figli di chi rifiuta la maternità".
Scrive un sito di controinformazione: "Ci chiediamo che senso abbia impedire l'uso delle cellule embrionali per la ricerca e usare, senza dichiaralo apertamente, quelle fetali per fabbricare sieri farmaceutici. Non è certo 'tenendo nascosto' un crimine che se ne perdono i risvolti morali".
Racconta con grande amarezza una madre: "Ero all'oscuro di tutto questo al momento di vaccinare le mie bimbe e non mi sento, per questo, giustificata. Né la mia pediatra, né gli operatori della Asl mi avevano messa al corrente. Si obietterà che non vi è reato visto che quelle donne abortiscono volontariamente: loro sì, liberissime, ma chi è contrario all'aborto e ignora come vengono prodotti questi vaccini, compie una scelta che non gli appartiene, una scelta immorale. Diventa complice suo malgrado. Sono stata ingannata. E con me milioni di genitori".
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02 aprile 2019
Glaxo: orfani, neonati e bambini usati come cavie da laboratorio
Secondo un’indagine di ‘The Observer’, bambini orfani e neonati fino a tre mesi sono stati utilizzati come cavie in esperimenti medici potenzialmente pericolosi sponsorizzati da aziende farmaceutiche, tra le quali la Glaxo. Ad affermarlo è il famoso quotidiano inglese “The Guardian“.
Il gigante britannico Glaxo Smith Kline e’ coinvolto nello scandalo. L’azienda ha sponsorizzato esperimenti su bambini presso l’Incarnation Children’s Centre, una casa di cura di New York specializzata nel trattamento dei malati di HIV e gestita da un ente di carita’ che si spaccia per cattolico.
I bambini venivano infettati da HIV o nati da madre con HIV positivo. I loro genitori erano morti, non trattati o ritenuti indatti a prendersi cura di loro.
Secondo i documenti ottenuti da ‘The Observer’, Glaxo ha sponsorizzato almeno 4 studi medici usando bambini ispanici e neri all’Incarnation Children’s Center.
Gli esperimenti
I documenti forniscono dati di tutti gli studi clinici negli Stati Uniti e rivelano che gli esperimenti sponsorizzati da Glaxo sono stati progettati per testare la ‘sicurezza e la tolleranza’ dei farmaci AIDS alcuni dei quali presentano effetti collaterali potenzialmente pericolosi. Glaxo produce una serie di farmaci destinati a trattare l’HIV tra cui l’AZT.
Normalmente i test sui bambini richiedono il consenso dei genitori, ma, poiche’ i neonati sono in cura, sono le autorita’ di New York a decidere.
Piu’ di 100 bambini sono stati utilizzati in 36 esperimenti-almeno quattro cosponsorizzati da Glaxo.
Piu’ di 100 bambini sono stati utilizzati in 36 esperimenti-almeno quattro cosponsorizzati da Glaxo.
Alcuni di questi studi sono stati progettati per testare la tossicita’ di farmaco AIDS.
Uno ha esaminato la reazione nei bambini di sei mesi ad una doppia dose di vaccino contro il morbillo. Un altro riguarda il dosaggio di cocktail di sette farmaci contemporaneamente.
Uno ha esaminato la reazione nei bambini di sei mesi ad una doppia dose di vaccino contro il morbillo. Un altro riguarda il dosaggio di cocktail di sette farmaci contemporaneamente.
Nel 1997 un esperimento co-sponsorizzato da Glaxo ha usato i bambini per ottenere dati di tolleranza, sicurezza e farmacocinetica per i farmaci Herpes.
In un esperimento piu’ recente i bambini sono stati utilizzati per testare l’AZT.
Un terzo esperimento sponsorizzato da Glaxo e dall’impresa farmaceutica statunitense Pfizer ha esaminato la sicurezza a lungo termine di farmaci antibatterici nei bambini di 3 mesi.
In un esperimento piu’ recente i bambini sono stati utilizzati per testare l’AZT.
Un terzo esperimento sponsorizzato da Glaxo e dall’impresa farmaceutica statunitense Pfizer ha esaminato la sicurezza a lungo termine di farmaci antibatterici nei bambini di 3 mesi.
Vera Sharov, Presidente dell’Alleanza per la Protezione della Ricerca Umana ha dichiarato che i bambini sono stati trattati come ‘animali da laboratorio’.
Visto su: www.jedanews.it
Traduzione e sintesi a cura di: nomassoneriamacerata.blogspot.it
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01 aprile 2019
Martin Selmayr e lo strano suicidio alla corte di Bruxelles
La bomba l'ha sganciata Libèration. Secondo il giornale francese, infatti, Martin Selmayr, Segretario generale della Commissione europea, tedesco della Cdu e descritto come "una delle figure più potenti e influenti della commissione stessa", è al centro di una storia fatta di veleni che farebbe impallidire gli sceneggiatori di pluripremiate serie televisive come House of Cards o 24.
L'autore dello scoop intitolato "Selmayrgate, conflitti d'interesse, menzogne e…suicidio" è Jean Quatremer, giornalista di fama internazionale e prestigio indiscusso, già in passato autore di ficcanti retroscena su Bruxelles.
L'incipit dell'inchiesta è clamoroso: "Laura Pignataro s'è suicidata il 17 dicembre. Questa alta funzionaria del servizio giuridico della Commissione Europea era stata costretta a difendere la nomina, macchiata di irregolarità, di Martin Selmayr, già capo di gabinetto di Jean-Claude Junker, come segretario generale dell'istituzione".
L'inchiesta sull'eurocrate Martin Selmayr
Bruxelles, 17 dicembre 2018, ore 7.30 del mattino. Secondo la ricostruzione di Quatremer, Laura Pignataro chiede a Lorenza B., la ragazza che l'ha ospitata per alcuni giorni, di accompagnare la figlia quattordicenne alla fermata dell'autobus per andare a scuola. Non si sente bene, si giustifica. Appena le due donne si salutano, l'avvocatessa sale all'ultimo piano dell'edificio e si getta nel vuoto. Muore all'istante. La polizia belga conclude rapidamente che si tratta suicidio. Ma perché questa donna italiana, una brillante giurista dalla carriera brillante, si sarebbe suicidata?
E chi è Laura Pignataro? Non una persona qualunque. Come racconta Libèration, "contava nella cosiddetta bolla europea. Questa giurista italiana, figlia di un magistrato, formatasi in Italia, Stati Uniti, Francia e Spagna, faceva parte del gruppo chiuso di alti funzionari della Commissione". Nel giugno 2016, prosegue, "è stata promossa a capo del dipartimento risorse umane del servizio giuridico della Commissione. È questa mansione che l'ha portata a ricoprire un ruolo chiave nella gestione del caso Martin Selmayr, ex capo dello staff tedesco di Jean-Claude Juncker".
Come racconta Linkiesta, il potentissimo avvocato tedesco molto vicino ad Angela Merkel, "in meno di dieci anni è passato da semplice portavoce a segretario generale della Commissione, il ruolo amministrativo più importante dell'Unione europea" – che ricopre dal 1° marzo scorso. Per arrivarci, Seymar avrebbe scavalcato tutti, anche direttori generali molto più anziani e più esperti di lui. E ora il quotidiano francese collega il suicidio della Pignataro proprio alla scalata sospetta dell'avvocato "macchiata di irregolarità". Una scalata che lascia spazio a moltissimi dubbi e anzi: c'è chi parla di un vero e proprio golpe.
La ricostruzione
"Panico". Su pressione anche dei media, il 28 febbraio 2018 la commissione per il controllo del budget del Parlamento europeo invia 134 domande al fine di fare chiarezza sul "Selmayrgate". Secondo quanto riportato dal giornale francese , il 24 marzo, 10 persone del Servizio giuridico, tra cui Pignataro, si riuniscono per preparare le risposte. Ad un certo punto, tuttavia, il potente eurocrate entra nella stanza e blocca tutto.
Una seconda riunione per rispondere a nuove domande dei parlamentari è indetta il 2 aprile. Anche stavolta, il segretario generale fa sentire la sua pressione e influenza. Fonti anonime citate da Libération descrivono la Pignataro come furiosa per le violazioni al regolamento che le vengono imposte. A maggio entra in scena Emily O' Reilly, mediatore europeo, ovvero "l'organo indipendente e imparziale che chiama le istituzioni e gli organismi dell'Ue a rispondere del loro operato e promuove la buona amministrazione". O'Reilly vuole tutte le e-mail concernenti la nomina sospetta dell'avvocato tedesco e Laura Pignataro a quel punto decide di cedere e consegnare il materiale.
Naturalmente, Selmayr è letteralmente furioso. Secondo Quatremer "le impone di non parlare con nessuno", la mette nella situazione di essere "obbligata a mentire", "la chiama nel cuore della notte per darle delle direttive". Il 12 dicembre, l'avvocatessa italiana confesserebbe agli amici tutta la sua frustrazione: "Sono finita".
Lo strano suicidio di Laura Pignataro
Che pressioni avrebbe ricevuto Laura Pignataro tanto da doversi togliere la vita? "Né Martin Selmayr, né Günther Oettinger, commissario per l'amministrazione, né Juncker hanno ritenuto opportuno inviare le loro condoglianze alla famiglia, né di partecipare (o di essere rappresentati) alla cremazione tenuto 21 dicembre a Bruxelles". D'altra parte, "quel giorno, tutti i funzionari hanno ricevuto un messaggio da Selmayr augurandoci buone feste. Siamo rimasti tutti scioccati", racconta uno degli amici dell'italiana a Libèration.
Alla base del suo gesto tragico ci sono motivi non professionali? Libèration sembra escludere questa pista. "Quelli che abbiamo intervistato la descrivono una donna che ama la vita e lo sport. "È difficile capire il suo gesto, era allegra, forte ed energica", ricorda uno dei suoi ex capi, Giulano Marenco, vice direttore generale del dipartimento legale in pensione. Non si sentiva sopraffatta da nulla".
La replica della Commissione
Nelle scorse ore, la Commissione europea ha replicato alle accuse mosse dall'inchiesta del giornale francese. "La Commissione europea respinge il contenuto dell'articolo nel modo più forte possibile – si legge in una nota -. Si basa su una richiesta completamente sbagliata e su "fonti" anonime. Fa accuse inaccettabili che non hanno nulla a che fare con la realtà di ciò che è agli occhi del pubblico".
La morte della nostra brillante collega, prosegue, "direttore del servizio giuridico, a cui si è fatto riferimento nell'articolo, è stato uno shock per tutti noi che abbiamo avuto il privilegio e la possibilità di conoscerla e lavorare con lei". Per la commissione, che cita la polizia belga, la vicenda è chiusa: "suicidio in un contesto privato".
Fonte: www.occhidellaguerra.it
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