14 settembre 2009

News da Minà e da Latinoamerica


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Su Chávez la disinformazione italiana     

di Gianni Minà    

da "Il Manifesto" del 10 settembre 2009

 

 La riflessione più evidente che nasce dalla lettura dei media italiani dopo il trionfale passaggio a Venezia del presidente venezuelano Ugo Chavez, per la prima del film-documentario South of the Border a lui dedicato da Oliver Stone, è che da noi proprio non ne vogliono sapere di dire la verità su quello che sta accadendo nel mondo e perchè.

La nostra informazione, pateticamente impantanata nel suo stupido gioco di gossip, insulti e contro insulti locali, sembra ormai malata di autismo nelle sue certezze, anche quando queste certezze sono smentite dai fatti, come è accaduto nel recente crollo del muro del capitalismo.

Questa informazione è, infatti, così abituata ad essere bugiarda, superficiale, ridicola nel raccontare le persone e riferire i fatti che non sente nemmeno più il bisogno di chiedersi, per esempio, perchè il regista Oliver Stone, quello di Salvador, Platoon, JFK, Wall Street, cioè un regista aduso a dire la verità fuori dai denti e a riflettere sul mondo che lo circonda, abbia sentito il bisogno  di raccontare l’America latina oggi, usando il meccanismo del documentario, incontrando i presidenti del continente a sud del Texas, da Ugo Chavez, appunto, al brasiliano Lula da Silva, all’argerntina Cristina Kirchner con suo marito Nestor (che l’ha preceduta nella presidenza), all’ecuadoriano Rafael Correa, al paraguaiano Fernando Lugo, al cubano Raul Castro, tutti in qualche modo protagonisti del vento di attenzione sociale e civile che sta cambiando e rendendo più giusta quella parte del mondo. Un vento che, secondo tutti gli indicatori internazionali, sta spingendo l’America latina verso un riscatto, storicamente atteso dal tempo delle conquiste coloniali di Spagna e Portogallo, e non gradito agli interessi delle nazioni del nord del mondo.

Oliver Stone compie questa traversata di un continente che sta recuperando diritti democratici, mentre in Europa si perdono ogni giorno brandelli di conquiste civili e sociali, inframezzando le incursioni nella vita di questi leaders a frammenti di telegiornali nordamericani che hanno il merito di sbriciolare la fama usurpata della tante volte esaltata capacità giornalistica dei media d’oltreoceano.

Non a caso proprio a Venezia, nella cena organizzata dalla produzione, dove c’era anche Chavez, Stone mi ha ribadito “Molti dei paesi latinoamericani che hanno recentemente conquistato un’indipendenza reale sono scorrettamente indicati da settori del nostro governo e da parte della stampa miserevolmente asservita come “non democratici”, perchè le loro nuove scelte economiche e politiche nuociono ai nostri interessi. Tutto questo è insopportabile e bisogna avere la froza di denunciarlo”.

Insomma, il regista di Nato il quattro luglio e di Assassini nati fa il lavoro che una volta facevano i giornalisti, i saggisti, e che, da qualche tempo, fanno i registi come lui, come Sean Penn, George Clooney, perfino come Soderbergh (nella rigorosa ricostruzione della vita e dell’epopea di Che Guevara, che smentisce tutte le invenzioni montate contro lui e contro Cuba), o come Michael Moore, l’iniziatore di questo genere, premiato da un pubblico che evidentemente vuole sfuggire le mistificazioni e le menzogne della televisione.

Non è quindi sorprendente che, salvo Il manifesto, i media italiani non abbiano sentito il bisogno di raccontare ai propri lettori il contenuto di South of the Border (A sud del confine), che sarebbe stato doveroso per aiutare il pubblico a capire, ma abbiano sguinzagliato, invece, presunti cronisti d’assalto alla ricerca del pettegolezzo, della battuta, insomma del niente.

Ero a Venezia, nel mio ruolo di giornalista e documentarista, eppure ne sono stato sfiorato io stesso.

In caso contrario questi cacciatori di panzane avrebbero dovuto ricordare, per esempio, che i leaders progressisti latino americani, protagonisti del film di Stone e che sono sembrati tutti dialetticamente più preparati dei nostri saccenti politici, hanno potuto affermarsi democraticamente solo dall’inizio del nuovo secolo, in particolare dopo l’11 settembre 2001, quando gli Stati Uniti, distratti da due guerre inventante in Oriente, hanno perso di vista il  “cortile di casa”. Prima avrebbero potuto far solo la fine di quei leaders democratici del continete, dal guatemalteco Arbenz al cileno Allende, eletti dal popolo e deposti da criminali giunte militari sostenute dai governi degli Stati Uniti.

Ma il nostro attuale giornalismo parolaio ha paura di confrontarsi con la storia e con la verità.

Così sceglie sempre la via del cabaret o della plateale mistificazione.

Il Giornale di Berlusconi aveva per esempio un sommario, nell’articolo di Michele Anselmi, che recitava:”Il feroce caudillo venezuelano, ospite del regista Oliver Stone, che lo celebra in un film e dimentica la ferocia del regime”. Una simile dizione che richiamava personaggi inquietanti sostenuti dall’occidente, come Bokassa o Idi Amin, o il dittatore haitiano Duvalier o i componenti della giunta militare argentina o cilena, responsabili, con l’appoggio degli Stati Uniti, della tragedia dei desaparecidos, è, infatti, fondata sul niente. Purtroppo per il giornalismo italiano, se fosse stato chiesto a chi ha costruito quella pagina se fosse in grado di enumerare anche solo un atto di ferocia del presidente venezuelano, non avrebbe saputo rispondere, perchè, oltretutto, Chavez , come sa chi fa un giornalismo onesto, è il protagonista di un percorso politico che lo ha visto prevalere dodici volte in altrettante consultazioni elettorali o referendarie negli ultimi undici anni. E’ un dato, questo, che per chiarezza dovrebbe tenere in conto anche una parte della sinistra italiana, prevenuta sulla politica del presidente venezuelano, malgrado i successi sociali che gli organismi internazionali gli riconoscono. Una volta Gad Lerner ha detto in tv “Chavez non ci piace”. Giudizio legittimo, che però suggerisce una domanda:  il voto è forse uno strumento che vale solo quando vince il candidato che ci piace?

A controllare, recentemente, le elezioni in Venezuela c’era pure l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter con la sua Fondazione per i diritti umani. Non ebbe dubbi sulla correttezza della consultazione in corso.

A parte della nostra sinistra non piacciono nemmeno le frequentazioni di Chavez. A Venezia, per esempio, veniva, dopo un giro in Iran, in Siria e in Libia e l’indomani sarebbe andato in Bielorussia e Russia. “Faccio il presidente di un paese che è il quarto produttore modiale di petrolio- ha spiegato a me e a Tariq Ali, sceneggiatore di  South of the Border, nella cena della produzione- Che faccio, ignoro questa realtà o tengo vive, periodicamente, le relazioni con le nazioni produttrici di petrolio e riunite nell’OPEC, che non a caso ha ripreso vitalità da quando il segretario generale è stato un venezuelano? Insomma, devo fare gli interessi del mio paese o quelli delle multinazionali degli Stati Uniti?”.

Non mi azzardo a chiedere che i giornalisti, ignari di quello che succede nel mondo, si addentrino su questi argomenti quando incrociano Chavez, ma mi aspetterei più correttezza almeno quando si affrontano problemi come quello dell’informazione in Venezuela.

Quando, nell’aprile del 2002, con l’appoggio del governo Bush e della Spagna di Aznar, l’oligarchia locale e perfino parte della Chiesa tentò il colpo di stato contro il suo governo democraticamente eletto, nelle ore drammatiche di quell’accadimento, le TV, per il 95% in mano all’imprenditoria privata, ostile a Chavez, incitavano all’eversione o, nel migliore dei casi,  con nessun rispetto per i cittadini, trasmettevano cartoni animati.

Poi, nel tempo, le licenze di molte emittenti televisive e radiofoniche sono scadute e, come sarebbe successo negli Stati Uniti e ovunque, a quelle che incitavano all’eversione e all’assassinio del presidente, il permesso non è stato rinnovato.

Più recentemente è stata fatta una nuova legge che favorisce cooperative, gruppi di base e sociali. Essendo cittadino di un paese come l’Italia, sono prevenuto su ogni legge sulla televisione. So però una cosa: il 90% delle emittenti è rimasto, in Venezuela, in mano all’opposizione.

Non penso possa essere una legge più liberticida della nostra.

 

 

 

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DIRITTI CIVILI: IN URUGUAY È LEGGE L’ADOZIONE PER LE COPPIE OMOSESSUALI

Gennaro Carotenuto

(11 settembre 2009)

 

Sulla riva orientale del Río de la Plata si avanza ancora sul piano dei diritti civili e l’Uruguay è il primo paese latinoamericano ad approvare una legge che sancisce il diritto delle coppie omosessuali all’adozione. È stato approvato infatti il nuovo “Codice dell’infanzia e dell’adolescenza” che permette a qualunque coppia, unione civile o convivenza, con almeno quattro anni di durata, il pieno diritto all’adozione…

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TRE ONOREFICENZE A TRE GRANDI PERSONAGGI

Alessandra Riccio

(04 settembre 2009)

 

Miguel D’Escoto è un uomo che non perde tempo: eletto Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, non c’è giorno che non lavori per ridare credibilità all’ONU come riunione di volontà di tutti i paesi del mondo per lavorare a favore dell’uguaglianza delle nazioni, della loro pari condizione di stati sovrani, ma anche di paesi portatori di voci della differenza in grado di arricchire il ventaglio delle aspirazioni umane, invece di ridurle a coro unanime…

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11 settembre 2001: 8 anni di trucchi e inganni

Editoriale

Cara/o lettrice/lettore,

Secondo la favola che chi governa il pianeta insiste a volerci far credere, 8 anni fa due immensi aerei hanno girato per ore i cieli degli Stati Uniti senza essere intercettati, al completo di passeggeri ed equipaggi, prima di centrare i due grattacieli più famosi del mondo a New York.
Un altro di questi aerei immensi, fatti per ospitare centinaia di passeggeri, si è infilato senza trovare resistenza, dentro il
Pentagono, a Washington, sicuramente uno dei posti più protetti del pianeta, dissolvendosi. La strage dei tremila abitanti delle Torri Gemelle è stata presa a pretesto e a giustificazione della guerra in Afghanistan e di una stagione di riarmo mondiale per combattere il terrorismo. Da lì ha potuto realizzarsi la guerra all'Iraq che ha prodotto milioni di morti e ridotto quello Stato a un cumulo di macerie e miserie. Molti giornalisti e ricercatori coraggiosi, in ogni parte del mondo, hanno documentato le falsità alla base della storia ufficiale del 9/11.

Webster Griffin Tarpley e Massimo Mazzucco sono tra i più famosi e autorevoli tra i ricercatori della verità sulla tragedia del World Trade Center, ospiti di importanti studi televisivi sia in Usa che in Italia e in molti altri paesi.

La Fabbrica del Terrore di Tarpley è un magnifico esempio di giornalismo investigativo che utilizza tanti dei risultati raggiunti dal movimento per la verità sul 9/11 e delle ricerche dell'autore sul terrorismo, cosiddetto, di stato.

Macro Edizioni ha pubblicato il DVD + Libro Inganno Globale in cui Massimo Mazzucco, esperto realizzatore di documentari/inchiesta, presenta una mirabile e incalzante sintesi visiva di tante falsità.

Lo Staff di Macrolibrarsi

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Leggere queste pagine significa affacciarsi su un incubo. Gli Stati Uniti sono in mano a un gruppo di pericolosi sovvertitori della pace mondiale. Né il “New York Times” né il “Washington Post” hanno recensito il libro. Si presume che non lo faranno nemmeno i grandi giornali italiani che, infatti, hanno tutti mentito sull’11 settembre.

Giulietto Chiesa, parlamentare europeo e giornalista

Arrivato alla quarta edizione negli Stati Uniti, La Fabbrica del Terrore è un libro che compie un salto di qualità nelle indagini alternative sull’11/9 e sugli altri atti di terrorismo che hanno scosso il mondo negli ultimi anni: dopo le denunce delle molte incongruenze presenti nelle versioni ufficiali, Webster Tarpley offre una ricostruzione riccamente documentata sull’azione dei servizi segreti e dei loro mandanti nel perseguire interessi strategici ben precisi.

Franco Cardini, storico, docente all’Università di Firenze

Tarpley ha creato un genere del tutto nuovo […] paragonando le tecniche utilizzate dalle agenzie di Intelligence statunitensi nella creazione dell’11/9 e i metodi usati in passato dall’Intelligence USA. […] Si continuerà a tornare su questo libro per sollevare nuove domande lungo questa linea d’indagine.

Thierry Meyssan, ex segretario nazionale dei radicali di sinistra francesi.
Presidente del “Réseau Voltaire”,
autore dei bestseller
L’Incredibile Menzogna

.

Quello che tutti abbiamo visto alla televisione ... quello che abbiamo letto sui giornali ... è davvero la realtà?

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Alice nel paese delle meraviglie e il disastro delle torri gemelle David Icke
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Ecco perché la versione ufficiale dei fatti dell'11 settembre è una menzogna colossale

Macro Edizioni - Settembre 2003
Prezzo € 22,00
Omissis Philip Shenon
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Tutto quello che non hanno voluto farci sapere sull'11 Settembre

Piemme - Setrtembre 2009
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David Icke svela i retroscena del più grosso e funesto attentato della storia moderna. Chi è stato il regista di quei fatti? Chi ha permesso che ciò accadesse? Quali sono le responsabilità dei servizi di sicurezza americani? E del Presidente degli Stati Uniti? È veramente Osama Bin Laden il mandante degli attentati? L'autore evidenzia che l'attentato e la conseguente "guerra al terrorismo" fanno parte di una strategia programmata da anni, volta a rendere l'umanità prigioniera in un mondo di terrore.

Nelle roboanti dichiarazioni ufficiali, la Commissione istituita per indagare sui fatti dell'11/9 era stata presentata come assolutamente imparziale. Ma Philip Shenon presenta una realtà del tutto differente, mettendo in evidenza una lunga serie di censure, prove cancellate, anacronismi, clamorosi conflitti di interesse. Su tutto, una certezza: la Commissione ha omesso dalle conclusioni "praticamente tutte le più serie imputazioni a carico dei sauditi".

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Lo trovi in: Verità segrete, 11 Settembre, Verità nascoste



David Icke vanta milioni di convinti lettori/spettatori e le informazioni che propone nei suoi libri e nei suoi DVD contribuiscono a dare risposte agli interrogativi che ci siamo posti a seguito di avvenimenti come il disastro delle Torri Gemelle. Icke è stato tra i primi a indicare l'inganno degli attentati e a prevedere la successiva guerra all'Iraq.


E' Tempo di Scegliere - 3DVD David Icke
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Freedom or Fascism

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In che modo veniamo controllati? Chi ci controlla? David Icke è considerato uno dei guru del complottismo mondiale; dal seminario tenutosi a Londra nel 2006 che ha riscosso un notevole successo, è nata questa raccolta di tre DVD. Un Live Show di 7 ore, in cui Icke tesse insieme più di 16 anni di accurate ricerche e indagini mirate nell'ambito della Cospirazione Globale. È un'esperienza che vi cambierà la vita, una produzione sbalorditiva e di alta qualità che ha per protagonista il più famoso autore sulla cospirazione, nonché ricercatore di verità.

Oltre 600 pagine ricche di riferimenti storici, biografici e simbolici. Una rete di famiglie, la cui origine risale alle epoche più remote, sta manipolando gli eventi attraverso i propri politici-fantoccio, per instaurare una tirannia a lungo preparata. Ma i giorni del loro anonimato sono terminati. David Icke ha fatto luce sul Popolo delle Ombre e ha messo fine a quella segretezza che è così essenziale al loro successo. Questo è il libro che risveglierà la massa e finalmente rivelerà in modo indubitabile l’incredibile livello di controllo che una forza occulta esercita sull’umanità da migliaia di anni.

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13 settembre 2009

Il film ZERO trasmesso dalla Tv pubblica Austriaca ORF

Il film ZERO trasmesso dalla Tv pubblica austriaca ORF

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Anche se nessuno ne parla, il documentario ZERO è il film italiano visto da più telespettatori nel mondo negli ultimi anni, perfino più di Gomorra. Dopo la tv russa e Al-Jazeera, il 6 settembre 2009 anche la tv pubblica austriaca ORF ha trasmesso questo sguardo diverso sull'11/9.

Di seguito pubblichiamo la traduzione della pagina dedicata al film, ribattezzato “9/11 Was steckt wirklich dahinter?” dal sito della rete pubblica ORF.


11/9 – Cosa c'è davvero dietro?

 

(c) ORF: Quel che ci è stato trasmesso dai mass media in merito ai tragici eventi dell'11 settembre 2001 è in realtà vero? Riuscite a credere senza riserve alle dichiarazioni ufficiali del governo degli Stati Uniti d'America? O forse le cose si sono svolte diversamente...?

 

Con le interviste a importanti personalità, come lo scrittore Gore Vidal e il premio Nobel per la letteratura Dario Fo, il documentario studia meticolosamente lo svolgersi della tragedia e finisce per trattare nuove e sorprendenti teorie e scoperte che fanno all'improvviso comparire gli eventi di allora sotto una luce completamente diversa.

 

Questioni di grande peso

Perché l'11 settembre la difesa aerea non ha risposto? Perché il World Trade Center 7, un grattacielo situato vicino alle due torri, ore dopo gli attentati è crollato? Dove sono finiti i resti del velivolo? Di queste e altre questioni si occupa il documentario il cui titolo originale è "Zero: Un'inchiesta sull'11/9", che mette radicalmente in discussione la versione ufficiale della sequenza degli eventi.

 

Le celebrità rivelano

Una spiegazione del contesto degli attacchi aerei è fornita da autori quali come Nafeez Mossaddeq Ahmed, Jürgen Elsässer e Daniel Hopsicker, che negli ultimi anni, hanno tutti scoperto la strumentalizzazione dei mercenari islamici che hanno lavorato con varie agenzie di intelligence.

 

Il fantasma di Bin Laden

Nel film si espone anche la natura discutibile dei videomessaggi attribuiti a Osama bin Laden dai mass media.

 

Nessuna casa di produzione è stata pronta a realizzare l'idea del controverso documentario.

 

Il Coraggio e l'impegno

L'esperto giornalista nonché eurodeputato indipendente del nord-ovest italiano Giulietto Chiesa a giugno dello scorso anno ha avuto successo come iniziatore e produttore del film grazie alle donazioni e con il contributo attivo di più di 450 volontari non retribuiti.

 

Inganno – in un modo o nell'altro?

Il film sottolinea un malessere diffuso che esiste per molti sin dal "giorno che ha cambiato il mondo". Chi può seguire il racconto dei retroscena degli attentati al World Trade Center di New York e al Pentagono può tenere il passo con la complicata situazione descritta nel film e passare in rassegna le ultime novità dell'aspra lotta tra "occultamento" e "rivelazione".

 

I due registi italiani Francesco Trento e Franco Francassi alle numerose teorie esistenti non ne aggiungono di nuove. Fanno domande sugli eventi ancora irrisolti. Le eventuali risposte sono lasciate allo spettatore.

 

 

Documentario, ITA 2009

Prima visione in una tv di lingua tedesca

 

La pagina del sito della rete ORF: http://tv.orf.at/program/orf2/20090906/460983601/275010/


11 settembre 2009

11 settembre, da quanto tempo...

11 settembre, da quanto tempo si sapeva che sarebbe accaduto? http://www.youtube.com/watch?v=RPgzSsuKyUw vedi anche: http://www.youtube.com/watch?v=IbFhfWjgY4g

09 settembre 2009

Byoblu.Com - Giorgio Stracquadanio dice

8 settembre 2009 - 19.02

Giorgio Stracquadanio dice


Giorgio Stracquadanio, deputato PDL e consulente politico di Maria Stella Gelmini, viene intervistato da RaiNews24.

Giorgio Stracquadanio dice: «Fino all’anno scorso, dipendevano dal Ministero della Pubblica Istruzione 1 milione e 300 mila persone. Il piano di riduzione prevede che in 3 anni si passi a 1 milione e duecentomila. Come si attua e perché si attua questa riduzione? Uno, si attua perché essendoci meno studenti, occorrono meno insegnanti.»

Giorgio Stracquadanio dice che ci sono meno studenti. Ma è vero?  Ecco i dati per l’anno scolastico 2009/2010:

  1. Scuola materna: per la prima volta supereremo il milione di bambini. 28 mila in più dell’anno scorso. Una media di quasi 24 bambini per classe.
  2. Scuola media: da settembre ci saranno 18 mila studenti in più. Contestualmente, ci saranno ben 120 classi in meno.
  3. Scuola superiore: Dai 21,8 alunni per classe dello scorso anno, si passa a 22,1 alunni. Ci saranno classi con più di 30 alunni, esclusi uno o più eventuali alunni disabili.
  4. Disabili: sarà l’anno record per la presenza di alunni disabili: oltre 178 mila contro i 176.000 dell’anno scorso. Gli insegnanti di sostegno, tuttavia, restano invariati: 90.469.

Giorgio Stracquadanio dice: «Il giornalismo italiano è quello che questi numeri non dice.»

O è lui che questi numeri non li dà?

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Centinaia di soccorritori dell’11/9 muoiono di cancro

Centinaia di soccorritori dell’11/9 muoiono di cancro

dust911da Russia Today

 

Gli operatori dei servizi di emergenza di New York sono stati tra i primi sulla scena del disastro dell’11 settembre, ma questo ha messo in pericolo la loro sicurezza personale. Quelli coinvolti nelle operazioni di salvataggio e in quelle di bonifica sono presto diventati eroi nazionali.

 

 

wtc-dust-911Ma ora l'85% di loro è affetto da malattie polmonari, che si dice siano state causate dalle enormi nubi di polvere.

Queste persone fanno ora appello allo stato per avere supporto medico.

Finora il governo degli Stati Uniti ha rifiutato di aiutarli.

 

 

Il pompiere eroe di New York

 

John McNamara è il caso più recente di un soccorritore di Ground Zero che muore di cancro. Ha lottato per salvare delle vite, quel giorno, ma ha perso la sua propria battaglia a soli 44 anni: una vittima del suo stesso coraggio.

 

Il suo coraggio è stato commemorato nella cattedrale di San Patrizio, dove si sono svolti i funerali di McNamara.

 

Oggi suo figlio Jack McNamara è ancora troppo giovane per capire le azioni di suo padre, quel giorno. Tutto quello che sa è che il padre era un vigile del fuoco.

 

«Io e le altre famiglie delle vittime siamo davvero sconvolti dal fatto che tanti di questi valorosi vigili del fuoco che hanno lottato per ritrovare mio figlio e per salvare gli altri stiano ora pagandone il prezzo», dice Sally Reigenhardt, il cui figlio è morto negli attentati dell'11/9.

 

I funzionari comunali, statali e federali non hanno riconosciuto un legame diretto tra i casi di cancro e le tossine di Ground Zero. Il Congresso deve ancora approvare la legislazione sanitaria sull’11/9 che richiami la copertura finanziaria federale delle spese sanitarie per i soccorritori.

 

John McNamara ha passato circa cinquecento ore a Ground Zero mentre aiutava nel soccorso e recupero. Quasi otto anni dopo, qui lo scenario è tutto di ricostruzione. Ma mentre il buco nel terreno si accorcia sempre di più, l'elenco dei decessi correlati all’11/9 diventa sempre più lungo.

 

 

"Il governo paga per questi e devo pagare per questi"

 

L’agente di polizia in pensione Mike Valentin ha avuto quattro biopsie per un tumore precanceroso in gola e deve prendere 15 pillole al giorno. Definisce l’11/9 come la Chernobyl dell’ America.

 

«Le persone che moriranno di malattie supererà il numero di persone rimaste uccise l’11 settembre. Sto parlando di migliaia, decine di migliaia di persone che avranno il cancro», prevede il soccorritore dell’11/9 Valentin.

 

Valentin racconta che ha passato quattro mesi a scavare in mezzo alle macerie di Ground Zero, dopo che i funzionari statunitensi avevano annunciato che l'aria era sicura.

 

Valentin, padre di tre figli, lamenta di spendere 15mila dollari l'anno per una cura che il governo non coprirà e denuncia che i leader degli Stati Uniti hanno voltato le spalle agli eroi cui avevano promesso che mai sarebbero stati dimenticati.

 

«Le nostre famiglie non stanno cercando di parcheggiarsi una Mercedes Benz nel cortile. Non siamo in cerca di procurarci viaggi in Europa », dice Valentin,« stiamo cercando di prenderci cura delle nostre famiglie quando per quando moriremo.»

 

Per il tempo che gli rimane, Mike Valentin promette di continuare a lottare per i risarcimenti che ritiene che meritino i first responder dell’11/9.

 

Valentin ha costituito una fondazione dei poliziotti dell’11/9 per aiutare i soccorritori in pensione che necessitano di assistenza medica: tra loro Patrick Triola, che ha trascorso mesi nelle ricerche a Ground Zero e poi è diventato vittima di un cancro ai reni.

 

In quei giorni, anche il figlio di Stephen Grossman, Robert, stava aiutando nel soccorso e recupero. Gli è stato diagnosticato un cancro terminale al cervello nel 2006, a soli 39 anni. A tutt’oggi, è ancora in coma.

 

Fonte: http://www.russiatoday.com/Top_News/2009-08-24/nyc-firemen.html.

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.


Clicca ull'immagine:

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06 settembre 2009

La storia di Kurt Sonnenfeld

La storia di Kurt Sonnenfeld, l’uomo che a Ground Zero ha filmato quel che non si deve sapere

sonnenfdi Pino Cabras - «Megachip»

New York, 11 settembre 2001, la protezione civile interviene subito. Le Torri non sono state colpite ancora, ma loro, le squadre di soccorso sono lì già da ieri, 10 settembre, per una delle tante strane esercitazioni che punteggiano lo scenario della giornata destinata a cambiare il mondo. Alle squadre viene aggregato Kurt Sonnenfeld, un cameraman molto specializzato.

 

kurt_sonnenfeld_el_perseguidoUna storia pazzesca, la sua, che parte dai miasmi di Ground Zero, passa per un dramma terribile in Colorado e approda in un esilio a Buenos Aires. Una storia che in Italia è quasi ignota. Lui l’ha raccontata in un libro pubblicato in Argentina, El Perseguido, ossia “il perseguitato”.

 

Dopo i mega-attentati dell’11 settembre 2001, in mezzo alle macerie, è tempo di soccorso, ma è anche tempo di documentazione a caldo. La FEMA, la protezione civile USA, decide che un documentarista plurilaureato e fotografo lavori nel luogo in cui sino a poco prima svettavano le Torri Gemelle. È Sonnenfeld.

 

Non è certo un novellino. La FEMA lo aveva chiamato a documentare altre situazioni critiche e di catastrofi, in segretezza. Aveva anche operato in luoghi dove si immagazzinavano, sviluppavano o trasportavano armi nucleari, biologiche e chimiche. Le competenze della FEMA sono vaste, molto più penetranti della protezione civile di altri paesi occidentali. La FEMA è nel cuore di una formidabile e opaca costituzione materiale in cui la sicurezza militare è al centro di procedure misteriose e complesse.

 

Sonnenfeld racconta che «quando è avvenuto il terribile attentato dell’11 settembre, il governo USA chiuse tutta l’area nei pressi del World Trade Center, tutta la parte sud di Manhattan, e fu vietato l’ingresso di qualsiasi tipo di apparecchio di ripresa visiva. Solo a due persone al mondo fu concesso di accedere per documentare quanto era accaduto. Io fui una di queste persone, con accesso totale e assoluto» al WTC.

 

sonn01«Io dovevo documentare con la mia videocamera quotidianamente per ore e ore, e poi in base ai rigidi parametri che mi erano stati impartiti, mettere a disposizione delle catene informative mondiali quindici o venti minuti di immagini», ricorda il professionista, che aggiunge: «dovevo consegnare tutte queste ore di filmati per le indagini che si supponeva stessero procedendo.»

 

Sonnenfeld assolve al suo dovere a Ground Zero per cinque settimane. Ma a causa di una tragica catena di eventi che si succedono, non consegna mai le registrazioni.

 

In una recente intervista alla Rete Voltaire, Sonnenfeld fa notare le anomalie che percepisce sin da subito:

«Ripensandoci, c’erano molte cose a Ground Zero che non quadravano. Era strano, a mio avviso, che mi fosse stato comunicato di andare a New York ancora prima che il secondo aereo colpisse la Torre Sud, quando i media parlavano ancora di un “piccolo aereo” entrato in collisione con la Torre Nord; una catastrofe, fino a quel punto, di dimensioni troppo ridotte per poter interessare la FEMA. Invece la FEMA fu mobilitata in pochi minuti, mentre ci vollero dieci giorni per inviarla a New Orleans dopo l’uragano Kathrina, nonostante l’abbondante preavviso! Era strano che ogni videocamera fosse severamente proibita entro il perimetro di sicurezza di Ground Zero, che l’intera zona fosse dichiarata “scena del delitto”, ma poi tutte le “prove” all’interno della scena del delitto venissero rimosse e distrutte con grande rapidità. Infine trovai molto strano che la FEMA e altre agenzie federali si fossero già posizionate nel loro centro operativo al Molo 91 il 10 settembre 2001, il giorno prima degli attacchi!»

Mentre iniziano a presentarsi questi dubbi, Sonnenfeld lavora a ritmo sostenuto. Altri dubbi più pesanti verranno più avanti, come vedremo. Intanto immortala ore e ore di scene dal disastro.

 

Un evento terribile irrompe nella sua vita, qualche mese dopo. Lo racconta lo stesso Sonnenfeld: «Poco dopo aver compiuto il servizio al Ground Zero del WTC, dove quasi tremila vite erano state stroncate, la mia stessa moglie prese la triste e tragica decisione di suicidarsi, la mattina del 1° gennaio 2002».

 

«Lo avevo attribuito dapprima al suo quadro depressivo. Purtroppo proveniva da una famiglia segnata dai suicidi. Le autorità procedettero all’inchiesta formale pertinente che stabilì la mia innocenza. Tutte le prove, compreso un biglietto suicida scritto di suo pugno, incontrovertibili prove forensi nonché le dichiarazioni sotto giuramento di poliziotti e testimoni nella corte, provarono il suicidio», spiega il documentarista, che nell’intervista alla Rete Voltaire ha anche ricordato che la donna «teneva un diario in cui registrava i suoi propositi suicidi».

 

Il biglietto suicida di Nancy Sonnenfeld ha qualcosa di criptico, per la verità. «Cosa c’è di più bello dell’amore e della morte?» con la parola "amore" depennata. «Kurt, per favore cerca aiuto!».

 

I guai per Kurt Sonnenfeld continuano ancora. Sino al limite delle torture. Durante la detenzione «fui picchiato brutalmente. Alla stazione di polizia due ufficiali mi strangolarono, impedendomi di respirare, nello stesso momento in cui un altro ufficiale mi dava vari calci all’inguine, e poi mi ficcarono una sostanza chimica corrosiva su per le narici».

 

Il racconto di Sonnenfeld descrive come poi cade a terra, in tempo per ricevere ancora altri calci prima di essere abbandonato al suolo, quasi senza respiro, le mani legate dietro la schiena e perciò impossibilitato a togliersi la sostanza irritante che gli cola sul viso.

 

Le prove che lo scagionano non bastano, la detenzione su input governativo dura sei mesi. «Durante questo tempo, le autorità mi confiscarono irregolarmente la casa e cambiarono le serrature».

 

A quanto riferisce Sonnenfeld, a causa delle «prove schiaccianti che dimostravano che quello di mia moglie era un suicidio, l’accusa vide che non c’erano elementi a mio carico e chiese il mio proscioglimento. Il giudice concordò in pieno sulla mia innocenza e venni rilasciato».

 

Una volta liberato, dopo aver perso tutto, snervato da tanti e tali abusi, Sonnenfeld fa causa alla polizia e alle autorità della città per arresto arbitrario, coercizione illegale e torture, detenzione arbitraria, diffamazione, uso eccessivo della forza, violazione dei diritti umani e civili. Sonnenfeld parla pubblicamente contro le autorità e le critica sui media.

 

Alle sue denunce seguono ulteriori procedimenti: «Notai allora delle auto ferme di fronte a casa mia a osservarmi; certe volte, quando rientravo, l’allarme era disattivato; la polizia mi poneva in stato di fermo senza motivo. Dovetti starmene a casa di alcuni amici in un’altra città. Ma il loro domicilio fu violato, benché nulla venisse loro rubato».

 

La pressione e l’apparenza di un accanimento personale contro di lui crescono. Sonnenfeld abbandona lo stato del Colorado, dov’era nato e cresciuto, senza che questo fermi la persecuzione. «Fu a quel punto che alcuni degli amici che avevano parenti qui, in Argentina, mi proposero di venire e di farmi dare la chiave di uno dei loro appartamenti a San Bernardo (sulla costa atlantica della provincia di Buenos Aires)», ricorda Sonnenfeld.

 

sonn02Arrivato con l’intento di stare lì solo poche settimane, il tempo di far decantare le spaventose pressioni e tensioni, Sonnenfeld si trattiene invece più a lungo, fino a conoscere Paula, la donna che poi sposa nel 2003. Una nuova vita, che ricomincia in Argentina e che, negli intenti degli sposi, deve continuare negli Stati Uniti. Serve il visto per Paula. L’ambasciata USA oppone ostacoli burocratici. Il tempo d’attesa è usato per chiedere un visto permanente per lei, una donna combattiva che se ne intende di pratiche di emigrazione. È infatti un avvocato, consulente legale di un’associazione che si occupa di donne immigrate e rifugiate in Argentina la AMUMRA.

 

Kurt fa in tempo a fare i primi passi da produttore indipendente. Tra giugno e luglio 2004, dopo aver consegnato un videoclip con immagini uniche a un produttore, viene fermato da alcuni agenti dell’Interpol. Su di lui pende una richiesta di estradizione dagli USA.

 

Per Sonnenfeld «negli Stati Uniti si tenne un’udienza segreta e si decise di chiedere la mia estradizione, dicendo che dopo oltre due anni, avevano improvvisamente incontrato nuove prove».

 

Quali?

 

«Due detenuti condannati, che in cambio di una riduzione nelle pene inflittegli, dicono che io avevo loro confessato che mia moglie non si era suicidata. Ignorando a quel punto la mia assoluzione e tutte le prove del suicidio», spiega Sonnenfeld, «reinventarono il caso e architettarono queste presunte nuove prove».

 

L’ordine di arresto inviato alle autorità argentine è molto insistente, in più punti, nel chiedere che siano sequestrati, confiscati e spediti negli USA tutti gli oggetti e documenti del documentarista.

 

«Nel processo originario, la mia casa rimase per sei mesi in mano alle autorità degli Stati Uniti. Allora, cosa continuano a cercare sei anni dopo?», si indigna.

 

«L’estradizione è un pretesto falso. Designato a ricondurmi sul suolo nordamericano e pormi entro la loro orbita di controllo. Ovviamente mi stanno perseguendo per via del timore che certi funzionari del governo nordamericano hanno nei confronti delle informazioni in mio possesso, e di ciò che son stato testimone», dichiara l’uomo dei documentari segreti.

 

In sostanza, quel che sostiene Sonnenfeld è che la sua versione dei fatti «si contrappone alla versione ufficiale di quanto accaduto l’11/9» poiché «metto in discussione le ragioni che giustificano la cosiddetta ‘Guerra al terrorismo’».

 

Kurt Sonnenfeld passa sette mesi nel carcere di Devoto. Altro che permessi per andare in USA, ora si tratta di evitare il ritorno. La moglie incinta, in mezzo a tanto stress, perde il bimbo. L’estradizione viene negata. È marzo 2005. Il giudice federale argentino Daniel Rafecas nota le irregolarità e «le ombre in questo caso» e la totale mancanza di garanzie sul fatto che – nel caso venisse estradato in USA – non gli si sia inflitta la pena di morte.

 

sonn03«Sin dal momento della mia liberazione, i pedinamenti, le persone che scattavano foto, le minacce e le telefonate son state un costante fattore di disturbo. Siamo pedinati regolarmente come se fossimo sul suolo nordamericano», lamenta esasperato Sonnenfeld.

 

Il governo statunitense ricorre in appello contro la prima decisione del giudice Rafecas e la Corte Suprema di Giustizia argentina non concede l’estradizione. Per una seconda volta, il magistrato ratifica la sua decisione e nega ancora l’estradizione.

 

«La decisione del Dottor Rafecas segnò la QUARTA volta che una Corte analizzava il caso orchestrato contro di me e decideva in mio favore, con l’intento di metter fine a questa prolungata ingiustizia. Ma un’altra volta ancora il governo degli Stati Uniti ha fatto appello alla decisione e il mio caso oggi si trova di nuovo presso la Corte Suprema di Giustizia argentina», spiega Sonnenfeld. Alla famiglia è stato intanto assegnato un servizio di scorta della polizia che opera 24 ore su 24.

 

Dentro una situazione che per chiunque sarebbe estenuante, i coniugi Sonnenfeld fanno mostra di una grande forza psicologica: «Stiamo lottando contro la superpotenza mondiale, una macchina che non si ferma certo davanti ai sentimenti e al dolore dell’uomo comune».

 

kurtsonnenfeld«Tutti sappiamo che le autorità nordamericane hanno mentito e falsificato le prove su chi possedeva armi di distruzione di massa, o sui legami tra Saddam Hussein e Bin Laden, per giustificare i suoi continui attacchi all’Iraq. Hanno cercato d’ingannarci circa l’esistenza delle carceri clandestine intorno al mondo e la tortura di chi vi era detenuto. E sebbene tutti sappiamo la verità, le atrocità continuano», afferma Sonnenfeld con toni indignati, che poi spinge ad alcune considerazioni più preoccupanti: «Ogni momento che condivido con la famiglia, ogni volta che usciamo sulla pubblica via, quando una delle mie figlie mi abbraccia, io so che potrebbe essere l’ultima volta. Ogni mattina mi sveglio e penso che potrebbe essere l’ultimo giorno insieme alla mia famiglia.»

 

sonn04Sono diversi i punti in cui Sonnenfeld mette in questione su punti delicatissimi le verità ufficiali sull’11 settembre. Nell’intervista alla Rete Voltaire dice: «ci si chiede di credere che tutte e quattro le “indistruttibili” scatole nere dei due jet che colpirono le Twin Towers non siano mai state ritrovate perché completamente vaporizzate, eppure io ho girato alcune riprese delle ruote di gomma del carrello di atterraggio degli aerei rimaste quasi intatte, così come i sedili, parte della fusoliera e una turbina, che non si erano per nulla vaporizzate. Detto questo, trovo piuttosto strano che tali oggetti possano essere usciti intatti da un disastro che ha trasformato gran parte delle Twin Towers in polvere sottile. E nutro seri dubbi sull’autenticità di una “turbina di jet”, di gran lunga troppo piccola per appartenere a uno dei Boeing!

Ciò che accadde all’Edificio 7 è poi incredibilmente sospetto. Ho dei video che mostrano che il cumulo di macerie era incredibilmente piccolo».

Lo stesso edificio mai menzionato nell’inchiesta della Commissione sull’11/9 interamente controllata da un fedelissimo di Bush, Philip Zelikow.

 

Sonnenfeld descrive la stranezza di molte immagini da lui registrate, le quali dimostrano ad esempio che un vasto ufficio blindato dei servizi segreti all’Edificio 6 appariva inspiegabilmente svuotato di documenti, come se qualcuno fosse intervenuto prima degli attacchi.

 

Per Sonnenfeld ora è difficile assicurare anche certe risorse materiali banali e quotidiane, nel lavoro e in famiglia, in assenza di un quadro giuridico consolidato e dei documenti giusti per la sua condizione di cittadinanza.

 

Alla battaglia di Kurt e Paula si sono uniti anche alcuni nomi di grande peso nella società civile argentina, a partire dal vincitore del Premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, fino a tutta la galassia di associazioni forgiatesi nella battaglia per la verità e i diritti umani sin dai tempi dei desaparecidos, comprese le madri di Plaza de Mayo.

 

Accanto a questa premura per un caso giuridico particolarmente penoso per i suoi protagonisti, la vicenda di Kurt Sonnenfeld e il suo libro sollevano questioni importanti in merito alla necessità di una nuova inchiesta sulle vicende dell’11 settembre: la testimonianza interna di un occhio molto potente ed elettronico come quello di Sonnenfeld, assieme ad altri documenti, audiovisivi e non solo, attesta l’anomalia di una giornata, l’11 settembre, che a certe strutture non sembrava poi così inattesa.

 

 

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