06 settembre 2009

La storia di Kurt Sonnenfeld

La storia di Kurt Sonnenfeld, l’uomo che a Ground Zero ha filmato quel che non si deve sapere

sonnenfdi Pino Cabras - «Megachip»

New York, 11 settembre 2001, la protezione civile interviene subito. Le Torri non sono state colpite ancora, ma loro, le squadre di soccorso sono lì già da ieri, 10 settembre, per una delle tante strane esercitazioni che punteggiano lo scenario della giornata destinata a cambiare il mondo. Alle squadre viene aggregato Kurt Sonnenfeld, un cameraman molto specializzato.

 

kurt_sonnenfeld_el_perseguidoUna storia pazzesca, la sua, che parte dai miasmi di Ground Zero, passa per un dramma terribile in Colorado e approda in un esilio a Buenos Aires. Una storia che in Italia è quasi ignota. Lui l’ha raccontata in un libro pubblicato in Argentina, El Perseguido, ossia “il perseguitato”.

 

Dopo i mega-attentati dell’11 settembre 2001, in mezzo alle macerie, è tempo di soccorso, ma è anche tempo di documentazione a caldo. La FEMA, la protezione civile USA, decide che un documentarista plurilaureato e fotografo lavori nel luogo in cui sino a poco prima svettavano le Torri Gemelle. È Sonnenfeld.

 

Non è certo un novellino. La FEMA lo aveva chiamato a documentare altre situazioni critiche e di catastrofi, in segretezza. Aveva anche operato in luoghi dove si immagazzinavano, sviluppavano o trasportavano armi nucleari, biologiche e chimiche. Le competenze della FEMA sono vaste, molto più penetranti della protezione civile di altri paesi occidentali. La FEMA è nel cuore di una formidabile e opaca costituzione materiale in cui la sicurezza militare è al centro di procedure misteriose e complesse.

 

Sonnenfeld racconta che «quando è avvenuto il terribile attentato dell’11 settembre, il governo USA chiuse tutta l’area nei pressi del World Trade Center, tutta la parte sud di Manhattan, e fu vietato l’ingresso di qualsiasi tipo di apparecchio di ripresa visiva. Solo a due persone al mondo fu concesso di accedere per documentare quanto era accaduto. Io fui una di queste persone, con accesso totale e assoluto» al WTC.

 

sonn01«Io dovevo documentare con la mia videocamera quotidianamente per ore e ore, e poi in base ai rigidi parametri che mi erano stati impartiti, mettere a disposizione delle catene informative mondiali quindici o venti minuti di immagini», ricorda il professionista, che aggiunge: «dovevo consegnare tutte queste ore di filmati per le indagini che si supponeva stessero procedendo.»

 

Sonnenfeld assolve al suo dovere a Ground Zero per cinque settimane. Ma a causa di una tragica catena di eventi che si succedono, non consegna mai le registrazioni.

 

In una recente intervista alla Rete Voltaire, Sonnenfeld fa notare le anomalie che percepisce sin da subito:

«Ripensandoci, c’erano molte cose a Ground Zero che non quadravano. Era strano, a mio avviso, che mi fosse stato comunicato di andare a New York ancora prima che il secondo aereo colpisse la Torre Sud, quando i media parlavano ancora di un “piccolo aereo” entrato in collisione con la Torre Nord; una catastrofe, fino a quel punto, di dimensioni troppo ridotte per poter interessare la FEMA. Invece la FEMA fu mobilitata in pochi minuti, mentre ci vollero dieci giorni per inviarla a New Orleans dopo l’uragano Kathrina, nonostante l’abbondante preavviso! Era strano che ogni videocamera fosse severamente proibita entro il perimetro di sicurezza di Ground Zero, che l’intera zona fosse dichiarata “scena del delitto”, ma poi tutte le “prove” all’interno della scena del delitto venissero rimosse e distrutte con grande rapidità. Infine trovai molto strano che la FEMA e altre agenzie federali si fossero già posizionate nel loro centro operativo al Molo 91 il 10 settembre 2001, il giorno prima degli attacchi!»

Mentre iniziano a presentarsi questi dubbi, Sonnenfeld lavora a ritmo sostenuto. Altri dubbi più pesanti verranno più avanti, come vedremo. Intanto immortala ore e ore di scene dal disastro.

 

Un evento terribile irrompe nella sua vita, qualche mese dopo. Lo racconta lo stesso Sonnenfeld: «Poco dopo aver compiuto il servizio al Ground Zero del WTC, dove quasi tremila vite erano state stroncate, la mia stessa moglie prese la triste e tragica decisione di suicidarsi, la mattina del 1° gennaio 2002».

 

«Lo avevo attribuito dapprima al suo quadro depressivo. Purtroppo proveniva da una famiglia segnata dai suicidi. Le autorità procedettero all’inchiesta formale pertinente che stabilì la mia innocenza. Tutte le prove, compreso un biglietto suicida scritto di suo pugno, incontrovertibili prove forensi nonché le dichiarazioni sotto giuramento di poliziotti e testimoni nella corte, provarono il suicidio», spiega il documentarista, che nell’intervista alla Rete Voltaire ha anche ricordato che la donna «teneva un diario in cui registrava i suoi propositi suicidi».

 

Il biglietto suicida di Nancy Sonnenfeld ha qualcosa di criptico, per la verità. «Cosa c’è di più bello dell’amore e della morte?» con la parola "amore" depennata. «Kurt, per favore cerca aiuto!».

 

I guai per Kurt Sonnenfeld continuano ancora. Sino al limite delle torture. Durante la detenzione «fui picchiato brutalmente. Alla stazione di polizia due ufficiali mi strangolarono, impedendomi di respirare, nello stesso momento in cui un altro ufficiale mi dava vari calci all’inguine, e poi mi ficcarono una sostanza chimica corrosiva su per le narici».

 

Il racconto di Sonnenfeld descrive come poi cade a terra, in tempo per ricevere ancora altri calci prima di essere abbandonato al suolo, quasi senza respiro, le mani legate dietro la schiena e perciò impossibilitato a togliersi la sostanza irritante che gli cola sul viso.

 

Le prove che lo scagionano non bastano, la detenzione su input governativo dura sei mesi. «Durante questo tempo, le autorità mi confiscarono irregolarmente la casa e cambiarono le serrature».

 

A quanto riferisce Sonnenfeld, a causa delle «prove schiaccianti che dimostravano che quello di mia moglie era un suicidio, l’accusa vide che non c’erano elementi a mio carico e chiese il mio proscioglimento. Il giudice concordò in pieno sulla mia innocenza e venni rilasciato».

 

Una volta liberato, dopo aver perso tutto, snervato da tanti e tali abusi, Sonnenfeld fa causa alla polizia e alle autorità della città per arresto arbitrario, coercizione illegale e torture, detenzione arbitraria, diffamazione, uso eccessivo della forza, violazione dei diritti umani e civili. Sonnenfeld parla pubblicamente contro le autorità e le critica sui media.

 

Alle sue denunce seguono ulteriori procedimenti: «Notai allora delle auto ferme di fronte a casa mia a osservarmi; certe volte, quando rientravo, l’allarme era disattivato; la polizia mi poneva in stato di fermo senza motivo. Dovetti starmene a casa di alcuni amici in un’altra città. Ma il loro domicilio fu violato, benché nulla venisse loro rubato».

 

La pressione e l’apparenza di un accanimento personale contro di lui crescono. Sonnenfeld abbandona lo stato del Colorado, dov’era nato e cresciuto, senza che questo fermi la persecuzione. «Fu a quel punto che alcuni degli amici che avevano parenti qui, in Argentina, mi proposero di venire e di farmi dare la chiave di uno dei loro appartamenti a San Bernardo (sulla costa atlantica della provincia di Buenos Aires)», ricorda Sonnenfeld.

 

sonn02Arrivato con l’intento di stare lì solo poche settimane, il tempo di far decantare le spaventose pressioni e tensioni, Sonnenfeld si trattiene invece più a lungo, fino a conoscere Paula, la donna che poi sposa nel 2003. Una nuova vita, che ricomincia in Argentina e che, negli intenti degli sposi, deve continuare negli Stati Uniti. Serve il visto per Paula. L’ambasciata USA oppone ostacoli burocratici. Il tempo d’attesa è usato per chiedere un visto permanente per lei, una donna combattiva che se ne intende di pratiche di emigrazione. È infatti un avvocato, consulente legale di un’associazione che si occupa di donne immigrate e rifugiate in Argentina la AMUMRA.

 

Kurt fa in tempo a fare i primi passi da produttore indipendente. Tra giugno e luglio 2004, dopo aver consegnato un videoclip con immagini uniche a un produttore, viene fermato da alcuni agenti dell’Interpol. Su di lui pende una richiesta di estradizione dagli USA.

 

Per Sonnenfeld «negli Stati Uniti si tenne un’udienza segreta e si decise di chiedere la mia estradizione, dicendo che dopo oltre due anni, avevano improvvisamente incontrato nuove prove».

 

Quali?

 

«Due detenuti condannati, che in cambio di una riduzione nelle pene inflittegli, dicono che io avevo loro confessato che mia moglie non si era suicidata. Ignorando a quel punto la mia assoluzione e tutte le prove del suicidio», spiega Sonnenfeld, «reinventarono il caso e architettarono queste presunte nuove prove».

 

L’ordine di arresto inviato alle autorità argentine è molto insistente, in più punti, nel chiedere che siano sequestrati, confiscati e spediti negli USA tutti gli oggetti e documenti del documentarista.

 

«Nel processo originario, la mia casa rimase per sei mesi in mano alle autorità degli Stati Uniti. Allora, cosa continuano a cercare sei anni dopo?», si indigna.

 

«L’estradizione è un pretesto falso. Designato a ricondurmi sul suolo nordamericano e pormi entro la loro orbita di controllo. Ovviamente mi stanno perseguendo per via del timore che certi funzionari del governo nordamericano hanno nei confronti delle informazioni in mio possesso, e di ciò che son stato testimone», dichiara l’uomo dei documentari segreti.

 

In sostanza, quel che sostiene Sonnenfeld è che la sua versione dei fatti «si contrappone alla versione ufficiale di quanto accaduto l’11/9» poiché «metto in discussione le ragioni che giustificano la cosiddetta ‘Guerra al terrorismo’».

 

Kurt Sonnenfeld passa sette mesi nel carcere di Devoto. Altro che permessi per andare in USA, ora si tratta di evitare il ritorno. La moglie incinta, in mezzo a tanto stress, perde il bimbo. L’estradizione viene negata. È marzo 2005. Il giudice federale argentino Daniel Rafecas nota le irregolarità e «le ombre in questo caso» e la totale mancanza di garanzie sul fatto che – nel caso venisse estradato in USA – non gli si sia inflitta la pena di morte.

 

sonn03«Sin dal momento della mia liberazione, i pedinamenti, le persone che scattavano foto, le minacce e le telefonate son state un costante fattore di disturbo. Siamo pedinati regolarmente come se fossimo sul suolo nordamericano», lamenta esasperato Sonnenfeld.

 

Il governo statunitense ricorre in appello contro la prima decisione del giudice Rafecas e la Corte Suprema di Giustizia argentina non concede l’estradizione. Per una seconda volta, il magistrato ratifica la sua decisione e nega ancora l’estradizione.

 

«La decisione del Dottor Rafecas segnò la QUARTA volta che una Corte analizzava il caso orchestrato contro di me e decideva in mio favore, con l’intento di metter fine a questa prolungata ingiustizia. Ma un’altra volta ancora il governo degli Stati Uniti ha fatto appello alla decisione e il mio caso oggi si trova di nuovo presso la Corte Suprema di Giustizia argentina», spiega Sonnenfeld. Alla famiglia è stato intanto assegnato un servizio di scorta della polizia che opera 24 ore su 24.

 

Dentro una situazione che per chiunque sarebbe estenuante, i coniugi Sonnenfeld fanno mostra di una grande forza psicologica: «Stiamo lottando contro la superpotenza mondiale, una macchina che non si ferma certo davanti ai sentimenti e al dolore dell’uomo comune».

 

kurtsonnenfeld«Tutti sappiamo che le autorità nordamericane hanno mentito e falsificato le prove su chi possedeva armi di distruzione di massa, o sui legami tra Saddam Hussein e Bin Laden, per giustificare i suoi continui attacchi all’Iraq. Hanno cercato d’ingannarci circa l’esistenza delle carceri clandestine intorno al mondo e la tortura di chi vi era detenuto. E sebbene tutti sappiamo la verità, le atrocità continuano», afferma Sonnenfeld con toni indignati, che poi spinge ad alcune considerazioni più preoccupanti: «Ogni momento che condivido con la famiglia, ogni volta che usciamo sulla pubblica via, quando una delle mie figlie mi abbraccia, io so che potrebbe essere l’ultima volta. Ogni mattina mi sveglio e penso che potrebbe essere l’ultimo giorno insieme alla mia famiglia.»

 

sonn04Sono diversi i punti in cui Sonnenfeld mette in questione su punti delicatissimi le verità ufficiali sull’11 settembre. Nell’intervista alla Rete Voltaire dice: «ci si chiede di credere che tutte e quattro le “indistruttibili” scatole nere dei due jet che colpirono le Twin Towers non siano mai state ritrovate perché completamente vaporizzate, eppure io ho girato alcune riprese delle ruote di gomma del carrello di atterraggio degli aerei rimaste quasi intatte, così come i sedili, parte della fusoliera e una turbina, che non si erano per nulla vaporizzate. Detto questo, trovo piuttosto strano che tali oggetti possano essere usciti intatti da un disastro che ha trasformato gran parte delle Twin Towers in polvere sottile. E nutro seri dubbi sull’autenticità di una “turbina di jet”, di gran lunga troppo piccola per appartenere a uno dei Boeing!

Ciò che accadde all’Edificio 7 è poi incredibilmente sospetto. Ho dei video che mostrano che il cumulo di macerie era incredibilmente piccolo».

Lo stesso edificio mai menzionato nell’inchiesta della Commissione sull’11/9 interamente controllata da un fedelissimo di Bush, Philip Zelikow.

 

Sonnenfeld descrive la stranezza di molte immagini da lui registrate, le quali dimostrano ad esempio che un vasto ufficio blindato dei servizi segreti all’Edificio 6 appariva inspiegabilmente svuotato di documenti, come se qualcuno fosse intervenuto prima degli attacchi.

 

Per Sonnenfeld ora è difficile assicurare anche certe risorse materiali banali e quotidiane, nel lavoro e in famiglia, in assenza di un quadro giuridico consolidato e dei documenti giusti per la sua condizione di cittadinanza.

 

Alla battaglia di Kurt e Paula si sono uniti anche alcuni nomi di grande peso nella società civile argentina, a partire dal vincitore del Premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel, fino a tutta la galassia di associazioni forgiatesi nella battaglia per la verità e i diritti umani sin dai tempi dei desaparecidos, comprese le madri di Plaza de Mayo.

 

Accanto a questa premura per un caso giuridico particolarmente penoso per i suoi protagonisti, la vicenda di Kurt Sonnenfeld e il suo libro sollevano questioni importanti in merito alla necessità di una nuova inchiesta sulle vicende dell’11 settembre: la testimonianza interna di un occhio molto potente ed elettronico come quello di Sonnenfeld, assieme ad altri documenti, audiovisivi e non solo, attesta l’anomalia di una giornata, l’11 settembre, che a certe strutture non sembrava poi così inattesa.

 

 

Leggi anche:

- www.sott.net

- blogghete.blog.dada.net.


La mia tv vi porterà libertà e democrazia

Il video dello show di Berlusconi sulla (sua) televisione tunisina: "La mia tv vi porterà libertà e democrazia"

"La politica del mio governo è dare casa, lavoro, istruzione e assistenza sanitaria ai migranti"
Lo scorso 18 agosto Berlusconi è stato in visita privata a Tunisi. La mattina un incontro con il presidente Ben Alì, e nel pomeriggio la partecipazione a Ness Nessma, programma di Nessma TV, la televisione satellitare tunisina acquisita, lo scorso anno, per il 50 per cento, da Mediaset e da Quinta Communications, società di produzione di Tarak Ben Ammar di cui è socio di rilievo anche il gruppo Fininvest e nel cui capitale, alla fine di giugno, è entrata, tramite la Lafitrade, pure Tripoli (ai più maliziosi basterà questo solo dato per comprendere la ratio della politica mediterranea dell’attuale governo…). Tra un ricordo commosso del viaggio in Libia (“un evento storico e coraggioso”, lo ha definito il conduttore), ed una breve dissertazione su quello che è il ruolo della televisione e su quanto di buono ("libertà e democrazia") la (sua) televisione potrà portare alla gente del Nord Africa (“Crede che Nessma TV sarà capace di cambiare il volto del Maghreb così come le sue televisioni già hanno fatto con quello dell’Italia?”, gli chiedeva la co-conduttrice), ospite della tv tunisina Berlusconi ha parlato anche di immigrazione. Con un discorso evidentemente non concordato con il ministro Maroni. Perché se in Italia il presidente del Consiglio ha bisogno di assecondare, sul tema, la propaganda leghista, dall’altra parte del Mediterraneo l’uomo d’affari Berlusconi ha un mercato di 80 milioni di telespettatori da conquistare. Spettatori che hanno quindi potuto apprendere di come la politica del governo italiano sia tesa ad “aumentare i canali di ingresso legali” e a garantire, ai migranti, “casa, lavoro, istruzione” e -udite udite- “l’apertura di tutti i nostri ospedali alle loro necessità”, perché “pure gli italiani sono stati emigranti, e quindi devono aprire il loro cuore a chi oggi viene in Italia”. Di seguito il video della trasmissione. L’ho tradotto e sottotitolato in italiano, affinché anche voi possiate scoprire che il pacchetto sicurezza in realtà non è mai esistito.
Berlusconi su Nessma TV (prima parte)
Berlusconi su Nessma TV (seconda parte)
www.youtube.com/watch?v=buOLH4UwAaA
danielesensi.blogspot.com

05 settembre 2009

Tutto quello che non avrebbero voluto farci sapere sull'11/9

L’inchiesta. Tutto quello che non avrebbero voluto farci sapere sull’11/9


911di Carlo Bonini - «Il Venerdì di Repubblica», 28 agosto 2009.

Segue una nota di «Megachip» a cura di Pino Cabras.

 

I rapporti tra Kissinger e i sauditi. Quelli tra il direttore della Commissione d’inchiesta sull’attentato e i fedelissimi di Bush jr. Nell'anniversario della strage, un cronista del «New York Times» svela chi ha lavorato per insabbiare la verità.

 

 

duephilipNella disastrosa eredità consegnata all’America e al mondo intero da due mandati presidenziali repubblicani, c’è una ferita più profonda di altre che ha a che fare con la Verità e la Menzogna. Con le premesse dell’11 settembre e le sue conseguenze. E come sempre accade nelle grandi democrazie, il tempo, da solo, non è mai una buona medicina. Perché l’oblio non è una risposta. Per questo, a otto anni di distanza da quel giorno che ha cambiato per sempre il corso della Storia, la domanda su quella mattina di orrore e di sangue non è più «come è potuto accadere», ma un’altra. A ben vedere cruciale. Chi è il padre della verità sull’11 settembre? Chi, dunque, davvero ne ha indirizzato il percorso e gli approdi?

 

Come è noto, la verità ufficiale sull’11 settembre ha la firma di una Commissione d’inchiesta (9/11 Commission) bipartisan del Parlamento americano (cinque repubblicani e altrettanti democratici), che, nell’estate del 2004, rassegnò le proprie conclusioni e raccomandazioni al termine di un lavoro i cui atti, disponibili in rete e raccolti per altro in un volume, sono diventati nel tempo un testo di diffusione mondiale. A quelle conclusioni – che di fatto non riuscirono a individuare responsabilità politiche cruciali né nell’amministrazione repubblicana di allora né in quella democratica che l’aveva preceduta, ma al contrario, illuminarono solo una lunga catena di falle nel sofisticato, ma burocratico, apparato della sicurezza e dell’intelligence – a tutt’oggi non crede un 53 per cento degli americani, convinto come è che «il governo abbia nascosto tutto o in parte la verità».

 

Nelle ragioni di questa sfiducia si ripropone evidentemente l’attualità della domanda - chi è il padre della verità sull’li settembre? - e il presupposto di un eccellente lavoro di inchiesta giornalistica che porta la firma di un autorevole cronista del «New York Times», Philip Shenon. Una storia di 583 pagine magnificamente documentata, trasparente quanto ricca nelle fonti, che a quella domanda offre delle prime risposte e che ora, a un anno dalla pubblicazione negli Stati Uniti, arriva nella sua traduzione e titolo italiani: Omissis, tutto quello che non hanno voluto farci sapere sull’11 settembre (Piemme edizioni).

 

Scrive Shenon: «Ho cominciato a lavorare al libro nel gennaio del 2003, quando il «New York Times» mi affidò l’incarico di occuparmi della Commissione sull’11 settembre.

 

Non ero sicuro di volere quel lavoro. È strano ripensarci adesso, ma all’epoca non era chiaro se la Commissione avrebbe suscitato l’interesse dell’opinione pubblica. (...) Oggi sono grato a chi mi fece cambiare idea e mi convinse ad accettare». Nello stupore «postumo» di Shenon non c’è soltanto l’onesta ammissione di quel clima di anestesia e manipolazione collettiva che, per anni, ha imprigionato opinione pubblica e media americani, convinti delle «verità» dell’11 settembre prima ancora che fossero indagate, come delle «ragioni» truccate della guerra in Iraq. C’è la stessa sorpresa che percorre e annoda tutti i passaggi di questa controinchiesta sul lavoro della Commissione 11 settembre e che, a dispetto della sua intricata e affollata trama, dei suoi protagonisti, dei suoi luoghi claustrofobici (la scena si svolge per intero nella Washington dei palazzi del potere, chiusa tra Pennsylvania Avenue e K Street, tra la Casa Bianca, Capitol Hill e gli uffici che la Commissione aveva individuato come suo quartier generale), si lascia leggere anche da chi non ha alcuna familiarità con i corridoi e il retrobottega della politica americana.

Nello scomporre e passare al microscopio i passaggi cruciali del lavoro della Commissione 11 settembre, l’inchiesta di Shenon, in un plot rigidamente cronologico (maggio 2002-luglio 2004), si svela infatti per quello che è: una cronaca del potere. Innanzitutto vera e non avventurosa, perché documentata. Ma anche simbolica. Per la sua capacità di raccontare come, all’indomani dell’11 settembre, il problema (per altro non solo americano, per chi ha voglia di ricordare quale sia stato il cover-up del governo italiano sul coinvolgimento dell’intelligence del nostro Paese nella vicenda dell’uranio nigeriano: il cosiddetto affare Niger-gate) non fu la ricerca della verità. Ma la ricerca di una verità «compatibile». Che, al contrario di qualunque verità, non facesse male a nessuno. Che collimasse con l’interesse domestico di un’amministrazione che si preparava a chiedere un secondo mandato agli elettori. Che non superasse la soglia di tolleranza al dolore delle burocrazie della sicurezza interna (Fbi) ed esterna (Cia) e degli uomini che in quel momento le dirigevano (Robert Mueller e George Tenet). Che mantenesse intatto il segreto inconfessabile del regime saudita e dunque i suoi legami con i dirottatori dell’11 settembre. Che insomma accompagnasse, senza farle deragliare, le politiche, le strategie, le priorità di intervento contro la violenza del radicalismo islamico battezzate dalla Casa Bianca di George Bush e Dick Cheney.

 

Messe in fila, le «rivelazioni» del lavoro di Shenon acquistano così un senso corale e intelligibile. Per citarne solo alcune, si comprende per quale motivo, all’indomani della sua nomina a presidente della Commissione 11 settembre, l’ex segretario di Stato Henry Kissinger preferì dimettersi, piuttosto che svelare all’America, e prima ancora alle aggressive Jersey girls (il gruppo delle vedove dell’attacco alle Torri Gemelle), quali clienti sauditi («i Bin Laden?», gli fu chiesto) avesse nel proprio portafoglio la sua Kissinger associates e dunque quale potenziale conflitto di interessi lo assediasse. E per quale motivo finirono sepolti negli atti della Commissione dettagli capaci di raccontare qualcosa di più e di molto diverso sui dirottatori dell’11 settembre, di smontare la loro rappresentazione di martiri ammaestrati con la lettera del Corano in qualche sperduta caverna afgana (non solo il sostegno che ricevettero da sauditi residenti in California durante il periodo del loro addestramento, ma, ad esempio, anche le loro visite nei sexy-shop e la loro frequentazione di escort). Di più: si intuiscono le ragioni del terrore che aggredì Sandy Berger, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Bili Clinton, all’indomani dell’attacco alle Torri e al Pentagono, convincendolo a trafugare dagli Archivi nazionali di Washington documenti coperti da segreto di Stato che gli avrebbero consentito di preparare una difesa politica credibile dell’amministrazione democratica di cui aveva fatto parte e del suo impegno nella lotta ad Osama Bin Laden e alla sua Al Qaeda.

Naturalmente, Shenon dà un nome a chi fece in modo che l’indagine della Commissione 11 settembre, a dispetto dei suoi poteri di inchiesta, della straordinaria qualità dei suoi investigatori e del suo ufficio di presidenza bipartisan (il repubblicano Tom Kean e il democratico Lee Hamilton) finisse con il cercare soltanto una «verità compatibile». Ed è un nome, Philip Zelikow, che nel nostro Paese non dice nulla a nessuno.

 

Professore dell’università della Virginia, Zelikow, da direttore esecutivo della Commissione, sarà cruciale nella scelta dei testimoni da cercare e interrogare. Negli atti da acquisire o da cestinare.

 

Fino a diventare il vero padrone della Commissione, capace di governarne di fatto ogni mossa di indagine. I suoi rapporti con Karl Rove (l’uomo che inventò Bush) e con Condoleezza Rice, le sue costanti telefonate alla Casa Bianca, saranno a lungo il suo «segreto». Con il suo Omissis, Shenon lo fa cadere.

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Nota di Megachip a cura di Pino Cabras:

C’è una frase illuminante, in questo articolo di Carlo Bonini, quando sostiene che il problema che volevano risolvere le inchieste «non fu la ricerca della verità. Ma la ricerca di una verità “compatibile”. Che, al contrario di qualunque verità, non facesse male a nessuno.» È un interessante epitaffio da iscrivere sulle barriere sollevate per anni dai mitografi della Verità Ufficiale, sia quelli a presidio delle redazioni dei grandi organi d’informazione, sia quelli scatenatisi sul web.

Possiamo dire che è franata miseramente la prima diga della verità “compatibile”, eretta intorno alle bugie ufficiali, anche se ha resistito per quasi un decennio, con la complicità e i silenzi della corrente principale dei mass media. Oggi le acque avanzano fino alla seconda diga, dove si raccoglie un’altra verità “compatibile”, che cerca ancora di salvare i poteri coinvolti nell’11/9, ma è ormai costretta ad ammettere che il lago delle complicità a sostegno dell’attentato era enormemente più vasto di quello che si raccoglieva intorno alla ventina di presunti attentatori, i quali non appaiono peraltro più credibili come tipici fondamentalisti islamici di ispirazione salafita, laddove frequentavano perfino più escort del nostro premier.

Siamo sulla buona strada. Ci rimane finanche il buonumore per la chiusura di Bonini, che ringrazia Philip Shenon per aver fatto finalmente “cadere il segreto” sulla figura di Zelikow, il “padrone” della Commissione d’inchiesta sull’11/9. Possiamo consigliargli decine di siti e di libri che – anche dalle nostre parti – la questione Zelikow l’avevano posta eccome, da anni, beccandosi il comodo epiteto di “complottisti”. Senza attendere un altro decennio, troverà già oggi anche i materiali che arriveranno poi alla terza e alla quarta diga.


www.megachipdue.info

Il Movimento per la verita' sull'11/9 in Italia

Il Movimento per la verita' sull'11/9 in Italia

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di ReOpen911.info - 2 Settembre 2009
Intervista a Giulietto Chiesa di ReOpen911
In occasione dell’ottavo anniversario degli avvenimenti, ReOpen911 svolge un giro d’orizzonte europeo del movimento per la verità sull’11 settembre, paese per paese. In questo quadro abbiamo contattato l’ex eurodeputato Giulietto Chiesa per spiegarci il caso italiano.


Chiesa, secondo lei l’11 Settembre - così come i problemi di geopolitica/politica internazionale - interessano i suoi concittadini?
L’informazione sull’11 settembre concerne un’infima minoranza di persone. La maggior parte dell’intelligencija diffusa, i ceti medi, sono completamente assorbiti da altri problemi e non ricordano nulla. La grande massa della popolazione è totalmente all’oscuro. La geopolitica internazionale concerne lo 0,1% della gente informata.

Come è organizzato il movimento italiano per la verità sull’11/9? Ha legami o contatti ou des con le altre associazioni o movimenti per la pace, la giustizia o la libertà dell’informazione?
Devo dire con grande franchezza che non esiste, in realtà, un «movimento italiano per la verità sull’11 settembre. Esiste un vasto movimento, articolato in diverse organizzazioni e associazioni, che si batte, disordinatamente, per la libertà d’informazione. Ma si sente acutamente la mancanza di una visione e di una cultura dei media. Debord è sconosciuto. Mc Luhan è lontano. «Divertirsi da morire» l’hanno letto pochissimi. Quindi la battaglia è impari. Quasi nessuno ha ancora capito l’influenza della televisione sul cambiamento radicale della politica. Nessuno o quasi ha analizzato la mutazione antropologica prodotta con l’arrivo sulla scena dell’«homo videns».

Con il film «ZERO – Inchiesta sull’11 Settembre», ha lanciato un sasso nello stagno mediatico-politico. Il film è stato visto da diverse centinaia di migliaia d’italiani, attraverso proiezioni e vendite di DVD. Lei ha partecipato a diverse trasmissioni televisive che in tali occasioni hanno battuto i record di audience. Direbbe che in Italia il dibattito sull’11/9 è aperto/possibile/in corso e che la presa di coscienza del popolo italiano sui problemi dell’11/9 abbia fatto passi avanti con questo film?

Sicuramente il film ha dato un impulso enorme alla conoscenza del problema. In Russia almeno 30 milioni di persone lo hanno visto e apprezzato. Questa è una delle ragioni della mia popolarità in Russia. Ma, anche in Europa, la massa di persone che è a conoscenza del problema manca completamente di un punto di riferimento politico che trasformi i suoi sospetti in azione politica.

Uno degli ostacoli che impedisce l’emergere di un vero dibattito sull’11/9 è il blocco psicologico legato a questo avvenimento, che soffoca un autentica discussione argomentata. È come se non fosse bene conoscere la verità, perché troppo dolorosa per le nostre democrazie, e in grado di rimettere in causa la fiducia dei popoli verso le autorità e i loro governi. Ritiene che l’Italia, con il suo recente passato e la scoperta di certi scandali di Stato, abbia superato questo blocco e sia pronta a recepire questa verità più facilmente rispetto ad altri paesi?
Sfortunatamente molto deve ancora avvenire prima che questo blocco psicologico sia superato. Faccio un esempio. Nei giorni scorsi ho mostrato Zero, in una proiezione privata, a dieci persone della classe media agiata, intellettuali in senso lato, che ho conosciuto solo in quella occasione. Siamo nel 2009: ebbene nessuno di loro era a conoscenza del problema 11/9. Tutti sono stati molto colpiti, scossi perfino. Ma senza una continuità è impossibile che si produca un cambiamento.

Dopo i riflettori dei media alla fine del 2007 in occasione dell’uscita del vostro film e del vostro libro ZERO, la stampa e la TV italiana parlano ancora, nel 2009, delle teorie alternative sull’11/9?
La novità recente è stata l’apparizione negli Stati Uniti del libro di un giornalista del New Your Time, Philip Shenon (in edizione italiana, per la casa editrice Piemme, «Omissis:Tutto quello che non hanno voluto farci sapere sull11 settembre»), interamente dedicato a una inchiesta sulla famosa Commissione d’inchiesta sull’11 settembre del governo degli Stati Uniti. Le clamorose conclusoni di questa inchiesta sull’inchiesta hanno costretto Carlo Bonini, influente analista de La Repubblica, acerrimo sostenitore delle critiche ai “complottisti” (in particolare contro di me), a scrivere un articolo per «Il Venerdì», in cui riconosce che i risultati della Commissione americana sono stati falsificati sotto il comando di Philip Zelikow. Il giornalista in questione attaccò il film Zero, due anni fa, evidentemente senza nemmeno avere letto una riga delle risultanze di quella Commissione e adesso ammette che le cose sono state falsificate. È interessante notare che la casa editrice Piemme è la stessa che pubblicò il mio volume Zero e il DVD del film. Ricordo questo esempio solo per dire che i semi gettati danno talvolta frutti con grande ritardo. Ma li danno.
Inoltre penso che il fatto stesso che il «New York Times» faccia uscire questo tipo di notizie indica che qualche cosa si sta rompendo all’interno della leadership americana. La diga della menzogna non è senza crepe. La battaglia è in corso.

L’11/9 era 8 anni fa. Certi diranno che si tratta di una vecchia storia e che non serve rimestare il passato, che occorre andare avanti. In cosa la presa di coscienza delle menzogne sull’11/9 può far progredire la nostra democrazia?
Continuo a pensare che, senza la verità sull’11 settembre, il rischio di essere trascinati, noi occidentali, in una gigantesca guerra (nucleare) resterà altissimo. E, naturalmente, non contro al-Qa‘ida, ma contro la Cina, e la Russia.

L’Italia è molto più avanti della Francia in materia di discussione sull’11/9. Nessun film francese affronta la questione, nessun politico ne parla, nessun programma televisivo organizza dei dibattiti né trasmette film che sostengano le tesi alternative, tutte cose che si sono verificate negli ultimi anni in Italia. Nonostante questo, si direbbe che l'impatto di questo dibattito sugli italiani resti ancora debole, che ci sia una certa rassegnazione di fronte ai “grandi avvenimenti”, che i suoi connazionali passino facilmente ad altre cose, a questioni più concrete. Questa impressione è vera?

È vera. L’intelligencija italiana non è molto migliore di quella francese. La politica italiana è talmente sprofondata nel pantano di un capo del governo che passa il suo tempo con le escort, che ogni discussione seria è ormai impossibile.

Il lavoro di informazione sull’11/9 è un lavoro di fondo. Quando era un eurodeputato, ha tentato di sondare i suoi colleghi, che siedono nel Parlamento europeo o italiano. Pensa che nonostante la loro totale silenzio su questa materia, sia riuscito a sensibilizzare qualcuno di loro?
Alcuni adesso sanno. Ma il ricatto è potente. Chi si occupa di queste questioni deve dire addio alla sua carriera politica. La sinistra europea, nella sua quasi totalità ha taciuto e tace. Non hanno visione e, quindi non hanno strategia. Se si vuole stare dentro l’establishment, in queste condizioni, è obbligatorio tacere.

L'Italia fa parte della NATO e ospita sul suo territorio numerose basi militari americane. Il legame strategico con gli Stati Uniti è forte. In queste condizioni, è realistico immaginare che la classe politica italiana si impegni sul terreno dell’11/9 senza che gli Stati Uniti non lo facciano essi stessi?
La casta politica italiana è troppo vigliacca e subalterna per poter alzare la testa. La verità potrà emergere solo dagli Stati Uniti. Emergerà dagli Stati Uniti perché la crisi li sta travolgendo. E un vasto movimento di opinione internazionale sarà la levatrice di questa emersione. Il quadro è difficile, ma io penso che non bisogna arrendersi. Ne va della nostra comune sopravvivenza.

Lei ha partecipato attivamente alla formazione di «Political Leaders for 911 Truth». Dove si trova questo gruppo di politici e quali sono le vostre prossime sfide?
Ci sono in questo movimento persone di alta qualità e valore morale. Lavoro con loro con grande spirito di fraternità e con visione strategica. Domani avremo bisogno di fare riferimento su un gruppo intellettuale mondiale in grado di fornire all’opinione pubblica, appunto, un quadro strategico, una visione. Il lavoro per la verità sull’11/9 è per me parte di questo più vasto disegno di preparazione ai tempi nuovi, e difficili, che si avvicinano.

In attesa di riottenere – forse – un seggio parlamentare, quali sono i suoi piani riguardanti l’11/9 per i mesi a venire?

In questo momento il compito è moltiplicare e sostenere i gruppi e le associazioni che, in molti paesi si stanno formando. Sia locali che di categoria. L’iniziativa verso gli Attori e Artisti, quella verso il Politici, quella verso i Giornalisti, sono momenti importanti per l’estensione della rete di contatti e per la creazione di lobby d’influenza. In secondo luogo bisogna riassumere tutti i dati nuovi, emersi in questi anni, che confermano e ribadiscono le nostre analisi sull’accaduto. Ci vorrebbe il denaro per fare la seconda puntata di Zero, con tutti gli elementi nuovi che sono emersi nel frattempo.

www.antimafiaduemila.com

02 settembre 2009

La Legge Marziale e la Militarizzazione della Salute Pubblica


La Legge Marziale e la Militarizzazione della Salute Pubblica: Il Programa di Vaccinazione Mondiale contro L'Influenza H1N1

Global Research, August 2, 2009

“È arrivata la stagione dell’influenza. Di quale tipo ci preoccuperemo quest’anno, e quali vaccinazioni ci diranno di fare? Vi ricordate il panico per l’influenza suina del 1976? Quello fu l’anno in cui il governo USA disse a tutti che quella suina poteva diventare un’influenza killer che poteva diffondersi in tutto il paese, e Washington decise che tutti gli uomini, le donne e i bambini avrebbero dovuto farsi vaccinare per prevenire lo scoppio di una pandemia”. (Mike Wallace, CBS, 60 Minutes, 4 novembre 1979)

“I funzionari federali e i rappresentanti dell’industria si erano riuniti per discutere su un inquietante nuovo studio che sollevava interrogativi allarmanti in merito alla sicurezza di una serie di vaccini comuni per l’infanzia somministrati a bambini di pochi mesi e nei primi anni di vita. Secondo l’epidemiologo del CDC Tom Verstraeten, che aveva analizzato l’enorme database dell’agenzia contenente i dati medici di 100 000 bambini, un conservante a base di mercurio -- il timerosal -- presente nei vaccini sembrava essere responsabile del drammatico aumento dell’autismo e di una serie di disordini neurologici nei bambini…

“È difficile calcolare il danno per il nostro paese -- e per gli sforzi internazionali finalizzati a eradicare le malattie epidemiche -- se le nazioni del terzo mondo iniziassero a pensare che l’iniziativa americana di aiuti all’estero più pubblicizzata sta avvelenando i loro bambini. Non è difficile prevedere come questo scenario sarà interpretato dai nemici dell’America all’estero” (Robert F. Kennedy Jr., Vaccinations: Deadly Immunity, giugno 2005)

“I vaccini dovrebbero renderci più sani; ma in venticinque anni di lavoro come infermiera nelle scuole ho visto così tanti bambini danneggiati e malati. Sta succedendo qualcosa molto, molto sbagliato ai nostri figli.” (Patti White, infermiera scolastica, dichiarazione alla Government Reform Commitee della Camera, 1999, citato in Robert F. Kennedy Jr., Vaccinations: Deadly Immunity, giugno 2005).

“Sulla base di … valutazioni esperte delle prove, i criteri scientifici per una pandemia influenzale sono stati raggiunti. Ho pertanto deciso di alzare il livello di allerta della pandemia influenzale dalla Fase 5 alla Fase 6. Il mondo è adesso all’inizio della pandemia influenzale del 2009”. … Margaret Chan, direttore generale, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), comunicato stampa 11 giugno 2009)

Potrebbero essere contagiate fino a 2 miliardi di persone nei prossimi due anni – quasi un terzo della popolazione mondiale”. (Organizzazione Mondiale della Sanità, citazione dai media occidentali, luglio 2009)

“La febbre suina potrebbe colpire fino al 40% degli Americani nei prossimi due anni e potrebbero morire fino a molte centinaia di migliaia di persone se la campagna di vaccinazione e le altre misure non saranno efficaci”. (Dichiarazione ufficiale dell’amministrazione USA, Associated Press, 24 luglio 2009).

“Gli USA si aspettano di avere a disposizione 160 milioni di dosi del vaccino contro l’influenza suina entro ottobre”, (Associated Press, 23 luglio 2009). “I produttori di vaccini potrebbero produrre 4,9 miliardi di dosi di vaccino influenzale all’anno nella migliore delle ipotesi”, Margaret Chan, direttore generale, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) citazione della Reuters, 21 luglio 2009)

I paesi più ricchi come gli USA e la Gran Bretagna pagheranno poco meno di 10 dollari per dose [di vaccino influenzale H1N1]. … I paesi in via di sviluppo pagheranno un prezzo minore”. [circa 400 miliardi di dollari per Big Pharma] (Business Week, luglio 2009)



Guerra senza frontiere, una grande depressione, un’avventura militare nel Medio Oriente, un’enorme concentrazione di ricchezza derivata dalla ristrutturazione del sistema finanziario globale.

Le dislocazioni economiche e sociali che si stanno succedendo sono di ampia portata.

La vita delle persone viene distrutta.

Il mondo è alla giuntura della più grave crisi della storia moderna.

Le bancarotte, la disoccupazione di massa e il crollo dei programmi sociali sono le incalcolabili conseguenze.

Ma l’opinione pubblica deve rimanere allo scuro sulle cause della crisi globale.

“La fase peggiore della recessione è alle nostre spalle”;

“Ci sono sempre più segnali di ripresa economica”,

“La guerra in Medio Oriente è una ‘guerra giusta’”, un’impresa umanitaria,

le forze della coalizione sono impegnate a “mantenere la pace”, stiamo “combattendo il terrorismo con la democrazia”

“dobbiamo difenderci dagli attacchi terroristici”

I dati sul numero dei civili morti sono manipolati. I crimini di guerra vengono nascosti.

La gente viene fuorviata circa la natura e la storia del nuovo ordine mondiale.

Le reali cause e conseguenze di questo crollo economico e sociale in tutto il mondo rimangono sottaciute. Le realtà vengono stravolte. La “crisi reale” deve venire offuscata attraverso le menzogne politiche e la disinformazione dei media.

È interesse dei mediatori di potere in politica e degli attori dominanti della finanza distrarre l’attenzione pubblica dalla comprensione della crisi globale.

Come si può meglio raggiungere tale obiettivo?

Creando un’atmosfera di paura e di intimidazione che serva ad indebolire e a disarmare il dissenso organizzato e diretto contro l’ordine economico e politico stabilito.

L’obiettivo è minare tutte le forme di opposizione e di resistenza sociale. Abbiamo a che fare con un progetto diabolico. Il pubblico non deve solo rimanere allo scuro. Con il peggiorare della crisi, con l’impoverimento della gente, le cause reali devono essere rimpiazzate da un insieme di relazioni fittizie.

Viene annunciata una crisi basata su finte cause: “la guerra globale al terrorismo” è fondamentale per fuorviare l’interpretazione del pubblico della guerra in medio oriente, che è una battaglia per il controllo di estese riserve di petrolio e gas naturale.

Il movimento contro la guerra viene indebolito. Le persone non sanno più pensare. Sostengono inequivocabilmente il consenso della “guerra al terrorismo”. Accettano le menzogne politiche. Nella loro coscienza interiore, i terroristi minacciano la loro sopravvivenza.

In questo ambito, anche l’arrivo dei “disastri naturali”, delle “pandemie” e delle “catastrofi naturali” riveste un utile ruolo politico. Distorce le reali cause della crisi. Giustifica un’emergenza della sanità pubblica globale con motivazioni umanitarie.

La pandemia influenzale globale da virus H1N1: verso un’emergenza globale della sanità pubblica?

La pandemia influenzale mondiale da virus H1N1 serve a fuorviare l’opinione pubblica.

La pandemia del 2009 che è iniziata in Messico ad aprile, è arrivata in un momento propizio: coincide con l’aggravarsi della depressione economica. Capita in un momento di escalation militare.

I dati epidemiologici sono fabbricati, falsificati e manipolati. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si sta ora avvicinando un’epidemia di portata mondiale che minaccia la vita di milioni di persone.

Sta per succedere un’ “emergenza catastrofica”. L’OMS e il Center for Disease Control (CDC) americano sono gli enti competenti. Perché mai dovrebbero mentire? Le informazioni divulgate da queste organizzazioni, seppure soggette ad errori statistici, non potrebbero, neanche immaginandolo, essere falsificate o manipolate.

La gente crede che la crisi sanitaria pubblica a livello globale sia reale e che i funzionari sanitari del governo stiano “lavorando per il bene pubblico”.

La stampa ha confermato l’intento del governo americano di attuare un programma di vaccinazione di massa contro il virus H1N1 durante l’autunno-inverno del 2009. È stato firmato un importante contratto per 160 milioni di dosi con Big Pharma, sufficienti per l’inoculazione di oltre la metà della popolazione americana. Sono in corso programmi simili in altri paesi occidentali compresa la Francia, il Canada e il Regno Unito.

Stanno cercando volontari per testare il vaccino influenzale durante il mese di agosto, con la prospettiva di attuare un programma di vaccinazione su scala nazionale in autunno.

La manipolazione dei dati

Ci sono numerose prove, documentate in molte relazioni, che il livello 6 di allerta pandemica dichiarato dall’OMS sia basato su prove fabbricate e sulla manipolazione dei dati sulla mortalità e la contagiosità provocate dall’influenza suina da H1N1.

I dati inizialmente usati per giustificare il livello 5 di allerta mondiale dell’OMS lo scorso aprile erano estremamente scarsi. L’OMS ha dichiarato senza prove che l’ “insorgenza su scala globale della malattia era imminente”. Ha distorto i calcoli delle mortalità in Messico pertinenti alla pandemia da influenza suina. Secondo Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, nella sua dichiarazione ufficiale del 29 aprile scorso: “Fino ad ora sono morte 176 persone in Messico”. Di che cosa? Da dove ha preso questi numeri? 159 persone sono morte di influenza di cui solo sette morti, corroborate da analisi di laboratorio, sono state causate dal ceppo influenzale dell’H1N1, secondo il ministero della sanità messicano.

Similarmente a New York in aprile, svariate centinaia di bambini sono stati categorizzati come soggetti colpiti da influenza da H1N1, sebbene in nessuno di questi casi la diagnosi fosse stata confermata da un esame di laboratorio.

“Il dott. Frieden ha detto che i funzionari sanitari hanno raggiunto la loro conclusione preliminare dopo aver condotto dei test virali sugli strisci [swab] nasali e della gola degli otto studenti, che gli hanno consentito di eliminare gli altri ceppi influenzali”.

Sono stati effettuati dei test sugli scolari del [quartiere newyorkese di] Queens, ma i test sono stati inconclusivi: tra queste “centinaia di scolari” non ci sono stati rapporti di analisi di laboratorio che portassero all’identificazione positiva del virus influenzale. In effetti i rapporti sono contraddittori: secondo quanto riportato, il CDCP di Atlanta sarebbe “l’unico laboratorio di tutto lo stato che sia in grado di confermare con certezza il ceppo della nuova influenza suina – che è stato identificato come l’H1N1”. (Michel Chossudovsky, Political Lies and Media Disinformation regarding the Swine Flu Pandemic, Global Research, May 2009, l’ultima citazione è del New York Times, 25 aprile 2009)

L’influenza è una malattia comune. In assenza di un esame di laboratorio approfondito, l’identità del virus non può essere stabilita.

Ci sono numerosi casi di influenza stagionale in tutta America ogni anno. “Secondo il Canadian Medical Association Journal, l’influenza uccide ogni anno fino a 2500 Canadesi e circa 36 000 Americani. In tutto il mondo, il numero dei decessi attribuiti all’influenza ogni anno va da 250 000 a 500 000” (Thomas Walkom, The Toronto Star, 1 maggio 2009).

Il CDCP e l’OMS stanno sistematicamente ricategorizzando un gran numero di casi di influenza comune come [casi di] influenza suina da H1N1.

“Il crescente numero di casi in molti paesi con trasmissione sostenuta a livello di comunità sta rendendo estremamente difficile, se non impossibile, per i vari paesi di cercare di confermarli attraverso i test di laboratorio. Inoltre, il conteggio dei casi individuali non è più essenziale in tali paesi né per monitorare il livello e la natura del rischio che rappresenta il virus pandemico, né per guidare l’attuazione delle misure di risposta più appropriate”. (OMS, nota informativa 2009)

L’OMS ammette che a livello statale le analisi di laboratorio sono spesso assenti, mentre sottolinea che la conferma del laboratorio non viene richiesta per la raccolta dei dati al fine di accertare la diffusione della malattia:

Una strategia imperniata sul riconoscimento, la conferma da parte del laboratorio e l’indagine di tutti i casi, compresi quelli con sintomi lievi, è estremamente intensiva sul piano delle risorse. In alcuni paesi, questa strategia assorbe gran parte della capacità di risposta nazionale e dei laboratori, lasciando poca capacità per il monitoraggio e l’indagine dei casi seri ed altri eventi eccezionali. … Per tutte queste ragioni, l’OMS non pubblicherà più le tabelle mondiali che indicano i numeri di casi confermati per tutti i paesi. Tuttavia, come parte integrante dei continui sforzi per documentare la diffusione globale della pandemia da H1N1, saranno forniti regolari aggiornamenti che descrivono la situazione nei nuovi paesi colpiti. L’OMS continuerà a richiedere che questi paesi riportino i primi casi confermati e per quanto possibile, che forniscano elenchi settimanali di casi aggregati e l’epidemiologia descrittiva dei primi casi (Ibid).

Nel corso di una conferenza stampa dell’OMS di giugno 2009, è stata sollevata la questione delle analisi di laboratorio:

Marion Falco, CNN Atlanta: Forse la mia domanda è un po’ troppo basilare, ma se voi non, e scusatemi se lo è, ma se voi non richiedete le analisi di laboratorio nei paesi che hanno già dei numeri stabiliti di casi, allora come fate a distinguere l’influenza stagionale da questa particolare influenza. Voglio dire come fate a separare i numeri?

Dott. Fukuda, OMS, Ginevra: non è che raccomandiamo di non fare più le analisi. Infatti quando sarà pubblicata la guida, suggerirà ai vari paesi di limitare il numero di analisi che vengono effettuate in modo da non cercare di sottoporvici tutti, ma di continuare certamente ad effettuare le analisi per alcune persone, per i motivi di cui lei parla. Quando si ammalano le persone di una malattia come l’influenza è importante per noi sapere se è stata causata dal virus pandemico o se è stata causata dai virus stagionali. Stiamo indicando che anche se si riduce il numero dei test saremo ancora in grado di capirlo e quindi non abbiamo bisogno di sottoporre tutti alle analisi per questo motivo, ma continueremo a raccomandare un certo livello di analisi – ad un livello inferiore di quello delle persone che continuano ad ammalarsi. Vedi trascrizione della Virtual Press Conference dell’OMS, Dott. Keiji Fukuda, vice direttore generale per la Salute, la Sicurezza e l’Ambiente, OMS, Ginevra, luglio 2009, enfasi aggiunta).

“Capirlo”? Le dichiarazioni dell’OMS riportate sopra suggeriscono che:

1) l’OMS non sta raccogliendo dati sulla diffusione dell’H1N1 sulla base di conferme sistematiche di laboratorio.

2) l’OMS in effetti scoraggia gli ufficiali sanitari nazionali dal condurre il riconoscimento e la conferma di laboratorio, allo stesso tempo mettendo sotto pressione le autorità sanitarie pubbliche dei singoli paesi affinché forniscano i dati sui casi di H1N1 all’OMS su base settimanale.

3) l’OMS nelle sue relazioni si riferisce solo ai “casi confermati”. Non distingue i casi confermati da quelli non confermati. Sembrerebbe che i casi “non confermati” siano categorizzati come casi confermati e che i numeri siano poi usati dall’OMS per provare che questa malattia si sta diffondendo (vedi tabelle OMS: http://www.who.int/csr/don/2009_07_06/en/index.html)

L’influenza suina ha gli stessi sintomi dell’influenza stagionale: febbre, tosse e mal di gola. La diffusa incidenza dell’influenza comune viene usata per generare i rapporti consegnati all’OMS pertinenti all’influenza suina da H1N1. Ciononostante nella pubblicazione delle tabelle dei dati a livello nazionale, l’OMS usa l’espressione: “numero di casi confermati in laboratorio”, mentre ammette anche che i casi sono, in molti casi, non confermati.

La pandemia in tutto il mondo

L’OMS stabilisce le tendenze sulla diffusione della malattia, essenzialmente usando dati non confermati. Sulla base di queste estrapolazioni, l’OMS sostiene adesso, in assenza delle conferme dei laboratori, che “potrebbero essere contagiate fino a 2 miliardi di persone nei prossimi due anni – quasi un terzo della popolazione mondiale”. Dal canto suo negli USA, il Center for Disease Control (CDC) di Atlanta suggerisce che “La febbre suina potrebbe colpire fino al 40% degli Americani nei prossimi due anni e potrebbero morire fino a molte centinaia di migliaia di persone se la campagna di vaccinazione e le altre misure non saranno efficaci”. (24 luglio 2009)

Come sono arrivati a questi numeri?

La stima del CDC non ha niente a che fare con una valutazione della diffusione del virus H1N1. È basata su un’estrapolazione meccanica pro-rata delle tendenze fondamentali della pandemia del 1957, che ha causato 70 000 morti negli USA. Si presuppone che l’influenza H1N1 abbia lo “stesso percorso di trasmissione” dell’epidemia del 1957.

Creare una crisi dove non c’è crisi

L’intento politico fondamentale è di usare la pandemia livello sei dell’OMS per distrarre l’attenzione pubblica da un’imminente crisi sociale di vasta portata, che è in gran parte la conseguenza di una profonda depressione economica globale.

“Sulla base di … valutazioni esperte delle prove, i criteri scientifici per una pandemia influenzale sono stati raggiunti. Ho pertanto deciso di alzare il livello di allerta della pandemia influenzale dalla Fase 5 alla Fase 6. Il mondo è adesso all’inizio della pandemia influenzale del 2009. … Parlare di pandemia è anche un segnale per la comunità internazionale. Questo è il momento in cui tutti i paesi del mondo, ricchi e poveri, grandi e piccoli, devono unirsi in nome della solidarietà globale per assicurare che nessun paese a causa delle scarse risorse, che la popolazione di nessun paese sia lasciata indietro senza aiuto. … L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è messa in contatto con comunità donatrici, con partner di sviluppo, paesi poveri di risorse, ed anche con società farmaceutiche e società produttrici di vaccini.” Margaret Chan, direttore generale Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), comunicato stampa, 11 giugno 2009.

Come meglio tenere a bada i cittadini di una nazione e arginare il risentimento della gente di fronte all’aumento della disoccupazione?

Creare una pandemia mondiale, instillare un’atmosfera di ansia e intimidazione, che demobilizzi l’azione pubblica organizzata e significativa contro l’arricchimento programmato di una minoranza sociale. La pandemia influenzale viene usata per precludere la resistenza organizzata contro le politiche economiche del governo in favore delle elite finanziarie. Fornisce sia un pretesto che una giustificazione per adottare le procedure di emergenza. Secondo l’attuale legislazione degli USA la legge marziale, che implica la sospensione del governo costituzionale, potrebbe essere invocata nel caso di “un’emergenza catastrofica” compresa la pandemia influenzale suina da H1N1.

La legge marziale

La legislazione ereditata dall’amministrazione di Clinton, per non parlare i Patriot Act I e II post 9/11, consentono ai militari di intervenire in attività di ordine pubblico civili e giudiziarie. Nel 1996 è stata approvata una legge che permetteva ai militari di intervenire in caso di emergenza internazionale. Nel 1999, il Defense Authorization Act (DAA) di Clinton ha ampliato questi poteri (secondo la legislazione del 1996) creando un’ “eccezione” al Posse Comitatus Act, che permettesse ai militari di essere coinvolti negli affari civili “indipendentemente da un’emergenza”. (vedere ACLU all’indirizzo http://www.aclu.org/NationalSecurity/NationalSecurity.cfm?ID=8683&c=24)

Tuttavia la dichiarazione di una pandemia o di un’emergenza sanitaria pubblica non era espressamente descritta nella legislazione dell’epoca di Clinton.

Il disastro Katrina (2005) costituisce una linea di demarcazione, uno spartiacque che ha portato de facto alla militarizzazione del soccorso in caso di emergenza:

“il disastro che ha colpito New Orleans e la Costa del Golfo meridionale ha dato origine alla più grande mobilizzazione militare della storia moderna sul suolo americano. Quasi 65 000 soldati americani sono ora spiegati nell’area del disastro, trasformando la devastata città portuale in una zona di guerra,” (Bill Van Auken, Wsws.org, settembre 2005).

Gli uragani Katrina (agosto 2005) e Rita (settembre 2005) hanno contribuito a giustificare il ruolo dei militari nei disastri naturali. Hanno anche contribuito a plasmare la formulazione delle direttive presidenziali e la successiva legislazione. Il presidente Bush ha richiesto che i militari diventassero l’ “agenzia di comando” nel soccorso disastri:

“… l’altra domanda certo, che ho fatto, era se c’è una circostanza in cui il dipartimento della difesa diventa l’agenzia di comando. Chiaramente, sarebbe così nel caso di un attacco terroristico, ma c’è un disastro naturale che -- di una certa portata, che potrebbe consentire al dipartimento della difesa di diventare l’agenzia di comando nel coordinamento e nel comando dello sforzo di risposta. Sarà una considerazione molto importante a cui il Congresso dovrà pensare. (Conferenza stampa, 25 settembre 2005 http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=BUS20050925&articleId=1004)

La militarizzazione della salute pubblica: l’influenza aviaria

La crisi dell’influenza aviaria del 2005 è seguita appena un mese dopo l’uragano Rita. È stata presentata al pubblico americano come una questione di sicurezza nazionale. A seguito dello scoppio dell’influenza aviaria del 2005, il presidente Bush ha confermato che i militari sarebbero stati attivamente coinvolti in caso di pandemia, con l’autorità di detenere grandi numeri di persone:

“Sono preoccupato per l’influenza aviaria. Sono preoccupato per quello che comporterebbe lo scoppio dell’influenza aviaria per gli Stati Uniti e per il mondo intero. … ho riflettuto sugli scenari che potrebbe comportare lo scoppio di un’influenza aviaria….

Le decisioni di politica per un presidente nella gestione di un’epidemia di influenza aviaria sono difficili…

Se si verificasse un’epidemia da qualche parte negli Stati Uniti, non metteremmo forse in quarantena quella parte del paese? E come si farebbe, allora, ad attuare la quarantena?

… un’opzione è l’uso di militari che possano pianificare e muoversi. Ecco perché ne parlo. Credo che sia un importante dibattito da fare in seno al Congresso.

… Ma il Congresso deve dare uno sguardo alle circostanze che potrebbero rendere necessario conferire al presidente la capacità di andare oltre tale dibattito. E tale catastrofe o tale sfida potrebbe essere lo scoppio di un’influenza aviaria. (Conferenza stampa della Casa Bianca, 4 ottobre 2005, enfasi aggiunta)

Il giorno dopo la conferenza stampa di Bush del 4 ottobre 2005, è stato introdotto un importante pacchetto legislativo nel Senato USA. Il Pandemic Preparedness and Response Act.

Anche se la proposta di legislazione non è mai stata adottata, ha tuttavia contribuito a costruire un consenso tra i membri di spicco del Senato americano. La militarizzazione della salute pubblica è stata successivamente realizzata con il John Warner Defense Authorization Act del 2007.

“Emergenza della salute pubblica” e legge marziale: il John Warner Defense Autorization Act del 2007. H.R. 5122

Viene concepita una nuova legislazione. I termini “epidemia”, e “emergenza della salute pubblica” sono compresi esplicitamente in un pacchetto legislativo chiave, approvato dal presidente Bush nell’ottobre 2006.

Perso tra le centinaia di pagine il Public Law 109-364 meglio conosciuto come il “John Warner Defense Autorization Act del 2007” (H.R.5122) comprende una sezione specifica sul ruolo del corpo militare nelle emergenze nazionali.

La Section 1076 della legislazione intitolata “L’uso delle forze armate nelle maggiori emergenze pubbliche” consente al presidente degli Stati Uniti di schierare le forze armate e la Guardia Nazionale in tutti gli USA per il ripristino dell’ordine pubblico e l’esecuzione delle leggi degli Stati Uniti” nel caso di “un disastro naturale, un’epidemia, o un’altra seria emergenza della salute pubblica”:

SEZ.1076. L’USO DELLE FORZE ARMATE NELLE MAGGIORI EMERGENZE PUBBLICHE.

(a) Uso delle forze armate autorizzato-

(1) IN GENERALE – Sezione 333 titolo 10, United States Code, viene emendata come segue:

Sez.333. Maggiori emergenze pubbliche; interferenza con la legge statale e federale

(a) Uso delle forze armate nelle maggiori emergenze pubbliche – (1) Il Presidente potrà impiegare le forze armate, compresa la Guardia Nazionale in servizio federale, per --

(A) ripristinare l’ordine pubblico e far rispettare le leggi degli Stati Uniti quando, come risultato di un disastro naturale, epidemia o altra grave emergenza della salute pubblica, incidente o attacco terroristico, o altra condizione in qualsiasi stato o possedimento degli Stati Uniti, il presidente determini che --

(i)si è verificata violenza nazionale al punto che le autorità costituite dello stato o possedimento sono incapaci di mantenere l’ordine pubblico; e (ii)tale violenza determina una condizione descritta al paragrafo (2); o

(B) sopprimere, in uno stato, qualsiasi insurrezione, violenza nazionale, combinazione illegale, o cospirazione se tale insurrezione, violazione, combinazione, o cospirazione determina una condizione descritta al paragrafo (2).

(2) Una condizione descritta in questo paragrafo è una condizione che --

(A)ostacola l’esecuzione delle leggi dello stato o possedimento, a seconda del caso, e degli Stati Uniti all’interno di quel dato stato o possedimento, in modo tale che qualsiasi parte o classe della sua popolazione viene deprivata di un diritto, privilegio, di un’immunità o protezione nominati nella costituzione e garantiti per legge, e che le autorità costituite di quello stato o possedimento sono incapaci di proteggere tale diritto, privilegio, o immunità, non lo fanno oppure si rifiutano di farlo, o per dare tale protezione; o

(B)si oppone o ostacola l’esecuzione delle leggi degli Stati Uniti o intralcia il corso della giustizia secondo tali leggi.

(3) in qualsiasi situazione trattata al paragrafo (1)(B), si riterrà che lo stato abbia negato l’equa protezione delle leggi garantite dalla costituzione.

(b) Avviso al Congresso – il presidente notificherà il Congresso della determinazione di esercitare l’autorità di cui al sottoparagrafo (a)(1)(A) appena possibile dopo la determinazione ed in seguito ogni 14 giorni durante la durata dell’esercizio di quell’autorità. (vedere HR5122 http://thomas.loc.gov/cgi-bin/query/F?c109:6:./temp/~c109bW9vKy:e939907; http://www.govtrack.us/congress/bill.xpd?bill=h109-5122&tab=summary)

Questi provvedimenti di vasta portata consentono alle forze armate di avere la precedenza sull’autorità dei governi civili federali, statali e locali coinvolti negli aiuti per i disastri e nella sanità pubblica. Garantiscono inoltre al corpo militare un mandato nelle funzioni di polizia civile. Ossia la legislazione implica la militarizzazione dell’applicazione della legge nel caso di un’emergenza nazionale.

“Emergenza catastrofica” e “continuità di governo”,: la National Security and Homeland Security Presidential Directive NSPD 51/HSPD 20

In concomitanza con l’approvazione del John Warner Defense Authorization Act, è stata pubblicata una direttiva presidenziale sulla sicurezza nazionale nel maggio 2007, (National Security Presidential Directive NSPD 51/HSPD 20).

La NSPD 51/HSPD 20 è una direttiva combinata sulla sicurezza nazionale, proveniente dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Sicurezza Nazionale. Pur essendo stata formulata in relazione alla “guerra al terrorismo” nazionale, comprende anche dei provvedimenti che prevedono la legge marziale nel caso di un disastro naturale, compresa una pandemia influenzale.

Tuttavia il vigore e l’enfasi della NSPD 51 sono differenti dalla sezione 1076 del HR5122. Definisce le funzioni del Dipartimento di Sicurezza Nazionale nel caso di un’emergenza nazionale e la sua relazione con la Casa Bianca e il corpo militare. Fornisce inoltre al presidente ampi poteri di dichiarare l’emergenza nazionale senza l’approvazione del Congresso.

La direttiva stabilisce le procedure per la “continuità di governo” (COG) nel caso di un’ “emergenza catastrofica”. Quest’ultima è definita nella NSPD 51/HSPD 20 (di seguito chiamata NSPD 51), come “qualsiasi incidente, indipendentemente dal luogo, che determina livelli straordinari di vittime in massa, danni, o disagio con gravi ripercussioni sulla popolazione, l’infrastruttura, l’ambiente, l’economia o le funzioni governative degli USA”.

La “continuità di governo” o “COG”, viene definita nella NSPD 51 come uno “sforzo coordinato all’interno del ramo esecutivo del governo federale per garantire che le funzioni essenziali nazionali continuino ad essere svolte anche durante un’emergenza catastrofica”.

Il presidente condurrà le attività del governo federale per assicurare il governo costituzionale. Per consigliare ed assistere il presidente in tale funzione, l’Assistente al Presidente per la Sicurezza Nazionale e per il Contro-Terrorismo (APHS/CT) viene così designato come Coordinatore della Continuità Nazionale. Il coordinatore della continuità nazionale, in collaborazione con l’Assistente al Presidente per gli Affari di Sicurezza Nazionale (APNSA), senza esercitare l’autorità direttiva, coordinerà lo sviluppo e l’attuazione della politica di continuità per le agenzie e i reparti esecutivi. Il Comitato di Coordinamento della Politica di Continuità (CPCC) presieduto da un direttore senior dello staff del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, nominato dal coordinatore della continuità nazionale, sarà il forum principale di tutti i giorni per tale coordinazione della politica. (National Security and Homeland Security Presidential Directive NSPD 51/HSPD 20, enfasi aggiunta).

Questa direttiva combinata NSPD 51/HSPD 20 conferisce poteri senza precedenti alla presidenza e al Dipartimento di Sicurezza Nazionale, ignorando i fondamenti del governo costituzionale. La NSPD 51 consente al presidente in carica di dichiarare un’ “emergenza nazionale” senza l’approvazione del Congresso. L’adozione della NSPD 51 porterebbe alla chiusura de facto della legislazione e alla militarizzazione della giustizia e dell’esecutivo.

La direttiva NSPD 51 dà poteri straordinari di stato di polizia alla Casa Bianca e al Dipartimento di Sicurezza Nazionale (DHS), nell’evento di un’ “emergenza catastrofica”.

Una pandemia influenzale o un’emergenza sanitaria è parte dei termini di riferimento della NSPD 51. Un’ “emergenza catastrofica” viene generalmente definita nella direttiva NSPD 51 come “qualsiasi incidente, indipendentemente dal luogo, che determini livelli straordinari di vittime in massa, danni o disagio con gravi ripercussioni sulla popolazione, l’infrastruttura, l’ambiente, l’economia o le funzioni governative degli USA”.

La direttiva conferma il potere prevalente del corpo militare nel caso di un’emergenza nazionale: la direttiva presidenziale “non sarà interpretata per danneggiare o riguardare in altro modo… l’autorità del Segretario della Difesa sul Dipartimento della Difesa, compresa la catena di comando per le forze militari dal presidente al segretario della difesa, al comandante delle forze militari, o il comando militare e le procedure di controllo”.

Dal momento della loro approvazione due anni fa, né il John Warner Defense Authorization Act né la NSPD 51 sono stati oggetto di dibattito o discussione nei media. La NSPD 51 e/o il John Warner H.R.5122 potrebbero venire invocati con minimo preavviso a seguito della dichiarazione di un’emergenza sanitaria pubblica e di un programma di vaccinazione forzata in tutta la nazione. L’ordine del giorno nascosto consiste nell’uso della minaccia di una pandemia e/o dello stato di calamità naturale come pretesto per stabilire la legge militare dietro la facciata di una “democrazia funzionante”.

Vaccinazione: dall’H5N1 all’H1N1

Un programma nazionale di vaccinazione contro l’influenza è stato in cantiere negli USA dal 2005.

Secondo il Wall Street Journal (1 ottobre 2005) l’amministrazione Bush ha chiesto al Congresso circa 6-10 miliardi di dollari “per fare scorte di vaccini e farmaci antivirali come parte integrante dei piani di preparazione degli USA per una possibile pandemia influenzale”. Gran parte di questo budget, e cioè 3,1 miliardi è stata usata durante l’aministrazione Bush per fare scorte del farmaco antivirale oseltamivir (Tamiflu), i cui diritti di proprietà intellettuale appartengono alla Gilead Science Inc, una società che aveva come direttore Don Rumsfeld prima che diventasse segretario della difesa durante l’amministrazione Bush.

Coerentemente con il suo ruolo di “agenzia di comando”, più di metà della somma destinata dall’amministrazione Bush al programma è stata consegnata al Pentagono. In altre parole, abbiamo a che fare con un processo di militarizzazione degli stanziamenti per la salute pubblica civile. Parte del budget per la salute pubblica è controllato dal Dipartimento della Difesa, secondo le regole di approvvigionamento del Dipartimento della Difesa.

“Il Senato americano ha votato ieri [3 settembre 2005] per fornire 4 miliardi di dollari per farmaci antivirali ed altre misure per prepararsi ad una temuta pandemia influenzale, ma non è chiaro se la misura passerà al Congresso.

Secondo la Associated Press (AP), il Senato ha attaccato il provvedimento ad un progetto di spesa per la difesa di 440 miliardi di dollari per il 2006. Ma la Camera non ha incluso stanziamenti per l’influenza nella sua versione del bilancio difesa, e un senatore chiave ha detto che avrebbe cercato di tenere i fondi fuori dalla versione compromesso Camera-Senato. Il Senato dovrebbe votare sul bilancio generale la prossima settimana.

Secondo la Reuters, quasi 3,1 miliardi di dollari del budget saranno usati per fare scorte del farmaco antivirale oseltamivir (Tamiflu) e il resto andrà per la sorveglianza globale dell’influenza, lo sviluppo di vaccini e la preparazione a livello statale e locale. Il governo ora ha abbastanza oseltamivir per il trattamento di alcuni milioni di persone, e punta ad acquistarne abbastanza per il trattamento di 20 milioni di persone”.

(CIDRAP, http://cidrap.umn.edu/cidrap/content/influenza/panflu/news/sep3005avian.html)

La minaccia di una pandemia di influenza aviaria da H5N1 nel 2005 ha determinato guadagni di molti miliardi di dollari per l’industria farmaceutica e biotecnologica. In merito a ciò un certo numero delle maggiori società farmaceutiche tra cui la GlaxoSmithKline, la Sanofi-Aventis, la californiana Chiron Corp, la BioCryst Pharmaceuticals Inc, la Novavax and Wave Biotech, e il gigante farmaceutico svizzero Roche Holding si erano già posizionate.

Nel 2005 la società biotecnologica del Maryland MedImmune che produce “un vaccino antinfluenzale da inalare”, si era posizionata per lo sviluppo di un vaccino contro l’influenza aviaria H5N1. Sebbene non avesse expertise del virus dell’influenza aviaria, uno dei maggiori attori nel business dei vaccini con un contratto con il Pentagono era la Bioport, una società in parte di proprietà del Carlyle Group, con stretti contatti con il gabinetto di Bush, avendo Bush senior nel suo consiglio di amministrazione.

La vaccinazione in un’emergenza della salute pubblica. Momento d’oro da molti miliardi di dollari per i conglomerati della biotecnologia

Il falso allarme influenza aviaria del 2005 era sotto molti punti di vista una prova costumi. La pandemia del virus da H1N1 del 2009 è un’operazione molto più grande da molti bilioni di dollari. Un certo numero di società biotecnologiche e farmaceutiche sono state coinvolte nelle negoziazioni riservate con l’OMS e l’amministrazione USA. Le agenzie chiave sono il Center for Disease Control di Atlanta e la Food and Drug Administration (FDA), che hanno forti legami con l’industria farmaceutica. I conflitti d’interesse di queste agenzie emergono dallo studio dettagliato di Robert F. Kennedy Jr. intitolato Vaccinations: Deadly Immunity, giugno 2005:

“La storia dei complotti delle agenzie sanitarie del governo con Big Pharma per nascondere i rischi del timerosal al pubblico è un’agghiacciante casistica di arroganza istituzionale, potere e avidità. Sono stato trascinato nella controversia con riluttanza. Come avvocato e ambientalista, ed avendo trascorso anni a lavorare sulla questione della tossicità del mercurio, ho incontrato spesso le madri di bambini autistici che erano assolutamente convinte che i loro figli erano stati danneggiati dai vaccini. … Nel 1999 l’infermiera scolastica Patti White, ha detto alla Government Reform Comittee della Camera: “le classi elementari sono travolte da bambini che hanno sintomi di danni neurologici o del sistema immunitario”. “I vaccini dovrebbero renderci più sani; ma in venticinque anni di lavoro come infermiera nelle scuole ho visto così tanti bambini danneggiati e malati. Sta succedendo qualcosa molto, molto sbagliato ai nostri figli”. Robert F. Kennedy Jr, Vaccinations: Deadly Immunity, giugno 2005.

L’OMS sta programmando la produzione di 4,9 miliardi di dosi, sufficienti per inoculare una grande fetta della popolazione mondiale. Big Pharma tra cui la Baxter, la GlaxoSmithKline, la Novartis, la Sanofi-Aventis e l’AstraZeneca hanno firmato contratti di approvvigionamento con circa 50 governi. (Reuters, 16 luglio 2009) Per queste società la vaccinazione obbligatoria è una promessa molto redditizia:

“L’OMS si è rifiutata di rendere noto il verbale di una riunione decisiva di un gruppo di esperti sui vaccini ‘piena di dirigenti della Baxter, della Novartis e della Sanofi’ che hanno raccomandato l’obbligo di vaccinazione contro il virus artificiale dell’ “influenza suina” H1N1 negli USA, in Europa e in altri paesi per il prossimo autunno.

Stamattina un portavoce dell’OMS ha dichiarato in una e-mail che non esisteva un verbale della riunione che ha avuto luogo il 7 luglio 2009 a cui hanno partecipato i dirigenti esecutivi della Baxter e di altri gruppi farmaceutici e in cui sono state formulate le linee guida adottate dall’OMS lunedì scorso, sulla necessità di vaccinazioni su scala mondiale.

Secondo le International Health Regulations, le linee guida dell’OMS hanno carattere vincolante su tutti i 194 paesi firmatari dell’OMS nell’evento di un’emergenza pandemica del tipo atteso il prossimo autunno, quando emergerà la seconda ondata, più aggressiva, del virus H1N1 – che è stato bioingegnerizzato in modo tale da assomigliare al virus influenzale spagnolo.

In breve: l’OMS ha il potere di costringere chiunque in quei 194 paesi a farsi vaccinare con il fucile puntato addosso, ad imporre quarantene e a limitare la possibilità di viaggio”. (Jane Burgermeister, WHO moves forward in secrecy to accomplish forced vaccination and population agenda, Global Research luglio 2009).

Il 19 maggio il direttore generale e i funzionari senior dell’OMS si sono incontrati in privato con i rappresentanti di circa 30 società farmaceutiche.

“In un mondo perfetto le principali società farmaceutiche del pianeta potrebbero produrre 4,9 miliardi di vaccini per l’influenza suina da H1N1 nel corso del prossimo anno. Questa è l’ultima stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il direttore generale dell’OMS dott. Margaret Chan ha incontrato 30 società farmaceutiche martedì scorso e ha informato i reporter sul piano dell’OMS di assicurare la vaccinazione per i paesi poveri senza le necessarie infrastrutture per combattere una possibile pandemia. (Digital Journal, 19 maggio 2009)

Secondo un articolo di Business Week, “I paesi più ricchi come gli USA e la Gran Bretagna pagheranno meno di 10 dollari per dose, lo stesso prezzo del vaccino per l’influenza stagionale. I paesi in via di sviluppo pagheranno un prezzo inferiore (Business Week, luglio 2009). L’OMS suggerisce che le 4,9 miliardi di dosi non saranno sufficienti e che sarà necessaria una seconda inoculazione.

4,9 miliardi di dosi a circa dieci dollari ($10.00) per iniezione e qualcosa di meno per i paesi in via di sviluppo rappresentano un profitto dell’ordine di 400 miliardi di dollari in un solo anno per Big Pharma. E l’OMS sostiene che un’unica dose per persona potrebbe non essere sufficiente…

Vaccini pericolosi per la vita: chi è proprietario del brevetto?

Mentre la produzione è stata affidata ad un numero selezionato di società, sembra che i diritti di proprietà intellettuale appartengano alla Baxter, gigante farmaceutico dell’Illinois. La Baxter è di importanza strategica nelle negoziazioni tra l’amministrazione americana e l’organizzazione mondiale della sanità (OMS). Per di più, “un anno prima che fosse segnalato alcun caso dell’attuale presunta H1N1” la Baxter aveva già presentato domanda per un brevetto per il vaccino H1N1:

Domanda di brevetto vaccino Baxter US 2009/0060950 A1. (vedere William Engdahl, Now legal immunity for swine flu vaccine makers, Global Research, Luglio 2009). La domanda dichiara:

“la composizione o vaccino comprende più di un antigene… come l’influenza A e l’influenza B in particolare, selezionati da uno o più dei [virus] umani H1N1, H2N2, H3N2, H5N1, H7N7, H1N2, H9N2, H7N2, H7N3, H10N7 sottotipi, dell’influenza suina H1N1, H1N2, H3N1, e H3N2 sottotipi, dell’influenza canina o equina H7N7, H3N8, sottotipi o dell’aviaria H5N1, H7N2, H1N7, H7N3, H13N6, H5N9, H11N6, H3N8, H9N2, H5N2, H4N8, H10N7, H2N2, H8N4, H14N5, H6N5, H12N5 sottotipi”.

La domanda dichiara inoltre, “coadiuvanti idonei possono essere scelti tra i gel minerali, idrossido di alluminio, surfattanti, lisolecitina, polioli pluronici, polianioni o emulsioni oleose come acqua in olio oppure olio in acqua, o una combinazione di questi. Naturalmente la scelta del coadiuvante dipende dall’uso che se ne intende fare. Ad esempio la tossicità può dipendere dall’organismo soggetto destinato e potrà variare da nessuna tossicità ad alta tossicità.

Senza la responsabilità legale, può essere che la Baxter si stia preparando a vendere centinaia di milioni di dosi contenenti l’altamente tossico idrossido di alluminio come coadiuvante? (ibid)

Il Los Angeles Times ha rassicurato il pubblico americano con un articolo intitolato: “Che probabilità ci sono che l’H1N1 ti uccida?” Ovvero, che probabilità ci sono che il vaccino dell’H1N1 ti uccida?

Il National Emergency Centers Establishment Act: H.R. 645

Non ci sono indicazioni che l’amministrazione Obama stia programmando nel futuro prossimo un’emergenza sanitaria pubblica che richiederebbe l’imposizione della legge marziale. In questo articolo abbiamo messo in rilievo l’esistenza di vari provvedimenti (legislazione e direttive presidenziali) che consentirebbero al presidente degli Stati Uniti di invocare la legge marziale nel caso di un’emergenza della salute pubblica. Se la legge marziale dovesse essere adottata nel contesto di tale emergenza, dovremmo fare i conti con la “vaccinazione forzata” su particolari gruppi della popolazione, come pure con la possibile creazione di strutture per il concentramento delle persone messe in quarantena.

A questo proposito, vale la pena notare che nel gennaio 2009 un pacchetto legislativo intitolato National Emergency Centers Establishment Act (HR 645) è stato introdotto dal Congresso americano. La proposta di legge prevede la creazione di sei centri per le emergenze nazionali nelle maggiori regioni degli Stati Uniti da essere ubicati sulle esistenti installazioni militari, che potrebbero essere usate per mettere in quarantena la gente nel caso di un’emergenza sanitaria o di un programma di vaccinazione forzata.

La proposta va ben oltre le precedenti legislazioni (compresa la HR 5122). Lo scopo dichiarato dei “centri per le emergenze nazionali” è quello di fornire “temporaneamente un tetto, assistenza medica, e assistenza umanitaria agli individui e alle famiglie che vengono dislocate a causa di un’emergenza o di un grave disastro”. Nella realtà abbiamo a che fare con dei campi di concentramento FEMA. La HR 645 dichiara che i campi possono essere usati per “soddisfare altre necessità appropriate, determinate dal segretario della sicurezza nazionale”. (Michel Chossudovsky, Preparing for Civil Unrest in America Legislation to Establish Internment Camps on US Military Bases, Global Research, Marzo 2009).

Non c’è stata realmente alcuna copertura stampa della HR 645, che al momento viene discussa da svariati comitati congressuali. Non ci sono indicazioni che la proposta di legge stia per essere adottata.

Queste “strutture civili” su basi militari USA dovranno essere realizzate in collaborazione con le forze armate americane.

Se un individuo venisse arrestato e internato in un campo FEMA situato all’interno di una base militare, durante un’emergenza sanitaria nazionale quell’individuo rientrerebbe quasi certamente nella giurisdizione de facto del corpo militare: la giustizia civile e le forze dell’ordine compreso l’habeas corpus non conterebbero più.

La HR 645 potrebbe essere usata, se dovesse essere adottata, in caso di emergenza sanitaria pubblica. Ovviamente, è in diretta relazione con la crisi economica e con la possibilità di proteste di massa in tutta America. Costituisce un’ulteriore mossa per militarizzare l’applicazione della legge civile, abrogando il Posse Comitatus Act.

Citando il rappresentante [al Congresso] Ron Paul:

“… i centri di fusione, la polizia militarizzata, le telecamere di sorveglianza e il comando militare nazionale non sono abbastanza… Anche se sappiamo che le strutture di detenzione esistono già, adesso vogliono legalizzare la costruzione di campi FEMA su istallazioni militari usando la sempre popolare scusa che le strutture sono per scopi di emergenza nazionale. Con il peggiorare di giorno in giorno di un’economia falsa basata sul credito, la possibilità di disordini civili diventa una minaccia sempre maggiore per l’establishment. Basta guardare solo all’Islanda, alla Grecia e ad altre nazioni per [vedere] ciò che succederà negli Stati Uniti”. (Daily Paul, settembre 2008, enfasi aggiunta).

I campi di concentramento proposti dovrebbero essere visti in relazione al più ampio processo di militarizzazione delle istituzioni civili. La costruzione dei campi di concentramento è precedente all’introduzione della HR 645 (costruzione dei centri di emergenza) del gennaio 2009.

“Sostegno civile militare”: il ruolo del Northern Command americano nel caso di una pandemia influenzale

Il Northern Command americano ha il mandato di sostegno e di supervisione delle istituzioni civili nel caso di un’emergenza nazionale.

“Oltre a difendere la nazione, il Northern Command americano fornisce sostegno in difesa delle autorità civili secondo le leggi degli Stati Uniti e sotto la direzione del presidente o del segretario alla difesa. L’assistenza militare è sempre in sostegno di un’agenzia federale di comando, come l’Agenzia Federale Gestione Emergenze (FEMA).

Il sostegno ai civili da parte del corpo militare comprende le operazioni di soccorso in caso di disastro che hanno luogo durante gli incendi, gli uragani, le inondazioni e i terremoti. Il sostegno comprende le operazioni contro il narcotraffico e l’assistenza per la gestione conseguenze, come quelle che accadrebbero dopo un evento terroristico con l’impiego di un’arma di distruzione di massa.

Generalmente, un’emergenza deve superare le capacità di gestione delle agenzie federali, statali e locali prima che venga coinvolto il Northern Command americano. Nel prestare sostegno ai civili, il comando opera attraverso Joint Task Forces subordinate.

(vedere sito web dello US Northcom http://www.northcom.mil/index.cfm?fuseaction=s.who_civil)

Gli uragani Katrina e Rita hanno avuto un ruolo fondamentale nel plasmare il ruolo del Northern Command nelle attività di “sostegno militare ai civili”. Le procedure di emergenza erano strettamente coordinate dal Northern Command dalla Peterson Air Force Base, insieme con il Dipartimento di Sicurezza Nazionale, che ha la supervisione della FEMA.

Durante l’uragano Rita (settembre 2005) il quartier generale del Northern Command aveva il controllo diretto sugli spostamenti del personale e dell’hardware militare nel Golfo del Messico, in alcuni casi annullando, come nel caso di Katrina, le azioni dei corpi civili. L’intera popolazione era sotto la giurisdizione dei militari piuttosto che della FEMA. (Michel Chossudovsky, US Northern Command and Hurricane Rita, Global Research, 24 settembre 2005).

Il Northern Command come parte integrante del proprio mandato nel caso di un’emergenza nazionale, avrebbe la supervisione di una serie di funzioni civili. Come ha detto il presidente Bush al momento del picco d’intensità dell’uragano Rita, “il Governo e le forze militari americane avevano bisogno di una più ampia autorità per aiutare a gestire le maggiori crisi a livello nazionale come gli uragani”. Il segretario alla Sicurezza Nazionale Michael Chertoff ha successivamente classificato l’uragano Rita come un “incidente di rilevanza nazionale”, che ha giustificato l’attivazione di un cosiddetto “Piano di Risposta Nazionale” (NRP). (Per ulteriori informazioni, consultare il documento completo al sito http://www.dhs.gov/interweb/assetlibrary/NRPbaseplan.pdf)

Nello schema più ampio di “soccorso disastri” il Northern Command nel corso degli ultimi due anni ha definito un mandato nell’eventualità di un’emergenza della salute pubblica o di una pandemia influenzale. L’accento è sulla militarizzazione della salute pubblica, secondo cui il NORTHCOM sorveglierebbe le attività delle istituzioni civili coinvolte nei servizi in relazione alla salute.

Secondo il Generale di Brigata Robert Feldermann, vice direttore del direttorato per i Programmi, la Politica e la Strategia del NORTHCOM: “il USNORTHCOM è il sincronizzatore globale - il coordinatore globale – per la pandemia influenzale di tutti i comandi combattenti” (enfasi aggiunta) (Vedere Gail Braymen, USNORTHCOM contributes pandemic flu contingency planning expertise to trilateral workshop, USNORTHCOM, 14 aprile 2008, vedere anche USNORTHCOM. Pandemic Influenza Chain Training (U) pdf).

“Inoltre, gli Stati Uniti nel 1918 sono stati colpiti dall’influenza spagnola. Eravamo gli unici ad avere la massima risposta ad [una pandemia] nella storia più recente. Così ho discusso cosa abbiamo fatto allora, cosa ci aspettiamo che succeda adesso e i numeri che ci aspettiamo in una pandemia influenzale”.

Il potenziale numero di vittime negli Stati Uniti per una pandemia influenzale moderna potrebbe raggiungere quasi due milioni, secondo Felderman. Non solo l’economia nazionale ne risentirebbe, ma il Dipartimento della Difesa dovrebbe comunque essere pronto e in grado di proteggere e difendere il paese e offrire sostegno alle autorità civili in situazioni di disastro. Mentre praticamente ogni aspetto della società sarebbe toccato, “le implicazioni per il Northern Command saranno molto significative”.

“[una pandemia avrebbe] un enorme impatto economico, oltre l’impatto di ‘difesa della nostra nazione’” ha detto Felderman. Gli Stati Uniti non sono soli nella preparazione per questa potenziale catastrofe. (Gail Braymen, citazione sopra).

È stato rilevante anche il rimpatrio delle unità combattenti dal teatro bellico per assistere il Northern Command americano nel caso di un’emergenza nazionale, compresa una pandemia influenzale. Negli ultimi mesi dell’amministrazione Bush il Dipartimento della Difesa ha ordinato il richiamo della prima squadra di combattimento [Brigate Combat Team] della terza divisione di fanteria dall’Iraq.

L’unità combattente BCT era affiancata alla US Army North, la componente dell’esercito dello US Northern Command (USNORTHCOM). La prima BCT ed altre unità combattenti sono state chiamate a prestare funzioni militari specifiche nel caso di un’emergenza nazionale o di un disastro naturale, compresa un’emergenza della salute pubblica:

“The Army Times riporta che la prima squadra di combattimento della terza fanteria sta tornando dall’Iraq per difendere la patria, come “forza federale di risposta immediata per le emergenze naturali o provocate dall’uomo, compresi gli attacchi terroristici”. L’unità BCT è stata affiancata allo US Army North, ovvero la componente dell’esercito dello US Northern Command (USNORTHCOM). (Vedere Gina Cavallaro, Brigade homeland tours start Oct. 1, Army Times, 8 settembre 2008, enfasi aggiunta)

Titolo originale: "Martial Law and the Militarization of Public Health: The Worldwide H1N1 Flu Vaccination Program"

Fonte: http://www.globalresearch.ca Link 26.07.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI