Il caso Peter H. e le responsabilità della gerarchia
In questo contesto, il caso del prete Peter H. è di particolare rilevanza: costui, tra il 1973 e il 1996, come giovane cappellano e poi parroco nella zona della Ruhr, ha abusato di almeno 23 ragazzi dagli 8 ai 16 anni; godeva di particolare credito e fiducia, e la gerarchia non ha fatto nulla per fermarlo.
Die Zeit racconta come la Chiesa abbia condotto un suo procedimento penale amministrativo nei suoi confronti del prete, conclusosi con un “decreto extragiudiziale” di 43 pagine del tribunale ecclesiastico dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, emesso il 9 maggio 2016 e firmato dal capo del tribunale ecclesiastico di Monaco, Lorenz Wolf. Peter H. fu condannato a pagare una somma alla fondazione per bambini Tabaluga. Gli fu risparmiata la pena massima, il “licenziamento” dal clero.
Il documento del tribunale afferma che vescovi e vicari generali a Monaco ed Essen – diocesi originaria del prete – non sono stati all’altezza della loro «responsabilità verso i bambini e i giovani affidati alla loro cura pastorale». Il nome di Ratzinger viene fuori più volte, poiché durante il suo mandato come arcivescovo, Peter H. si trasferì da Essen nell’arcidiocesi di Monaco, dove abusò di nuovo di ragazzi. Dal decreto si evince che pur essendo l’allora arcivescovo e cardinale Joseph Ratzinger e il suo Consiglio episcopale a conoscenza della situazione relativa all’ammissione a Monaco di Peter H, non fu avviata da Ratzinger né dal suo successore un’indagine preliminare, e nemmeno un procedimento penale ecclesiastico. Ma Gänswein, alla domanda di Die Zeit se Ratzinger fosse a conoscenza del caso, risponde: «L’affermazione che fosse a conoscenza dei precedenti (accuse di violenza sessuale) al momento in cui è stata presa la decisione di ammettere il sacerdote H. è falsa. Non era a conoscenza del suo background». Il che, se fosse vero, sarebbe comunque grave. Ma alla domanda se Ratzinger non abbia fatto nulla dopo l’ingresso in diocesi di Peter H., nel 1980, Gänswein non risponde. Eppure, quando nel 1982 divenne prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger, che doveva ormai essere a conoscenza del caso, non fece nulla e non chiese nulla al suo successore. Insomma: se Ratzinger non aveva denunciato il caso a Roma da Monaco, avrebbe dovuto almeno richiederlo da Roma a Monaco...
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