10 gennaio 2021

Italiagate, parte II: Obama e Renzi accusati di essere le menti della frode elettorale USA


L’ultimo articolo pubblicato precedentemente su questo blog ha rivelato la partecipazione dell’Italia nella frode elettorale eseguita contro le elezioni USA.

Un ex agente della CIA e già capo di una delle stazioni dell’agenzia di intelligence, Bradley Johnson, ha spiegato come l’Italia abbia avuto un ruolo determinante in quello che può essere definito a tutti gli effetti un colpo di Stato internazionale contro Donald Trump.

L’attore principale di questa frode sarebbe stato Leonardo, la società governativa leader nel settore della difesa e delle tecnologie aerospaziali.

Ora c’è un’altra persona che ha completamente confermato il ruolo dell’Italia in tutto questo e si tratta di Maria Zack.

Maria Zack è la presidente dell’associazione “Nazioni in azione” e in un documento audio trapelato due giorni fa su Twitter ha spiegato esattamente come sarebbe avvenuto l’attacco hacker.

Secondo la Zack, il centro che avrebbe coordinato questa operazione sarebbe stata effettivamente l’ambasciata americana a Roma.

Questa versione dei fatti coincide completamente con quella fornita da Johnson, ma l’attivista americana fornisce ulteriori dettagli semplicemente fondamentali.

A coordinare il piano sarebbe stato il generale Claudio Graziano dal secondo piano dell’ambasciata a Via Veneto, assistito a sua volta da un ex agente dei servizi segreti, Stefano Serafini.

Il generale Graziano è un personaggio di assoluto rilievo in questa storia. Graziano ha già ricoperto il ruolo di Capo di Stato Maggiore sotto i governi Renzi e Gentiloni ed è attualmente presidente del comitato militare dell’Unione europea.

Il generale è un fervente sostenitore della creazione di un esercito unico europeo e in uno dei suoi recenti interventi ha chiaramente affermato che non ci sono altre realtà oltre l’UE e la NATO.

Graziano pertanto può essere considerato a tutti gli effetti un membro del cosiddetto blocco euro-atlantico, che si è fondato per decenni sul principio dell’interventismo militare di Washington in ogni parte del mondo.

Non è certo un segreto che le lobby militari, alle quali Graziano certamente appartiene, che sostengono fortemente questa dottrina vedano Donald Trump come un nemico assoluto per via della sua volontà di non violare la sovranità degli altri Stati attraverso interventi armati.

Ad ogni modo, l’alto graduato per coordinare avanti l’attacco informatico si sarebbe servito della tecnologia di Leonardo.

Come già rivelato da Bradley Johnson e confermato da Maria Zack, “un satellite di Leonardo è stato utilizzato per caricare un software e spostare i voti da Trump a Biden.”

In un primo momento, il piano prevedeva che lo spostamento di voti da Trump a Biden non avesse luogo a Roma, ma piuttosto a Francoforte, in una stazione della CIA che custodisce i server di Dominion.

Apparentemente, stava tutto procedendo per il verso giusto fino a quando gli hacker a Francoforte si sono resi conto che l’operazione andava in qualche modo ricalibrata attraverso la creazione di nuovi algoritmi.

Trump stava prendendo troppi voti e occorreva fare delle modifiche al software per consegnare definitivamente la “vittoria” a Biden.

Ed è qui che entra in gioco l’Italia. I voti sarebbero stati inviati ad un satellite militare di Leonardo verso gli USA, e poi scaricati nuovamente nei server di Dominion.

A questo proposito, ci sarebbe una conferma decisiva di uno dei protagonisti dell’operazione, ovvero Arturo D’Elia, già consulente della stessa Leonardo.

D’Elia in una testimonianza giurata avrebbe di fatti ammesso la sua partecipazione a questo crimine informatico.

L’ex consulente di Leonardo avrebbe effettivamente confermato che i voti sarebbero stati spostati da Trump a Biden tramite “un satellite militare della torre di Fucino.”

D’Elia nella sua dichiarazione giurata avrebbe sostenuto di aver agito “sotto la guida e la direzione di cittadini americani di stanza all’ambasciata americana a Roma.”

Attualmente, Arturo D’Elia è agli arresti ed è accusato di altri crimini informatici commessi contro la stessa Leonardo.

Ad ogni modo, sembra piuttosto improbabile che tutto questo possa aver avuto luogo senza che l’ambasciatore americano a Roma, Lewis Eisenberg, sapesse cosa stava succedendo nella sua stessa ambasciata.

Eisenberg è stato nominato da Trump nel 2017 ed è stato anche uno dei contributori della prima campagna del presidente, ma, allo stesso tempo, è anche molto vicino a quelle lobby neocon sioniste che si oppongono ferocemente al piano di disimpegno militare di Trump.

Il piano politico dell’operazione: Renzi e Obama

Quello che è stato descritto fino ad ora è il livello militare e di intelligence dell’attacco informatico eseguito da elementi infedeli ed eversivi delle istituzioni italiane e americane, ma ciò che rivela Maria Zack successivamente è, se possibile, ancora più clamoroso.

Le menti politiche del piano sarebbero state Barack Obama, ex presidente USA, aiutato dal suo “omologo” italiano, Matteo Renzi, ex primo ministro italiano dal 2014 al 2016.

La presidente di “Nazioni in azione” sostiene che quanto accaduto è stato davvero “un piano brillante orchestrato da Obama con l’aiuto di Renzi.”

A questo punto, la relazione tra Renzi e Obama appare semplicemente fondamentale per comprendere sia il primo tentativo di golpe contro Trump, lo Spygate, sia il secondo tentativo in corso contro il presidente americano, ovvero la frode elettorale.

L’ultima declassificazione dei documenti della CIA ha confermato che Barack Obama era già perfettamente consapevole nel settembre 2016 del tentativo di incastrare l’allora candidato repubblicano Trump.

L’ex direttore della Cia, John Brennan, aveva già messo allora al corrente il presidente Obama che Hillary Clinton era al lavoro per fabbricare un falso scandalo per raffigurare Trump come una “marionetta russa”.

Le istituzioni americane, quali l’FBI e le agenzie di intelligence, hanno avuto un ruolo decisivo in questa operazione perché hanno di fatto hanno autorizzato lo spionaggio illegale contro Trump.

Non è quindi avventato sostenere che il presidente Obama, in quanto allora comandante in capo degli USA e della stessa rete di intelligence, possa essere considerato la mente di questo complotto contro Trump.

Allo stesso tempo, lo Spygate non sarebbe stato possibile senza l’Italia. Quando Obama decise di dare il via all’operazione di spionaggio illegale, avrebbe chiesto aiuto all’allora primo ministro Renzi.

La tempistica a questo punto diviene fondamentale. Un mese dopo l’incontro tra Obama e Brennan, arriva alla Casa Bianca in visita ufficiale Matteo Renzi per partecipare al piano.

L’ex primo ministro avrebbe accettato di coinvolgere i servizi segreti nello spionaggio contro Trump.

I servizi a loro volta avrebbero dato vita ad un elaborato piano per incastrare Giulio Occhionero, un ingegnere nucleare, che è stato coinvolto nel tentativo di accostare Trump al Cremlino.

In altre parole, l’intelligence italiana avrebbe cercato di mettere le email della Clinton sui server della società americana di Occhionero, la Westlands Securities Inc.

Apparentemente, Occhionero sarebbe stato scelto perché è vicino agli ambienti conservatori americani che hanno sostenuto la campagna di Trump.

Il mondialismo ha utilizzato il deep state italiano contro Trump

Ad ogni modo, la cosa più sorprendente che lega questo scandalo con la frode elettorale è la relazione tra Obama e Renzi.

Anche dopo che i due hanno lasciato i loro rispettivi incarichi avrebbero continuato a lavorare insieme per dare vita a quello che può essere definito un colpo di Stato permanente contro Trump.

C’è dunque una sorta di filo rosso che lega lo Spygate alla frode elettorale americana e questo filo rosso è l’asse tra gli apparti sovversivi istituzionali italiani e americani, rappresentati in questo caso da Obama e Renzi.

Una volta che questo piano eversivo si sarebbe innescato nel 2016 con lo spygate non si sarebbe mai fermato fino al novembre del 2020, quando il deep state italiano e americano avrebbero eseguito la frode elettorale negli Stati Uniti.

In altre parole, il mondialismo ha certamente utilizzato membri del partito democratico americano come Obama per coordinare l’operazione, ma ancora più decisivo sarebbe stato l’apparato di potere che risponde al globalismo infiltrato pesantemente nelle istituzioni italiane.

L’attuale primo ministro, Conte, sarebbe stato perfettamente al corrente perchè, dichiara la Zack, “è molto impegnato e coinvolto” in tutto questo.

E se questa versione dovesse essere confermata, sarebbe difficile pensare il contrario.

Leonardo infatti è una società governativa dove il 30% delle azioni sono nelle mani del ministero dell’Economia, attualmente presieduto da Roberto Gualtieri.

L’attuale amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, è stato nominato nel suo ruolo attuale da Conte nell’aprile dello scorso anno che ha confermato la scelta del suo predecessore, Gentiloni, ex premier nel 2017 e apparentemente coinvolto a sua volta nello Spygate.

Secondo la Zack, i fondi neri per finanziare il tutto sarebbero stati messi a disposizione dall’Iran che avrebbe trasferito a Obama 400 milioni di dollari per portare avanti l’operazione.

Questa versione conferma parzialmente il ruolo giocato da Obama dal 2017 in poi. L’ex presidente USA avrebbe diretto un’organizzazione a Washington che potrebbe essere considerata una sorta di governo ombra istituito per rovesciare la presidenza di Trump.

Secondo altre fonti, i finanziatori di Obama sarebbero state ONG vicine a Soros.

L’ex presidente USA comunque sarebbe stato fondamentale per coordinare il piano e l’Italia avrebbe messo a disposizione la sua tecnologia e i suoi membri governativi per portare avanti questo golpe.

La storia della frode elezioni americane non è altro dunque che quella di un colpo di Stato internazionale concepito dal deep state di Washington ed eseguito attraverso la partecipazione di diversi Paesi e governi saldamente nelle mani del clan mondialista, tra i quali il Canada, la Germania, la Cina, la Spagna e l’Italia.

Il mondialismo dunque si sarebbe servito di tutti questi esecutivi che stanno portando avanti l’agenda del Nuovo Ordine Mondiale per rovesciare Trump.

Il rapporto tra Salvini e Renzi

Nel frattempo, in Italia i media continuano a tacere sullo spygate e sul coinvolgimento di Conte in questo scandalo.

Il leader della cosiddetta “opposizione”, Salvini, non sta denunciando nessuno dei due.

Dopo la caduta del suo governo, Salvini ha formato una sorta di asse con Renzi per spianare la strada ad un altro governo tecnocratico guidato con ogni probabilità da Mario Draghi.

Il sistema in Italia ha taciuto su questi scandali perché vedono coinvolte sia la maggioranza che l’opposizione.

Un fatto comunque è certo. L’Italia è fondamentale per comprendere quanto è accaduto nel broglio elettorale americano.

Se si vuole trovare la chiave di questo elaborato golpe internazionale, occorre guardare necessariamente a Roma.

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