«Forse gli italiani se lo meritano, un governo che li chiude in casa per un allarme gonfiato, poi li rovina economicamente lasciandoli senza soldi e li prende in giro fino alla fine, con promesse favolose, fino al miracolo (inesistente) dei mitici aiuti dell’Unione Europea: poche briciole che costeranno un prezzo salatissimo, e che arriveranno – forse – tra un anno, a piccole rate, quando ormai il peggio ci sarà crollato addosso, a partire dalle prossime settimane». Tanta amarezza, da parte di Gioele Magaldi, viene dall’impietosa fotografia degli ultimi mesi, che si prolunga nel cuore dell’estate: «Vedo ancora in giro gente con indosso la mascherina: c’è chi se la mette per passeggiare all’aperto, e chi la tiene sul viso mentre guida l’auto, da solo». Follia? E’ il risultato della micidiale manipolazione messa in atto, a tambur battente, dallo scorso febbraio. La paura di un virus ormai spento e debellato dai medici con terapie efficaci, ma tuttora presentato come minaccia invincibile. «C’è chi insiste nell’evocare “seconde ondate”, anche se persino il telegiornale di “Sky” ha ammesso che l’epidemia è praticamente finita». Gli italiani? «In maggioranza, hanno accettato di subire restrizioni spesso assurde, non motivate da alcuna ragione medica».
Vizio nazionale? «L’unica rivoluzione italiana è stata quella che animò le imprese di Garibaldi, nell’800». Ma attenzione: «Non tutti hanno le fette di salame sugli occhi. E in ogni caso, è lo stesso governo Conte – coi suoi disastri quotidiani – a rivelare alla nazione la drammatica verità, che in autunno trasformerà l’Italia in un teatro incandescente di rivolte». In web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt ammette che occorre prepararsi a vivere pagine traumatiche: «E’ praticamente certo che, a partire da ottobre, assisteremo a proteste clamorose, che qualche immancabile “manina” cercherà di degradare in manifestazioni violente». Il solito schema della strategia della tensione: buttarla in caciara, magari con arresti e feriti, così da cancellare le buone ragioni di chi protesta in modo pacifico? «I massoni progressisti vigileranno, dietro le quinte, per prevenire questo pericolo», dice Magaldi, autore nel 2014 del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che smaschera il back-office del potere e svela il ruolo occulto di decine di superlogge sovranazionali, dietro i maggiori eventi della nostra storia recente.
Vizio nazionale? «L’unica rivoluzione italiana è stata quella che animò le imprese di Garibaldi, nell’800». Ma attenzione: «Non tutti hanno le fette di salame sugli occhi. E in ogni caso, è lo stesso governo Conte – coi suoi disastri quotidiani – a rivelare alla nazione la drammatica verità, che in autunno trasformerà l’Italia in un teatro incandescente di rivolte». In web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, il presidente del Movimento Roosevelt ammette che occorre prepararsi a vivere pagine traumatiche: «E’ praticamente certo che, a partire da ottobre, assisteremo a proteste clamorose, che qualche immancabile “manina” cercherà di degradare in manifestazioni violente». Il solito schema della strategia della tensione: buttarla in caciara, magari con arresti e feriti, così da cancellare le buone ragioni di chi protesta in modo pacifico? «I massoni progressisti vigileranno, dietro le quinte, per prevenire questo pericolo», dice Magaldi, autore nel 2014 del bestseller “Massoni” (Chiarelettere) che smaschera il back-office del potere e svela il ruolo occulto di decine di superlogge sovranazionali, dietro i maggiori eventi della nostra storia recente.
Il sequel uscirà a novembre con rivelazioni che si annunciano dirompenti, sulla genesi “cinese” del coronavirus e sulla regia nascosta che ha trasformato l’epidemia in pandemia grazie all’opaca gestione dell’Oms, e poi la pandemia in “golpe” mondiale contro la libertà, la sicurezza sociale e il benessere economico. A grandi linee, Magaldi ha già anticipato le sue tesi: dietro il Covid c’è la stessa élite iniziatica (leggasi, superloggia “Three Eyes”) che negli anni ‘70, dopo il colpo di Stato in Cile contro Allende, progettò “la crisi della democrazia” e, con Kissinger, puntò proprio sulla Cina – allora maoista – come possibile modello da contrapporre all’Occidente e alla sua democrazia, già così ammaccata e spesso inguardabile, ma pur sempre in vigore (elezioni, libertà di opinione). A fine marzo, Bob Dylan ha compiuto un gesto “worldwide” pubblicando sul web la canzone-denuncia “Murder Most Foul”. Il messaggio, cifrato ma non troppo: ad aver inguaiato il pianeta con il coronavirus sono gli eredi di quello stesso Deep State che nel 1963 assassinò a Dallas il presidente della New Frontier.
«Dylan – ha svelato Magaldi, dopo esserne stato espressamente autorizzato – milita da anni nelle file della massoneria progressista, e ora è sceso in campo direttamente: si sente un soldato, chiamato a combattere per la verità». Due settimane dopo, il cantautore più famoso del mondo (Premio Nobel per la Letteratura) ha esplicitato ulteriormente il suo pensiero, con il brano “False Prophet” accompagnato da un’immagine eloquente: il “falso profeta” è la morte, che bussa alla porta con un regalo sottobraccio, mentre nell’altra mano impugna una siringa. Il vaccino universale, spacciato come dono, sarebbe il vero obiettivo finale degli oscuri pianificatori dell’operazione-Covid? «Il primo bersaglio, immediato, doveva essere Donald Trump», dice Magaldi: «L’emergenza pandemica ha annullato i risultati dell’ottima politica economica di Trump proprio alla vigilia delle presidenziali di novembre». La notizia? «Chi sperava di vincere abbattendo Trump ha già perso», sostiene Magaldi: «Fiutato l’imbroglio, l’establishment americano ha appena preso una decisione storica: anche se Trump non dovesse essere rieletto, gli Usa non torneranno sui loro passi e non cancelleranno i dazi imposti da Trump per frenare l’espansione neo-imperiale della Cina».
E’ da lì che tutto è partito, secondo l’autore di “Massoni”: le superlogge oligarchiche hanno sdoganato Pechino per farne una sorta di “Frankenstein”, una specie di mostro a due facce: formidabili performance economiche, tenute però sotto chiave da un rigidissimo regime dittatoriale. «Beninteso: il popolo cinese ha dimostrato capacità eccezionali e ha saputo stupire il mondo, in pochi anni, con le sue grandiose realizzazioni. Ma non dimentichiamoci mai – aggiunge Magaldi – che al sistema-Cina è stato deliberatamente permesso di fare concorrenza sleale all’Occidente, vendendo prodotti a basso costo grazie a regole truccate». E’ storia: nel duemila, la Cina è stata accolta nel Wto senza pretendere che si dotasse di una governance più democratica. Nessuna tutela per i lavoratori, nessuna legge per frenare le emissioni inquinanti e proteggere l’ambiente. Risultato, un dumping commerciale irresistibile, peraltro ben congegnato dagli stessi “apprendisti stregoni” occidentali che delocalizzarono volentieri l’industria, dopo aver trasferito ai cinesi anche il know-how tecnologico, per fare del gigante asiatico la manifattura del mondo.
Conseguenza aritmetica: il crollo del lavoro in Europa e in America, e la finanziarizzazione dell’economia, finita sotto il controllo di pochissime mani. Tradotto: si scrive Cina, ma si legge “oligarchia planetaria globalizzata”. Tutto liscio, per anni, fino allo storico incidente delle presidenziali 2016. Tutti davano per scontata la vittoria della “democratica” Hillary Clinton, di fronte all’impresentabile Donald. «E invece ci sarà una sorpresa», vaticinò Magaldi, con largo anticipo: «Con un’operazione spregiudicata, la massoneria progressista ha scelto di appoggiare Trump per mettere fine all’ipocrisia finto-progressista dei “dem” statunitensi, che hanno avallato la peggior globalizzazione finanziaria, contro i diritti dei lavoratori». La risposta arrivò nella notte dell’election-day: all’alba, ora italiana, si vide che avevano scelto Trump proprio gli operai della “rust belt”, la cintura industriale del MidWest abbandonata al suo destino, anche durante il lungo regno di Obama, e tradita dalle delocalizzazioni. “America First”, dunque: l’impossibile si era materializzato con la millimetrica precisione prevista da Magaldi.
Ecco perché, poi, The Donald ha eseguito i compiti: ha tagliato le tasse (come sarebbe piaciuto a Reagan) ma al tempo stesso ha espanso clamorosamente il deficit (come avrebbero consigliato Keynes e Roosevelt), centrando il traguardo – impensabile, per Obama – della piena occupazione. Mossa finale, lo stop mercantile imposto a Pechino: fine delle esportazioni a tasso zero. «Fate caso», osserva Magaldi: «Il coronavirus è esploso a Wuhan un minuto dopo la cocente umiliazione inferta a Xi Jinping». Il resto è cronaca: la Cina che lascia esplodere il problema (arrestando i medici che lo denunciano) e poi chiude in gabbia gli abitanti, con la benedizione dell’Oms – che se c’era dormiva, nei paraggi del laboratorio dove, secondo Premi Nobel come Jean-Luc Montagnier, probabilmente si stava “pasticciando”, magari con le migliori intenzioni (il miraggio di un vaccino anti-Aids), attorno alla struttura Rna dei coronavirus, manipolandoli con innesti di virus Hiv.
«Su quanto accaduto davvero a Wuhan farò nomi e cognomi nel libro che uscirà a novembre», anticipa Magaldi, che intanto osserva l’evoluzione del disastro planetario: un virus a bassa pericolosità trasformato in arma letale dal “terrorismo sanitario” che ha imposto il lockdown, vietato le autopsie, scoraggiato le cure ed emarginato i medici capaci di smontare la minaccia, cioè in grado di ridurre il Covid a malattia perfettamente curabile. Raggiunto il primo grande obiettivo – colpire la corazzata Trump – nel mirino c’era l’Italia, ventre molle d’Europa grazie all’inconsistenza della sua classe politica, maggioranza e opposizione. Di fatto, attraverso l’Oms, gli oligarchi hanno commissariato il debolissimo governo Conte, inducendolo a terrorizzare gli italiani e a massacrare la già pericolante economia nazionale. Ora siamo alle comiche finali: “Giuseppi” rimedia ceffoni, a Bruxelles, ma tenta di vendere come un grande successo l’inaudito strozzinaggio del Recovery Fund: pochissimi soldi e fuori tempo massimo, da restituire con gli interessi in moneta e in solido, cioè tagliando quel poco di Italia che resta agli italiani (salari, pensioni, sanità, servizi pubblici e aziende di Stato).
Il convitato di pietra di questa estate 2020 si chiama Mario Draghi. Praticamente in contemporanea con l’uscita mondiale del “fratello” Dylan, l’ex presidente della Bce ha esposto il suo Piano-B sul “Financial Times”: fine del rigore e dei prestiti usurai destinati agli Stati. Dottrina keynesiana: inondare l’economia di miliardi a fondo perduto, “come in guerra”, o è la fine. Mezza Europa – dalla Merkel a Macron, incluso il fido Mark Rutte – trema, all’idea che Draghi finisca a Palazzo Chigi al posto dell’innocuo Conte. Anche se molti italiani faticano a capacitarsene, il risveglio dell’Italia fa paura: potrebbe voler dire il crollo del Muro di Bruxelles, contro cui si batte – non da oggi – un outsider di lusso come Gianluigi Paragone, ora in campo con il suo progetto “Italexit”. «A Paragone – dice Magaldi – riconosco una coerenza di fondo, nonché il merito di aver portato in televisione un ospite “difficile” come Paolo Barnard, promotore italiano della Mmt». La Modern Money Theory è la forma più estrema di economia keynesiana: spesa pubblica virtualmente illimitata, a costo zero, per rianimare l’economia. «Non a caso, lo stesso Draghi – prima ancora di lasciare la Bce – evocò proprio la Mmt come possibile soluzione: era il segnale che la massoneria progressista gli aveva espressamente richiesto, per certificare pubblicamente il suo storico divorzio dalla massoneria “neoaristocratica” e reazionaria che ha costruito l’attuale governance europea».
Magaldi concorda con Paragone su un altro punto: «Questa Unione Europea è davvero irriformabile: là dentro non c’è proprio niente da salvare». Solo che – qui sta la divergenza fondamentale – è semplicemente illusoria l’uscita di sicurezza prospettata da Paragone: «Non è certo agitando l’Italexit che si può sperare di uscire dal tunnel», dice Magaldi. «Spesso, la posizione No-Euro è manipolata, a insaputa dei suoi stessi sostenitori: in fondo, col loro velleitarismo, gli anti-europeisti sono gli avversari più comodi, per l’establishment». Quello che invece è inaccettabile, per Magaldi, è che si liquidi Paragone quasi fosse un eretico, uno squilibrato: come se la sua non fosse una posizione politica perfettamente legittima. «Paragone ha tutto il diritto di esprimersi in quei termini: semplicemente, credo che l’Italexit non sia praticabile». Magaldi inoltre è fermamente europeista: «La verità è che serve una radicale rigenerazione. Voglio un’Europa unita, come quella sognata da Garibaldi e Mazzini, da Victor Hugo, da Altiero Spinelli». Intendiamoci: «L’Europa unita non l’abbiamo ancora vista, non è mai nata: e a “scomunicare” Paragone sono proprio i finti europeisti, che ancora una volta – con la farsa del Recovery Fund – hanno dimostrato di essere ultra-sovranisti e ultra-nazionalisti».
Magaldi invita a chiudere gli occhi, per un attimo: in che mondo vivremmo, se i paesi europei – anziché farsi le scarpe l’un altro, rifilando bidoni all’Italia – si mettessero a collaborare davvero? Avremmo un’economia sana e sorretta dagli eurobond, un sistema fiscale equo (senza più l’inaudita concorrenza sleale di Stati-canaglia come l’Olanda) e un ben diverso peso geopolitico, a metà strada tra Cina e Usa, Russia e Mediterraneo, Africa e Medio Oriente. Sogni? Lo sono – sempre – anche quelli di chi progetta le peggiori contorsioni geo-strategiche, fino all’incubo orwelliano innescato da un virus molto contagioso ma scarsamente pericoloso, se paragonato all’Hiv o all’Ebola. Sogni che si trasformano in progetti, eventualmente anche criminali. Perché allora non contrapporli a elaborazioni di segno opposto? Sta già succedendo, assicura Magaldi: il potere massonico mondiale (che secondo l’autore di “Massoni” è la sede principale delle grandi decisioni) è oggi spaccato in due: da una parte gli oligarchi – che usarono la Cina come cavallo di Troia, verso un Occidente post-democratico – e dall’altra i progressisti, decisi a dare battaglia su tutti i fronti, dagli Usa all’Europa, cominciando proprio dall’Italia.
La mossa decisiva – Draghi a Palazzo Chigi, al posto dell’increscioso Conte – sarebbe l’atto d’inizio dello storico Piano-B, destinato a smontare il teorema del rigore neoliberista che, nel suo estremo cinismo, è arrivato a impugnare persino il coronavirus come arma di distruzione di massa, perlomeno economica e sociale, instaurando la “polizia sanitaria” che ha confiscato diritti e libertà, in nome della sicurezza, a fronte di una minaccia largamente sopravvalutata. Quanto manca, all’appuntamento con Draghi? «Dipende anche da Mattarella: vedremo se il presidente oserà seguire il suo patrono», dice Magaldi, che spiega: «Mattarella è un servizievole paramassone, e sa benissimo che deve il suo posto al Qurinale proprio a Draghi: fu l’allora presidente della Bce a indurre Renzi a sistemarlo alla presidenza della Repubblica». In altre parole, la partita è in corso e le variabili sono tante: molto dipenderà proprio dai sussulti sociali che si annunciano per l’autunno. «Al di là delle ciance di Conte, la realtà è ormai sotto gli occhi di tutti: negozi chiusi, aziende in agonia e famiglie allo stremo, cassa integrazione che non arriva». Soldi europei? Solo tra un anno, a patto che l’Italia si impegni a svendere quel che le resta. «Quanto pensate che potrà ancora durare, questa calma apparente?».
Stiamo vivendo un momento storico che sembra senza precedenti: di fronte a milioni di persone ancora in letargo, che si attardano a tifare per i piccoli leader in campo, c’è una popolazione (per ora silenziosa) che sta finalmente aprendo gli occhi. Quando calerà il sipario sul teatro dei pupi, si capirà che è semplicemente impossibile che un virus come il Corona possa devastare il mondo in questo modo, senza un’oculatissima regia – centralizzata, a livello mondiale, e declinata sul piano nazionale dai figuranti della politica, marcati a uomo da tecnici comparsi dal nulla, all’improvviso, a trasformare l’allarme in catastrofe. Ci sono frangenti, nella storia, che sembrano dividere l’umanità: da una parte i dormienti, dall’altra i progressivamente consapevoli. Quelli come Magaldi esprimono una dolente fiducia: molti addormentati si sveglieranno bruscamente, buttati giù dal letto dalla crisi economica più impensabile. E un giorno, se tutto dovesse procedere per il meglio, si scoprirà che tra il coronavirus e l’austerity europea, così come tra una certa America e la Cina, ci sono connessioni verminose e indicibili, criminali, incarnate da oligarchi spietati che non esitano a sacrificare milioni di persone, rovinando la vita di tutti, pur di tenere in piedi un potere ostile e fraudolento, fondato sulla menzogna. Un potere che oggi esprime tutto l’inferno di cui è capace, forse perché sente che sta per essere sconfitto.
(Giorgio Cattaneo, “Dylan, Draghi e l’inferno chiamato Covid, Gioele Magaldi: presto avrete la verità”, dalla pagina Facebook di Cattaneo, 28 luglio 2020).
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