A 42 anni dalla strage di Ustica siamo arrivati al paradosso.
Da un lato la verità, finalmente, può essere più vicina, perché a quanto pare sono stati una buona volta 'desecretati' tutti i documenti francesi e americani ottenuti dopo estenuanti rogatorie internazionali. Documenti – se integrali e autentici, ma soprattutto non taroccati – che provano quanto è successo nei cieli e nei mari di Ustica: cosa cioè ha causato l'esplosione del DC 9 Itaviaprovocando la morte di 81 passeggeri.
Ma c'è un secondo, clamoroso fronte che si sta aprendo.
Una fantomatica 'Associazione per la Verità sul Disastro di Ustica', promossa dall'ex Dc Carlo Giovanardi e dall'ex generale Leonardo Tricarico, ha appena presentato un esposto alla Procura di Bologna chiedendo che venga aperta una nuova inchiesta. E hanno presentato un dossier che riprende la vecchia (e depistante) pista della 'bomba' a bordo dell'Itavia e di due misteriose piste che portano al 'terrorismo'.
Come mai salta fuori proprio adesso questo 'esposto' che rischia di gettar molto fumo in un contesto in cui finalmente pare si possa arrivare a delle conclusioni, cioè alla procura di Roma dove si trova il fascicolo processuale aperto da quasi 15 anni, cioè dal 2008?
ABBIAMO LE CARTE! ESULTA DARIA BONFIETTI
Non ha dubbi Daria Bonfietti, la storica presidente della altrettanto storica 'Associazione dei familiari delle vittime di Ustica', che adesso vede spuntare questa fantomatica neo sigla per la Verità su Ustica: "L'iniziativa di presentare un nuovo esposto a Bologna – spara forte Bonfietti – è una autentica provocazione, una chiara manovra di depistaggio, e contiene una serie di menzogne, a cominciare dalla bomba a bordo, una storia trita e ritrita che ha fatto perdere anni ed è servita solo a sviare le indagini".
Dà nuove notizie, Bonfietti, sui possibili scenari che invece si prospettano a livello romano. Dove sono finalmente in arrivo – con non pochi anni di ritardo… – i documenti fino ad oggi super segreti e relativi alle movimentazioni di navi e aerei quella notte maledetta ad Ustica. Le rogatorie, infatti, a quanto pare sono andate a buon fine.
E' chiara, Bonfietti, e non ha peli sulla lingua: "La desecretazione dei documenti è stata completata. Adesso si può affermare che non vi sono più carte segrete su Ustica, tutto è stato depositato secondo le direttive date e così si possono spazzar via tutte le falsità, gli evidenti depistaggi, le false piste con le quali si è voluto nascondere agli occhi dell'opinione pubblica la verità sulla strage, imbastendo continue campagne di pura disinformazione".
E in questa campagna di fake news e depistaggi Daria Bonfietti include a pieno titolo l'iniziativa della fantomatica 'Associazione per la Verità' che vede a bordo, tra i suoi personaggi eccellenti, addirittura il generale Leonardo Tricarico. Il quale s'è appena visto pubblicare dall'ospitale 'Huffington Post' un intervento nel quale illustra il motivo per il quale è stato presentato a Bologna questo esposto e ne dettaglia i contenuti: solo fintamente 'esplosivi', perché come già detto l'ipotesi bomba è stata esaminata più volte e più volte scartata. Mentre sul versante delle piste che portano al terrorismo, la neo Associazione ha poche idee ma molto confuse.
I TRACCIATI RADAR: AUTENTICI O TAROCCATI?
Perché sono fondamentali i documenti arrivati (o in arrivo?) dalla Francia e dagli Stati Uniti alla procura di Roma? Perché in essi 'dovrebbero' essere contenuti tutti i tracciati radar che le forze armate e l'intelligence dei due paesi hanno custodito per anni e non hanno mai voluto consegnare, secretandoli nel mondo più totale.
Adesso 'il muro di gomma', a quanto pare, si è ammorbidito, almeno, o mostra delle crepe.
E a questo punto si possono avanzare le ipotesi più diverse. Lo scenario geopolitico è forse cambiato a tal punto da consentire una maggiore 'trasparenza'? Anche per via del conflitto in Ucraina che ha, sulla carta, compattato l'Occidente, il quale teme quindi in misura minore i contraccolpi che possono derivare da verità anche dure da digerire?
L'altra ipotesi, meno allegra, è che venga inviata solo una parte di tutta la documentazione, quella più 'presentabile', quella meno 'pericolosa'. Le carte, quindi, sarebbero state adeguatamente selezionate, per dar vita ad un invio 'parziale': una sorta di fumo negli occhi tanto per rispondere alla rogatoria e dare una sorta di contentino all'Italia che, val la pena di ricordarlo, è sempre più genuflessa davanti ai diktat in arrivo quotidiano dalla Casa Bianca griffata Joe Biden e si trova in una posizione subalterna rispetto alla Francia di Emmanuel Macron, che comunque nel caso Ucraina ha certo maggior voce in capitolo rispetto a quella, flebile e marginale, del nostro premier Mario Draghi.
Ricordiamo, per sommi capi, alcune fasi della tragedia di Ustica e quanto laVoce ha scritto, nelle sue inchieste, a partire dalla fine degli anni '80, inizio '90.
Ecco gli snodi fondamentali.
E NEL 1991 LA VOCE SCRIVEVA DELLA 'CLEMENCEAU'
Il primo è rappresentato da un'intervista rilasciata alla 'Voce' nel 1991 da un esponente del PSI di peso, Franco Piro, sottosegretario agli Esteri a quell'epoca.
"Il nostro Dc9 Itavia con gli 81 passeggeri a bordo venne colpito, quella tragica notte, da un missile lanciato da una portaerei francese che si trovava nelle acque di Ustica", dichiarò. Non fu vago, Piro, perché fece addirittura il nome di quella corazzata, vanto della marina francese: la Clemenceau.
Per anni e anni la magistratura italiana non batterà mai quella pista. E se qualche inquirente, caso mai, ha intenzione di chiedere qualcosa ai francesi, si troverà di fronte un muro di gomma, un regolare NO in risposta alle nostre rogatorie per ottenere quei documenti. E, comunque, la ragion di Stato, i famosi equilibri geopolitici non consentivano più di tanto: i manovratori, nel caso specifico la Francia, e in via subordinata gli Stati Uniti che erano ovviamente a conoscenza dei fatti, di certo concordati con i vertici transalpini, non andavano disturbati. Soprattutto con sciocche rogatorie che potevano risultare molto 'pericolose'.
Meglio, quindi, lasciar perdere.
Ma chi sarà mai a disseppellire, improvvisamente, quella pista mai battuta? Nientemeno che l'ex capo dello Stato Francesco Cossiga, il 'Picconatore' in vena di esternazioni. Il quale, pochi mesi prima di morire, nel 2007, rilascia una clamorosa intervista, ovviamente oscurata dai media di casa nostra. Afferma Cossiga: "Il nostro DC9 Itavia venne colpito da un missile francese lanciato da una portaerei. Forse la Clemenceau o forse un'altra, non ricordo bene".
La sua versione combaciava perfettamente con quella di Franco Piro, fin nei minimi dettagli.
Se da noi i media sono, al solito, cloroformizzati, più desti – e indipendenti – si mostrano quelli dei cugini francesi, che pur sono
pienamente coinvolti nella tragedia. Un lungo docufilm di 'Canal Plus' del 2008, infatti, parte delle parole di Cossiga ed effettua una dettagliata ricognizione, segnalando tutti i depistaggi intervenuti nel corso degli anni.
Ma anche quel docufilm del più che autorevole 'Canal Plus' riesce a fare un po' rumore in Francia. Ma ha pochissima eco in Italia, dove tutto, al solito, finisce sotto il tappeto o sotto la naftalina.
Eppure, la Procura di Roma, proprio nel 2008, riapre l'inchiesta che, come ricorda Daria Bonfietti, non si è mai chiusa. E che ora fa segnare l'impennata per via della 'desecretazione' dei famosi documenti fino ad oggi top secret.
A fine anni '90 la 'Voce' realizzò un'altra cover story, basata su memoriale di uno 007 che aveva deciso di vuotare il sacco e s'era rifugiato in una località segreta svizzera.
Si chiamava Alessandro Vanno, aveva ricoperto un ruolo non da poco all'interno dei Servizi, aveva subito dei grossi torti e per questo aveva deciso di raccontare la sua versione dei fatti. Versione che collimava molto con quella fornita da Piro.
E anche in quel caso la tecnica del 'Muro di Gomma' ha funzionato perfettamente.
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