E’ scomparso uno dei più grandi reporter dell’ultima generazione, Robert Fisk, corrispondente sui più bollenti fronti di guerra, una firma che ha segnato un’epoca.
Aveva 74 anni ed è stato per anni corrispondente di The Independent dal Medio Oriente, a partire dal 1989, arrivando da una testata altrettanto autorevole, The Times.
Nato nel Kent, in Inghilterra, è morto a Dublino: aveva infatti preso la cittadinanza irlandese.
Studi alla Lancaster University, ha iniziato la sua carriera al Sunday Express.
Ha vinto numerosi premi per i suoi imperdibili reportage, tra cui l’Amnesty International e il British Press Awards.
Autore di numerosi libri tra i quali “Pity the Nation Lebanon at War”, e “The Great War for Civilization: The Conquest of the Middle East”.
Di seguito potete leggere una tra le più indimenticabili inchieste, quella sul massacro di Sabra e Chatila, dove migliaia di palestinesi vennero massacrati dalle truppe israeliane di Ariel Sharon.
Ecco il testo firmato da Robert Fisk.
“Ce lo dissero le mosche”
di Robert Fisk
“Furono le mosche a farcelo capire. Erano milioni e il loro ronzio era eloquente quasi quanto l’odore. Grosse come mosconi, all’inizio ci coprirono completamente, ignare della differenza tra vivi e morti. Se stavamo fermi a scrivere, si insediavano come un esercito – a legioni – sulla superficie bianca dei nostri taccuini, sulle mani, le braccia, le facce, sempre concentrandosi intorno agli occhi e alla bocca, spostandosi da un corpo all’altro, dai molti morti ai pochi vivi, da cadavere a giornalista, con i corpicini verdi, palpitanti di eccitazione quando trovavano carne fresca sulla quale fermarsi a banchettare.
Se non ci muovevamo abbastanza velocemente, ci pungevano. Perlopiù giravano intorno alle nostre teste in una nuvola grigia, in attesa che assumessimo la generosa immobilità dei morti. Erano servizievoli quelle mosche, costituivano il nostro unico legame fisico con le vittime che ci erano intorno, ricordandoci che c’è vita anche nella morte. Qualcuno ne trae profitto. Le mosche sono imparziali. Per loro non aveva nessuna importanza che quei corpi fossero stati vittime di uno sterminio di massa. Le mosche si sarebbero comportate nello stesso modo con un qualsiasi cadavere non sepolto. Senza dubbio, doveva essere stato così anche nei caldi pomeriggi durante la Peste nera.