20 dicembre 2019
Rete Voltaire: I principali titoli della settimana ven 20 dic 2019
La vaccinazione obbligatoria non è la soluzione per il morbillo in Europa
L’ondata di obbligo vaccinale che registriamo in Europa non serve a prevenire i focolai di morbillo e crea un vulnus democratico alla libertà delle persone. La maggior parte dei dubbiosi non sono estremisti, bensì genitori prudenti che hanno bisogno di un confronto professionale e trasparente e di servizi vaccinali facilmente accessibili.
Di Vageesh Jain, 15 novembre 2019
I casi di morbillo globalmente nei primi sei mesi del 2019 hanno raggiunto i livelli più alti dal 2006. Mentre i paesi di tutto il mondo lottano per contenere i focolai, le politiche governative in materia di vaccinazioni sono state messe sotto accusa. La Germania è stata l’ultima a cedere alla pressione.
Data la libera circolazione dei cittadini tra i paesi dell’UE, una politica coerente in materia di sanità pubblica è particolarmente importante. Ad esempio, nel primo trimestre del 2019 nel Regno Unito si sono verificati oltre 230 casi di morbillo, la maggior parte dei quali collegati a viaggi in Europa.
Anche se i casi di morbillo sono ai massimi storici, nella regione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) i bambini che vengono vaccinati non sono mai stati così tanti. Gli incrementi dei tassi di vaccinazione vengono messi in ombra da piccoli gruppi di persone vulnerabili, che continuano ad agire da serbatoio per la malattia. Nessun paese dell’UE può sperare di controllare adeguatamente il morbillo senza un successo diffuso all’intera regione. Quindi la domanda è: la vaccinazione obbligatoria è la chiave del successo?
Nove paesi europei su 30 hanno la vaccinazione obbligatoria per il morbillo, che prevede due dosi, una nei primi due anni di vita (MCV 1) e una più tardi nell’infanzia (MCV 2). Non vi è alcuna differenza evidente nella copertura vaccinale tra i paesi con vaccinazione obbligatoria rispetto a quelli senza vaccinazione obbligatoria.
Diffusione del vaccino contro il morbillo nei paesi UE/UEA (2018) ECDC, OMS
Anche guardando al numero di casi di morbillo nei bambini per paese, non vi è alcuna differenza consistente: alcuni paesi che hanno la vaccinazione obbligatoria, come Bulgaria e Slovacchia, hanno tassi di morbillo molto elevati.
Numero di casi di morbillo ogni 100.000 bambini nei paesi dell’UE/SEE. ECDC, Banca Mondiale
La vaccinazione obbligatoria è antidemocratica
Il problema più evidente con la vaccinazione obbligatoria è che incide sui diritti delle persone, un aspetto fondamentale nella democrazia liberale. Fu proprio la percezione diffusa che i ricchi avessero imposto la loro volontà a scapito dell’autonomia individuale a portare alla fine della vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo in Inghilterra nel 1946.
Tuttavia, c’è chi potrebbe sostenere che è compito del governo adottare misure rigide nell’interesse della salute pubblica. Le differenze negli approcci dei paesi dell’UE riflettono quindi i diversi sistemi politici e la loro volontà di prevalere sull’autonomia individuale per un maggiore beneficio comune percepito.
Un indice democratico dell’Economist Intelligence Unit, basato su 60 indicatori, tra cui le libertà civili e i diritti umani, mostra che i paesi dell’UE in cui la vaccinazione contro il morbillo è obbligatoria sono tutti classificati come “democrazie imperfette”. Tra i paesi in cui la vaccinazione non è obbligatoria, il 62% è stato classificato come “democrazia completa”.
Paesi UE classificati per Indice di democrazia EIU. Economist Intelligence Unit (EIU)
Considerando tutti gli elementi, è chiaro che i sistemi democratici deboli di alcuni paesi dell’UE consentono l’attuazione dell’obbligo vaccinale, con benefici scarsi o inesistenti per la salute pubblica.
Le alternative
Sulle ragioni dell’esitazione vaccinale sappiamo molto. I genitori che rifiutano il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (MMR) spesso credono che i vaccini siano insicuri e inefficaci e che le malattie che prevengono siano lievi e non comuni. Alcuni non hanno fiducia nei professionisti della salute né nella scienza. Esistono soluzioni a questo riguardo: diversi studi con controllo randomizzati (lo standard aureo della ricerca medica) hanno dimostrato che l’atteggiamento dei genitori può essere cambiato con i giusti programmi di formazione.
È anche importante avere abbastanza centri che effettuino le vaccinazioni. La sanità pubblica sembra essere stata un facile obiettivo per i tagli di bilancio in molti paesi europei. In molti paesi, la maggior parte delle persone scettiche sui vaccini non sono veementi “no-vax”, ma persone che hanno una posizione prudente sulla vaccinazione. Per persone come queste, avere servizi di vaccinazione accessibili e convenienti e una guida professionale di supporto sono fondamentali per una strategia efficace.
Uno studio francese del 2019 ha mostrato che un anno dopo che era stata resa obbligatoria la vaccinazione, la copertura vaccinale per il morbillo è aumentata. Questo dato è però fuorviante. È probabile che rifletta il successo delle diverse azioni derivate da un significativo impegno politico, tra cui il finanziamento dei servizi sanitari pubblici, campagne di sensibilizzazione pubblica e in generale attività di sensibilizzazione, piuttosto che l’effetto della legge sull’obbligo in sé.
Per affrontare il morbillo, la politica dell’UE deve essere coerente, equa ed efficace. Esistono ragioni ben comprese e documentate alla base dei bassi tassi di vaccinazione. È importante che siano affrontate, in particolare nei gruppi sociali difficili da raggiungere, prima di passare a misure drastiche supportate da prove deboli, sotto l’apparenza dell’azione.
Vageesh Jain è medico, attualmente è in formazione per la specializzazione in Salute pubblica a Londra. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni su riviste sottoposte a “peer review” in materia di epidemiologia e politica sanitaria. Nel suo ruolo attuale, lavora sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nel borgo londinese di Hackney e part-time presso l’International Rescue Committee (IRC) sulla gestione delle malattie non trasmissibili in contesti umanitari. Ha una posizione clinica accademica NIHR all’Istituto per la Salute Globale presso l’UCL.
19 dicembre 2019
18 dicembre 2019
GLIFOSATO KILLER / CLASS ACTION IN CANADA CONTRO BAYER-MONSANTO
Class action in Canada anti glifosato killer.
E’ la prima azione del genere compiuta fino ad oggi in tutto il mondo contro il Roundup, l’erbicida prodotto dal colosso Bayer-Monsanto, quest’ultima proprio canadese.
Già negli Stati Uniti sono ogni giorno centinaia le cause intentate soprattutto dagli agricoltori, prime vittime per l’uso del prodotto ma anche da tanti cittadini costretti a nutrirsi con frutte e ortaggi coltivati a botte di glifosato. Un anno fa si sono segnalate tre cause di risarcimento milionarie, ma adesso a quanto pare i ricorsi si contano a decine di migliaia.
La notizia della class action canadese è stata data dalla CBS,che ha fornito una serie di dettagli. Sono una sessantina i denuncianti – un numero destinato di tutta evidenza a crescere – i quali chiedono un risarcimento danni da 500 milioni di dollari.
Lo studio legale che patrocina i danneggiati è molto agguerrito sul fronte delle class action, negli States famose per le incredibili vittorie contro i colossi dell’auto già una ventina d’anni fa. Si tratta dello studio Diamond e Diamond, il cui responsabile del contenzioso commerciale e civile contro Bayer-Monsanto, Darryl Singer, così dice davanti ai microfoni di Cbs: “Se non ci sono queste cause legali che costringono aziende come la Monsantoa sborsare ingenti somme, le aziende non hanno alcun incentivo a cambiare il modo di produrre”.
Gli aderenti all’azione, infatti, hanno dichiarato che non cercano solo una compensazione economica per quanto subito, ma anche una “modifica di comportamento” da parte delle aziende dell’agrofarma in modo che simili effetti sulla salute umana non accadano più in futuro.
Da rammentare che, dopo una lunga trattativa, un anno e mezzo fa è andata in porto l’incorporazione della corazzata Monsanto in una corazzata ancor più potente, Bayer.Un’operazione d 65 miliardi di dollari. Not nuts.16 dicembre 2019
GILET GIALLI / UN MOVIMENTO VIVO E CONDIVISO
Non se ne parla più, almeno in Italia, e quindi non esistono. Il solito sistema disinformativo che detta legge nel nostro sgarrupato Paese.
Si tratta dei gilet gialli, che oggi celebrano il loro primo anno di lotta, infatti il primo sabato è stato quello del 17 novembre 2018.
Da noi vengono del tutto ignorati. Mentre invece un fresco sondaggio francese pubblicato su “Le Figarò” documenta esattamente il contrario.
L’indagine statistica è stata elaborata da Odoxa-Dentsu Consulting, un istituto di ricerche transalpine, che ha intervistato una consistente fetta di cittadini parigini e non solo.
Sorprendenti – visto appunto il clima di ignoranza che regna da noi – l’esito dell’indagine.
Ecco cifre e statistiche, come viene dettagliato in una news francese.
“Ad un anno dalla nascita del movimento, i gilet gialli godono ancora del sostegno di 2 francesi su 3. Per il 69 per cento degli intervistati il movimento è stato ‘abbastanza o molto giustificato’, mentre solo il 13 per cento dei francesi si dice contrario alle loro azioni ‘per niente giustificate’. Il 58 per cento degli intervistati – prosegue la nota diramata da Odoxa – valuta positivamente i risultati ottenuti dai manifestanti. Una percentuale che cresce di qualche punto tra i cittadini con un livello di studi inferiore: il 63 per cento considera ‘una buona cosa’ la battaglia portata avanti dai gilet gialli”. Tenendo invece conto del livello retributivo – commenta le Figarò – “il sondaggio conferma che per il 67 per cento con uno stipendio inferiore a 1.500 euro mensili le ripercussioni sono state buone per loro, contro il 38 per cento di quanti guadagnano più di 3.500 euro. Al contempo il 64 per cento dei francesi considera che il presidente Emmanuel Macròn e il governo non hanno sufficientemente tenuto conto delle rivendicazioni avanzate dal movimento”.
Cifre da buttare nei cassetti?
13 dicembre 2019
GIALLO PANTANI / ARRESTATA LA “DAMA NERA” RUSSA
Arrestata a Riccione, ubriaca fradicia all’uscita di un bar, Elena Korovina, la “dama nera” nel giallo dell’omicidio di Marco Pantani.
Ha afferrato una spranga di ferro per aggredire due carabinieri che l’hanno portato subito in caserma, dove ha trascorso la notte, per poi essere rimandata a casa e denunciata a piede libero.
E’ la donna dei misteri, un tempo fascinosa escort di lusso, ora irriconoscibile, svisata e imbolsita per l’uso di droghe e alcol.
Quelle droghe che lei conosceva bene, quando faceva da tramite con i pusher per la coca.
Un giallo che resta tutto in piedi nonostante la sentenza di archiviazione pronunciata dalla Cassazione sulla tragica fine di Marco nel residence Le Rose di Rimini, esattamente 15 anni fa, il giorno di San Valentino del 2004. Perché – secondo gli alti ermellini – si trattò di suicidio.
Nonostante la gigantesca mole di prove e testimonianze, prima la procura di Perugia ha archiviato, poi il caso è stato definitivamente sepolto sotto una montagna di anomalie, ben 100 quelle illustrate in una ponderosa memoria dal legale della famiglia Pantani Antonio De Rensis: dalla dinamica dei fatti, i segni di colluttazione e trascinamento del corpo, la devastazione di mobili e oggetti, la presenza di indumenti non appartenenti a Marco, chiari segni di violenza, coazione fino all’ingestione coatta di una pallina di coca, causa del decesso.
La stessa posizione dell’escort russa, finita sotto processo, è stata archiviata. Chissenefrega se conosceva i pusher, e chissenefrega degli stessi pusher, oggi liberi come fringuelli. E chissenefrega dei legami dei pusher con la camorra.
E ancora. Chissenefrega se il famigerato Giro d’Italia del 1999 venne taroccato dagli uomini dei clan, così come è emerso in tutta la sua evidenza nel corso di un’inchiesta sempre portata avanti (avanti?) dalla procura di Forlì. Anche in questo caso un’archiviazione, nonostante un’altra gigantesca mole di prove, verbalizzazioni perfino di camorristi i quali confermavano (anche se ‘de relato’) come quel Giro fosse stato comprato e falsato. Tanto da “convincere” (con i metodi che la camorra usa) medici dell’equipe del Giro a taroccare le provette con il sangue di Marco.
Un residuo di inchiesta – sul Giro fasullo – c’è ancora alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, nelle mani del pm Antonella Serio. L’avvocato De Renzis, infatti, chiese tre anni e mezzo fa la riapertura del caso: ma in questo lungo lasso di tempo non c’è stata alcuna notizia, solo un silenzio altrettanto tombale.
www.lavocedellevoci.it
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11 dicembre 2019
In Siria io ci sono stato: ecco cosa ho visto – Sebastiano Caputo
Che la situazione in Medio Oriente sia complessa si sa.
Ma siamo davvero certi che la narrazione mainstream ci stia restituendo la verità dei fatti?
Cosa sta succedendo realmente in Siria?
Ce lo racconta Sebastiano Caputo, giornalista, fotoreporter e fondatore del blog “L’intellettuale dissidente” presentando al pubblico di Byoblu il suo ultimo libro “MEZZALUNA SCIITA – dalla lotta al terrorismo alla difesa dei cristiani d’Oriente“.
A soli 23 anni Caputo inizia i suoi viaggi nei territori arabi, si informa, osserva quel mondo attraverso la lente della sua macchina fotografica, ascolta con le proprie orecchie e scrive una sorta di appunti di viaggio. Gradualmente le idee di partenza e i pre-giudizi costruiti dai media tradizionali si sgretolano nella sua mente lasciando spazio a una nuova visione della realtà, quella che ha vissuto sul campo, sulla propria pelle.
Questa è la sua testimonianza.
Photo Sebastiano Caputo – Libano: Beirut / Iraq: Najaj e Karbala
Photo courtesy Giorgio Bianchi – Siria
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