04 settembre 2019
Mario Rossi Network Daily is out! Edition of 04 September 2019
Ecco che cosa la Russia stava veramente testando al momento dell’esplosione radioattiva dell’8 agosto
Il modo in cui i principali organi di informazione hanno riportato l’incidente occorso l’8 agosto in una struttura top-secret per test missilistici nella Russia settentrionale dovrebbe fare da monito sui pericoli insiti nei giudizi frettolosi viziati da pregiudizi istituzionali.
Nei giorni successivi al rapporto iniziale dell’incidente, i media erano letteralmente esplosi con speculazioni sia sulla natura del dispositivo testato al Centro Prove Navali dello stato di Nenoksa, sia sulla risposta silente da parte del governo russo. Tipica di questa isteria è stata l’analisi di Jeffrey Lewis, direttore del Programma di non Proliferazione dell’Asia orientale per il James Martin Center for Nonproliferation Studies ed editore del blog “Arms Control Wonk.”
Lewis e i suoi collaboratori avevano scritto per Foreign Policy un articolo mozzafiato, dove si chiedevano: “Che cosa è realmente accaduto?” Secondo Lewis, la risposta era chiara: “Il riferimento alle radiazioni è eclatante: i test sui motori missilistici non comportano radiazioni. Beh, c’è un’eccezione: l’anno scorso la Russia aveva annunciato di aver testato un missile da crociera alimentato da un reattore nucleare. La denominazione di questo missile è Burevestnik 9M730. La NATO lo chiama SSC-X-9 Skyfall.”
Alla valutazione di Lewis si era accodato il presidente Trump, che aveva twittato: “Gli Stati Uniti stanno imparando molto dall’esplosione dell’incidente missilistico in Russia … L’esplosione dello “Skyfall” russo ha preoccupato la gente per la qualità dell’aria intorno alla struttura e ben oltre. Non va bene!” Il tweet di Trump sembrava conforme alle valutazioni della comunità dell’intelligence, che, secondo il New York Times, aveva anch’essa attribuito l’incidente ad un test fallito del missile Skyfall.
L’ex analista per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Obama, Samantha Vinograd aveva twittato: “Forse il peggior incidente nucleare nella regione dopo Chernobyl + forse un nuovo tipo di missile russo = questo è un grosso problema.”
Il comitato editoriale del Washington Post aveva fatto eco alla Vinograd, invocando lo spettro di Chernobyl: “Se questo lento sgocciolio di notizie vi sembra familiare, avete ragione, è lo stesso sfoggio di disinformazione che si era verificato durante il disastro nucleare di Chernobyl, nel 1986.”
Hanno tutti torto. Ecco la vera storia di ciò che è realmente accaduto a Nenoksa.
I missili balistici a combustibile liquido sono delle brutte bestie. La maggior parte dei missili russi alimentati a liquido usa carburanti ipergolici, costituiti da un carburante (nella maggior parte dei casi dimetilidrazina asimmetrica o eptile) ed un ossidante (azoto tetraossido), che, se combinati, bruciano spontaneamente. Affinché ciò avvenga in modo efficiente, il combustibile e l’ossidante devono essere mantenuti a “temperatura ambiente,” generalmente circa 70 gradi Fahrenheit [21 °C]. Per i missili immagazzinati nei silos di lancio o nei contenitori di lancio a bordo di sottomarini, il controllo della temperatura è regolato da sistemi alimentati dalla struttura di supporto: da un generatore, se in un silo, o dal sistema di propulsione dello stesso sottomarino, se in un contenitore di lancio.
Allo stesso modo, le numerose valvole, interruttori e tutti gli altri componenti fondamentali per il buon funzionamento di un missile balistico a combustibile liquido, compresa l’elettronica di bordo e i sistemi di guida e di controllo, devono essere mantenuti in equilibrio, o in stato stazionario, fino al momento del lancio. L’energia elettrica necessaria per raggiungere questa condizione non è considerevole, ma deve essere costante. La mancanza di energia elettrica interromperà l’equilibrio del sistema missilistico, influendo negativamente sulla sua risposta ai transienti al momento del lancio e provocando malfunzionamenti.
La Russia sta da tempo sviluppando le cosiddette armi “autonome,” in grado di essere disaccoppiate dai dispositivi di lancio convenzionali (silos missilistico o sottomarino), ma che possono invece essere installate in contenitori che le proteggono dall’ambiente. Lo scopo è quello di dislocarle sul fondo degli oceani, in attesa di essere attivate da remoto. Uno dei maggiori ostacoli che i Russi devono affrontare è la necessità di mantenere l’equilibrio del sistema, comprese le apparecchiature di bordo per le comunicazioni, per tutto il tempo necessario prima dell’attivazione. La produzione di energia elettrica per questi tipi di sistema deve essere costante, affidabile e in grado di funzionare per lunghi periodi di tempo, senza la prospettiva di rifornimenti di carburante.
La soluzione a questo problema di produzione elettrica si trova nelle cosiddette “batterie nucleari” o generatori termoelettrici a radioisotopi (RTG). Un RTG genera elettricità utilizzando termocoppie che convertono il calore rilasciato dal decadimento del materiale radioattivo. Gli RTG sono stati a lungo utilizzati a supporto delle attività spaziali. I Russi li usano da molto tempo per fornire energia a strutture remote senza equipaggio nell’Artico e in territori montagnosi. Il Cesio-137, un sottoprodotto della fissione dell’U-235, è considerato un radioisotopo ideale per le applicazioni militari degli RTG.
L’8 agosto, un team congiunto del Ministero della Difesa e dell’Istituto Panrusso di Ricerca Fisica Sperimentale, subordinato all’Azienda Statale per l’Energia Atomica (ROSATOM), aveva condotto un test su un motore a razzo a carburante liquido, dove lo stato di equilibrio veniva mantenuto con l’energia elettrica prodotta da “batterie nucleari” alimentate a Cesio 137. Il test era stato condotto presso il Centro Prove Navali dello stato di Nenoksa (GTsMP), una struttura navale segreta russa, nota come unità militare 09703. Si era svolto nelle acque del Mar Bianco, al largo della costa della struttura di Nenoksa, a bordo di un paio di piattaforme galleggianti.
Questi test andavano avanti da circa un anno. Che cosa era stato esattamente testato [l’8 agosto] e perché, resta un segreto, ma la valutazione era continuata per circa un’ora. Non aveva comportato l’attivazione vera e propria del motore [del missile], ma, verosimilmente, si trattava di un test non distruttivo sulla produzione, tramite l’RTG, di energia elettrica destinata al motore.
Il test potrebbe essere stato un controllo finale del sistema: il vice ministro della difesa russo, Pavel Popov, seguiva gli eventi della base militare di Nenoksa. Nel frattempo, il vice capo del reparto ricerca e sperimentazione presso l’Istituto Panrusso di Ricerca Fisica Sperimentale, Vyasheslav Yanovsky, considerato uno dei più importanti scienziati nucleari russi, monitorava gli eventi a bordo della piattaforma offshore. Insieme a Yanovsky c’erano altri sette specialisti dell’istituto, tra cui Vyacheslav Lipshev, capo del gruppo di ricerca e sviluppo. Insieme a loro vi erano alcuni rappresentanti del Ministero della Difesa e specialisti dell’ufficio di progettazione responsabile del motore a combustibile liquido.
Al termine del test vero e proprio, qualcosa era andato storto. Secondo un marinaio della vicina base navale di Severdvinsk, i carburanti ipergolici contenuti nel motore a combustibile liquido (la loro presenza suggerisce che il controllo della temperatura era una delle funzioni testate) in qualche modo si erano combinati. Questo aveva causato un’esplosione che aveva distrutto il motore, disperdendo in acqua una quantità sconosciuta di combustibile e di ossidante. Almeno uno, e forse più, generatori RTG a Cesio-137 erano esplosi, contaminando sia le attrezzature che il personale.
Quattro uomini, due membri del personale del Ministero della Difesa e due scienziati del ROSATOM, erano morti all’istante. Quelli che si trovavano sulla piattaforma danneggiata erano stati portati alla base di Nenoksa e decontaminati, prima di essere trasferiti in una clinica militare locale specializzata in emergenze legate al nucleare. Qui, i medici, in completo equipaggiamento protettivo, avevano supervisionato il loro trattamento e la decontaminazione aggiuntiva. Tutti sono sopravvissuti.
Tre degli scienziati del ROSATOM erano stati scaraventati dall’esplosione nelle acque del Mar Bianco ed erano stati recuperati solo dopo lunghe ricerche. Questi uomini erano stati trasportati all’ospedale di Arkhangelsk. Né i paramedici che avevano prestato assistenza agli scienziati feriti, né il personale ospedaliero che li aveva presi in carico, erano stati informati che le vittime erano state esposte al Cesio-137, causando così una contaminazione secondaria del personale e della struttura sanitaria.
Il giorno successivo, tutto il personale ferito durante il test era stato trasportato a Mosca per essere curato in una struttura specializzata per l’esposizione a radiazioni; due delle vittime estratte dall’acqua erano morte durante il trasferimento. Anche il personale sanitario coinvolto nel trattamento delle vittime era stato inviato a Mosca per essere sottoposto a controlli, un medico era stato trovato contaminato da Cesio-137.
Il fatto che i test fossero segreti ha fatto sì che il governo russo prendesse precauzioni per controllare le informazioni relative all’incidente. Il Servizio di Sicurezza Federale Russo (FSB) ha sequestrato tutte le cartelle cliniche relative al trattamento delle vittime dell’incidente e ha fatto firmare accordi di non divulgazione ai medici e al personale sanitario.
Il servizio meteorologico russo (Roshydromet) gestisce il cosiddetto sistema di monitoraggio automatico delle radiazioni (ASKRO) nella città di Severdvinsk. ASKRO ha rilevato due “picchi” di radiazioni, uno che riguarda particelle gamma, l’altro particelle beta. Questo è uno schema coerente con le caratteristiche del Cesio-137, che, man mano che decade, rilascia raggi gamma, creando Bario-137m, che, a sua volta, è un generatore di particelle beta. Il rilevamento iniziale era stato riportato sul sito Web di Roshydromet, sebbene sia stato successivamente rimosso.
Squadre specializzate in materiali pericolosi hanno perlustrato la regione intorno a Nenoksa, Archangesk e Severdvinsk, prelevando campioni di aria e ambientali. Tutti questi test si sono rivelati normali, confermando che la contaminazione creata dalla distruzione delle batterie al Cesio-137 era limitata all’area circostante l’incidente. A causa della grande quantità di carburante missilistico riversatosi in mare, sono state imposte speciali restrizioni in materia di pesca e di balneazione nelle acque della regione, almeno fino a quando il carburante non sarà stato reso inoffensivo dalle acque del Mar Bianco. Il danno è stato contenuto e il pericolo è cessato.
La realtà di ciò che è accaduto a Nenoksa è tragica. Sette uomini hanno perso la vita e decine sono rimasti feriti. Ma non c’è stata l’esplosione di un “missile da crociera nucleare” e non è stata la seconda venuta di Chernobyl. La comunità dell’intelligence americana e i cosiddetti esperti hanno sbagliato ancora una volta. La causa principale del loro errore è il loro pregiudizio istituzionale nei confronti della Russia, che li porta a vedere quel paese nella peggiore luce possibile, indipendentemente dai fatti.
In un momento in cui il livello di sfiducia reciproca tra le nostre due nazioni dotate di armi nucleari è ai massimi storici, questo irresponsabile modo di emettere giudizi dovrebbe essere a tutti i costi evitato
Scott Ritter
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