04 luglio 2018
Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 4 lug 2018
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03 luglio 2018
Ma il bavaglio al web sarà la tomba del massone Oettinger
«Buona fortuna, caro fratello "controiniziato" Günther Oettinger. Sappi che ne uscirai con le ossa rotte. Tu, e tutti gli altri come te». Firmato: Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt ed esponente della massoneria progressista sovranazionale. Nel mirino, il commissario europeo tristemente noto per aver avvertito gli italiani che "i mercati" avrebbero insegnato loro come votare, nei giorni in cui lo spread "volava", nel tentativo di non far nascere il governo "gialloverde". «Poi è arrivata "la cavalleria", è lo spread è calato subito», dice Magaldi, alludendo ai potenti fondi d'investimento (sempre di matrice massonica, ma di segno progressista) che hanno calmato le acque. Non paghi della lezione, oggi Oettinger e soci ci riprovano: il piano – avanzato direttamente dal politico tedesco nella commissione affari legali del Parlamento Europeo – prevede di mettere il bavaglio al web, con la scusa della tutela del copyright. "No pasaran", dice Magaldi, che promette battaglia: non solo sta galoppando la petizione online di "Change.org" dopo l'allarme lanciato su "ByoBlu" da Claudio Messora per fare pressione sugli europarlamentari, ma il Movimento Roosevelt chiederà al governo Conte – e al ministro Salvini in particolare – di attivarsi a ogni livello per sventare la minaccia che incombe sulla libertà d'opinione.
Il tentativo di imbavagliare il web da parte dell'Ue, dice Magaldi a "Colors Radio", è un evento gravissimo, «incompatibile con la civiltà democratica nella quale ci viene raccontato che sarebbe radicata l'Europa e anche le sedicenti istituzioni europee, ben lontane dall'essere rappresentative di democrazia sostanziale». Qualcuno, aggiunge Magaldi, ha persino avanzato il sospetto che lo sconcertante Oettinger stia addirittura facendo una sorta di doppio gioco, per arrivare ad auto-sabotare il bavaglio, dato il carattere brutalmente demenziale del provvedimento su cui si pronuncerà il Parlamento Europeo in una data non casuale, il 4 luglio: «E' la ricorrenza dell'Indipendenza americana, cioè «della prima rivoluzione massonica importante nell'era contemporanea». E quindi, un voto come quello proposto da Oettinger «sarebbe uno sberleffo, proprio a quei padri costituenti della contemporaneità massonica che ebbero la meglio sul dispotismo della corona britannica, contestandole il loro trattamento da sudditi anziché da cittadini, rivendicando libertà e democrazia». Günther Oettinger? «E' davvero il denudamento, lo svelamento più atroce dell'anima antidemocratica e liberticida di questa Disunione Europea e dei gruppi massonici neo-aristocratici che l'hanno sin qui guidata».
Il personaggio, continua Magaldi, «è un massone neo-aristocratico, "controiniziato" come pochi». Dopo le elezioni, con il suo cinico "avvertimento" rivolto all'Italia gialloverde, «si è fatto portavoce di una punizione, da parte delle forze neo-aristocratiche e massoniche "controiniziatiche" che volevano bastonare la democrazia italiana per il tramite innanzitutto di Mario Draghi, colpevolmente utilizzatore della Bce per i fini suoi e dei suoi "amici degli amici", naturalmente "fraterni"». In quei giorni, in cui ballava lo spread, secondo Oettinger "i mercati" avrebbero insegnato agli italiani come comportarsi. «Poi, appunto, è arrivata "la cavalleria" massonica di altro segno, e Oettinger e gli altri se la sono andata a prendere in quel posto», dice Magaldi. «Ora i mercati si stanno muovendo senza più tanti clamori; naturalmente ci sono delle analisi da fare, e – quando servirà – reinterverrà "la cavalleria" massonica progressista (rappresentata da fondi importanti, perché non sono soltanto gli altri circuiti a disporre di mezzi e di strumenti decisivi, in questo caso usati per la democrazia, e non contro)». Persa l'Italia, oggi Oettinger si muove per "spegnere" il web, che tanta parte ha avuto nei recenti sviluppi elettorali? E' storia: Internet è stato decisivo nel referendum anti-Renzi e nella Brexit, nella vittoria di Trump e nel successo gialloverde. Ora Oettinger pernsa di fermare la storia togliendo la libertà di parola ai cittadini?
«E' inutile puntare il dito solo su Günther Oettinger, per il quale prevedo una fine ingloriosa: questo signore – dice Magaldi – dovrà andarsene a calci nel sedere, non solo dal suo posto di commissario europeo ma, in generale, dalla scena politica continentale, che ha vergognosamente disonorato con le sue battute irricevibili sull'Italia e sui "mercati" che ne avrebbero dovuto orientare il voto». Questa iniziativa contro il web, poi, è particolarmente odiosa e illiberale. «Chiederemo al governo Conte e al ministro dell'interno Salvini di adoperarsi in modo forte contro questa possibile deriva liberticida», promette Magaldi. Dall'Ue, peraltro, niente di così nuovo: «Su istigazione di Günther Oettinger e di altri antidemocratici come lui, profondamente illiberali fin nel midollo, il Parlamento Europeo vorrebbe mettere il bavaglio al web con un meccanismo ovviamente bizantino, passando attraverso il discorso del copyright: è la solita salsa tecnocratica che mascherare una sostanza antidemocratica». Non funzionerà, avverte Magaldi: «Questa è un'altra buccia di banana, così come le incaute dichiarazioni di Oettinger furono un meraviglioso regalo, un fantastico assist per la reazione popolare di indignazione di tutti i partiti italiani, alla fine, verso quel modo di trattare il popolo italiano». Questa mossa, altrettanto incauta, per Magaldi «sarà la tomba ulteriore di questa cattiva politica europea che ha costruito un mostro burocratico privo di democrazia e privo di rispetto per le esigenze di libertà, fraternità e uguaglianza che dovrebbero essere la bussola dell'Ue e di qualunque costruzione politica europea». Una promessa: «Politicamente parlando, d'ora in poi i "cadaveri" saranno tanti, a cominciare da quello di Oettinger».
To see the article visit www.libreidee.org
Il tentativo di imbavagliare il web da parte dell'Ue, dice Magaldi a "Colors Radio", è un evento gravissimo, «incompatibile con la civiltà democratica nella quale ci viene raccontato che sarebbe radicata l'Europa e anche le sedicenti istituzioni europee, ben lontane dall'essere rappresentative di democrazia sostanziale». Qualcuno, aggiunge Magaldi, ha persino avanzato il sospetto che lo sconcertante Oettinger stia addirittura facendo una sorta di doppio gioco, per arrivare ad auto-sabotare il bavaglio, dato il carattere brutalmente demenziale del provvedimento su cui si pronuncerà il Parlamento Europeo in una data non casuale, il 4 luglio: «E' la ricorrenza dell'Indipendenza americana, cioè «della prima rivoluzione massonica importante nell'era contemporanea». E quindi, un voto come quello proposto da Oettinger «sarebbe uno sberleffo, proprio a quei padri costituenti della contemporaneità massonica che ebbero la meglio sul dispotismo della corona britannica, contestandole il loro trattamento da sudditi anziché da cittadini, rivendicando libertà e democrazia». Günther Oettinger? «E' davvero il denudamento, lo svelamento più atroce dell'anima antidemocratica e liberticida di questa Disunione Europea e dei gruppi massonici neo-aristocratici che l'hanno sin qui guidata».
Il personaggio, continua Magaldi, «è un massone neo-aristocratico, "controiniziato" come pochi». Dopo le elezioni, con il suo cinico "avvertimento" rivolto all'Italia gialloverde, «si è fatto portavoce di una punizione, da parte delle forze neo-aristocratiche e massoniche "controiniziatiche" che volevano bastonare la democrazia italiana per il tramite innanzitutto di Mario Draghi, colpevolmente utilizzatore della Bce per i fini suoi e dei suoi "amici degli amici", naturalmente "fraterni"». In quei giorni, in cui ballava lo spread, secondo Oettinger "i mercati" avrebbero insegnato agli italiani come comportarsi. «Poi, appunto, è arrivata "la cavalleria" massonica di altro segno, e Oettinger e gli altri se la sono andata a prendere in quel posto», dice Magaldi. «Ora i mercati si stanno muovendo senza più tanti clamori; naturalmente ci sono delle analisi da fare, e – quando servirà – reinterverrà "la cavalleria" massonica progressista (rappresentata da fondi importanti, perché non sono soltanto gli altri circuiti a disporre di mezzi e di strumenti decisivi, in questo caso usati per la democrazia, e non contro)». Persa l'Italia, oggi Oettinger si muove per "spegnere" il web, che tanta parte ha avuto nei recenti sviluppi elettorali? E' storia: Internet è stato decisivo nel referendum anti-Renzi e nella Brexit, nella vittoria di Trump e nel successo gialloverde. Ora Oettinger pernsa di fermare la storia togliendo la libertà di parola ai cittadini?
«E' inutile puntare il dito solo su Günther Oettinger, per il quale prevedo una fine ingloriosa: questo signore – dice Magaldi – dovrà andarsene a calci nel sedere, non solo dal suo posto di commissario europeo ma, in generale, dalla scena politica continentale, che ha vergognosamente disonorato con le sue battute irricevibili sull'Italia e sui "mercati" che ne avrebbero dovuto orientare il voto». Questa iniziativa contro il web, poi, è particolarmente odiosa e illiberale. «Chiederemo al governo Conte e al ministro dell'interno Salvini di adoperarsi in modo forte contro questa possibile deriva liberticida», promette Magaldi. Dall'Ue, peraltro, niente di così nuovo: «Su istigazione di Günther Oettinger e di altri antidemocratici come lui, profondamente illiberali fin nel midollo, il Parlamento Europeo vorrebbe mettere il bavaglio al web con un meccanismo ovviamente bizantino, passando attraverso il discorso del copyright: è la solita salsa tecnocratica che mascherare una sostanza antidemocratica». Non funzionerà, avverte Magaldi: «Questa è un'altra buccia di banana, così come le incaute dichiarazioni di Oettinger furono un meraviglioso regalo, un fantastico assist per la reazione popolare di indignazione di tutti i partiti italiani, alla fine, verso quel modo di trattare il popolo italiano». Questa mossa, altrettanto incauta, per Magaldi «sarà la tomba ulteriore di questa cattiva politica europea che ha costruito un mostro burocratico privo di democrazia e privo di rispetto per le esigenze di libertà, fraternità e uguaglianza che dovrebbero essere la bussola dell'Ue e di qualunque costruzione politica europea». Una promessa: «Politicamente parlando, d'ora in poi i "cadaveri" saranno tanti, a cominciare da quello di Oettinger».
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02 luglio 2018
VACCINI / CONTINUA LA CAMPAGNA DI BUFALE DEI PRO VAX. MA IL NOBEL LUC MONTAGNIER LI SPUTTANA
Il vicepremier tuttofare Matteo Salvini dice una frase sui vaccini e apriti cielo. Si alzano dal sarcofago i PD, tuonano dalle loro cattedre (sic) i soloni della scienza di casa nostra, suona la fanfara mediatica tutta pro vax.
Ormai il copione è ben noto: appena si alza un dito per mettere in dubbio non l’utilità dei vaccini, ma solo le modalità d’uso, di somministrazione e caso mai la qualità dei vaccini stessi, si mette in moto la possente macchina di Big Pharma, che con i suoi tentacoli arcimiliardari è in grado di comprare l’ok degli scienziati, quello dei partiti sempre a caccia di fondi e quello ormai in svendita dei media.
Ad essere fregati i cittadini, i genitori che in questo bailamme politico e (dis)informativo non sanno che pesci prendere, stretti da un obbligo alla vaccinazione che neanche nella Germania hitleriana sarebbe stato mai adottato e quindi ricattati – pistola alla tempia – sul fronte del diritto all’istruzione e all’educazione dei loro figli.
Nel bel mezzo da un lato il decreto Lorenzin, che appunto obbliga all’assunzione di 10 vaccini dieci, cosa che in nessun paese civile europeo è in voga; e dall’altro il paragrafo del ‘contratto’ gialloverde che sul tema così si esprime: “pur con l’obiettivo di tutelare la salute individuale e collettiva, garantendo le necessarie coperture vaccinali, va affrontata la tematica del giusto equilibrio tra diritto all’istruzione e diritto alla salute, tutelando i bambini in età prescolare e scolare che potrebbero essere a rischio di esclusione sociale”.
Un tema, comunque, mal posto. Perchè non si tratta solo di diritto all’istruzione, ma di diritto alla salute – quella vera – da rispettare senza se e senza ma: e quindi non costrigendo i ‘greggi’ dei bimbi italiani a subire un’imposizione parahitleriana, invece a ricevere tutte le cure del caso, ben compresi i vaccini. Ma attenzione: vaccini di qualità super controllata; e somministrati – quelli che risultano necessari – in maniera cauta, saggia, dopo i dovuti e rigorosi controlli, nel più totale rispetto del “Principio di Precauzione”, come hanno stabilito in modo inequivocabile le Nazioni Unite a Rio de Janerio nel 1992 e ha ribadito la stessa Unione Europea nel 2002.
ATTENTI A QUEI TRE, I MAGHI DEI VACCINI
Partiamo dalle news.
Dopo le parole del titolare del Viminale, Matteo Salvini, subito osserva la ministra della Salute, la 5 Stelle Giulia Grillo: “Le valutazioni scientifiche non competono alla politica. La politica non fa scienza, la scienza la fanno gli scienziati”. Tortuoso. Anche perchè non dice una sola parola sugli immensi interessi di Big Pharma nel settore e sui giganteschi conflitti d’interessi che coinvolgono alcuni ‘soloni’ in camice bianco che dettano il Verbo scientifico.
Eccoci, allora, a questi Soloni, i Maghi dei Vaccini. Genuflessi tutti i media a raccoglierne le Parole, fregandose di sentire il parere di qualche scienziato che la pensi in modi diverso: quasi avesse la peste.
Scende in campo Repubblica sempre più in ginocchio davanti agli interessi di Big Pharma, soprattutto da quando Mario Calabresi è al timone del quotidiano: “Salvini fa il no-vax. ‘Dannosi 10 vaccini’. La ministra lo stoppa”, romba il titolo.
I pareri eccellenti raccolti? Quello della “scienziata e senatrice a vita” Elena Cattaneo che etichetta Salvini come “irresponsabile e incompetente” e del Super No Vax Stefano Burioni, il quale parla di “bugia pericolosissima”.
Da una campana all’altra, eccoci a quella del Corsera che parte lancia in resta con Ariete Burioni: “Accusa il titolare del Viminale di ‘aver detto una menzogna’ e gli lancia una sfida: ‘mi indichi quali vaccini sono ‘assolutamente superflui’, indicando la bibliografia che supporta le sue affermazioni, altrimenti avremo la certezza che il ministro dell’Interno racconta pericolose bugie”.
Il quotidiano diretto da Luciano Fontana passa poi all’altro Vate in gonnella, la farmacista a vita Cattaneo, che accusa Salvini di “irresponsabilità: parla di cose di cui non ha competenza” e di “fare campagna elettorale sulla salute dei bambini”.
Il Corsera stavolta fa di più, e intervista un altro maitre a penser pro Vax, quell’Alberto Mantovani che consorella Repubblica ha più volte definito “lo scienziato italiano più citato nella letteratura scientifica mondiale”. Ecco, tra ovvietà & baggianate, il Mantovani Pensiero.
Alla domanda del cronista sui rischi legati alle vaccinazioni risponde: “Ne corriamo molti di più in automobile ed esiste il rischio di intossicazione per tutti i farmaci”. Da ricovero.
Poi, sulle possibili reazioni avverse ai vaccini: “Le reazioni avverse sono per una maggior parte legate alla puntura dell’ago”. O a quella di una vespa che si trovi nei paraggi.
Ancora, il cronista del Corsera chiede sulla vaccinazione contro l’epatite B: “L’epatite B ha flagellato l’Italia. Ora le nuove generazioni sono immuni da un virus che è causa di grave infezione al fegato e può portare al tumore”. Vedremo a breve cosa ne pensa uno scienziato appena più ‘illustre’ di lui.
Dicevamo prima: come mai i Palazzi dell’informazione di casa nostra non hanno il coraggio di sentire neanche una volta il parere di uno scienziato che la pensa in maniera diversa?
Interpellano i soliti noti: dal massone Burioni in palese conflitto d’interessi per i suoi brevetti nel campo dei vaccini e che tratta tutti come “Somari” (dal titolo del suo ultimo capolavoro), alla farmacista Cattaneo che combatte da una vita anche sul fronte della vivisezione senza se e senza ma, ben sapendo che è perfettamente inutile e serve solo a gonfiare i porfatogli di Big Pharma.
PARLA IL NOBEL PER LA MEDICINA LUC MONTAGNIER
Mistero. Quando basta andare ad un convegno organizzato dall’Ordine dei Biologi per incontrare, ad esempio, il premio Nobel Luc Montagnier, che di vaccini se ne intende centomila volte più di un Burioni, di una Cattaneo e di un Mantovani.
Riportiamo alcune frase pronunciate da Montagnier poco più di tre mesi fa a Roma, invitando i lettori ad ascoltare il testo dell’intervento tenuto il 10 marzo presso la sede dell‘Ordine nazionale dei Biologi, ancora reperibile via internet. Eccone alcuni passaggi salienti.
“Siamo in presenza di una moltitudine di fattori tossici. Si sviluppano epidemie, insorgono nuove malattie, si moltiplicano gli agenti infettivi. Le risposte non possono essere univoche, ma articolate, non fornite in modo semplicistico per la salute umana. Come succede attraverso i vaccini”.
A proposito dell’alluminio che è contenuto nei vaccini: “Molti sostengono che ingeriamo alluminio anche mangiando. Ma una cosa è ingerire ed eliminarlo attraverso l’intestino, altra cosa è iniettarlo nelle vene, quindi introdurre subito la sostanza in circolo. Resta per parecchio in sito ma poi arriva fino al cervello. L’alluminio nei muscoli può essere causa di malattie. Per questo deve essere eliminato assolutamente dai vaccini”.
A proposito del tanto discusso obbligo vaccinale, così sottolinea il premio Nobel per la Medicina: “Quando in Francia è stato varato l’obbligo per alcuni vaccini, io sono stato contrario, perchè la vaccinazione di massa può essere molto pericolosa”.
“Prima di somministrare qualsiasi vaccino vanno effettuati accurati, più che approfonditi esami su chi lo riceve; occorre misurare con attenzione gli anticorpi, valutare tutte le possibili reazioni. Insomma andare molto cauti, con i piedi di piombo”. E non trattare i bambini come tanti polli in batteria da vaccinare tanto al pezzo per rispettare diktat & interessi di Big Pharma.
Continua Luc Montagnier nel suo intervento: “In Francia la campagna di vaccini ha prodotto molti effetti collaterali, perchè le industrie pensavano solo ai loro profitti e sono aumentate in modo sensibile le patologie”. Appunto.
E a proposito dell’epatite B di cui discetta Mantovani: “Ricordo una tragedia che ha colpito la Francia ma anche altri Paesi. La campagna di vaccini contro l’epatite B ha causato moltissimi decessi di emofiliaci, per via degli emoderivati somministrati, a cominciare dai fattori VIII e IX”. Proprio come è successo in Italia per la strage del sangue infetto, con un processo finalmente in corso a Napoli dopo 20 anni (venti) di attesa!
Va giù molto duro, Montagnier: “In Francia abbiamo avuto una campagna di vaccinazioni obbligatoria per la somministrazione di vaccini entro i due anni. Un grande errore medico, scientifico e politico”. E anche morale.
E, per chi non ha ancora capito, spiega: “I vaccini vanno somministrati con saggezza, senza abusi, dopo una serie di controlli, rispettando e attuando il principio di Precauzione adottato oltre un quarto di secolo fa dalle Nazioni Unite e poi confermato dalla Ue”.
Sorge a questo punto più che spontanea una domanda. Se lorsignori, i Super Scienziati del calibro di Burioni, Cattaneo, Mantovani e compagnia bella non vogliono parlare con cittadini, medici e ‘somari’ certo non alla loro siderale altezza, perchè non accettano il confronto con qualcuno che è un po’ al di sopra di loro, visto che è stato insignito di un Nobel per la Medicina e non fa parte di logge e loggette di alcun tipo?
Come mai i Vati di casa nostra continuano a suonarsela e cantarsela tra loro, in mezzo a chitarre e mandolini, nani e ballerine di un’informazione ormai comprata e venduta tanto al pezzo?
P.S. Consigliamo a tutti di evitare fonti ‘inquinate’ per una approfondita conoscenza in materia.
Se volete saperne realmente di più leggete “10 cose da sapere sui vaccini – Tutta la verità – Un libro indispensabile per genitori consapevoli” (Newton Compton Editori).
Lo ha scritto Giulio Tarro, un virologo di fama mondiale, per due volte candidato al Nobel per la Medicina, allievo di Albert Sabin, l’inventore del vaccino antipolio.
La Voce ne ha scritto in un paio d’inchieste che potete trovare cliccando in basso.
Utile – il libro – per capire e misurare gli interessi di Big Pharma, i conflitti d’interesse che appestano il mondo scientifico e accademico, e per sapere chi lotta davvero per la salute dei bambini e dei genitori: e chi invece fa affari speculandovi sopra e puntando le sue carte proprio sull’ignoranza dei cittadini.
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“Nikola Tesla” di BeccoGiallo Editore
La casa editrice padovana amplia il suo catalogo di biografie a fumetti raccontando, tramite il lavoro di Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli, Nikola Tesla, uno dei principali e più influenti inventori dell'era moderna, ancora attuale per le sue previsioni sul wi-fi e il telecomando.
Nikola Tesla di Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli, edito da BeccoGiallo, sarà disponibile in libreria dal 21 giugno 2018. Il libro ripercorre la vita di uno dei più importanti e influenti innovatori della storia moderna, protagonista con Thomas Edison della celebre “Guerra delle Correnti”.
A seguire il comunicato stampa della casa editrice e alcune tavole in anteprima:
Chi era Nikola Tesla? Un inventore geniale o un visionario sganciato dal suo tempo?
Cresciuto in povertà nella metà dell’Ottocento sotto l’Impero Austro-Ungarico,Tesla riuscì a studiare e a diventare ingegnere con le sue sole forze.
Emigrò in cerca di fortuna prima in Francia e poi in America, dove fu assunto nel laboratorio del celebre Thomas Edison, l’inventore del fonografo e della lampadina.
Subì e poi superò le invidie nate fra i colleghi del tempo, prime fra tutte quelle dello stesso Edison, che culminarono nella cosiddetta Guerra delle Correnti, la competizione per il controllo del mercato mondiale dell’energia elettrica. Ebbe grandiose rivincite pubbliche, prima di conoscere una clamorosa e definitiva rovina.
Con oltre duecento brevetti diversi, alcuni dei quali portarono alla diffusione di massa della corrente alternata e della radio, e grazie alle intuizioni del telecomando e del wi-fi, Tesla è oggi ricordato come uno dei più importanti innovatori della storia moderna.
30 giugno 2018
LA DINASTY DEI PARNASI / TUTTI GLI AFFARI MILIONARI E LE AMICIZIE BORDER LINE
Rapporti con il Venerabile Licio Gelli, terreni e proprietà appartenute per una vita ai "Cavalieri dell'Apocalisse mafiosa", quindi lo scrigno di tutti i segreti che facevano capo al super banchiere delle cosche Michele Sindona.
Di tutto e di più nel 'portafoglio' lavori e non solo di casa Parnasi, oggi tornata agli onori delle cronache per l'affaire dello stadio giallorosso a Tor di Valle e l'inchiesta montante della procura di Roma.
Un business che bolle in pentola da almeno un anno e mezzo, dopo un primo trattamento a cura della giunta capeggiata da Ignazio Marino e la stretta finale impressa da quella griffata Virginia Raggi.
Quel 'portafoglio' per anni è stato tra le mani di Sandro Parnasi, il patriarca della dinasty mattonara romana, storicamente rivale del gruppo Caltagirone, con cui ha diviso la torta degli appalti: anche se negli ultimi tempi la potente famiglia tutto cemento ha preferito dedicarsi alle lucrose attività estere. Le questioni romane, quindi, appannaggio soprattutto di Parsitalia & consorelle, sponsorizzate al punto giusto e in modo perfettamente trasversale.
Valter Veltroni e il fratello Valerio.
Nel montaggio di apertura Luca Parnasi e sullo sfondo Michele Sindona
Ecco cosa la Voce scriveva in un'ampia inchiesta di aprile 2011: "La famiglia Parnasi, come la gran parte dei palazzinari romani, ha imparato il copione a memoria: amici di tutti, a destra e a sinistra, con Walter Veltroni e Gianni Alemanno, con Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi. Sempre a fianco dei manovratori". In quel reportage venivano dettagliati i principali business mattonari dell'epoca all'ombra del Cupolone: da Tor Marancia a Mostacciano e al comprensorio Torrino nord; da Montesacro all'Eur 2; da Casalpalocco alla Collina Fleming.
In quest'ultimo caso, i progetti di casa Parnasi hanno trovato adeguata accoglienza dalla giunta Alemanno, "in perfetta continuità con i desiderata del predecessore Veltroni".
Del resto fu non poco fitta la rete degli interessi tessuta tra Luca Parnasi, il rampollo della dinasty, e Valerio Veltroni, fratello di Walter e con il pallino degli affari immobiliari, lungo l'asse Pisa-Roma.
LEGAMI PERICOLOSI
Ma veniamo alle amicizie border line e agli affari pericolosi.
Titola la Verità di Maurizio Belpietro il 20 giugno: "Quando Gelli scriveva a Parnasi: grazie dei doni". Il riferimento, of course, è al patriarca Sandro Parnasi, uno degli storici mattonari romani.
Come a suo tempo furono, ad esempio, i Marchini e i Belli.
Sul primo fronte la gran parte del patrimonio Marchini è finito proprio sotto l'ombrello dei Parnasi. Mentre il rampante Alfio, dopo aver dismesso le sue partecipazioni nel 'Risanamento', ha pensato bene di tuffarsi nell'agone politico romano. Un flop.
Sull'altro versante, c'è una vicenda tutta da raccontare e che porta dallo scrigno di casa Sindona ai salotti di casa Parnasi. Via Belli. Una story che nel 1990 fa tappa a Napoli. State a sentire.
Quello scrigno, SGI, ossia Società Generale Immobiliare, racchiudeva tutte le ricche partecipazioni immobiliari che facevano capo al super cassiere della mafia e con alte protezioni vaticane, Michele Sindona, il quale finì i suoi giorni grazie ad una tazzina di caffè corretto servitogli nelle galere dell'Ucciardone.
Tra le perle di SGI alcune controllate d'oro, non solo per i beni posseduti ma soprattutto per i segreti custoditi: SGI Lavori, SGI Casa, SGI International e sorella Sogene. Storie di maxi riciclaggi, proventi illeciti, operazioni estere. Di tutto e di più, in quelle casseforti.
Non a caso, infatti, don Michele aveva rilevato il tutto dal Vaticano. Passato Sindona a miglior vita, quel tesoro e soprattutto quei segreti non possono che passare in mani fidate: ed ecco la Arcangelo Belli story, che con alcuni amici mattonari capitolini acquisisce la 'polpa' di Sogene.
Passano gli anni, gli affari non volano con il vento in poppa, comunque il 'bottino' sta al sicuro.
Fino a che tutto finisce nelle aule della sezione fallimentare, va in scena la rituale asta e quel patrimonio finisce nelle mani di uno sconosciuto imprenditore napoletano impegnato nel settore della meccanica idraulica, Paolo Martinez. Di quella liquidazione si occupò un prestigioso studio partenopeo guidato dall'allora avvocato ed ex senatore della Sinistra Indipendente, Gustavo Minervini. La storia è molto complessa e porta fino ai paradisi fiscali all'epoca più accorsati, e ad una serie di fiduciarie, comodo paravento per affari opachi. Potete rileggere la vecchia storia nelle pagine della Voce di ottobre 1990.
Alcuni anni di nebbie, poi l'ultimo passaggio: Sogene & Sgi finiscono nelle mani del gruppo Parnasi: siamo nel 1993, a condurre l'operazione il comandante Sandro, con un Luca che ancora indossa i calzoncini corti, o quasi.
Sorgono spontanee alcune domande: cosa ha portato prima l'Arcangelo Belli, poi mister Martinez quindi Big Parnasi a inghiottire una patata comunque sempre bollente? Valevano più i residui cespiti immobiliari oppure i segreti, pur sempre una 'merce' che ha un suo valore sul mercato? Nessuna inchiesta della magistratura ha mai anche appena cercato di far luce su quei misteri. Da novanta. Varrebbe certo la pena – oggi – di capire il perchè di quelle indagini mancate.
DA SINDONA A GRACI
Passiamo all'altra storia bollente. Aste fallimentari che passione, per Parsitalia, Eurnova e consorelle, ossia i bracci mattonari di casa Parnasi.
Ed è così che sborsando meno della metà del prezzo, ossia circa 130 milioni invece di 290, i costruttori romani riescono ad accaparrarsi un vero e proprio patrimonio immobiliare che fa capo a Francesco Finocchiaro e Gaetano Graci, i due "Cavalieri dell'Apocalisse mafiosa" che hanno per decenni dettato legge nella Sicilia degli appalti, in compagnia di altre dinasty che andavano per la maggiore, come quelle dei Cassina, dei Costanzo e dei Rendo.
La story viene condita anche con il fallimento della banca Sicilcassa, che aveva erogato pingui fondi alle imprese di Finocchiaro e Graci. Uno dei 'tesori' più preziosi che il tandem possedeva erano dei terreni a Roma, zona Eur.
Ecco come cinque anni fa ha dettagliato i fatti il Messaggero di casa Caltagirone, una cronaca che non fa sconti vista la storica rivalità tra i due gruppi mattonari: "Quella proprietà era stata acquistata nel corso di un fallimento della banca Sicilcassa. I terreni dell'Eur su cui oggi sorge il palazzo della Provincia erano di Graci e Finocchiaro. Nel 2002 entrano in campo i costruttori Parnasi che fanno una transazione per comprare i crediti e le azioni di tre società del gruppo Graci-Finocchiaro, che alla data del crac avevano un'esposizione di 287 milioni di euro verso la Sicilcassa. Grazie all'accordo, i Parnasi rilevano tutto pagando meno della metà, 129 milioni. E nel pacchetto ci sono anche i terreni dell'Eur".
Continuava il Messaggero, all'epoca diretto da Mario Orfeo, poi passato ai fasti Rai: "La trattativa si chiude nel 2003, dopo che la zona era stata trasformata da M1 a M2, ovvero da zona edificabile per servizio pubblico e zona edificabile a destinazione privata. L'operazione è opaca, perchè non è chiaro se nel fare il prezzo per quel terreno alle porte di Roma, i liquidatori di Sicilcassa abbiano tenuto conto di quanto la variazione della destinazione d'uso avrebbe fatto lievitare il valore. E' un fatto, però, che il Comune di Roma, allora guidato da Walter Veltroni, chiude con la Parsitalia di Luca Parnasi un accordo di compensazione: al Comune viene restituita l'area del Pratone della Valle e in cambo la società ottiene la zona di Eur Castellaccio, con una edificabilità complessiva di ben 780 milioni di metri cubi. Tra i tanti edifici che vengono costruiti c'è quello del nuovo palazzo della Provincia, ente abolito nel 2014 ma che nel frattempo ha speso 263 milioni di euro per acquistare una nuova sede, un'operazione avviata dall'ex presidente della Provincia Enrico Gasbarra ma conclusa dal suo successore Nicola Zingaretti, vicino a Parnasi".
Per la più classica delle serie, "Amici Miei".
Una vicenda, quella dell'affare Eur-Parnasi e annessa Provincia story, che passa politicamente del tutto inosservata. Nel più totale e roboante silenzio.
Mosca bianca l'allora senatore Elio Lannutti, storico presidente di Adusbef, l'associazione a tutela dei risparmiatori, che in un'interrogazione parlamentare datata 30 novembre 2011 (la numero 640) denunciava le manovre in corso e chiedeva una risposta al ministro dell'Economia: "il piano di acquisto della nuova sede della Provincia di Roma rischia di appesantire in maniera eccessiva i bilanci dell'ente; non sono chiari i motivi per cui la Provincia venda una parte del proprio patrimonio immobiliare e proceda all'acquisto di un'imponente struttura nella zona dell'Eur".
In basso potete leggere il testo di quell'interrogazione in cui viene anche ricostruito tutto l'iter dello sconcertante affare. Sulle spalle dei romani, dell'erario e a solo vantaggio di un gruppo mattonaro privato.
Che fino a ieri voleva mettere le mani sul governo gialloverde in fase di gestazione…
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GRUPPO PARNASI / TUTTI I SEGRETI, DA SINDONA A GRACI, DALL'AFFARE "PROVINCIA" ALLA CITTA'-STADIO
10 febbraio 2017
L'interrogazione di Lannutti
L'INCHIESTA DELLA VOCE DO OTTOBRE 1990
Inchiesta Voce ottobre 90
Di tutto e di più nel 'portafoglio' lavori e non solo di casa Parnasi, oggi tornata agli onori delle cronache per l'affaire dello stadio giallorosso a Tor di Valle e l'inchiesta montante della procura di Roma.
Un business che bolle in pentola da almeno un anno e mezzo, dopo un primo trattamento a cura della giunta capeggiata da Ignazio Marino e la stretta finale impressa da quella griffata Virginia Raggi.
Quel 'portafoglio' per anni è stato tra le mani di Sandro Parnasi, il patriarca della dinasty mattonara romana, storicamente rivale del gruppo Caltagirone, con cui ha diviso la torta degli appalti: anche se negli ultimi tempi la potente famiglia tutto cemento ha preferito dedicarsi alle lucrose attività estere. Le questioni romane, quindi, appannaggio soprattutto di Parsitalia & consorelle, sponsorizzate al punto giusto e in modo perfettamente trasversale.
Valter Veltroni e il fratello Valerio.
Nel montaggio di apertura Luca Parnasi e sullo sfondo Michele Sindona
In quest'ultimo caso, i progetti di casa Parnasi hanno trovato adeguata accoglienza dalla giunta Alemanno, "in perfetta continuità con i desiderata del predecessore Veltroni".
Del resto fu non poco fitta la rete degli interessi tessuta tra Luca Parnasi, il rampollo della dinasty, e Valerio Veltroni, fratello di Walter e con il pallino degli affari immobiliari, lungo l'asse Pisa-Roma.
LEGAMI PERICOLOSI
Ma veniamo alle amicizie border line e agli affari pericolosi.
Titola la Verità di Maurizio Belpietro il 20 giugno: "Quando Gelli scriveva a Parnasi: grazie dei doni". Il riferimento, of course, è al patriarca Sandro Parnasi, uno degli storici mattonari romani.
Come a suo tempo furono, ad esempio, i Marchini e i Belli.
Sul primo fronte la gran parte del patrimonio Marchini è finito proprio sotto l'ombrello dei Parnasi. Mentre il rampante Alfio, dopo aver dismesso le sue partecipazioni nel 'Risanamento', ha pensato bene di tuffarsi nell'agone politico romano. Un flop.
Sull'altro versante, c'è una vicenda tutta da raccontare e che porta dallo scrigno di casa Sindona ai salotti di casa Parnasi. Via Belli. Una story che nel 1990 fa tappa a Napoli. State a sentire.
Quello scrigno, SGI, ossia Società Generale Immobiliare, racchiudeva tutte le ricche partecipazioni immobiliari che facevano capo al super cassiere della mafia e con alte protezioni vaticane, Michele Sindona, il quale finì i suoi giorni grazie ad una tazzina di caffè corretto servitogli nelle galere dell'Ucciardone.
Tra le perle di SGI alcune controllate d'oro, non solo per i beni posseduti ma soprattutto per i segreti custoditi: SGI Lavori, SGI Casa, SGI International e sorella Sogene. Storie di maxi riciclaggi, proventi illeciti, operazioni estere. Di tutto e di più, in quelle casseforti.
Non a caso, infatti, don Michele aveva rilevato il tutto dal Vaticano. Passato Sindona a miglior vita, quel tesoro e soprattutto quei segreti non possono che passare in mani fidate: ed ecco la Arcangelo Belli story, che con alcuni amici mattonari capitolini acquisisce la 'polpa' di Sogene.
Passano gli anni, gli affari non volano con il vento in poppa, comunque il 'bottino' sta al sicuro.
Fino a che tutto finisce nelle aule della sezione fallimentare, va in scena la rituale asta e quel patrimonio finisce nelle mani di uno sconosciuto imprenditore napoletano impegnato nel settore della meccanica idraulica, Paolo Martinez. Di quella liquidazione si occupò un prestigioso studio partenopeo guidato dall'allora avvocato ed ex senatore della Sinistra Indipendente, Gustavo Minervini. La storia è molto complessa e porta fino ai paradisi fiscali all'epoca più accorsati, e ad una serie di fiduciarie, comodo paravento per affari opachi. Potete rileggere la vecchia storia nelle pagine della Voce di ottobre 1990.
Alcuni anni di nebbie, poi l'ultimo passaggio: Sogene & Sgi finiscono nelle mani del gruppo Parnasi: siamo nel 1993, a condurre l'operazione il comandante Sandro, con un Luca che ancora indossa i calzoncini corti, o quasi.
Sorgono spontanee alcune domande: cosa ha portato prima l'Arcangelo Belli, poi mister Martinez quindi Big Parnasi a inghiottire una patata comunque sempre bollente? Valevano più i residui cespiti immobiliari oppure i segreti, pur sempre una 'merce' che ha un suo valore sul mercato? Nessuna inchiesta della magistratura ha mai anche appena cercato di far luce su quei misteri. Da novanta. Varrebbe certo la pena – oggi – di capire il perchè di quelle indagini mancate.
DA SINDONA A GRACI
Passiamo all'altra storia bollente. Aste fallimentari che passione, per Parsitalia, Eurnova e consorelle, ossia i bracci mattonari di casa Parnasi.
Ed è così che sborsando meno della metà del prezzo, ossia circa 130 milioni invece di 290, i costruttori romani riescono ad accaparrarsi un vero e proprio patrimonio immobiliare che fa capo a Francesco Finocchiaro e Gaetano Graci, i due "Cavalieri dell'Apocalisse mafiosa" che hanno per decenni dettato legge nella Sicilia degli appalti, in compagnia di altre dinasty che andavano per la maggiore, come quelle dei Cassina, dei Costanzo e dei Rendo.
La story viene condita anche con il fallimento della banca Sicilcassa, che aveva erogato pingui fondi alle imprese di Finocchiaro e Graci. Uno dei 'tesori' più preziosi che il tandem possedeva erano dei terreni a Roma, zona Eur.
Ecco come cinque anni fa ha dettagliato i fatti il Messaggero di casa Caltagirone, una cronaca che non fa sconti vista la storica rivalità tra i due gruppi mattonari: "Quella proprietà era stata acquistata nel corso di un fallimento della banca Sicilcassa. I terreni dell'Eur su cui oggi sorge il palazzo della Provincia erano di Graci e Finocchiaro. Nel 2002 entrano in campo i costruttori Parnasi che fanno una transazione per comprare i crediti e le azioni di tre società del gruppo Graci-Finocchiaro, che alla data del crac avevano un'esposizione di 287 milioni di euro verso la Sicilcassa. Grazie all'accordo, i Parnasi rilevano tutto pagando meno della metà, 129 milioni. E nel pacchetto ci sono anche i terreni dell'Eur".
Continuava il Messaggero, all'epoca diretto da Mario Orfeo, poi passato ai fasti Rai: "La trattativa si chiude nel 2003, dopo che la zona era stata trasformata da M1 a M2, ovvero da zona edificabile per servizio pubblico e zona edificabile a destinazione privata. L'operazione è opaca, perchè non è chiaro se nel fare il prezzo per quel terreno alle porte di Roma, i liquidatori di Sicilcassa abbiano tenuto conto di quanto la variazione della destinazione d'uso avrebbe fatto lievitare il valore. E' un fatto, però, che il Comune di Roma, allora guidato da Walter Veltroni, chiude con la Parsitalia di Luca Parnasi un accordo di compensazione: al Comune viene restituita l'area del Pratone della Valle e in cambo la società ottiene la zona di Eur Castellaccio, con una edificabilità complessiva di ben 780 milioni di metri cubi. Tra i tanti edifici che vengono costruiti c'è quello del nuovo palazzo della Provincia, ente abolito nel 2014 ma che nel frattempo ha speso 263 milioni di euro per acquistare una nuova sede, un'operazione avviata dall'ex presidente della Provincia Enrico Gasbarra ma conclusa dal suo successore Nicola Zingaretti, vicino a Parnasi".
Per la più classica delle serie, "Amici Miei".
Una vicenda, quella dell'affare Eur-Parnasi e annessa Provincia story, che passa politicamente del tutto inosservata. Nel più totale e roboante silenzio.
Mosca bianca l'allora senatore Elio Lannutti, storico presidente di Adusbef, l'associazione a tutela dei risparmiatori, che in un'interrogazione parlamentare datata 30 novembre 2011 (la numero 640) denunciava le manovre in corso e chiedeva una risposta al ministro dell'Economia: "il piano di acquisto della nuova sede della Provincia di Roma rischia di appesantire in maniera eccessiva i bilanci dell'ente; non sono chiari i motivi per cui la Provincia venda una parte del proprio patrimonio immobiliare e proceda all'acquisto di un'imponente struttura nella zona dell'Eur".
In basso potete leggere il testo di quell'interrogazione in cui viene anche ricostruito tutto l'iter dello sconcertante affare. Sulle spalle dei romani, dell'erario e a solo vantaggio di un gruppo mattonaro privato.
Che fino a ieri voleva mettere le mani sul governo gialloverde in fase di gestazione…
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29 giugno 2018
IN AFRICA A SPESE NOSTRE, MA PER GLI AFFARI LORO? – ControRassegna Blu #20
Abbiamo bisogno di difenderci dalle Fake News?
Valerio Malvezzi:
Io ricordo che il Ministero della Propaganda nazista diceva : “Se tu racconti una falsità talmente grande, ma per così tanto tempo a così tante persone, alla fine diventa una verità”.Allora, Claudio Messora ha tanti meriti, oltre quello… forse l’unico demerito è quello di essere mio amico, ma ha tanti meriti e uno dei meriti è stato quello di avere dato la libertà di opinione a persone come me – ad esempio – che, aldilà di un proprio blog, permettetemi di citarlo: Win The Bank, non aveva la grand possibilità di andare sui principali organi d’informazione, sui giornalini a dire quello che pensava. Io oggi sono qui perché c’è un altro amico che si chiama Antonio Maria Rinaldi che ha fatto la presentazione di questo bellissimo libro che chiede con una domanda retorica: “La Sovranità appartiene al popolo o allo spread?”. Ecco, persone come me, come Antonio Rinaldi, come tanti altri venivano considerati sino a ieri – diciamo – delle persone che dicevano delle fake news.A me preoccupa moltissimo il bagaglio che un certo tipo di élite sta pensando di fare. E lo raccontano nei modi più strani: parlano della difesa del cittadino, la difesa dal fatto che il povero cittadino, cioè un bambino cretino fondamentalmente possa andare a leggere delle notizie non vere. Allora, ciò che dico io, ciò che dice tutti i giorni Claudio Messora e tante altre persone sulla rete verrebbero classificate come delle cose non vere. Io penso che è dall’età delle caverne che gli uomini raccontano coi graffiti, e i nostri nonni lo facevano nelle stalle, le opinioni, in un modo o nell’altro, magari appunto davanti a una mucca o a un falò e ciascuno diceva le sue cose. Magari qualcuno dice anche delle cazzate, ma c’è sempre qualcuno che dice: «Tu hai detto una cazzata». Ecco, questa è la libertà della rete. Difendete la libertà della rete, impedite la censura, impedite la dittatura. Correte a firmare. Ve ne prego, perché la rete è il diritto di parola di tutti.
FIRMA ANCHE TU PER CHIEDERE AI PARLAMENTARI EUROPEI DI NON RATIFICARE LA DIRETTIVA SUL COPYRIGHT CHE DISTRUGGERÀ LA RETE: https://it.surveymonkey.com/r/SalvaInternet
Africa: aiuti alla cooperazione, o aiuti alla vaccinazione?
Quali sono i Paesi di provenienza dei migranti? La gran parte arriva dall’Africa Occidentale: Nigeria, Costa D’Avorio, Guinea, Gambia. Ed è proprio verso il poverissimo Gambia che è appena partita una delegazione della cooperazione italiana. Ma c’è poco da aspettarsi: la delegazione è composta da giornalisti di Repubblica, La Stampa, Mediaset, Vanity Fair, e scopo del viaggio è… promuovere le vaccinazioni. Insomma: propaganda per i vaccini, affidata ai consueti esperti del settore. Sono questi gli “aiuti internazionali” italiani, che dovrebbero sostenere i Paesi africani, e arginare così le migrazioni? Pare proprio di sì. Questa trasferta è organizzata dal GAVI, l’Alleanza Globale per i Vaccini, che riceve ogni anno ben 100 milioni delle nostre tasse ed è ad oggi addirittura il secondo recipiente degli “aiuti umanitari” italiani. Una montagna di soldi nostri destinati ad un’organizzazione gestita da entità quali la Banca Mondiale, la Fondazione Bill Gates, e persino le industrie che producono vaccini: non certo dame di carità, e neppure scevre da conflitti di interessi, mentre incentivano vaccinazioni in giro per l’Africa. Ecco a che punto è l’”aiutiamoli a casa loro” per Nigeria, Guinea, Gambia: soldi per le trasferte dei giornalisti, e per i vaccini. C’è parecchio da fare, allora, anche qui.
Madri surrogate: in India sono ridotte in schiavitù
L’autorevole quotidiano francese Le Figaro ha pubblicato, qualche giorno fa, una sconvolgente inchiesta ad opera della scienziata indiana femminista Sheela Saravanan. L’indagine riguarda la situazione della maternità surrogata in India, seconda destinazione al mondo per il cosiddetto “turismo medico”, e in particolare per l’utero in affitto. Quello che Sheila ha scoperto è agghiacciante: le madri surrogate sono tenute in stato di schiavitù. Non hanno alcun diritto sul bambino, ma neanche sul proprio corpo durante la loro gravidanza e tutti i loro movimenti sono strettamente controllati. Non hanno il diritto di uscire o di vedere parenti, e sono costrette anche ad abbandonare gli altri figli per tutto il tempo fino al parto. In clinica non ci sono tv, radio, libri, computer, e vengono alimentate a forza. La loro gravidanza si conclude con un cesareo, e con qualche giorno di allattamento di un bambino che non vedranno mai più. Lo fanno per generosità? Niente affatto. Sono spinte dalla disperazione economica, e in alcuni casi, denuncia la scienziata femminista, neppure questo: ragazze giovani dalle zone più povere sono state rapite, condotte nelle cliniche e costrette a diventare madri surrogate. Traffici simili accadono anche in Nepal e nella vicina Thailandia. La maternità surrogata sta diventando, insomma, l’ennesima piaga del Terzo Mondo.
Farmaci e ambiente: l’Europa se ne infischia
Ancora una volta, l’Europa fa spallucce al drammatico problema dell’inquinamento da smaltimento dei farmaci. In base a studi recenti, parte degli ecosistemi di acqua dolce è minacciata dall’elevata concentrazione di medicinali: il consumo è in aumento sia negli animali, le cui deiezioni finiscono nelle falde acquifere, che nell’uomo, senza che gli impianti di trattamento idrico riescano a fermarli con efficienza. Ad esempio, attualmente oltre 10.000 km di fiumi in tutto il mondo hanno concentrazioni di diclofenac, un antiinfiammatorio da banco, superiori al limite massimo previsto dalla UE. Per questo motivo gli ambientalisti hanno chiesto alla Commissione europea di contrastare l’inquinamento farmaceutico che non solo danneggia gli ecosistemi, ma porta anche alla pericolosa resistenza antimicrobica. La legge è attesa dal 2008, e la proposta originale, piuttosto annacquata rispetto a quello che servirebbe davvero, è bloccata nei cassetti della Commissione dal 2015. Neanche a dirlo, Bruxelles ha di nuovo rinviato tutto a data da destinarsi.
Bonus Extra News
“I dazi? Un altro tabù da infrangere”
All’assemblea di Confartigianato, il ministro dello Sviluppo Luigi di Maio ha dichiarato che il nostro Paese ha un sistema produttivo particolare e dei prodotti così unici, che l’idea di difenderli attraverso l’uso dei dazi non deve essere più un tabù. Di Maio come Donald?
Ritorna il Corpo Forestale dello Stato
Era un impegno che il MoVimento 5 Stelle aveva preso, e ora il Corpo Forestale potrebbe tornare ad essere autonomo. Occorrerà attendere la sentenza della Corte Costituzionale, ma l’Italia tornerà ad avere i suoi “protettori dell’ambiente”, che il decreto Madia aveva cancellato.
Militari italiani nel sud della Libia
Riporta il Messaggero che una forza italiana composta da Polizia, Difesa ed Esercito è già partita per il sud della Libia, per controllare e fermare i flussi migratori all’origine. La missione il risultato di accordi del Viminale, e ha già ricevuto minacce dalle tribù locali.
Iran: rivoluzione colorata in arrivo?
In Iran qualcosa bolle in pentola: proteste contro il governo, gli ayatollah, e in appoggio agli Stati Uniti. Sembra che ci sia anche una grande manifestazione in programma per il 30 giugno. Rivoluzione spontanea, oppure… colorata?
Fonte: IN AFRICA A SPESE NOSTRE, MA PER GLI AFFARI LORO? – ControRassegna Blu #20
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