02 marzo 2018

Il conflitto nella Ghouta e la memoria corta dell’Occidente

Spesso si afferma che in guerra la prima vittima è la verità, resa parziale da ogni parte e resa quasi del tutto strumentale dagli attori presenti sul campo; ma in realtà, ciò che ancor prima della verità viene tolto di mezzo da un determinato conflitto è la stessa memoria: tutto viene resettato, anche la stessa storia viene resa funzionale al racconto ed alla narrativa imposta da chi vince o da chi, invece, spera di vincere. La memoria corta è una delle piaghe che affligge l'informazione inerente il conflitto siriano; è vero che fanno male le bombe russe, così come quelle americane ed è altrettanto vero che a causare vittime civili spesso sono sia i kamikaze delle sigle jihadiste così come i raid dei governativi, pur tuttavia dimenticare cosa accaduto e come si è arrivati al fatidico numero sette nel conteggio degli anni di guerra siriana, appare operazione scellerata e, nella migliore delle ipotesi, frutto di disonestà intellettuale. A prescindere da ogni considerazione politica che si possa avere su Assad e sul suo governo, dimenticare che la Siria non è stata attraversata da una vera 'rivoluzione' ma invasa da orde di jihadisti, stranieri e non, fa perdere di vista ogni giudizio obiettivo sul conflitto.

Cosa è accaduto nel Ghouta Est tra il 2012 ed il 2013

Proprio come accaduto nella zona est di Aleppo, non appena il legittimo governo siriano si prepara a strappare un determinato territorio alle sigle jihadiste, si scopre che il paese arabo ha un numero di ospedali per abitanti tra i più alti al mondo ed una quantità di edifici scolastici da fare invidia anche ai paesi più industrializzati; nel Ghouta l'operazione volta a strappare dalle mani takfire gli ultimi brandelli di una Damasco che da cinque anni vive con lo spettro di razzi e missili lanciati verso il centro, è iniziata da pochi giorni ma già nel mondo dell'informazione occidentale circolano gli stesso video visti e rivisti per Aleppo e per Homs, dove i raid russi e siriani vengono dipinti come brutali mezzi in grado di distruggere ogni volta strutture ospedaliere ed obiettivi sensibili. Ben lungi dall'esultare per l'arrivo sulle teste di tanti civili di bombe e colpi d'artiglieria, è utile però ricordare il motivo per il quale questa crisi non è possibile risolverla per vie diplomatiche: nel Ghouta Est risiedono alcune delle più pericolose sigle jihadiste che hanno messo piede in Siria, tali gruppi nell'estate del 2012 hanno cinto d'assedio la capitale siriana prima di rintanarsi in questa regione posta nella periferia orientale damascena.
Gli abitanti del Ghouta Est sanno bene cosa vuol dire aver iniziato a convivere con la presenza di uomini barbuti inneggianti alla jihad; molti civili hanno visto portare via le proprie mogli, i propri figli ed i propri affetti da terroristi che non hanno avuto scrupoli nel rinchiudere centinaia di innocenti in gabbia per piazzarli sui tetti dei palazzi, in modo da utilizzarli come scudi umani contro i raid governativi. Specialmente tra il 2012 ed il 2013, quando si è ben capito come l'offensiva jihadista non era destinata a centrare l'obiettivo a Damasco, la scure della follia islamista si è abbattuta nei quartieri della capitale e del Ghouta est da loro controllati; ma non solo: nel novembre 2015hanno fatto il giro del mondo le immagini di un corteo, composto da almeno cento gabbie con all'interno almeno sette od otto persone, sfilare lungo una città del Ghouta in un'atmosfera di gogna che ha poi preceduto l'allocazione di tali gabbie sopra i tetti dei palazzi più alti.
Non c'erano nemici o militari dentro quelle sbarre improvvisate, bensì solo civili colpevoli di essere alawiti come il presidente Assad; un'azione criminale di inaudita crudeltà, compiuta tra gli sguardi attoniti dei mariti che vedevano le proprie mogli rinchiuse come animali e portate chissà dove, senza forse la possibilità di rivederle. Il Ghouta Est è dal 2012 occupato, è questo il verbo giusto da utilizzare, da gente senza scrupoli ed i cui atti criminali sono inqualificabili oltre che ingiustificabili; gruppi di terroristi armati e sostenuti, politicamente e non solo, da quei paesi che hanno da subito appoggiato la presunta rivolta siriana anti Assad in nome proprio della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Un'accozzaglia di integralisti e terroristi che dal 2012 tiene sotto scacco Damasco, non solo intesa come sede del governo siriano, ma come città dove vivono almeno due milioni di persone la cui quotidianità è provata dal pericolo di uscire da casa e beccarsi un colpo di mortaio sparato dal Ghouta.

Come viene vissuta a Damasco la nuova operazione

Intanto, mentre si fa riferimento da più parti alle conseguenze dei raid siriani e russi nelle città del Ghouta, nel cuore della capitale siriana la popolazione vive nel terrore delle ritorsioni islamiste per l'operazione avviata dall'esercito fedele ad Assad; nella giornata di lunedì, un razzo ha colpito un taxi in una delle vie più trafficate di Damasco, uccidendo un civile. Questo è soltanto l'ultimo episodio che vede la città più popolosa della Siria essere oggetto di attacchi a colpi di mortaio e razzi da parte delle sigle che controllano il Ghouta, i quali non hanno mancato di provocare nell'ultimo mese ancora morti e feriti; la percezione di una sicurezza sempre più precaria rischia di impadronirsi degli animi dei damasceni, anche se la popolazione continua a vivere la sua quotidianità nella speranza che l'assalto alle posizioni delle sigle jihadiste a pochi chilometri dal centro possa finalmente allontanare per sempre la guerra dalla città.
Soffrono sia i damasceni che gli abitanti del Ghouta Est, del resto gli innocenti sono tali in quanto parti non direttamente in causa del conflitto ed è per questo che da entrambe le parti essi vivono il comune destino di essere vittime di un qualcosa più grande di loro; pur tuttavia, dimenticarsi cosa accaduto in questa regione già cinque anni fa, omettendo le crudeltà commesse da chi ha occupato questa zona, è un'operazione che rischia di prolungare l'agonia di milioni di civili, siano essi di Damasco, del Ghouta o di altre zone di questo martoriato paese.

01 marzo 2018

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 28 febbraio 2018


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
I Quad preparano un contro-progetto alla via della seta
 

 
La Turchia annuncia di stare preparando l'invasione della Grecia
 

 
Manifestazione nazista a Sofia
 

 
L'Istituto Reuters non considera Voltairenet.org fonte di Fake News
 

 
Boris Johnson ripristina la sovvenzione ad Al Qaeda via CSSF
 

 
Verso la spartizione dello Yemen
 

 
Israele difende l'occupazione illegale del Golan
 

 
Iran: un referendum per abolire la funzione di Guida della Rivoluzione?
 
Controversie

 
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PTV News 27.02.18 - No Comment - Ghouta, continua la caccia ai tagliagole

28 febbraio 2018

“Vi prego, raccontate la verità: i terroristi occupano la Ghouta”


Ci sono momenti in cui anche una raffica di kalashnikov sembra nulla. Quella che risuona nel telefono, mentre sono in linea con Damasco e parlo con suor Yola Girges, è la sparatoria rituale che accompagna il funerale di un soldato siriano morto nella battaglia per Ghouta, il sobborgo ancora controllato dai terroristi islamisti. Suor Yola, nata a Damasco in una famiglia originaria però di Ghassanieh (provincia di Idlib), un villaggio cristiano del Nord dove nel 2013 fu ucciso il francescano padre Francois Mourad e dove tuttora sono insediati i terroristi di Al Nusra, è una delle missionarie del Cuore Immacolato di Maria che lavorano nella casa della Custodia di Terra Santa presso il Memoriale delle Conversione di San Paolo, nella capitale siriana. Siamo nei quartieri di Tabbaleh, Bab Touma e Dawaleh, dove si concentrano i cristiani. E come molti altri cristiani e religiosi di Siria, anche suor Yola è indignata per il modo in cui la guerra viene raccontata in Europa.
"Oggi, nel quartiere Taramana, si svolgono i funerali di dodici civili ammazzati dai missili sparati dai ribelli di Ghouta. Due settimane fa un colpo di mortaio è esploso nel giardino della nostra casa. Qualche giorno fa un altro razzo ha colpito un edificio sull'altro lato della strada e tutte le nostre finestre sono esplose. Da settimane, ormai, quando usciamo di casa non sappiamo se faremo ritorno. In questo periodo, inoltre, i terroristi hanno cominciato a colpire proprio quando nelle scuole finiscono le lezioni, per creare ancora più panico. Solo nel nostro asilo, l'anno scorso abbiamo perso quattro bambini, uccisi da un mortaio insieme con il loro papà, e nel 2012 una bambina, ammazzata da un missile per strada insieme con la mamma, che era una nostra catechista. Per non contare i bambini feriti o traumatizzati Eppure nessuno ne parla, nessuno dice niente. Chi si occupa dei nostri morti?".
Adesso tutta l'attenzione è concentrata su Ghouta e le organizzazioni umanitarie parlano di molti morti tra i civili…
"Bisogna raccontare tutta la verità. Ghouta è un'area di 1800 chilometri quadrati, occupata dai terroristi fin dall'inizio della guerra. In questi sette anni, i razzi da loro lanciati hanno provocato più di mille morti tra i civili nella sola Damasco. Per quanto tempo ancora si poteva sopportare tutto questo? Inoltre, tutti sanno che i militanti dell'Isis e di Al Nusra che si sono concentrati a Ghouta hanno portato con sé le famiglie, che ora usano come scudi umani. Sia per fermare gli attacchi dell'esercito sia per destare la reazione compassionevole del mondo. Nessuno vuole che muoiano dei civili, da nessuna parte. Ma il meccanismo è chiaro".
La Casa della Custodia di Terra Santa presso il Memoriale di San Paolo è stata testimone fedele, in questi anni, del martirio della Siria. Fondata come casa di accoglienza per i pellegrini, con l'arrivo della guerra si è messa a disposizione di chi più soffriva.
"All'inizio", spiega suor Yola, "abbiamo accolto 30 famiglie di rifugiati da Homs, dove c'era un quartiere con 75 mila cristiani. Passata quella fase, ci siamo messi a disposizione dei malati, soprattutto quelli di tumore, che dalle più diverse zone della Siria, a causa della guerra, potevano seguire le terapie solo a Damasco. Infine, abbiamo dato alloggio alle famiglie, e purtroppo sono state tante, che avevano deciso di emigrare e dovevano fermarsi qui nella capitale per ottenere i visti. Alcune di quelle famiglie, purtroppo, sono state inghiottite dal Mediterraneo".
Negli ultimi anni, comunque, la Casa ha cercato di provvedere ai bisogni dei più deboli e indifesi, i bambini. "Abbiamo un asilo con 150 bambini", racconta suor Yola, "in maggioranza di famiglie povere o rifugiate a Damasco da zone occupate dai terroristi o investite dai combattimenti. Poi abbiamo un centro catechistico che segue 400 bambini e ragazzi, da quelli delle scuole elementari agli universitari. L'anno scorso, poi, abbiamo avviato un'attività di sostegno psicologico ai bambini traumatizzati dalla guerra che quest'anno, su sollecitazione degli stessi genitori, abbiamo allargato e approfondito. Lavoriamo con bambini fino ai 13 anni e con l'aiuto di dodici volontari, studenti universitari che abbiamo preparato con appositi corsi tenuti da specialisti. Infine, due mesi fa, abbiamo varato anche dei corsi di educazione musicale, anche per dare ai giovanissimi un'alternativa rispetto alle interminabili giornate passate in casa perché è troppo pericoloso giocare fuori. Si sono iscritti in cinquanta ma siamo sicuri che il numero crescerà".
Adesso, però, le attività della Casa, come quelle di tutte le altre Chiese cristiane rappresentate a Damasco, sono bloccate. Piovono missili e, come dice suor Yola, "non potevamo chiedere ai genitori di rischiare la vita dei figli per portarli qua". È la Siria, da troppi anni in guerra.

27 febbraio 2018

REPUBBLICA / GENUFLESSA DAVANTI AL “MANGIAPAESI” SOROS


Repubblica sempre sugli scudi. Stavolta per la super difesa d'ufficio di George Soros, il finanziere internazionale d'assalto che per hobby massacra – via speculazioni finanziarie – le economie deboli, per poterle mangiare meglio a pezzi e bocconi.
Nel mirino di Alessandra Longo un grigio colonnino a pagina dieci titolato 'la frase' – c'è Elio Lannutti, lo storico fondatore di Adusbef, la sigla nata per difendere i risparmiatori. Lannutti è uno dei candidati di maggior prestigio tra i 5 Stelle al voto del 4 marzo: motivo 'ottimo e abbondante', per il quotidiano diretto da Mario Calabresi, di un attacco frontale, sguaiato e volgare. Ma nulla ormai stupisce nella campagna griffata Repubblica tutta pro Pd, genuflessa davanti alla sagoma dell'ex premier Matteo Renzi.
Ha cavalcato per giorni la fake dei rimborsi grillini, paginate su paginate zeppe di nulla. E ora – per la volata finale – eccoci agli attacchi ad personam che neanche nella più sgarrupata bettola di periferia.
In dettaglio, il pretesto per l'assalto all'arma bianca è un tweet messo in rete da Lannutti sulla corsa al voto di Emma Bonino, corsa sponsorizzata dai lauti finanziamenti targati Soros, come ormai sanno anche le pietre.
Apriti cielo. La signora o signorina Longo viene morsa dalla tarantola e imbandisce la sceneggiata.
Ecco il suo Verbo: "Ha lasciato uscire allo scoperto quelli che contano. Poi Elio Lannutti, ex senatore dell'Italia dei Valori che ha ritrovato con i Cinquestelle una candidatura per ricominciare, si è scagliato contro il miliardario in dollari George Soros". Allo scoperto cosa? Già zoppica in italiano, lady Longo.
Che poi prosegue, lancia in resta: "Sfiorando il senso del ridicolo, Lannutti interviene con un tweet indirizzato ad Emma Bonino: la accusa di essere una sponsor degli immigrati irregolari 'finanziata dal criminale George Soros'. Lannutti non lo conosce proprio, ma il suo istinto animalesco lo rende diffidente". Davvero british, lady L.
La quale poi spreme le fumanti meningi: "O forse si è procurato i Protocolli dei Savi di Sion e si è convinto che sia alle porte un complotto demo-pluto-giudaico-massonico".
Non soddisfatta, la penna di Repubblica continua ad esondare: "Lannutti si accoda a quello che ha già detto, con più dovizia di dettagli, Matteo Salvini". E poi anche Giorgia Meloni, aggiunge.
Siamo alle trombe: "Posizioni caricaturali che rimettono in circolo veleni, falsi novecenteschi e antisemitismo subliminale". Da 113.
E il botto finale: "Lannutti, fustigatore di banche e 'lobby di palazzo' non poteva non dire la sua".
Purtroppo può dire la sua e scrivere a ruota del tutto libera le sue idiozie, lady Longo.


Elio Lannutti.
In apertura, l'idillio politico fra Emma Bonino e George Soros
Sa, l'aspirante Pulitzer, che quella viola mammola di Emma Bonino è nel 'board' della Open Society Foundation, la corazzata di casa Soros, unico italiano a 'bordo'? Che Open Society non è dedita a professare il verbo di San Francesco ma a comprare in borsa e non solo i destini di parecchi paesi al collasso? Che le Ong finanziate dal magnate non brillano per trasparenza & solidarietà? Che la stessa Bonino – come ha di recente documentato un'inchiesta della Voce che potete leggere tra i link in basso – fa capolino in diversi altri board eccellenti sempre targati Soros?
Torna sul luogo del delitto, il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ma senza oggi più alcuna identità, come ha diagnosticato uno che la conosce come le sue tasche, Carlo De Benedetti. Dal momento che Repubblica, solo pochi giorni fa, il 10 febbraio, ha dedicato un'intera pagina per un altro inno all'eroe dei due mondi, il filantropo mangiapaesi. A firmare la genuflessione, stavolta, Ettore Livini.
Sorge a questo punto spontanea la domanda: a cosa si deve la neo santità di Soros? A quale prodigio è ascrivibile un così genuino servilismo giornalistico-editoriale? E ancora: forse porte e portoni di Repubblica sono in ansiosa attesa delle disinteressate donazioni del filantropo universale? O qualche generoso cadeau è già arrivato?

LEGGI ANCHE
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9 febbraio 2018 di Andrea Cinquegrani
SOROS / REPUBBLICA STREGATA DAL FILANTROPO MANGIAPAESI 
10 febbraio 2018 di PAOLO SPIGA
GEORGE SOROS ALL'ASSALTO / PRIMA LA CATALOGNA, QUINDI LA MACEDONIA. E POI ?
1 novembre 2017 di Andrea Cinquegrani

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26 febbraio 2018

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 21 02 2018


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Les Quads préparent un contre-projet à la route de la soie
 

 
La Turquie annonce préparer l'invasion de la Grèce
 

 
Manifestation nazie à Sofia
 

 
Boris Johnson rétablit le subventionnement d'Al-Qaïda via le CSSF
 

 
L'Institut Reuters ne considére pas Voltairenet.org comme source de Fake News
 

 
Vers la partition du Yémen
 

 
Israël s'accroche à son occupation illégale du Golan
 

 
Un référendum en Iran pour abroger la fonction de Guide de la Révolution ?
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Liste des 682 participants à la Conférence sur la Sécurité de Munich 2018
 

 

« Horizons et débats », n°4, 19 février 2018
La paranoïa anti-Russe
Partenaires, 21 février 2018

« Horizons et débats », n°3, 5 février 2018
La Doctrine sociale de l'Église
Partenaires, 21 février 2018
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25 febbraio 2018

L'Istituto Reuters non considera Voltairenet.org fonte di Fake News

L'Istituto Reuters dell'Università di Oxford per lo studio del giornalismo ha pubblicato una ricerca sulla diffusione in Francia e Italia delle false notizie via internet. Per la Francia, l'Istituto Reuters si è basato sulla lista dei siti «non affidabili» redatta da Le Monde e ne ha escluso Voltairenet.org. Pubblicato in una decina di lingue, Voltairenet.org in quindici anni è diventato fonte di analisi riconosciuta da numerosi ministeri degli Esteri e della Difesa nel mondo, che riprendono i (...)

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