5 novembre 2009 - 14.20
Il tappo della democraziaGianni Letta dice che la banda larga può aspettare. Come poteva aspettare Europa7 ad avere le frequenze che aveva regolarmente vinto, come dovrà sempre aspettare chiunque possa mettere in crisi il monopolio assoluto sui media e sull'informazione. Gianni Letta è il braccio destro del tappo della democrazia italiana: un metro e mezzo di sughero misto a cerone e lacca che impedisce ai pensieri, alla cultura, a un dibattito effervescente e superiore di fluire liberamente da un cittadino all'altro. In Finlandia la banda larga è un diritto legale. Dal 2015 tutti navigheranno a 100 Megabit. In Germania il 75% delle case l'avrà entro il 2014. La Francia sta investendo 10 miliardi di euro per servire 4 milioni di case entro il 2012. Noi avevamo stanziato 800 pidocchiosissimi milioni di euro. L'hanno congelati. Perché c'è la crisi. Ma come, non bisognava dare un segnale di ottimismo ai mercati? L'Europa ha stimato che la banda larga porterà un milione di posti di lavoro fino al 2015 e una crescita dell'economia europea di 850 miliardi di euro. O i segnali di ottimismo valevano solo per le vostre aziende di famiglia? Diamo 4 miliardi e mezzo all'anno alla Chiesa Cattolica e non abbiamo 800 milioni per dare una speranza a milioni di italiani che sono in coma farmacologico, esanimi, privi di volontà, proni di fronte al grande proiettore di cazzate di Emilo Fede più di quanto non fosse Marrazzo davanti a Natalie e Brenda? E' questa la grande mobilitazione da farsi! Altro che no-cav, la libertà di stampa e i diritti dello stercoraro della Patagonia. Questo è il diritto fondamentale che si porta dietro tutti gli altri. E' giunto il momento di dire con forza, tutti insieme, per strada, nelle piazze, attraverso tutti i media e con ogni altro mezzo possibile e immaginabile: VOGLIAMO LA BANDA LARGA! |
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05 novembre 2009
Byoblu.Com - Il tappo della democrazia
03 novembre 2009
Byoblu.Com - Gasparri, ministro senza... Borsellino
3 novembre 2009 - 06.45
Gasparri, ministro senza... BorsellinoLo stato di diritto è finito. In maniera strisciante, silenziosa, i nostri diritti se ne vanno. Uno ad uno. Solo che non ce ne accorgiamo, storditi dai fuochi artificiali degli spettacoli televisivi, distratti dal chiacchiericcio delle comari che pubblicano gossip politico e autoreferenziale sulle prime pagine dei giornali. Mentre alcuni talk-show politici somigliano più a una puntata di Zelig - dove tutti ridono fragorosamente rilanciandosi battute e dileggi - che a un dibattito sull’arte del buon governo, le strade si svuotano e vengono confiscate dallo stato di polizia. Ciò che era pubblico diviene inesorabilmente privato, comprato da chi spende e intende il consenso elettorale come se ogni voto conseguito fosse moneta sonante, come se ogni scheda o preferenza acquisita fosse l’equivalente di un pacchetto azionario, una stock-option sulla società italiana, che era una società civile, mentre oggi è una società per azioni: l’Italia S.p.A. Gli italiani sono diventati dipendenti. Dai e dei media, che poi coincidono con i loro padroni. I sindacati sono stati aboliti. Se ti lamenti, perdi i tuoi diritti di cittadinanza e vieni spento, silenziato, annullato come se non fossi mai esistito. Se ti va male finisci in galera e non ne esci più. Quantomeno non vivo. I pochi nostalgici che provano ad esercitare un diritto, quello della libera manifestazione del dissenso, della critica, vengono immediatamente avviluppati, inattivati, resi inerti. Si moltiplicano ormai in lungo e in largo gli episodi di contestazione a questa nuova morale del tornaconto personale. Chi serba ancora, gelosamente custodito tra i suoi ricordi più intimi, memoria del tempo nel quale il cittadino aveva diritto di parola e la dialettica era vista come un arricchimento del tessuto democratico, non come un fastidio da reprimere con disprezzo, lo tiene per sé. Sa bene che se commettesse l’errore di provare a trasferire il principio astratto della sovranità popolare nell’ologramma multimediale cui è ridotta la nostre Repubblica, verrebbe isolato, trattato come un’interferenza nel segnale, azzittito dai suoi stessi concittadini, come accade al cinema quando un vicino molesto fa un rumore che risveglia dall’incanto ipnotico una moltitudine di individui estremamente vicini ma disperatamente soli. I cittadini che escono dalle loro case per essere partecipi della vita reale, quella che – paradossalmente - fluisce al di fuori dei reality-show, rischiano grosso. Rischiano l’incolumità fisica, fronteggiati da eserciti in tenuta antisommossa che invece di essere impiegati per debellare le mafie, la camorra e la criminalità organizzata, sono addestrati e stipendiati per impedire ai padri di famiglia, alle madri e ai loro ragazzi di esprimere ogni pensiero che non sia omologato e conforme alle opinioni ufficiali, quelle che ogni sera i telegiornali pubblicano come un gazzettino, un decalogo delle idee lecite e consentite. Rischiano l’incolumità psicologica, sottoposti ad un linciaggio morale e mediatico ottenuto grazie alla mistificazione più sleale e scorretta, in un gioco di continui ribaltamenti tra il vero e il falso, tra il giusto e l’ingiusto che non si fa scrupolo di commettere scempio della verità e dei fatti. Rischiano la libertà e la stessa vita, annotati in elenchi di sorvegliati speciali, seguiti per le strade e nei locali pubblici, intimiditi dalle forze dell’ordine, identificati, perquisiti, talvolta perfino prelevati a casa come terroristi, nemici non della patria ma dei padrini, conseguenza di un difetto nel software di tele-inoculazione, fisiologica percentuale di individui autoimmuni da eliminare con i cari vecchi metodi tradizionali dell’era pre-televisiva: la rimozione fisica. Ieri mattina a Pescara, davanti al Palazzo della Provincia, si è consumata l’ennesima farsa, l’ennesima mortificazione dei valori millenari che la nostra civiltà ha sintetizzato nel tentativo di edificare una costruzione che si trovasse in equilibrio e in armonia con i diritti e i doveri di ogni essere umano, perché i forti non fossero tali solo con i deboli e perché i deboli avessero, mediante l’esercizio della bilancia istituzionale, il mezzo per diventare forti ed alimentare il moto perpetuo della dialettica democratica. Un gruppo di cittadini, armati della sola agenda rossa di Paolo Borsellino – simbolo di quella parte corrotta delle istituzioni che ha ordinato quella che viene definita non una strage di mafia, bensì una vera e propria strage di stato -, si è dato appuntamento ad un convegno organizzato in occasione del XIV Premio Borsellino, con l’intento di attendervi ed esprimere il proprio dissenso rispetto alla partecipazione di Maurizio Gasparri in qualità di ospite. Giusto o sbagliato che fosse, nell’esercizio dei loro diritti costituzionali, questi cittadini della Repubblica Italiana hanno ritenuto che il portavoce al Senato dell’onorevole Marcello Dell’Utri, condannato a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, non fosse in alcun modo titolato per onorare, commemorare e celebrare la memoria di Paolo Borsellino, saltato in aria con la sua scorta il 19 luglio 1992, in via D’Amelio. Nonostante il convegno fosse aperto al pubblico e nonostante l’unica voce che si levasse dalle loro fila fosse quella di un libricino rosso tenuto stretto in in una mano tesa verso il cielo, è stato loro vietato l’ingresso all’aula. Nell’era del decadimento dello stato di diritto, non c’è bisogno di alcuna motivazione per negare la rappresentanza ad un gruppo di cittadini: si mente, tutt’al più si tace. Alle ripetute richieste di una spiegazione ufficiale è lecito non dare alcuna risposta, e perfino darne una falsa. Un faraone non deve nulla ai suoi schiavi, e neppure un padrone ai suoi operai. Non una banda di incalliti delinquenti, non un manipolo di facinorosi teppistelli, ma ragazzi e ragazze di buona famiglia, colti, educati. Tra di loro perfino alcuni consiglieri comunali e circoscrizionali. Ecco chi è stato allontanato come un gruppetto di giovincelli ubriachi tenuti alla larga dal buttafuori di una discoteca. Questo è uno stato di buttafuori, senza nessuna dignità né alcun rispetto per la persona. Camorristicamente parlando: “La gente sono vermi e devono rimanere vermi”. Quando la Consigliera Circoscrizionale Lea Del Greco, in virtù del suo ruolo istituzionale, è riuscita a superare le fitte maglie dei bravi posti ad invalicabile baluardo tra i cittadini e i loro diritti, si è trovata di fronte a un’aula semivuota – non strapiena, dunque, come aveva sostenuto il vice-questore nel tentativo di giustificare l’ingiustificabile divieto di accesso – e ad uno scenario irreale e fiabesco, fatto di madamigelle scollacciate e politici locali ossequiosi, preoccupati di non sfigurare, in un andirivieni di servi e lacchè disperatamente intenti a compiacere il loro ospite potente, possibile viatico per una opportunità di carriera o di commercio da non lasciarsi sfilare di mano per colpa di una stupida questione di articoli costituzionali e diritti di cittadinanza. Fuori dal palazzo, che il popolino continuasse pure ad agitare quelle insulse rubrichette rosse! A chi in seguito avrebbe sostenuto di avere avuto l’accesso negato, sarebbe stato semplice rispondere: “lei non ha mica chiesto di entrare”, cosa che in effetti è stato davvero risposto ad una incredula ed alquanto basita Lea Del Greco, a fronte dell’ennesima rimostranza con richiesta di citazione degli articoli di legge che giustificavano questa disparità di trattamento. Richiesta, com’è ovvio, rimasta totalmente inevasa. Ma la ciliegina sulla torta doveva ancora arrivare. La democrazia, ovvero il potere del popolo, è talmente ormai un’espressione vuota e priva di ogni reale significato, che anche solo avvicinare colui che il popolo demanda ad amministrare i suoi interessi è impresa non solo ardua, ma addirittura pericolosa. Perfino se a farsi portavoce presso un Ministro di Sua Maestà è una giovane donna avvenente, raffinata, colta e gentile, che tenta di porgere con tatto ed educazione quella che a tutti gli effetti sarebbe potuta sembrare a Gasparri una lettera d’amore, ben infiorettata e minuziosamente ripiegata, se un indelicato, rozzo e bavoso cane da guardia di pavloviana memoria non avesse afferrato il polso della giovane come un soldato israeliano afferrerebbe la mano di un attentatore suicida palestinese che sta per innescare il detonatore, con l’intento non meglio decifrabile di accartocciare un’arma letale – il foglio di carta che Lea avrebbe potuto impugnare di taglio per squarciare la gola di Gasparri all’altezza della giugulare – o forse di invitarla per un improbabile giro di walzer, avendola improvvidamente scambiata per una di quelle veline che negli ambienti regali è possibile reperire a buon mercato. Nonostante il destino avverso, la lettera contenente le dieci domande del popolo delle agende rosse perviene alfine tra le mani del portavoce di Dell’Utri – essendo Gasparri capogruppo PDL al Senato, ed essendo Marcello stato premiato in seguito alla condanna con la carica di senatore –, quel Dell’Utri per il quale Mangano non strozzava i bambini ma era al contrario un eroe. Che Maurizio Gasparri - Ministro di un governo che querela chi fa le domande, anziché rispondere - non avrebbe minimamente preso in considerazione l’eventualità di soffermarsi a disquisire punto a punto sul contenuto della lettera, credo che fosse un fatto largamente assodato per tutti. Che invece, dopo essersi appropriato della memoria di un uomo che ha combattuto strenuamente la mafia ed ogni compromesso morale, volesse appropriarsi anche dei legami familiari di Paolo Borsellino, esautorando il fratello Salvatore che sarebbe stato nientedimeno addirittura “disistimato” dallo stesso Paolo, questo era francamente meno prevedibile. Grazie alla videocamera del popolo delle agende rosse di Pescara, il blog ha ricevuto le immagini di quanto accaduto ed ha così potuto fare ascoltare le dichiarazioni di Maurizio Gasparri a Salvatore Borsellino, raccogliendo le sue prime reazioni a caldo. Guardate il video accluso a questo articolo: Gasparri, Ministro senza… Borsellino! Dopo la conclusione del convegno, il presidente ed il vice-presidente di Espressione Libre, Antonio Mancini ed Emanuele Mancinelli, che erano presenti alla contestazione delle agende rosse, sono stati pedinati dalla Polizia fino a quando non sono entrati in un fast-food. Lì, mentre stavano mangiando, sono stati raggiunti ed è stato richiesto loro di esibire i documenti, senza che nessun giustificato motivo venisse loro addotto. Gli agenti di polizia si sono dunque allontanati, per tornare poi con una piccola agenda in mano – si spera non rossa – sulla quale hanno scrupolosamente annotato i nomi sui citofoni delle due abitazioni dei ragazzi. Anche questa è l’Italia S.p.A.: si va a contestare il potere mafioso, e si riceve una visita della polizia a casa. |
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01 novembre 2009
Strategie per una guerra mondiale: 20 minuti con Obama sull'11/9
di Charlie Sheen - Infowars.com.
Recentemente ho avuto il piacere di sedermi accanto al nostro 44° Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Hussein Obama, mentre era in giro a promuovere la sua iniziativa di riforma dell’assistenza sanitaria. Ho chiesto 30 minuti data la portata e il dettaglio della mia indagine; mi hanno detto che avrei potuto averne 20.
Venti minuti, 1200 secondi, non proprio un granché di tempo per far domande al Presidente su uno dei più importanti eventi nella storia della nostra nazione. Quella che segue è la trascrizione della nostra notevole discussione.
Charlie Sheen - Buongiorno signor Presidente, la ringrazio tanto per sottrarre del tempo dalla sua impegnativa agenda.
Presidente Barack Obama - Prego, il contenuto della sua richiesta mi sembrava qualcosa su cui avrei dovuto ritagliare qualche minuto.
CS - Vorrei sottolineare che ho votato per lei, per come le sue promesse di speranza e di cambiamento, trasparenza e responsabilità, così come la messa del governo nelle mani del popolo americano, ha toccato in me una corda emotiva che non avevo sentito da un bel po’ di tempo, forse mai.
PBO - E io lo apprezzo Charlie. Grande appassionato dello spettacolo, peraltro.
CS - Signore, non riesco a immaginare quando potrebbe trovare il tempo per vedere davvero il mio spettacolo data la misura di ciò che ha ereditato.
PBO - L’ho visto in DVD sull’Air Force One. Una piacevole pausa dal gruppo dei corrispondenti in viaggio. (Dà un’occhiata al suo orologio). Non per essere brusco o per farle fretta, ma le rimangono 19 minuti.
CS - Lo prendo come un invito a tagliare corto.
PBO - Sono tutto orecchi. O almeno così mi è stato detto.
CS – Signor Presidente, a breve avremo il nostro primo anniversario dell’11/9 con lei come Comandante in Capo.
PBO - Sì. Una giornata davvero solenne per la nostra Nazione. Una giornata di riflessione e già pure una giornata di coscienza storica.
CS – Proprio così, davvero così.... Ora, nel cercare la sua posizione per quanto riguarda gli eventi dell’11/9 e la successiva indagine che ne seguì, sono nel giusto se ho capito che lei appoggia in pieno e approva le risultanze della relazione della Commissione altrimenti nota come la ‘versione ufficiale’?
PBO – Dovrei avere qualche ragione per non farlo? Dato che la maggior parte di noi è ragionevolmente in possesso di elementi simili.
CS - Desidererei veramente che fosse così, signore. È consapevole, signor Presidente, delle recenti sbalorditive rivelazioni secondo cui il sessanta per cento dei membri della Commissione sull’11/9 ha dichiarato pubblicamente che il governo ha concordato di non dire la verità sull’11/9 e che il Pentagono era impegnato in un inganno deliberato circa la sua risposta all’attacco?
PBO - Sono consapevole di alcuni “contrasti interni” nel corso del loro accuratissimo e instancabile processo investigativo.
CS - Signor Presidente, è difficile derubricare questo tipo di attrito al rango di “contrasti interni” o fare il temerario salto fino ad “accuratissimo”, quando le prove su cui insisto affinché le esamini in relazione a 6 dei 10 membri sono dati di fatto.
(A questo punto uno degli assistenti senior di Obama si avvicina al Presidente e gli sussurra in un orecchio. Obama dà una rapida occhiata al suo orologio e annuisce non appena l’assistente riprende il suo posto sulla porta direttamente dietro di me.)
PBO – Non per mancanza di riguardo, signor Sheen, ma devo chiederglielo, cos’è che lei sembra voler implicare con la direzione iniziale di questa discussione?
CS - Io non intendo implicare nulla, signor Presidente. Sono qui per presentare i fatti e vedere cosa lei intende farne.
PBO – Mi faccia indovinare; i suoi ‘fatti’, a presunto supporto di queste affermazioni, sono nelle cartelle che ha portato con sé?
CS – Indovina bene, signor Presidente.
(consegno la prima cartella di documenti al Presidente)
CS - Ancora una volta signore, queste non sono opinioni o ipotesi mie, questi sono tutti argomenti di pubblico dominio, riportati attraverso i media mainstream, faticosamente controllati nei fatti e verificati.
(il Presidente dà un’occhiata all’interno della cartella che gli ho fornito)
CS - Noterà su una pagina del fascicolo datata 6 agosto, presa dal «Washington Post», fra le dichiarazioni di John Farmer, consulente senior per la Commissione sull’11/9, una sua frase che afferma: «Sono rimasto scioccato per come la verità fosse così diversa dal modo in cui è stata descritta».
PBO - (mentre scorre il rapporto, quasi impercettibile) .... um hmm....
CS – Aggiunge inoltre: «I nastri [della Difesa Aerea del NORAD] rivelano una storia radicalmente diversa da quella raccontata a noi e al pubblico per due anni...».
(il Presidente continua a visualizzare i documenti)
CS - Nelle pagine due e tre, signore, ci sono le dichiarazioni, ancora, dei co-presidenti della Commissione Thomas Kean e Lee Hamilton, dei commissari Bob Kerrey, Timothy Roemer e John Lehman, così come le dichiarazioni del commissario Max Cleland, un ex -senatore della Georgia, che si è dimesso con la seguente dichiarazione:
«È uno scandalo nazionale. Questa indagine è ormai compromessa. Un giorno o l’altro dovremo conoscere l’intera storia, perché la questione 11/9 è importantissima per l’America. Ma la Casa Bianca vuole insabbiare tutto.»
Ha anche descritto la smania del presidente Bush di ritardare il processo, per non danneggiare il tentativo di farsi rieleggere nel 2004. Sospettavano l’inganno, fino al punto di considerare di rinviare la questione al Dipartimento di Giustizia per le indagini penali. Signor Presidente, questa informazione da sola pone inequivocabilmente le fondamenta per una nuova inchiesta!
PBO – Di errori ne sono stati chiaramente compiuti, ma noi, come popolo e come paese abbiamo bisogno di andare avanti. È ovviamente nel nostro migliore interesse in qualità di società democratica concentrare i nostri sforzi e le nostre risorse sul futuro di questa grande nazione e sulla nostra capacità di proteggere il popolo americano e i nostri alleati da questo tipo di terrorismo negli anni a venire.
CS - Come possiamo concentrarci sul futuro, quando la Commissione stessa mette a verbale che non sa ancora la verità?
PBO - Anche se quello che lei afferma potesse in qualche modo cominciare ad affrontare una discussione aperta o un dibattito equilibrato, io non posso parlare a nome di, né in merito alle decisioni che alcuni membri della commissione hanno preso nel corso di un periodo estremamente difficile. Forse lei dovrebbe interpellare loro, anziché me. Aspetti, non mi dica, ero più facile da rintracciare di quanto non lo fossero loro?
CS - Non proprio, ma cerchiamo di essere franchi. Lei è il Presidente degli Stati Uniti, il leader del mondo libero, alla fine le decisioni sono sue. L’11/9 è stato il pretesto per lo smantellamento sistematico della nostra Costituzione e del Bill of Rights. La sua amministrazione sta leggendo dallo stesso canovaccio che l’amministrazione Bush ha imposto all’America per mezzo di segreti e inganni ben dimostrati.
PBO - Signor Sheen, mi sta venendo difficile starmene qui seduto ad ascoltarla mentre traccia delle analogie distorte tra il metodo di governo Bush/Cheney e il mio.
CS - Signor Presidente, le analogie non sono distorte solo perché lei dice che lo sono. Aderiamo ai fatti. Lei ha promesso di abolire il Patriot Act e poi ha votato per ri-autorizzarlo. Si è impegnato a porre fine alle intercettazioni senza garanzia contro il popolo americano e ora le difende con energia. Lei condannava la prassi degli arresti extragiudiziali e ora la continua. Ha promesso tante volte durante la campagna elettorale che avrebbe posto fine alla pratica della detenzione indefinita e, invece, la ha ampliata al rango di detenzione permanente di “detenuti” senza processo. Questo supera di gran lunga gli scandali della precedente amministrazione. Mi dia del matto, signor Presidente, ma non è questo il suo rendiconto?
PBO - Signor Sheen, il mio staff e io abbiamo autorizzato questa intervista sulla base della sua richiesta di discutere l’11/9 e fornire alcune informazioni aggiuntive che lei è convinto io non avrei precedentemente esaminato. Mi dia del matto, ma sembra che lei abbia ciecamente vagato fuori tema.
CS -Gli esempi che ho appena illustrato sono un risultato diretto dell’11/9.
PBO - E io le sto dicendo che dobbiamo andare avanti, dobbiamo attraversare questi anni a venire così pericolosi e politicamente problematici.
CS - Signor Presidente, non possiamo andare avanti con il labirinto senza fondo di domande senza risposta che circonda quel giorno e le sue conseguenze.
PBO - Ho letto la relazione ufficiale. Ogni parola, ogni pagina. Forse lei dovrebbe fare lo stesso.
CS – L’ho fatto signor Presidente, e così hanno fatto migliaia di familiari delle vittime, e indovini un po’, fanno le mie stesse domande e forse molte di più. Io non ho perso uno dei miei cari in quel giorno terribile, signor Presidente, e nemmeno lei. Ma da allora io, insieme a milioni di altri americani, abbiamo perso qualcosa che ritenevamo vera e cara per la maggior parte della nostra vita in questo nostro grande paese; abbiamo perso la nostra speranza.
PBO - E io vorrei far conto sul fatto che sono qui per ricostituire quella speranza. Per ripristinare la fiducia nei vostri leader, nel sistema attraverso cui gli elettori scelgono una transizione pacifica del potere.
(Uno strano momento di silenzio tra di noi. Tempo prezioso che se ne va nel ticchettio).
CS - Signor Presidente, è consapevole del numero di giorni che ci volle per iniziare l’indagine sull’assassinio di JFK?
PBO - Se la memoria non m’inganna credo che siano state due settimane.
CS - Fuochino. Diciassette giorni di tempo per essere esatti. Lei sa, signore, quanto tempo ci è voluto per iniziare l’indagine su Pearl Harbor?
PBO - Direi ancora una volta circa .... due settimane.
CS – Di nuovo fuochino, signore, undici giorni per essere esatti. È a conoscenza signor Presidente, del tempo che ci è voluto per avviare l’inchiesta sull’11/9?
PBO – Lo so che deve essere apparso come un tempo molto lungo per tutte le famiglie colpite dal lutto.
CS – È stato un tempo molto lungo signor Presidente: quattrocentoquaranta giorni. Circa 14 mesi. Non le dà fastidio signor Presidente, che ci siano volute appena CINQUE ORE per il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld dopo l’attacco iniziale per raccomandare e approvare un’offensiva su larga scala contro l’Iraq?
PBO - Io non sono a conoscenza di una tale presunta richiesta.
CS - Ho le prove Signor Presidente, insieme a decine di documenti e fatti ai quali vorrei che lei desse un’occhiata. Qui.
(Gli allungo un altro documento, di spessore molto più grande rispetto al primo)
PBO - Vedo che lei è venuto preparato, Charlie.
CS – Non c’è altro modo di esporre, signor Presidente. In caso di dubbi prepariamoci di più, dico sempre.
PBO - Ora parla come la First Lady.
CS - Questo è un bel complimento.
PBO - Come desidera. La prego di continuare.
CS - Signor Presidente, vorrei attirare la sua attenzione sulla pila di documenti nella cartella che le ho appena consegnato. Il primo in cima è intitolato “Operazione Northwoods”, un piano declassificato del Pentagono inteso a mettere in scena degli attentati terroristici sul suolo americano, da attribuire a Cuba come un pretesto per la guerra.
PBO - E vorrei attirare la sua, di attenzione, sul fatto che al principale redattore di questo improbabile progetto fu rapidamente negato un secondo mandato di presidente degli Stati Maggiori Riuniti e fu spedito armi e bagagli in una guarnigione europea della NATO. Grazie a Dio, le sue ambizioni dell’altro mondo non videro mai la luce del giorno.
CS - Non sarei tanto certo di questo, signor Presidente.
PBO - Potrei facilmente dire lo stesso per lei, Charlie.
(Il Presidente guarda l’orologio)
CS - Il prossimo documento recita: “provocazioni artificiose declassificate”. Ora, signor Presidente, francamente mi sarebbe piaciuto che queste cose me le fossi inventate. Sono certo che conosce l’incidente della USS Maine, l’affondamento del Lusitania, che tutti noi adesso sappiamo che ci hanno portato alla Prima Guerra Mondiale, e naturalmente il più famoso, l’incidente del Golfo del Tonchino.
PBO - Naturalmente sono a conoscenza di questi eventi storici e mi rendo conto che c’è una quantità di controversie che li circonda. Ma, per essere abbastanza franco con lei, tutto questo è storia antica.
CS - Signor Presidente, è stato spesso detto: «Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla.» E io glielo concedo, questi eventi sono il passato.
PBO - Un mondo assai diverso, ragazzo, che si caricava di uno stato di questioni universali radicalmente disparate.
CS – Nessuna obiezione, la sto solo invitando a riconoscere una qualche credibilità allo schema o al tema. Caso in questione: il documento successivo nella cartella. Fu pubblicato dal think-tank Progetto per un Nuovo Secolo Americano ed è intitolato “Rebuilding America difese”, ed è stato scritto da Dick Cheney e Jeb Bush. Per citare dal documento… - (il Presidente interrompe)
PBO - «Inoltre, il processo di trasformazione, anche se porta cambiamenti rivoluzionari, sarà probabilmente lungo, a meno che non ci sia un qualche evento catastrofico e catalizzatore - come una nuova Pearl Harbor.»
CS - Touché, signore. Il suo pensiero su questa frase, signor Presidente?
PBO – Definirei questo un evidente caso di valutazioni errate alimentato da un malaugurato retroterra di presunzioni. Per alcuni, la negazione disinformata delle coincidenze.
CS - Interessante visuale. Tuttavia, Il Vicepresidente Cheney non si fermò lì. All’inizio del 2008, sia il giornalista vincitore del premio Pulitzer Seymour Hersh sia la MSNBC hanno riferito che Cheney aveva proposto al Pentagono uno scandaloso piano volto a far sì che la Marina degli Stati Uniti creasse false motovedette iraniane, pilotate da Navy Seals, che avrebbero messo in scena un attacco ai cacciatorpediniere USA nello stretto di Hormuz. Questo evento sarebbe stato attribuito all’Iran e usato come pretesto per la guerra. Qualcuna di queste informazioni la preoccupa, signor Presidente? Dovremmo solo ignorarle, finché queste realtà possano essere respinte fra tanti anni dai nostri figli, anche queste come storia antica?
PBO - Naturalmente queste informazioni mi preoccupano, eppure non si avvicinano ad essere altrettanto preoccupanti quanto lei qui seduto oggi a insinuare sospettosamente che si sia in qualche modo consentito che accadesse l’11/9 o che addirittura sia stato orchestrato dall’interno.
CS - Signor Presidente io non sto a insinuare sospettosamente nulla. Io sto semplicemente esponendo i documenti e faccio le domande che nessuno al potere nemmeno considera né ammette. E come ho detto prima, ho votato per lei, ho creduto nel suo messaggio di speranza e di cambiamento. Signor Presidente io sono venuto da lei specificamente sperando in un cambiamento. Un cambiamento nella percezione del fatto che il nostro governo non abbia ancora reso se stesso aperto e responsabile verso il popolo. Queste sono le sue parole Signor Presidente, non le mie. Le vite di migliaia di persone sono state brutalmente spezzate e coloro che sono rimasti a soffrire il loro dolore infinito sono con me oggi, signor Presidente. Loro sono con me nello spirito e nella carne, e il messaggio che portiamo non sarà più messo a tacere dai mantra alimentati dai media che insistono su come dovrebbero sentirsi. Decidendo per loro, per otto lunghi anni, ciò che può essere pensato, cosa può essere detto, ciò che può essere richiesto.
PBO - E io apprezzo la sua passione, apprezzo la sua convinzione. A dispetto delle sue preoccupazioni, a dispetto di ciò che i suoi dati possano o non possano rivelare, quel che lei e le famiglie devono capire e accettare è che stiamo facendo tutto il possibile per proteggervi.
CS - Signor Presidente, mi rendo conto che abbiamo pochissimo tempo, perciò mi permetta di scorrere un elenco di punti che possa illuminare alcune ragioni per le quali noi non ci aggrappiamo al caldo abbraccio della protezione federale.
PBO - Siamo arrivati a questo punto. Spari pure.
CS – La prego di tenere presente, signor Presidente, che tutto ciò che sto per dire è documentato come un dato di fatto ed è parte di una documentazione di pubblico dominio. Le informazioni che sta tenendo in mano registrano e verificano ogni punto.
PBO - Ha cinque minuti. A lei la parola. Ha campo libero. Mi renda edotto.
CS – Grazie, signor Presidente. Okay, prima cosa; Sulla lista dei principali ricercati dell’FBI Osama Bin Laden non è accusato dei crimini dell’11 settembre. Quando ho chiamato l’FBI a chiedere loro il perché di questo, mi hanno risposto: «Non ci sono prove sufficienti per collegare Bin Laden alla scena del crimine». In seguito ho scoperto che non era mai stato nemmeno mai incriminato dal Dipartimento della Giustizia
CS - Numero 2; La traduttrice dell’FBI Sibel Edmonds, è stata licenziata e le è stato imposto il silenzio dal Dipartimento della Giustizia dopo aver rivelato che il governo sapeva già di piani per attaccare le città americane utilizzando aerei come bombe agli inizi dell’aprile 2001. Nel luglio del 2009, la signora Edmonds ha violato l’ordine federale che le imponeva il silenzio e ha pubblicamente rivelato che Osama Bin Laden, al-Qa’ida e i talebani lavoravano per e con la CIA fino al giorno dell’11 settembre.
CS - Numero 3; Quella che segue è una citazione del sindaco Giuliani, durante un’intervista sull’11/9 con Peter Jennings per ABC News. «Sono andato giù sul campo e abbiamo fissato il quartier generale al n. 75 di Barkley Street, che si trovava proprio lì, con il commissario della polizia, il commissario dei vigili del fuoco, il capo della gestione delle emergenze, ed eravamo operativi fuori di lì, quando ci fu detto che il World Trade Center stava per crollare. E crollò prima che si potesse davvero uscire dal palazzo, così siamo rimasti intrappolati in un edificio per 10-15 minuti, e finalmente abbiamo trovato un’uscita e siamo andati fuori, abbiamo camminato verso nord, e portato un sacco di gente con noi.»
CHI GLIELO AVEVA DETTO? Fino ad oggi, la risposta a questa domanda resta ignorata, completamente tralasciata e recisamente NEGATA dal sindaco Giuliani in diverse occasioni pubbliche.
CS - Numero 4; Nell’aprile 2004 «USA Today» riferiva: «Nei due anni che hanno preceduto gli attacchi dell’11 settembre, il North American Aerospace Defense Command ha condotto delle esercitazioni che simulavano quel che la Casa Bianca dice che fosse inimmaginabile a quel tempo: aerei di linea dirottati usati come armi da far schiantare contro bersagli per causare perdite di massa.» Uno degli obiettivi era il World Trade Center.
CS - Numero 5; Il 12 settembre 2007 il programma della CNN “Anderson Cooper 360” ha riferito che il misterioso “aeroplano bianco” ripreso e filmato da molteplici media, il quale volava all’interno dello spazio aereo vietato sopra la Casa Bianca, poco prima delle 10 della mattina dell’11 settembre, era in realtà un E-4B dell’Aeronautica Militare, un Boeing 747 appositamente modificato con un guscio per le comunicazioni collocato dietro la cabina di pilotaggio, altrimenti conosciuto come “L’aereo Fine del Mondo”.
Anche se pienamente consapevole del caso, la Commissione sull’11/9 non ha ritenuto che l’apparire di un aereo militare fosse di alcun interesse e non lo ha incluso nella relazione finale della commissione.
CS - Numero 6, Tre F-16 assegnati alla base di Andrews dell’aeronautica militare, a dieci miglia da Washington DC, stanno conducendo esercitazioni in North Carolina, a 207 miglia di distanza, al momento in cui il primo aeroplano si schianta sul WTC. Anche a una velocità di gran lunga inferiore a quella massima di oltre 2400 km/h, avrebbero potuto ancora difendere il cielo di Washington, ben prima delle ore 9:00, oltre 37 minuti prima che il Volo 77 si schiantasse contro il Pentagono, e tuttavia, non sono ritornati che dopo le ore 9:55.
La base dell’aeronautica di Andrews non disponeva di caccia armati in allerta e pronti a decollare la mattina dell’11 settembre.
CS - Numero 7; L’Edificio 7 del WTC. Guardi il video del suo crollo.
CS - Numero 8; Il Volo 93 è il quarto aereo che si schianta l’11/9 alle 10:03. Il Vicepresidente Cheney dà l’ordine di abbattimento solo alle ore 10:10-10:20 e questo non è comunicato al NORAD fino a 28 minuti dopo che il Volo 93 si è schiantato.
Una cosa che alimenta ulteriori sospetti su questo fronte è il fatto che tre mesi prima degli attacchi dell’11/9, Dick Cheney ha usurpato il controllo del NORAD, e quindi lui, e nessun altro sul pianeta Terra, aveva il potere di decidere le incursioni sugli aerei di linea dirottati, l’11/9. Non ha esercitato tale facoltà. Tre mesi dopo l’11/9, si è spogliato del comando del NORAD e lo ha restituito al rango di un’operazione militare.
CS - Numero 9; Diversi pezzi nei principali organi di informazione hanno raccontato che l’FBI ha condotto un’inchiesta su almeno CINQUE dei dirottatori dell’11/9 esercitatisi presso scuole di volo militari USA. Queste indagini ora sono secretate e occorre che siano declassificate.
CS - Numero 10; Nel 2004 i vigili del fuoco newyorchesi Mike Bellone e Nicholas DeMasi hanno rivelato pubblicamente che avevano trovato le scatole nere al World Trade Center, ma è stato loro detto di tenere la bocca chiusa da parte di agenti dell’FBI. Nicholas DeMasi ha detto di aver accompagnato gli agenti federali su un fuoristrada nell’ottobre 2001 e li ha aiutati a individuare i dispositivi, una storia sostenuta dal soccorritore volontario Mike Bellone.
Come ha riferito a quel tempo il «Philadelphia Daily News», «la loro storia solleva la questione se ci sia stato un qualche tipo di insabbiamento a Ground Zero.»
CS - Numero 11- Centinaia di testimoni oculari compresi i primi soccorritori, capitani dei vigili del fuoco, giornalisti, e la polizia, hanno tutti descritto esplosioni multiple in entrambe le torri prima e durante il crollo.
CS - Numero 12; Un video strabiliante scoperto negli archivi mostra la corrispondente di BBC News, Jane Standley, mentre riferisce in merito al crollo dell’Edificio 7 del WTC oltre venti minuti prima che cadesse alle 5:20 del pomeriggio dell’11/9. I nastri di precedenti trasmissioni della BBC mostrano i conduttori del notiziario mentre discutono del crollo del WTC 7, con 26 minuti pieni in anticipo. La BBC in un primo momento ha sostenuto che i suoi nastri dell’11/9 erano stati “persi”, prima di ammettere d'aver fatto l’«errore» di riportare il crollo del WTC 7 prima che accadesse senza spiegare adeguatamente il modo in cui avrebbero potuto ottenere una conoscenza anticipata dell’evento.
Inoltre, più di un’ora prima del crollo del WTC 7, alle 4:10 del pomeriggio, Aaron Brown della CNN ha riferito che l’edificio «è crollato, o sta crollando».
CS - Numero 13; L’affermazione del procuratore Generale Ted Olson secondo cui sua moglie Barbara Olson lo ha chiamato per due volte dal volo 77, descrivendogli dei dirottatori con dei taglierini, è stato un elemento centrale della versione ufficiale dell’11/9.
Tuttavia, la credibilità della storia è stata completamente compromessa dopo che Olson continuava a cambiare la sua versione sul fatto che sua moglie avesse usato il suo telefono cellulare oppure il telefono dell’aereo. La tecnologia per consentire le chiamate da cellulare da voli di linea ad alta quota non è stata creata che nel 2004. La American Airlines ha confermato che il volo 77 era un Boeing 757 e che questo aereo non aveva i telefoni di bordo.
Secondo l’FBI, Barbara Olson ha tentato di chiamare il marito una sola volta e la chiamata non riuscì a connettersi, quindi Olson deve aver per forza mentito quando ha affermato di aver parlato con la moglie dal volo 77.
CS - Numero 14, la dimensione di un Boeing 757 è di circa 38 metri in larghezza eppure le immagini della zona d’impatto al Pentagono presumibilmente causata dallo schianto dimostrano soltanto un buco di non più di 5 metri di diametro. I motori del 757 avrebbero aperto un buco più grande di questo, figuriamoci l’intero aereo. Le immagini prima del parziale crollo della zona d’impatto mostrano poco danno derivante dal reale impatto e un’area di rari detriti del tutto incoerente con lo schianto di un aereo di linea di grandi dimensioni, soprattutto se confrontata con altre immagini che mostrano schianti di aerei negli edifici.
CS - Numero 15; Qual significato si cela dietro la seguente citazione attribuita a Dick Cheney, che è venuta alla luce durante le audizioni della Commissionesull’11/9? Il brano è tratto dalla testimonianza resa dall’allora Segretario dei Trasporti Norman Mineta.
«Durante il periodo in cui l’aereo si stava dirigendo verso il Pentagono, c’era un giovane che giungeva e diceva al Vicepresidente: “l’aereo e a 50 miglia”, “l’aereo è a 30 miglia”; e quando arrivò a “l’aereo è a 10 miglia”, il giovane disse al Vicepresidente: “gli ordini sono ancora validi?” E il Vicepresidente si girò di scatto e disse, “Certo che gli ordini sono ancora validi. Hai forse sentito qualcosa che affermi il contrario?”».
Mentre l’aereo non veniva abbattuto, in aggiunta al fatto che i caccia armati erano ben lontani dall’aereo e che il sistema di difesa del Pentagono non è stato attivato, possiamo star certi che gli ordini erano di lasciare che l’aereo trovasse il suo obiettivo?
CS - Numero 16; Nel maggio 2003, il «Miami Herald» riportava che l’amministrazione Bush stava rifiutando di rilasciare un rapporto di 900 pagine del Congresso sull’11/9, perché voleva «evitare che fossero sanciti dettagli imbarazzanti nel rapporto,» in particolare per quanto riguarda gli avvertimenti pre-11 settembre così come il fatto che i dirottatori erano stati addestrati presso scuole di volo USA».
CS - Numero 17; Funzionari di vertice del Pentagono annullarono il 10 settembre i loro voli di linea previsti per l’11 settembre. Il sindaco di San Francisco Willie Brown, a seguito di un avviso di sicurezza, cancellò un volo per New York in programma per la mattina dell’11/9.
CS - Numero 18; La tecnologia per consentire le chiamate con cellulare dai voli di linea ad alta quota è stata prodotta solo nel 2004, e anche a quel punto era solo in fase di sperimentazione. Chiamate provenienti da telefoni cellulari che formano parte integrante della versione ufficiale dei fatti erano tecnologicamente impossibili al tempo.
CS - Numero 19: Il 29 aprile 2004, il Presidente Bush e il Vicepresidente Cheney si sarebbero incontrati con la Commissione solo a determinate condizioni di clandestinità. Hanno insistito per testimoniare insieme e non sotto giuramento. Hanno anche chiesto che la loro testimonianza venisse trattata come una questione di «segreto di Stato.» Fino ad oggi niente di quanto hanno pronunciato quel giorno è di pubblico dominio.
CS - E infine, signor Presidente - Numero 20; Pochi giorni dopo l’attacco, molti giornali così come l’FBI riferirono che un passaporto di carta era stato trovato tra le rovine del WTC. Nell’agosto 2004, la CNN ha riferito che il visto del dirottatore dell’11/9 Ziad Jarrah era stato trovato fra i resti del volo 93, che è precipitato a Shanksville, in Pennsylvania.
Almeno un terzo dei corpi delle vittime al WTC si sono vaporizzati e molte delle vittime dell’incidente del Pentagono si sono bruciate tanto da risultare irriconoscibili. Ciononostante i visti e i passaporti di carta che identificano gli autori degli attentati e che puntellano la versione ufficiale degli eventi miracolosamente sopravvivono a esplosioni e incendi, i quali ci è stato detto hanno fuso edifici in acciaio.
(L’assistente senior riappare accanto al Presidente sussurrandogli in un orecchio. Poi si separa rapidamente).
PBO – Beh, Charlie, non posso dire questo non sia stato interessante. Come ho detto prima, oggi lei si è dimostrato concentrato e organizzato. A prescindere da quel che sento per il materiale che ha presentato, devo lodare la sua dedizione e il suo zelo. Tuttavia, il nostro tempo qui è terminato.
(il Presidente si alza dalla sedia, e io faccio lo stesso).
CS - Signor Presidente! Un secondo ancora!
(Il Presidente si avvia verso la porta - io lo seguo in fretta passo passo).
CS - Signor Presidente, la imploro, sulla base degli elementi di prova che ora possiede, di utilizzare il suo Potere Esecutivo. Dimostri a tutti noi, signore, che nei fatti se ne prende cura. Dia vita a un’indagine del Congresso davvero globale e aperta sull’11/9 e le sue conseguenze. Le famiglie meritano la verità, il popolo americano e il resto del mondo libero meritano la verità. Signor Presidente --
(Fa una pausa. Ci stringiamo la mano).
CS – Si assicuri di essere dalla parte giusta della storia.
(Il Presidente interrompe la stretta di mano).
PBO - Io sono dalla parte giusta della storia. Grazie Charlie, il mio staff e io staremo in contatto.
(Noto mentre se ne va con grazia fuori dalla stanza che la verità che gli ho fornito è tenuta saldamente al suo fianco, nelle mani della Provvidenza.)
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Una bibliografia completa, con tutte le prove presentate qui sopra può essere visionata su http://www.prisonplanet.com/20_minutes_bibliography.html
La presente intervista può essere scaricata in formato PDF in inglese qui.
Nota dell’autore: Quello che avete appena letto in realtà non è successo ... per il momento.
Questa è una lettera aperta al Presidente volta a chiedere una nuova inchiesta.
Charlie Sheen.
Fonte: www.infowars.com.
Traduzione a cura di Pino Cabras per Megachip.
La sceneggiatura/lettera aperta di Sheen è lo spunto per un concorso che premia il video più bello che si ispiri al testo scritto dall'attore statunitense.
Alcuni esempi di queste opere (in certi casi veri e propri film) sono presenti QUI.
Strategie per una guerra mondiale: 20 minuti con Obama sull'11/927 ottobre 2009
Webster Tarpley intervistato da Russia Today
In questa intervista, rilasciata a Russia Today il 20 ottobre scorso, Webster Tarpley conferma le accuse lanciate da Ahmadinejad, e spiega i retroscena che collegherebbero la CIA al gruppo Jundallah che ha rivendicato gli attentati della scorsa settimana in Iran. http://www.youtube.com/watch?v=E2nDyuMlnN8
24 ottobre 2009
Dr. A. True Ott: "Il virus dell'influenza suina è stato brevettato!"
20 ottobre 2009
Project Camelot - Intervista a Jane Burgermeister su OMS, Vaccino e Suina
Bill Ryan di Project Camelot intervista Jane Burgermeister, la giornalista austriaca che ha presentato accuse penali contro l'OMS, la Baxter e diversi personaggi legati alla propagazione volontaria dell'influenza suina, con scopo di lucro e di depopolamento mondiale. I 194 paesi aderenti all'OMS dovranno conformarsi ai Regolamenti di Sanità Internazionale del 2005 che POTRANNO forzare la vaccinazione di massa!
video intero:mariorossinet.ning.com Grazie per la traduzione a:
moksha75ar
www.altrogiornale.org
15 ottobre 2009
Che Fine ha Fatto la Giustizia Americana?
Undici Settembre 2001: Che Fine ha Fatto la Giustizia Americana?
E’ dal 2002 che mi chiedo che cosa avvenne veramente l’Undici Settembre e negli anni ho imparato ad osservare solo e soltanto i fatti. Non ho mai trovato appassionanti le dispute senza fine fra sostenitori della versione ufficiale e cosiddetti complottisti. Come se ne esce da controversie come quelle scaturite, per esempio, intorno al foro del Pentagono? C’è chi afferma che è bello largo e chi al contrario è troppo stretto per l’impatto di un Boeing. Ma chi di noi ha mai avuto accesso alla scena del crimine?
Per tagliare la testa al toro sarebbe bastato alle autorità militari mostrare il contenuto di uno dei tanti filmati ripresi dalle telecamere di sorveglianza dislocate lungo il perimetro del Pentagono. Ed invece le uniche sequenze di immagini rese pubbliche non consentono in modo incontrovertibile di individuare che tipo di oggetto abbia effettivamente colpito l’edificio. Senza video, nell’era dei media, le discussioni continueranno inevitabilmente all’infinito.
Ecco perché è consigliabile stare sui fatti e a distanza di otto anni da quell’inferno è possibile affermare senza tema di smentita che almeno da un punto di vista giudiziario non un solo processo è stato celebrato contro esecutori e mandanti del più sanguinoso atto di terrorismo della Storia. Fatta eccezione per Zacarias Moussaoui, figura di secondo piano, aspirante dirottatore arrestato pochi giorni prima degli attentati mentre si addestrava in una scuola di volo americana.
Anzi l’indiziato numero uno, Osama Bin Laden, non è ancora mai
stato formalmente incriminato da un Gran Giurì per le stragi dell’11
settembre, mentre è ricercato per gli attentati contro le ambasciate
degli Stati Uniti a Dar-es-Salam in Tanzania e a Nairobi in Kenia,
avvenuti il 7 agosto 1998.
Sono stati invece incriminati cinque detenuti “ospitati” a Guantanamo:
sono accusati di aver organizzato gli attacchi dell’11/9. Ma l’iter
giudiziario che avrebbe dovuto portare i cinque presunti terroristi di
fronte a una commissione militare speciale, e’ per ora congelato. Il
presidente Barack Obama ha infatti bloccato i processi militari a
Guantanamo e intende rivedere l’intera procedura. Senza contare che ha
disposto la chiusura del centro di detenzione.
A guidare il quintetto terrorista c’è il famigerato Khalid Sheikh Mohammed, ritenuto pomposamente la mente dell’undici settembre. Catturato in Pakistan nel 2003, di lui si erano perse le tracce nelle prigioni segrete della CIA sino al giugno del 2008 quando è ricomparso in un’aula di Camp Justice, una struttura per i processi ai terroristi costruita nella base navale cubana. Magro, turbante in testa, una lunga e folta barba, occhiali neri, Ksm, ha rivelato – stando alle cronache – che fu lui ad avvicinare Osama Bin Laden nel 1996 per proporgli di dirottare aerei passeggeri da far schiantare contro edifici pubblici negli Stati Uniti. Reo confesso, dunque, al tal punto da accollarsi la responsabilità di una lunga sfilza di altre nefandezze (31) tra cui spiccano il mancato assassinio dei presidenti Usa Carter e Clinton, di quello pakistano Pervez Musharraf, nonché di papa Wojtyla nel 1995 a Manila. Con le sue mani avrebbe tagliato invece la gola del giornalista a mericano Daniel Pearl. Infine ha ammesso di essere il regista del progetto “Bojinka”, non andato a segno, che prevedeva di far saltare contemporaneamente 12 aerei americani sul pacifico ben prima dell’11 settembre.
Il guaio è che queste sconvolgenti confessioni sono avvenute – per stessa ammissione della CIA – sotto tortura. Mentre cioè i suoi carcerieri lo sottoponevano alla procedura nota come waterboarding, nella quale il sospetto viene sdraiato con la testa più bassa dei piedi, bendato e legato. Gli si mette in bocca un panno, e gli si versano in faccia litri e litri di acqua, dandogli la sensazione di annegare. Una tecnica praticata durante la Grande Inquisizione. Secondo la documentazione resa pubblica da Barack Obama, Khalid Sheikh Mohammed, dopo la cattura, è stato sottoposto per 183 volte in un mese alla tortura del waterboarding, una media di sei al giorno. Il 24 agosto scorso la pubblicazione di un nuovo rapporto dell’intelligence ha gettato una luce ancora più sinistra sulla vicenda: nelle 159 pagine si legge che gli 007 che interrogarono Khalid Sheikh Mohammed lo minacciarono di uccidergli i figli di 7 e 9 anni se non avesse confessato.
Nessun tribunale americano, neppure negli anni della seconda Guerra
Mondiale quando l’ Fbi arrestava gli agenti hitleriani in Usa, ha mai
accettato confessioni estorte con la tortura.
Nella culla del “Giusto Processo” come si possono ritenere attendibili
le 26 pagine di confessioni rese da Mohammed, detenuto per anni in
condizioni bestiali, sottoposto a torture fisiche e mentali tali da
cancellarne la personalità.
Un’eredità quella lasciata dall’Amministrazione Bush tanto imbarazzante
da spingere prima il presidente degli Stati Uniti a stoppare l’operato
dei Tribunali speciali militari e poi il ministro della Giustizia Eric
Holder ad avviare formalmente un’inchiesta sugli abusi commessi dalla
Cia. Anche il nuovo capo dello spionaggio, Leon Panetta, non si è
sottratto all’opera di bonifica annunciando un piano per la chiusura
delle prigioni segrete, i cosiddetti ‘’siti neri”, molti dei quali si
trovavano in Afghanistan e in Thailandia ma anche in alcuni paesi
democratici dell’Europa dell’Est (Polonia e Romania). La rete dei
‘’siti neri” della Cia era stata smascherata quattro anni fa dal
Washington Post con uno scoop che fece vincere alla sua autrice Dana
Priest il prestigioso premio Pulitzer.
Nuovi documenti emersi dal Congresso mostrano che fin dall’estate del 2002 diversi esponenti dell’amministrazione Bush, compresa Condoleezza Rice (all’epoca consigliere per la sicurezza nazionale), avevano approvato l’uso dei metodi duri di interrogatorio. Alle discussioni avevano sicuramente partecipato, oltre al direttore della Cia George Tenet, anche il vice-presidente Dick Cheney, il ministro della Giustizia John Ashcroft e il legale della Casa Bianca Alberto Gonzales. Dalla discussione sembra essere stato lasciato fuori invece l’allora segretario di stato Colin Powell, forse per il timore che potesse esprimere parere contrario.
In conclusione, è chiedere troppo che vengano celebrati dei “giusti processi”, dove agli accusati venga riconosciuta l’innocenza fino a che non sia provata la loro colpevolezza, concedendogli di sapere quale siano i reati e le prove a loro carico, di avere un avvocato difensore e di contro-interrogare i testimoni? Basterebbe rispettare la Costituzione americana anche e soprattutto in nome di quasi tremila persone morte in quel maledetto giorno di settembre.
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