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Uno dei risultati del presunto nuovo virus SARS Covid, emerso pubblicamente nel 2019, è che la specializzazione medica della virologia è stata elevata dai media ad uno status quasi divino. Pochi comprendono le origini della virologia e il suo ruolo di primo piano nella pratica medica odierna. Per questo dobbiamo guardare alle origini e alla politica del primo istituto di ricerca medica americano, il Rockefeller Institute for Medical Research, oggi Rockefeller University, e al suo lavoro su quello che, secondo loro, era il virus della polio.
Nel 1907, a New York, l’improvviso insorgere di una malattia aveva dato al direttore del Rockefeller Institute, Simon Flexner, un’occasione d’oro per rivendicare la scoperta di un “virus” invisibile, responsabile di quella che arbitrariamente era stata denominata poliomielite. Il termine poliomielite significa semplicemente infiammazione della materia grigia del midollo spinale. Quell’anno circa 2.500 Newyorkesi, per lo più bambini, erano stati colpiti da una qualche forma di poliomielite, con forme di paralisi e persino decessi.
La frode di Flexner
L’aspetto più sorprendente dell’intera saga della poliomielite andata in scena negli Stati Uniti durante la prima metà del XX secolo è il fatto che ogni fase chiave del processo era controllata da persone legate a quella che sarebbe diventata la cabala medica dei Rockefeller. Questa frode era iniziata con le affermazioni del direttore del Rockefeller Institute, Simon Flexner, secondo cui lui e il suo collega, Paul A. Lewis, avevano “isolato” un agente patogeno, invisibile ad occhi nudo, più piccolo persino dei batteri, che, secondo loro, sarebbe stato la causa della malattia paralizzante che si era sviluppata in una serie di focolai negli Stati Uniti. Come erano arrivati a questa conclusione?
In un articolo pubblicato nel 1909 sul Journal of the American Medical Association, Flexner aveva affermato che lui e Lewis avevano isolato il virus della poliomielite. Aveva riferito che erano riusciti a “trasmettere” la poliomielite attraverso diverse scimmie, da scimmia a scimmia. Avevano iniziato iniettando nel cervello delle scimmie il tessuto del midollo spinale umano di un ragazzo morto, presumibilmente a causa del virus. Dopo che una scimmia si era ammalata, una sospensione del suo tessuto midollare malato era stata iniettata nel cervello di altre scimmie che si erano ammalate a loro volta.
Finalmente, dopo due anni e mezzo, siamo usciti dal tunnel.
L’incubo-pandemia è ormai dietro l’angolo, gli allarmismi e i terrorismi di Stato non sono più lontanamente giustificabili.
Le ‘pericolose’ varianti possono essere tenute sotto controllo. La pandemia, come previsto da tempo, si è man mano endemizzata, fino a trasformarsi in una forma influenzale.
E soprattutto, finalmente, sono state sdoganate le cure necessarie, i farmaci ad hoc per fermare il Covid-19 fin dai suoi primi sintomi.
Non è certo finita qui. Perché parecchie novità arrivano anche dal delicato fronte degli effetti avversi derivanti dai vaccini, sempre sottovalutati dai ‘Soloni’ di casa nostra e invece quanto mai pericolosi, soprattutto a medio e lungo temine. Motivo per cui è di fondamentale importanza saperne di più per quanto concerne le prassi da seguire per ottenere gli esoneri dal vaccino, a causa del rischio di trombi per mutazione genetica e sovraccarico anticorpale.
BEN OLTRE LE FAKE NEWS DEL MAINSTREAM
In estrema sintesi, ecco alcuni fra i temi affrontati dal virologo Giulio Tarro nel fresco di stampa ‘Covid-19 – La fine di un incubo’ (Edizioni Helikon) che tutti dovrebbero leggere per capirne di più, in modo chiaro e scientificamente inoppugnabile, su quanto succede a proposito di ‘Covid e varianti’, senza farsi stordire dalla grancassa dei media che in questi due anni e mezzo hanno totalmente rincoglionito gli italiani, a botte di fake news.
Per citarne solo una, quella – rimasta epica – tirata fuori dal cilindro di Mago Roberto Burioni, che meno di un anno fa, in una delle sue comparsate domenicali da Fabio Fazio, arrivò a dire, tanto per sminuire i rischi (concreti) derivanti dai vaccini (pur sempre ‘sperimentali’, e noi come cavie): “Sapete quanti sono fino ad oggi i morti dopo il vaccino in tutto il mondo dopo otto mesi di somministrazioni? Uno, 1 di numero, è successo in Nuova Zelanda”. Da 113 immediato.
Colpo di scena nel giallo Alpi.
Salta per aria, a Mogadiscio, l’auto con a bordo Hashi Omar Assan, il somalo che da perfetto innocente s’è fatto 16 anni di galera per un duplice omicidio – quello di Ilaria Alpi e Miran Hrovantin – che non ha mai commesso.
Le prime, frammentarie notizie in arrivo dalla Somalia fanno solo riferimento ad una possibile pista che porterebbe ad Al-Shabaa, il gruppo terrorista jiadista che da oltre 15 anni semina morte in quei territori. Niente di più specifico.
Ma sorge spontaneo l’interrogativo.
Forse Omar Assan aveva deciso di raccontare agli inquirenti romani qualcosa di importante, di basilare per venire finalmente a capo di un duplice omicidio ancora, incredibilmente, senza colpevoli, né i killer né tantomeno i mandanti? Forse si stava per spezzare quel muro di gomma che ha fino ad oggi resistito, anche a botte dei più clamorosi depistaggi di Stato?
Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo dalle news.