“I Signori del Sangue”, ossia i fratelli Andrea, Paolo e Marilina Marcucci, oggi proprietari del colosso per la lavorazione e distribuzione di emoderivati, Kedrion, cercano in tutti i modi di colpire la libertà d’informazione, di seppellire quel poco che resta del giornalismo controcorrente, d’inchiesta, teso a svelare le connection fra politica & affari.
Soprattutto se giocati sulla pelle dei cittadini e speculando sulla salute di tutti.
Tanto più grave, il fresco attacco al giornalismo investigativo della Voce, in un momento drammatico come questo, ed il Paese alle prese con la tragedia del Covid 19 ed una crisi economica senza confronti.
Un momento in cui, ad esempio, c’è da affrontare la questione di terapie & cure per fronteggiare il coronavirus. E una delle strade da battere, secondo parecchi scienziati, è quella del “plasma iperimmune”.
Una terapia – come hanno fanno sapere i ricercatori – ben poco costosa, con una sacca di plasma iperimmune da appena 80 euro.
IL NUOVO BUSINESS DEL PLASMA IPERMMUNE
Ma c’è chi vuole fare affari anche con il plasma iperimmune, “industrializzandolo”, facendone salire il costo e quindi il prezzo a livello esponenziale. Un business sulla pelle della gente, dei pazienti: tanto più insopportabile, quindi.
Chi è che cerca di rendere il plasma iperimmune un gigantesco business da miliardi?
Il colosso Kedrion dei fratelli Marcucci.
E’ risultato evidente, quasi una sceneggiata tutta in famiglia, nel corso dell’audizione che si è tenuta circa un mese fa a palazzo Madama. Quando uno dei padroni di casa, il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, ha fatto partecipare il pur non invitato fratello, Paolo Marcucci, amministratore delegato di Kedrion, alla strategica audizione. Nel corso della quale il timoniere della corazzata sul fronte degli emoderivati ha potuto illustrare ampiamente il “progetto” di famiglia, con tanto di “conto lavorazione” per il plasma iperimmune da presentare agli italiani.
Attenzione: gli italiani finiranno per non pagarlo “direttamente”, quel plasma dorato, ma indirettamente sì! Dal momento che a sganciare i danari che potranno affluire nelle casse dei Marcucci sarà lo Stato, quindi gli stessi cittadini. Cornuti e mazziati!
Una vicenda che più vergognosa non si può, illustrata per filo e per segno da un Paolo Marcucci ricevuto in pompa magna a palazzo Madama: una faccia che più di bronzo non si può.
Della vicenda si è parlato poco sui media. Un articolo de il Fatto e, per fortuna, un paio di puntate delle “Iene” che hanno ben delineato i contorni della farsa sulla pelle – e sul sangue, visto che parliamo di plasma – degli ignari cittadini, come è stato documentato nelle numerose interviste ai donatori guariti dal coronavirus.
Nel poker di articoli querelati ce n’è uno proprio sul plasma iperimmune.
I Marcucci si sono sentiti “oltraggiati”, lesi nelle loro maestà quasi di origine quasi divina, dall’aver rammentato ai lettori, negli altri articoli e inchieste querelate, le importazioni di sangue che la Voce denunciò la bellezza di 43 anni fa, sulle colonne dell’antica “Voce della Campania” diretta da Michele Santoro.
Quando in un reportage del 1977 facevamo, appunto, riferimento ai centri di raccolta del sangue impiantati in Congo Belga non da Kedrion (che è stato costituita nel 2000) ma dalle precedenti sigle di casa Marcucci (Sclavo, Biagini, Farmabiagini etc.) guidate da padre-patriarca Guelfo Marcucci. In basso potete leggere quell’inchiesta del 1977.
Circostanze ribadite nel volume “Sua Sanità”, uscito nel 1993 e dedicato alle acrobatiche imprese dell’ex ministro Francesco De Lorenzo, ottimo amico di Guelfo e di Andrea Marcucci, candidato per il Pli alle elezioni del 1992.
LE CONFUSIONI “AD ARTE” E I “NUMERI”
Nella loro querela i legali dei rampolli di casa Marcucci creano più volte “ad arte” una confusione continua tra Kedrion e le vecchie società. Tanto per seminare fumo e sperare che le responsabilità – facendo di tutta erba un fascio – non saltino mai fuori.
Come è successo per il processo del “sangue infetto”, durato esattamente tre anni davanti alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli e conclusosi con un clamoroso “il fatto non sussiste”. Ossia nessuna responsabilità per dirigenti e funzionari delle vecchie sigle di casa Marcucci e per il Re Mida della Sanità, Duilio Poggiolini, che invece venne condannato, con l’amico e sodale Francesco De Lorenzo, Sua Sanità, nella altrettanto clamorosa “Farmatruffa”.
Nei nostri articoli – anche in quelli appena querelati – non abbiamo mai tirato in ballo Kedrion per la “sangue infetto story”; ma sempre le antiche aziende di casa. Né mai gli stessi rampolli, per evidenti motivi anagrafici.
E altra confusione ad arte, seminano i legali Carlo Cacciapuoti e Carla Manduchi, sul fronte dei numeri, delle cifre. La Voce ha sempre distinto tra il processo per il sangue infetto, che ha visto la presenza in aula di appena 9 parti civili (poi ridottesi a 8 per la morte di una nel corso del processo); e la “strage del sangue infetto”, popolata da oltre 5 mila “anime morte”, una gran parte delle quali non avrà mai uno straccio di giustizia né il becco di un risarcimento (per i familiari).
Per questo la Voce, da oltre trent’anni, sta lottando per far sì che uno spiraglio di giustizia torni a poter far capolino in un buio senza fine. E soprattutto di “memoria”, per quanto può contribuire a fare, con i pochissimi mezzi a disposizione ma una passione civile senza confini, un mensile cartaceo prima (la Voce della Campania-la Voce delle Voci) e un sito di contro-informazione come il nostro oggi.
Eppure, secondo i Marcucci, le nostre sono “sedicenti inchieste”, “eresie”, articoli “senza professionalità” e senza neanche “una redazione”; noi siamo animati solo da un “odio biblico” nei confronti dei divini nocchieri di Kedrion! Tanto per cercare di delegittimarci, di gettar fango su coloro i quali invece – carte e documenti alla mano, verbali e pezze d’appoggio – dettagliano i loro affari nell’arco dei decenni.
Ed anche negli ultimi mesi, come testimonia la querela calda come una sfogliatella. In cui, però, non compare uno degli articoli più “forti” scritti nelle ultime settimane, peraltro oggetto di una risentita lettera inviata, per conto dei Marcucci, dall’avvocato Manduchi.
Al centro dell’affaire, stavolta, i rapporti “scientifici” fra Kedrion e un grosso centro di ricerca localizzato a Wuhan, in Cina.
LA “COLLABORAZIONE” TRA KEDRION E IL CENTRO DI WUHAN
Apriti cielo! All’indomani dell’uscita dell’articolo sul sito della Voce ci arriva l’infuocata email di Manduchi, proprio come mesi prima ci era arrivata la missiva al vetriolo di Cacciapuoti per l’articolo “Teflon & emoderivati”.
Manduchi contesta l’accostamento tra Kedrion e il centro di Wuhan: come se noi avessimo accusato i Marcucci di aver causato la pandemia!!
Abbiamo replicato, a stretto giro (pubblicando sulla Voce, come già in precedenza, la lettera del legale dei Marcucci e la nostra risposta) che era stato addirittura Paolo Marcucci a rilasciare, qualche giorno prima, un’intervista al Corriere della Sera in cui pomposamente ragguagliava gli italiani sui prestigi internazionali di Kedrion e gonfiava il petto proprio a proposito della collaborazione con il centro di Wuhan!
Noi, quindi, accusati di aver semplicemente riportato le frasi del comandante maximo di Kedrion!
Ai confini della realtà.
Ma attenzione. Sia l’inchiesta su Kedrion-Wuhan (non querelata, strano ma vero) che i quattro articoli invece querelati, sono sparito letteralmente dal nostro sito. Volatilizzati, come abbiamo spiegato nell’inchiesta del 6 luglio.
Lo abbiamo denunciato al comando di polizia di Napoli-Pianura, lo abbiamo dettagliato anche nella memoria che abbiamo inviato il 7 luglio al pubblico ministero della procura di Napoli, Maria De Mauro, incaricata di svolgere indagini in merito alla querela presentata dai Marcucci contro la Voce e il suo direttore responsabile, nonché autore delle inchieste, Andrea Cinquegrani.
A breve vi ragguaglieremo sugli sviluppi.
L’INCHIESTA DELLA VOCE DI GENNAIO 1977