La bufala del secolo sparata in prima pagina su tutti i giornali e lanciata in coro da tutte le tivvù: Italia prima nell’isolare il coronavirus!
Esplode in una incontenibile gioia da stadio il ministro della Salute Roberto Speranza, spara i tric trac Nicola Zingaretti, 5 Stelle 5 Stars, la stampa e i partiti di destra inneggiano all’orgoglio italiano.
La più classica delle fake news, gigantesca, creata e amplificata da Media & Vati da anni pronti ad accusare proprio di fake news quelli che cercano di far luce sui maxi affari di Big Pharma, ad esempio sul fronte dei vaccini, con Roberto Burioni portabandiera.
Ma vediamo più in dettaglio come è salita la montatura.
E, soprattutto, occhio ai tempi e ai luoghi.
DIAMO I PRIMI NUMERI
L’equipe rosa dello Spallanzani indice una conferenza stampa il 2 febbraio per comunicare il risultato: tre ricercatrici sono riuscite a isolare il Coronavirus (il ministro Speranza subito precisa: “il virus del Coronavirus”, meglio abbondare per rendere il concetto).
E giù fiumi di inchiostro e di interviste alle tre eroine che arrivano dal Sud, meravigliose imprese di dedizione, passione e scienza allo stato puro. Nel team c’è anche la giovane precaria a 1.500 euro mese: storie che fanno piangere di commozione (e di orgoglio) gli italiani, opportunamente “distratti” dai problemi veri, ben più grandi.
Dopo poche ore la cosa, però, comincia lievemente a scolorarsi.
Primi in Europa, viene precisato, perché tutti avevamo immediatamente pensato ad un primato mondiale. Quindi restiamo campioni d’Europa. Ottimo e abbondante, la Champions League è il trofeo comunque più ambito a livello internazionale.
Ma peccato che non sia proprio così. E stiliamo allora una classifica, non taroccata.
16 gennaio. Al German Center for Desease Research di Berlino arriva uno storico plico dalla Cina. Contiene la scoperta, quella vera, circa l’isolamento del virus che i laboratori hanno portato a termine il 12 gennaio, condividendola subito con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’OMS, quindi, fin dal 12 gennaio sa che il Coronavirus è stato isolato dai cinesi.
E cosa fanno adesso a Berlino? Si occupano di sviluppare, sulla base della scoperta cinese, i nuovi metodi di laboratorio per diagnosticare la patologia. In sostanza, i cinesi hanno fornito il propellente, effettuato la scoperta, elaborato il software, mentre i tedeschi provvedono all’organizzazione tecnologica, puntano all’hardware. Un gemellaggio che funziona.
PASTEUR & DOHERTY
A ridosso la Francia, che isola il virus il 29 gennaio, quindi 4 giorni prima di noi. E’ lo storico Istituto Pasteur a portare a buon termine la sua ricerca, e come di rito comunica subito il risultato all’OMS, prima ancora di indire una conferenza stampa (così del resto hanno fatto tutti gli altri paesi).
E tutto viene comunicato, altre che all’OMS, anche alla World Medical Association che ha sede a Ginevra.
Quindi a questo punto già mezza Europa sa; con ogni probabilità tutta, per via delle ulteriori comunicazioni dell’OMS agli organismi nazionali europei preposti.
Noi quindi non primi, ma forse ultimi e sparando i tric trac!
Per non parlare di quel che è successo al di fuori dell’Europa.
La hit estera vede così disposte le formazioni: prima Cina (ovvio del resto fosse così, per i casi scoppiati in anticipo, of course, rispetto agli altri paesi); poi Australia, quindi Giappone e Stati Uniti.
In Australia si è attivata con grande efficacia una eccellenza sul fronte dell’identificazione virale, il Peter Doherty Institute for Infection and Immunity di Melbourne. I ricercatori hanno lavorato, evidentemente, sulla scorta dei dati riscontrati sul primo paziente australiano affetto dal Coronavirus.
Negli Usa, invece, si sono rimboccati le maniche al CDC, ovvero Contagious Desease Center di Atlanta, in Georgia; dove tra l’altro c’è il quartier generale della celebre Food and Drug Administration. E in brevissimo tempo gli americani hanno predisposto (come del resto i tedeschi) il kit per effettuare una diagnosi in tempo brevissimo.
Quel kit che comincia ad arrivare nei presidi sanitari italiani. Per esempio al Cotugno di Napoli – il polo per la cura delle malattie infettivi di maggiore importanza nel Mezzogiorno – il kit è arrivato la mattina del 3 febbraio.
LA CILIEGINA DI LANCET
Ciliegina sulla torta. La prestigiosa rivista scientifica Lancet ha pubblicato un ampio servizio sul Coronavirus e soprattutto circa il suo isolamento, focalizzando l’attenzione sulla scoperta cinese subito comunicata all’OMS e all’Università di Berlino (come visto, al German Center for Infection Research).
E sapete di quando è il reportage di Lancet? Del 29 gennaio!
Da quel giorno in poi, quindi, chiunque avrebbe potuto isolarlo, anche un laboratorio di provincia. Altro che scoperta del secolo allo Spallanzani!
Da una tempistica all’altra, eccoci al cuore del problema, i mega interessi di Big Pharma, la gigantesca mole di soldi che affluirà nelle casse delle star del settore farmaceutico per brevettare il taumaturgico vaccino.
Anche a proposito dei tempi per la realizzazione del vaccino se ne sono sentite di tutti i colori: si va con estrema facilità dai 6-8 mesi ai 12, fino addirittura ad un anno e mezzo. Fake su fake, a pioggia. Nella gara di cimenta il gotha della virologia, pronto a dare i numeri.
Sentiamo cosa osa osservare qualcuno al ministero della Salute: “Adesso che negli altri paesi, certo non da noi (è stato inscenato il tutto – spiega – perché l’Italia potesse sedere al tavolo con gli altri paesi per il business del vaccino), è stato isolato il virus, comincia la frenetica corsa al vaccino d’oro. Ma sappiamo bene che in un caso del genere colosso non mangia colosso. Come succede per le grandi tariffe elettriche o assicurative, decide il Cartello, e a quanto pare stavolta la scelta spetta agli Stati Uniti: i quali sembra stiano dando disco verde ad una azienda europea, francese per la precisione, Sanofi, che punta le sue fiche sui celebri laboratori Pasteur. Una sorta di lasciapassare di Trump a Macron, una cortesia stramiliardaria che verrà ovviamente ricambiata. Ma come altrettanto bene si sa, tutte le case farmaceutiche leader nel settore dei vaccini riceveranno danari con la pala e vivranno una stagione d’oro. Nei periodi di emergenza e crisi, a godere sono le star che diventano ancora più luminose. E ricche”.
Di seguito pubblichiamo una nota scientifica elaborata da Giulio Tarro, il nostro maggior virologo, due volte candidato al Nobel per la medicina.
L’attuale malattia respiratoria dalla Cina
È stato identificato un nuovo virus della famiglia dei coronavirus come responsabile della sindrome respiratoria acuta che iniziando dalla città cinese di Wuhan sta adesso diffondendosi in tutto il mondo. I focolai di polmonite sono iniziati a dicembre scorso particolarmente in persone che avevano visitato il mercato del pesce e già il 9 gennaio di quest’anno veniva identificata la sequenza genetica del virus appartenente alla stessa famiglia che aveva contagiato migliaia di persone nel 2002-2003 con una mortalità del 10%, la SARS (Sindrome Acuta Respiratoria Severa). Dopo un mese dalla comunicazione ufficiale all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci troviamo difronte al contagio di 9.700 casi con 213 morti (31-01-2020).
La trasmissione da una persona all’altra è stata stabilita dopo tre settimane della denuncia all’OMS e così il passaggio da Wuhan in Tailandia, Hong Kong e Corea del Sud. Esperti dell’università di Southampton hanno identificato le città e le nazioni a più alto rischio nel mondo per la diffusione del nuovo coronavirus (2019-nCoV). Dopo un mese il virus è già arrivato in tutti i continenti dall’Asia (Taiwan, Giappone, Singapore, Malesia, Vietnam, Nepal, India) all’Australia, all’Africa (Costa D’Avorio), alle Americhe (USA, Canada, Messico) e all’Europa (Francia, Germania, Finlandia) e da ieri in Italia – due cinesi di un gruppo turistico che dopo una settimana da Milano sono poi arrivati a Roma.
Cerchiamo adesso di stabilire l’eziopatogenesi, cioè il come ed il perché dell’attuale SARS e soprattutto come possiamo prevenire futuri scoppi epidemici. La sindrome respiratoria del medio oriente (MERS) ci aiuta a capire la porta di entrata delle cellule da parte del virus sia del pipistrello che dei cammelli o dei diversi animali (zibetto, furetto, roditori, maiali, cani, gatti, scimmie) per arrivare poi a noi umani.
“Angiotensin converting enzyme 2” (ACE 2) è lo stesso recettore di superficie della cellula usato dal virus studiato dal gruppo scientifico dell’Istituto di Virologia di Wuhan. Pertanto è noto come il virus abbia raffigurato la chiave adatta ad aprire il buco della serratura, cioè la base biochimica per penetrare la cellula umana. Sono stati isolati almeno 50 coronavirus nei pipistrelli (per lo più dall’intestino) che rappresentano il vero serbatoio di questa famiglia virale.
Il 3% degli agricoltori che lavorano nei campi della provincia di Yunnan, sudovest della Cina, presentano anticorpi nei riguardi di questi coronavirus dei pipistrelli. Il significato di tutto ciò è che in questa regione esiste una infezione da parte dei suddetti virus con una malattia mite senza segni clinici oppure causando una malattia respiratoria giammai diagnosticata in modo appropriato. Questo scoppio epidemico è successo adesso nel territorio meridionale della Cina.
Se poi vogliamo ipotizzare che il virus sia stato diffuso per un maldestro spargimento dal centro di ricerca batteriologica di Wuhan (tecnico o ricercatore contagiato a sua insaputa), allora possiamo temere maggiormente sulla globalizzazione dell’agente infettante per i motivi prima riportati.
Se pensiamo realmente che le epidemie e le pandemie potranno emergere ancora, come accaduto in questo periodo è necessario approfondire gli studi sulle terapie mediante gli anticorpi monoclonali o potenziali vaccini al costo di poche centinaia di milioni di dollari altrimenti ne spenderemo miliardi di milioni di dollari per non parlare delle vite umane.
Giulio Tarro
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