24 novembre 2018

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 23 11 2018


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Le mouvement des Gilets jaunes s'étend en France, en Belgique et en Bulgarie
 

 
L'UE créée sa propre école d'espionnage
 

 
La Jordanie tente de relancer le projet d'un acqueduc mer Rouge-mer Morte
 

 
La médiation russe pour l'Iran avec Washington et Tel-Aviv
 

 
Les Émirats organisent le Sommet mondial de la tolérance
 

 
Gerhard Schröder dénonce l'occupation US de l'Allemagne
 

 
L'armée britannique se prépare à réprimer des émeutes anti-Brexit
 

 
Campagne occidentale pour les Droits des islamistes chinois
 

 
Démission du ministre israélien de la Défense, Avigdor Lieberman
 

 
La France présente ses excuses à la Serbie après le révisionnisme de l'Otan
 

 
Le président mexicain, Enrique Peña Nieto, est-il le chef du cartel de Sinaloa ?
 

 
La crise Hamas-Israël ouvre une crise dans le cabinet Netanyahu
 

 
Des fonctionnaires français censureront Facebook de l'intérieur
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Déclaration de la Russie à propos de la mer d'Azov
 

 
Communiqué des ministères des Armées français et allemand relatif au SCAF et au MGCS
 

 
Discours d'Emmanuel Macron devant le Bundestag
 

 
Mise au point du département d'État sur le Traité INF
 

 

« Horizons et débats », n°25, 12 novembre 2018
Les accords internationaux peuvent-ils l'emporter sur la Constitution ?
Partenaires, 13 novembre 2018
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23 novembre 2018

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 23 novembre 2018


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
Il movimento dei Gilet Gialli si estende in Francia, Belgio e Bulgaria
 

 
La UE istituisce una propria scuola di spionaggio
 

 
La Giordania tenta di rilanciare il progetto di un acquedotto Mar Rosso-Mar Morto
 

 
La mediazione russa per l'Iran con Washington e Tel Aviv
 

 
Gli Emirati organizzano il summit mondiale sulla tolleranza
 

 
Gerhard Schröder denuncia l'occupazione USA della Germania
 

 
L'esercito britannico si prepara a reprimere sommosse anti-Brexit
 

 
Campagna occidentale per i diritti degli islamisti cinesi
 

 
Dimissioni del ministro israeliano della Difesa, Avigdor Lieberman
 

 
Dopo il revisionismo della NATO la Francia si scusa con la Serbia
 

 
Il presidente messicano Enrique Peña Nieto è il capo del cartello di Sinaloa?
 

 
La crisi Hamas-Israele apre una crisi nel governo Netanyahu
 

 
Funzionari francesi censureranno Facebook dall'interno
 
Controversie

 
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NEWSLETTER VOCE DELLE VOCI ven 23 nov 2018




23 novembre 2018
  di Luciano Scateni

Il portavoce del governo, è ovvio, ha il compito di fornire all'opinione pubblica, con la mediazione dei media, informazioni corrette e chiare sull'attività dell'esecutivo. Esattamente quanto non fa il responsabile dell'ufficio stampa Casalino. Nel gran casino della manovra di bilancio, ...continua

22 novembre 2018
  di Cristiano Mais

Siamo alle solite. La continua scoperta dell'acqua calda. "Strade e ponti, il cartello degli appalti", titola Repubblica. "Materiali scadenti", scrive il Corsera.  Si tratta di "una nuova indagine monstre" – come dettaglia il quotidiano diretto da Mario Calabresi – avviata ...continua

21 novembre 2018
  di PAOLO SPIGA

Procede a passi di lumaca il "decommissioning", ossia lo smantellamento della centrale nucleare del Garigliano, in vita da circa 40 anni e sempre al centro delle polemiche, per via delle altissime percentuali di bimbi nati con le patologie più diverse. Da alcuni anni, ormai, la pubblica Sogin ...continua

20 novembre 2018
  di MARIO AVENA

Slitta la sentenza al processo per la "strage del sangue infetto" che si tiene al tribunale di  Napoli, davanti alla sesta sezione penale.  In base al calendario stilato dal presidente, Antonio Palumbo, il pm Lucio Giugliano terrà la sua requisitoria il 21 gennaio 2019, poi sarà la volta delle ...continua

22 novembre 2018
  di PAOLO SPIGA



22 novembre 2018
  di MARIO AVENA

4 marzo 2013, oltre 5 anni e mezzo fa. Un colossale incendio manda in fumo gran parte del patrimonio di "Città della Scienza", il parco scientifico nato oltre trent'anni fa per volontà del fisico Vittorio Silvestrini. Una delle poche "perle" culturali di Napoli, finalizzato soprattutto ...continua

22 novembre 2018
  di PAOLO SPIGA


19 novembre 2018
  di GERARDO MAZZIOTTI





DI LUCIANO SCATENI

PER DONARE ALLA VOCE


Dopo la morte di Khashoggi, Trudeau non bloccherà una vendita di armi da 12 miliardi di dollari ai Sauditi, perché i soldi la spuntano sempre sull’omicidio


Ad almeno 5.000 miglia di distanza dalla città in cui il suo corpo è stato sepolto in segreto (intero o a pezzettini) dai suoi assassini sauditi, l’omicidio di Jamal Khashoggi ora irrita la coscienza (e i cordoni della borsa) di un’altra nazione. Perchè il Canada, patria del pensiero libero e democratico (sopratutto con Justin Trudeau), si trova di colpo a dover gestire l’eredità del predecessore (conservatore) del brillante e giovane Primo Ministro, insieme ad una semplice questione di coscienza o soldi: deve Trudeau stracciare un accordo militare con l’Arabia Saudita, risalente al 2014, del valore di 12 miliardi di dollari?
Quando Ottawa aveva deciso di vendere i suoi veicoli blindati leggeri (LAV) nuovi di zecca al regno saudita, i Sauditi erano già famosi per tagliare teste e sostenere furiosi e ben armati Islamisti. Ma Mohammed bin Salman non era ancora diventato l’erede al trono di questa pia nazione. I Sauditi non avevano ancora invaso lo Yemen, tagliato la testa ai suoi leaders sciiti, imprigionato gli stessi principi della famiglia reale, rapito il Primo Ministro libanese e smembrato Khashoggi.
Così, il governo conservatore canadese di Stephen Harper non si era fatto scupoli per rifilare i suoi LAV (come vengono chiamati questi mostriciattoli corazzati) a Riad, specificatamente per il “trasporto e la protezione” dei funzionari governativi.
Ora, difficilmente si può accusare Trudeau di essere un sostenitore del regime saudita. In agosto, gli uomini di Mohammed bin Salman avevano ordinato l’espulsione dell’ambasciatore canadese a Riad e avevano bloccato gli accordi commerciali con il Canada, dopo che il Ministro degli Esteri di Trudeau aveva protestato contro l’arresto nel regno [saudita] di alcuni attivisti per i diritti delle donne. I Canadesi avevano rilasciato false dichiarazioni, avevano affermato i Sauditi, che, per quanto riguarda le false dichiarazioni, avrebbero presto raggiunto una fama degna di un film dell’orrore holliwoodiano. Trudeau si è ritrovato sul libro nero dei Sauditi, insieme a Washington, perché, solo due mesi prima, Trump lo aveva definito debole e disonesto.”
Naturalmente, appena Khashoggi è stato fatto fuori nel consolato saudita di Istanbul, l’anima liberale del Canada ha iniziato a mobilitarsi. Sicuramente, ora Trudeau deve stracciare l’accordo del 2014 che riguarda tutti quei luccicanti mezzi corazzati che Harper aveva venduto ai Sauditi in quell’anno. Purtroppo, alcuni giorni fa si è scoperto che l’accordo comprendeva quella che il governo Trudeau ha descritto come una ‘clausola sulla cancellazione dell’accordo’ che, nel caso la transazione riguardante i veicoli blindati non venisse completata, costerebbe ai Canadesi miliardi di dollari.
Economicamente parlando, la cosa può anche avere un senso, fino ad un certo punto, ma, con tutto quello in cui sono coinvolti i Sauditi, c’è anche il fattore “opps!”
Perchè è venuto fuori, ahimè, che questi innocui LAV canadesi sono stati filmati nel 2017 nella provincia orientale dell’Arabia Saudita mentre soffocavano una rivolta di civili sciiti. Il Ministero degli Esteri canadese, che ora si chiama (e questo è un capolavoro di ironia) “Global Affairs Canada,” ha sospeso le esportazioni di armi e ha aperto un’indagine “completa ed approfondita.” Al giorno d’oggi abbiamo tutti familiarità con le “indagini complete ed approfondite,” come quella che i Sauditi stanno portando avanti con entusiasmo sulla scomparsa di Khashoggi, sepolto di nascosto; ovviamente, la versione canadese di questo tipo di inchiesta ha concluso che i veicoli provenienti dal Canada erano stati sottoposti a “modifiche” successive all’esportazione.
Adesso, chi dirige lo spettacolo a Riad è Mohammed bin Salman e ad Ottawa lo presenta Trudeau. Ma ora è arrivato, ancora una volta, il fattore saudita “opps!”
I LAV, come si è saputo in seguito, erano stati equipaggiati in segreto con torrette e mitragliatrici e questi veicoli erano stati utilizzzati nel 2017 in un’operazione in cui erano stati uccisi 20 civili, Ma, ecco che arriva il deus ex machina che batte tutti, il rapporto di Global Affairs aggiungeva (con ulteriore ed inconscia ironia) che non si era verificata nessuna violazione dei diritti umani, che le forze saudite “si erano sforzate di ridurre al minimo le perdite fra i civili” e che l’uso della forza (i lettori lo avranno ormai immaginato) era stato “proporzionato ed appropriato.”
Grazie a Dio, i Sauditi da quei veicoli sparavano con le mitragliatrici e non stavano attaccando i loro nemici con coltellacci e seghe da ossa.
Ma ora, e qui la vecchia metafora calza stranamente a pennello, Trudeau si è ritrovato con il coltello piantato nella schiena. Si fa avanti un certo Ed Fast, un parlamentare canadese dell’opposizione conservatrice, che, quando aveva ricoperto la carica di Ministro per il Commercio Internazionale di Ottawa, aveva contribuito a condurre in porto l’originale e redditizia vendita di armi ai Sauditi. Lui non ha nulla a che vedere con le minuzie del contratto. Le penali erano state volute dalla General Dynamics Land Systems, [l’azienda] che aveva assemblato in Ontario queste sciagurate macchine.
Inoltre, durante lo scorso fine settimana, Fast aveva aggiunto che il contratto andrebbe rispettato; il Canada dovrebbe invece punire i Sauditi confiscando le proprietà dei cittadini sauditi che si rendono colpevoli di violazioni dei diritti umani e terminare le importazioni di greggio saudita. E incrementare il trasbordo di petrolio canadese dall’Alberta, che confina con la Columbia Britannica, dove, opps!, Fast, guarda caso, fa il parlamentare.
Nessuno più dei Sauditi avrebbe potuto apprezzare meglio una cosa del genere. Perchè Fast, da buon recidivo, ha minimizzato alla grande l’omicidio Khashoggi. Ha descritto la decapitazione del giornalista saudita ad Istanbul e la sua sepoltura in segreto da parte dei Sauditi come una “questione” e una “situazione.” “Questione” intesa come “problema,” suppongo. Secondo il punto di vista di Fast, la mancata consegna delle armi non “punirebbe” realmente i Sauditi perchè, e ci risiamo, Riad non farebbe altro che rifornirsi di mezzi corazzati da altre nazioni.
Dennis Horak, un ex-ambasciatore canadese in Arabia Saudita (è strano come gli ex-ambasciatori occidentali a Riad abbiano l’abitudine di battere la grancassa per i Sauditi), aveva annunciato che la cancellazione [del contratto] “sarebbe servita solo a punire più di 3.000 lavoratori canadesi… che avrebbero visto i loro posti di lavoro, ad alta specializzazione, tipici della classe media, sparire a causa di una presa di posizione che non avrebbe avuto nessuna conseguenza sull’Arabia Saudita.” Un simile messaggio sarebbe stato “sprecato per la dirigenza saudita.” Vendere veicoli blindati non era un favore ma una “transazione commerciale.” Quello che dovremmo fare, aveva detto Horak al Toronto Star, è “parlare direttamente” con loro: “Impegnarci, piuttosto che disimpegnarci.”
Chi potrebbe mai credere che questo Horak sia lo stesso ambasciatore che, solo lo scorso agosto, i Sauditi avevano cacciato da Riad, dopo che il Ministro degli Esteri canadese aveva protestato per l’arresto, nel regno, degli attivisti per i diritti delle donne? Per l’amor di Dio, vuole forse ritornarci?
Non è difficile scoprire gli aspetti morali (o immorali) di questa storia. Le armi hanno sempre la meglio sull’omicidio. I nostri ragazzi della “classe media” e le loro famiglie (perché, fortunatamente, non ho notato molte donne fra i dirigenti delle aziende produttrici di armi) devono avere la sicurezza del posto di lavoro, qualunque sia il costo da pagare in termini di convitati di matrimonio yemeniti uccisi, ospedali rasi al suolo o giornalisti decapitati. E, neanche due settimane dopo aver appreso che i consolati sauditi possono svolgere attività molto più ambiziose del rilascio dei certificati di divorzio, la realtà delle cose è già riuscita a smussare gli scrupoli anche delle nazioni occidentali più liberali. In modo che “questioni” e “situazioni” non interferiscano nelle “transazioni commerciali” dell’economia globale.
Robert Fisk
Fonte: www.independent.co.uk

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

22 novembre 2018

Ma non dovevamo togliere le sanzioni alla Russia?


Fra le tante promesse elettorali che sembrano finite nel dimenticatoio, c'è anche quella di togliere le sanzioni alla Russia. Sia Salvini sia Di Maio si erano dichiarati a favore di una rimozione delle sanzioni, non per motivi ideologici, ma "perchè danneggiano l'economia italiana".
Che fine hanno fatto queste promesse?
Ieri lo stesso ministro degli esteri russo Lavrov ha concesso un'intervista a El Paìs, dichiarando: "Questa mitologica "minaccia russa" viene imposta agli europei primariamente dall'esterno. Le sanzioni alla russia sono state imposte all'Europa sotto ordini diretti di Washington. Secondo alcune stime, la perdita complessiva da parte delle nazioni europee a causa delle sanzioni è stata di oltre 100 miliardi di dollari. E' importante che i politici europei si rendano conto di questo."
Forse se ne renderanno anche conto, ma da noi di questo argomento da tempo non si sente più parlare. Non avevamo un ministro degli esteri, da qualche parte? Che fine ha fatto?
Inoltre, da ieri sono tornate in funzione le sanzioni americane contro l'Iran, che tendono a bloccare completamente l'esportazione iraniana di petrolio. A noi per ora verrà concesso - Deo gratias - di continuare a commerciare con loro per altri sei mesi, ma poi il divieto dovrebbe diventare tassativo per tutti.
E' possibile che non ci sia un solo politico italiano che abbia il coraggio di sollevare il nostro vero problema, che non è tanto la dipendenza (burocratica) da Bruxelles, quanto piuttosto la dipendenza (strategica e geopolitica) dai voleri e dagli umori degli Stati Uniti d'America?
Massimo Mazzucco
luogocomune.net

21 novembre 2018

Mirella Gregori - Cronaca di una scomparsa


MIRELLA GREGORI
La cronaca di un ricatto contro una famiglia semplice che ha dovuto subire un macabro rituale disseminato di indizi e sospetti.
Nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi:

"MIRELLA GREGORI Cronaca di una scomparsa"




Buona lettura
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