02 ottobre 2018

COSI’ MUORE UN QUOTIDIANO primadanoi.it


Quando le candeline diventano un cero: 26 settembre 2005- 26 settembre 2018











ABRUZZO. PrimaDaNoi.it si spegne. E’ l’annuncio che non avremmo mai voluto dare e che da anni abbiamo cercato di allontanare il più possibile, fino a quando resistere non è stato più sufficiente.
Così siamo costretti a fermarci: da oggi non troverete più notizie aggiornate qui.
Il 26 settembre 2005 nasceva il primo quotidiano on line per la regione Abruzzo in un momento in cui la tecnologia era ancora una speranza da queste parti, appena prima dei grandi scandali e in un momento di forti cambiamenti.
Il 26 settembre 2018, 13 anni esatti dopo, dobbiamo fermarci perchè non possiamo più garantire la sostenibilità del quotidiano  e lo facciamo prima di contrarre debiti che non potremo onorare.

E’ la fine di un sogno che si è trasformato in un incubo, poichè spesso siamo diventati noi il nemico di troppi e il bersaglio da colpire.
PrimaDaNoi.it muore per asfissia lentissima: un quotidiano vive di pubblicità ma siamo stati bravini a raccogliere quella nazionale e pessimi a convincere gli imprenditori sotto casa. Chissà perchè...

PrimaDaNoi.it muore per l’isolamento nel quale è stato relegato  solo perchè siamo stati “cattivi” con i potenti e qualche difficoltà (piccolissima) in questi lunghi anni gliela abbiamo pure creata.
PrimaDaNoi.it muore perchè in questa terra, oggi, la verità, l’informazione, il giornalismo d’inchiesta non sono ritenuti ancora beni vitali dal cittadino comune.    

E quindi è  la fine di un ciclo, di una stagione della nostra vita e di qualcosa di impalpabile che c’è e che assomiglia, chissà, forse, ad un punto di riferimento o ad una boccata d’aria.
E’ molto probabile che  tra un paio di mesi anche il sito, con i suoi 500mila articoli di cronaca e inchieste abruzzesi, svanirà nel cimitero digitale e non vi sarà più alcuna traccia di quello che è stato.
Per noi, però, non è una sconfitta: non siamo noi a perdere.
Noi siamo quelli che per 13 anni esatti hanno resistito ad ogni sorta di tempesta, sgambetto o tranello, che hanno nuotato sempre  controcorrente (purtroppo) e hanno combattuto soli contro tutti.

E quello che non ti ammazza, ti spegne: anche se ci è riuscito solo ora.
Lo diciamo chiaramente e urlando perchè rimanga agli atti: la fine di PrimaDaNoi.it è la prova inconfutabile che l’informazione libera, svincolata e indipendente davvero non può esistere, se non per poco.

I patti, invece, sono la via unica anche per un giornale di sopravvivere ed è proprio per questo che non si può essere “indipendenti”, come noi, da tutti; a qualcuno devi pur appoggiarti e fare qualche favore se vuoi che poi ti difenda.

Come direttore mi ritengo l’unico responsabile per aver sempre tenuto una linea editoriale intransigente, improntata solo all’interesse pubblico senza mai farci intralciare da quelli privati (nemmeno i nostri).
La mia è stata una leggerezza imperdonabile ma mai avrei potuto immaginare che il Paese fosse malato a tal punto da trasformare una così preziosa virtù in una sentenza di morte.
Come giornale abbiamo sempre seguito i più alti principi morali (dunque nulla di più antiquato e retrogrado)  e certe cose si pagano, qui ed ora, a caro prezzo.

Quando abbiamo iniziato immaginavamo che sarebbe stato difficilissimo ma non conoscevamo certi biechi meccanismi e certi ingranaggi che poi ci hanno stritolato.

Mai avremmo potuto immaginare, per esempio, di inaugurare una nuova stagione di dittature e censure come quelle avviate dalle ignobili sentenze sul “diritto all’oblio” che, nel 2010, per primi al mondo, ci hanno colpito, e da allora e a causa di quelle  decisioni, il declino è stato inesorabile e ancora più veloce.
Condannati per aver violato una legge che non c’è in nome della privacy che serve per censurare, intimorire e restituire la verginità a qualche delinquente che non ha imparato la lezione.
Siamo stati costretti dal “sistema” ad essere come un soldato in campo aperto senza difese, bersaglio facile da colpire e solo perchè la “Giustizia” l’abbiamo incrociata pochissime volte.
Noi abbiamo cercato di difendere il vostro diritto di conoscere negando la cancellazione di articoli veri e mai diffamatori e ci siamo trovati contro prepotenti e giudici.
Per dirne una, c’è un tizio che da sette anni mi minaccia di morte e profetizza di lasciarmi in mutande: per fortuna si è avverata solo la seconda.

E’ stato un continuo e disgustoso tiro al piccione.

L’informazione seria e le inchieste giornalistiche hanno per noi un carattere sacrale ma costano tanti soldi, molta fatica e svariate conseguenze e noi, da soli, per questi anni ci siamo fatti carico di tutto questo ma ora non siamo più in grado di fronteggiare tutti i rovesci ed i guasti di un Paese degradato.
Non è sbagliato dire, dunque, che le istituzioni sono state complici della nostra condanna a morte.
Grazie a tutti quelli che ci hanno seguito con assiduità, letto con attenzione, che hanno potuto sapere e scoprire l’Abruzzo in questi 13 anni.
Magari che hanno sperato con noi che le cose potessero migliorare.
Da oggi tutti quelli che pensavano a noi per denunciare qualcosa che loro non avevano il coraggio di fare dovranno rivolgersi altrove.
A quelli a cui siamo antipatici e che oggi non sono affranti come noi dico che prima o poi arriva per tutti il momento di avere bisogno di un quotidiano davvero onesto e libero per conoscere o raccontare.  
Noi la nostra parte l’abbiamo fatta.   

Non c’è altro da dire e non ne vale la pena.

Punto.
E basta.      

Alessandro Biancardi

Fermate la prima pagina. Mancano i reporter


La morte di Robert Parry ad inizio anno è parsa un addio all’era dei reporter. Parry è stato “un pioniere del giornalismo indipendente”, ha scritto Seymour Hersh, con cui condivideva molte cose.
Hersh ha svelato il massacro di My Lai in Vietnam e il bombardamento segreto della Cambogia, Parry ha denunciato Iran-Contra, una cospirazione di droga e armi che ha lambito la Casa Bianca. Nel 2016, i due hanno prodotto separatamente prove schiaccianti che il governo di Assad in Siria non aveva usato armi chimiche. Di questo non furono mai perdonati.
Allontanato dal “mainstream”, Hersh è costretto a pubblicare i suoi articoli al di fuori degli Stati Uniti. Parry ha creato un suo sito Web di notizie indipendenti, il Consortium News, in cui, nell’ultimo pezzo scritto dopo aver subito un infarto, fa riferimento a come il giornalismo veneri le “opinioni approvate” mentre “le opinioni non approvate vengono spazzate via o denigrate a prescindere dalla loro qualità”.
Benché il giornalismo sia sempre stato una specie di prolunga dell’ordine costituito, qualcosa è cambiato negli ultimi anni. Il dissenso tollerato quando entrai a far parte di un quotidiano nazionale britannico negli anni ’60 è regredito in una simbolica clandestinità mentre il capitalismo liberale si sta spostando verso una forma di dittatura aziendale. Questo è un cambiamento sismico, con i giornalisti che controllano il nuovo “pensiero di gruppo”, come lo chiamava Parry, divulgandone miti e distrazioni e perseguendone i nemici.
Basta vedere la caccia alle streghe contro rifugiati e immigrati, il volontario abbandono da parte dei fanatici “MeToo” della nostra più antica libertà, la presunzione di innocenza, il razzismo anti-russo, l’isteria anti-Brexit, la crescente campagna anti-Cina e l’insabbiamento di un preavviso di guerra mondiale.
Con molti se non la maggior parte dei giornalisti indipendenti esclusi o espulsi dal “mainstream”, un angolo di Internet è diventato una fonte vitale di divulgazione e analisi basata sulle prove: vero giornalismo. Siti come wikileaks.org, consortiumnews.com, ZNet zcomm.org, wsws.org, truthdig.com, globalresearch.org, counterpunch.org e informationclearinghouse.com sono fonti indispensabili di lettura per chi cerca di dare un senso a un mondo in cui scienza e tecnologia progrediscono splendidamente mentre la vita politica ed economica nelle preoccupanti “democrazie” regredisce dietro la facciata mediatica di uno spettacolo narcisistico.
Cè un solo sito in Gran Bretagna che propone costanti ed indipendenti critiche ai media. È l’eccezionale Media Lens, in parte perché i suoi fondatori, redattori, ed unici scrittori, David Edwards e David Cromwell, fin dal 2001 hanno concentrato lo sguardo non sui soliti sospetti, la stampa dei Conservatori, ma sul modello rispettabile di giornalismo liberale: la BBC, il Guardian, Channel 4 News.
Il loro metodo è semplice. Meticolosi nella ricerca, sono rispettosi ed educati quando chiedono perché un giornalista, lui o lei, ha scritto un articolo fazioso, o non ha svelato fatti essenziali o li ha distorti.
Le risposte che ricevono sono spesso sulla difensiva, e a volte brutali; alcuni (articolisti) diventano isterici, come se si fosse sollevato un coperchio su una specie protetta.
Si può dire che Media Lens abbia frantumato il silenzio riguardo al giornalismo aziendale. Come Noam Chomsky ed Edward Herman in Manufacturing Consent, rappresentano un Quinto Potere che smonta e smitizza il potere dei media.
Per quanto li riguarda, ciò che è particolarmente interessante è che nessuno dei due è giornalista. David Edwards è un ex insegnante e David Cromwell è un oceanografo. Eppure, la loro comprensione della moralità del giornalismo – un termine usato raramente; chiamiamola vera obiettività – è una qualità che esalta i comunicati di Media Lens online.
Penso che il loro lavoro sia eroico e metterei una copia del loro ultimo libro appena pubblicato, Propaganda Blitz, in ogni scuola di giornalismo che fornisce servizi al sistema aziendale, come fanno tutte.
Prendiamo il capitolo Smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale, in cui Edwards e Cromwell descrivono il ruolo essenziale dei giornalisti nella crisi che sta affrontando il pionieristico servizio sanitario britannico.
La crisi del NHS [National Health Service, o Servizio Sanitario Nazionale] è il prodotto di una fabbricazione politico-mediatica nota come “austerità”, con il suo linguaggio ingannevole e subdolo di “risparmi di efficienza” (il termine usato dalla BBC per tagliare la spesa pubblica) e “scelte difficili” (la distruzione intenzionale delle fondamenta della vita civile nella Gran Bretagna moderna).
L’ “Austerità” è un’invenzione. La Gran Bretagna è un paese ricco con un debito dovuto dalle sue banche disoneste, non dalla sua gente. Le risorse che avrebbero comodamente finanziato il Servizio Sanitario Nazionale sono state rubate sotto gli occhi di tutti dai pochi autorizzati ad eludere ed evadere miliardi di sterline in tasse.
Usando un vocabolario di eufemismi corporativi, il Servizio Sanitario, finanziato con denaro pubblico, viene volutamente abbattuto dai fanatici del libero mercato per giustificare la sua svendita. Il partito laburista di Jeremy Corbyn potrebbe sembrare contrario, ma lo è veramente? La risposta è, molto probabilmente, no. Poco di tutto ciò è accennato nei media, e tanto meno spiegato.
Edwards e Cromwell hanno esaminato minuziosamente la legge sull’assistenza sanitaria e sociale del 2012, il cui innocuo titolo nasconde le sue catastrofiche conseguenze. La legge, sconosciuta alla maggior parte della popolazione, mette fine all’obbligo legale dei governi britannici di fornire l’assistenza sanitaria universale gratuita: la base su cui il Servizio Sanitario Nazionale [NHS] è stato istituito dopo la seconda guerra mondiale. Le compagnie private ora possono insinuarsi nel NHS, pezzo dopo pezzo.
Dov’era la BBC mentre questo importante progetto di legge stava passando in Parlamento? Si chiedono Edwards e Cromwell. Con un impegno statutario a “fornire un ampio respiro” nell’informare adeguatamente i cittadini su “questioni di ordine pubblico”, la BBC non ha mai informato della minaccia posta a una delle istituzioni più care della nazione. Un titolo della BBC diceva: “La legge che dà potere ai GP [General Practitioners, o Dottori di Base] passa”. Questa è stata pura propaganda di stato.
C’è una sorprendente somiglianza con la copertura della BBC dell’illegale invasione dell’Iraq voluta dal primo ministro Tony Blair nel 2003, che ha prodotto un milione di morti e altrettanti diseredati. Uno studio dell’Università del Galles, a Cardiff, ha rilevato che la BBC rifletteva la linea del governo “in modo schiacciante” mentre sminuiva i resoconti sulla sofferenza dei civili. Uno studio di Media Tenor ha collocato la BBC in fondo ad una lista di emittenti occidentali nella copertura televisiva degli avversari dell’invasione. Il tanto decantato “principio” dell’imprenditoria della corporation non è mai stato preso in considerazione.
Uno dei capitoli più significativi di Propaganda Blitz descrive le campagne diffamatorie congegnate dai giornalisti contro dissidenti, politici anticonformisti e informatori. La campagna del Guardian contro il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, è la più inquietante.
Assange, le cui epiche rivelazioni su WikiLeaks hanno portato fama, premi di giornalismo e regalie al Guardian, è stato abbandonato quando non era più utile. Poi fu sottoposto ad un violento – e vigliacco – assalto mediatico di una specie che raramente ho visto.
Senza un soldo per WikiLeaks, un libro del Guardian ha portato ad un redditizio accordo cinematografico con Hollywood. Gli autori del libro, Luke Harding e David Leigh, descrivono arbitrariamente Assange come individuo dalla “personalità danneggiata” e “insensibile”. Hanno anche svelato la password segreta che lui aveva dato al giornale in confidenza, progettata per proteggere un file digitale contenente i cablogrammi dell’ambasciata americana.
Con Assange ora intrappolato nell’ambasciata ecuadoriana, Harding, fuori tra gli agenti di polizia, gongolava sul suo blog che “Scotland Yard potrebbe avere l’ultima risata”.
L’opinionista del Guardian, Suzanne Moore, ha scritto: “Scommetto che Assange si sta rimpinzando di porcellini d’india, è proprio un enorme stronzo”.
Moore, che si professa femminista, si è in seguito lamentata del fatto che, dopo aver attaccato Assange, avesse subito “ignobili abusi”. Edwards e Cromwell le hanno scritto: “È un vero peccato, ci spiace sentirlo, ma come descriverebbe il chiamare qualcuno ‘enorme stronzo’? Ignobile abuso?”.
Moore rispose di no, aggiungendo: “Vi consiglierei di smettere di essere così dannatamente paternalisti”.
Il suo ex collega del Guardian James Ball scrisse: “È difficile immaginare la puzza dell’ambasciata ecuadoregna a Londra più di cinque anni e mezzo dopo che Julian Assange si è trasferito lì”.
Tale ottusa malvagità appariva su di un giornale descritto dalla sua editrice, Katharine Viner, come “ponderato e progressista”. Qual è la radice di questa vendicatività? È la gelosia, un riconoscimento perverso che Assange ha ottenuto più primati giornalistici di quanti ne possano vantare i suoi cecchini in una vita? È lui che si rifiuta di essere “uno di noi” e svergogna chi ha da tempo venduto l’indipendenza del giornalismo?
Gli studenti di giornalismo dovrebbero analizzare tutto ciò per capire che la fonte delle “bufale” non è solo il trollismo, o il tipo di notizie alla Fox, o Donald Trump, ma un giornalismo auto-referenziale con una falsa rispettabilità: un giornalismo liberale che finge di sfidare il corrotto potere statale ma che, in realtà, lo corteggia, protegge e collude con esso. L’amoralità degli anni di Tony Blair, che il Guardian non è riuscito a riabilitare, ne è l’eco.
“[È] un’era in cui le persone desiderano nuove idee e nuove alternative”, ha scritto Katharine Viner. Il suo scrittore politico Jonathan Freedland ha bollato il desiderio dei giovani che hanno sostenuto le modeste politiche del leader laburista Jeremy Corbyn come “una forma di narcisismo”.
“Come ha fatto quest’uomo…”, ha ragliato Zoe Williams del Guardian, “ad ottenere il ballottaggio?” Un coro di precoci ciarlatani del giornale si unì a lei, dopo di che si accodò per cadere sulle proprie spade spuntate quando Corbyn per poco non vinceva le elezioni generali del 2017 nonostante i media.
Storie complicate sono riportate in una formula quasi settaria di pregiudizi, dicerie e omissioni: Brexit, Venezuela, Russia, Siria. In Siria, solo le indagini di un gruppo di giornalisti indipendenti sono andate contro corrente, rivelando la rete di sostegno anglo-americano ai jihadisti, compresi quelli collegati all’ISIS.
L’obiettivo, favorito da una campagna “psyops” finanziata dal Foreign Office britannico e dall’Agenzia statunitense per l’aiuto internazionale, è quello di ingannare il pubblico occidentale e accelerare il rovesciamento del governo di Damasco, a prescindere dall’alternativa medievale e dal rischio di guerra con la Russia.
La campagna di Siria, istituita da un’agenzia di Pubbliche Relazioni di New York chiamata Purpose, finanzia un gruppo noto come i Caschi Bianchi, che falsamente afferma di essere “la Difesa Civile della Siria” e che viene visto acriticamente sui notiziari televisivi e sui social media mentre sta in apparenza salvando vittime di bombardamenti, che filmano e modificano essi stessi, anche se è improbabile che ciò sia detto agli spettatori. George Clooney è un loro fan.
I Caschi Bianchi sono appendici dei jihadisti con cui condividono i recapiti. Le loro belle uniformi e attrezzature sono fornite dai loro finanziatori occidentali. Che le loro “imprese” non siano messe in discussione dalle principali agenzie di stampa è un’indicazione di quanto sia profonda l’influenza nei media del PR di stato. Come Robert Fisk ha notato di recente, nessun reporter “mainstream” riferisce sulla Siria, dalla Siria.
In ciò che pare come una severa critica, una reporter del Guardian con sede a San Francisco, Olivia Solon, che non ha mai visitato la Siria, è stata autorizzata a diffondere il lavoro investigativo sostenuto dai giornalisti Vanessa Beeley e Eva Bartlett sui Caschi Bianchi come “diffuso online da una rete di attivisti anti-imperialisti, teorici della cospirazione e troll con il sostegno del governo russo”.
Questo abuso è stato pubblicato senza consentire una singola correzione, per non parlare del diritto di risposta. La pagina dei commenti del Guardian è stata bloccata, come documentato da Edwards e Cromwell. Ho visto la lista di domande che Solon ha mandato a Beeley, che si legge come un foglio di denuncia alla McCarthy: “Sei mai stata invitata in Corea del Nord?”.
Gran parte del [giornalismo] mainstream è sceso a questo livello. Il soggettivismo è tutto; slogan e indignazione sono una prova sufficiente. Ciò che conta è la “percezione”.
Il generale David Petraeus, quando era comandante dell’esercito USA in Afghanistan, dichiarò quella che chiamava “una guerra di percezione … condotta continuamente usando i mezzi di informazione”. Ciò che veramente importava non erano i fatti, ma il modo in cui venivano raccontati negli Stati Uniti. Il nemico non dichiarato era, come sempre, un pubblico informato e critico a casa.
Nulla è cambiato. Negli anni ’70 incontrai Leni Riefenstahl, la regista di Hitler, la cui propaganda incantò il pubblico tedesco.
Mi disse che i “messaggi” dei suoi film non dipendevano da “ordini dall’alto”, ma dal “vuoto sottomesso” di un pubblico disinformato.
“Questo includeva la borghesia liberale e istruita?” Chiesi.
“Tutti” disse lei. “La propaganda vince sempre, se glielo permetti.”
John Pilger
Fonte: comedonchisciotte.org 

01 ottobre 2018

Savona all’Ue: più deficit salva-Stati e una Bce anti-spread

O l'Eurozona diventa una vera unione monetaria, con la Bce che garantisce sempre e comunque i debiti degli Stati membri, o la valuta comune rischia il collasso. Accusato di voler uscire dall'euro per l'aver sottolineato la necessità di una "exit strategy" qualora si materializzi lo scenario peggiore, il ministro agli affari europei ci tiene a chiarire una volta per tutte che la sua nomea di euroscettico è una distorsione e che, anzi, per lui «la moneta unica è indispensabile per il buon funzionamento di un mercato unico». Ma perché l'euro sopravviva, l'Europa deve cambiarne il funzionamento, traendo le opportune lezioni dal disastro greco. È questo il famoso "piano A" di Paolo Savona, che ha inviato a Bruxelles un documento dal titolo "Una politeia per un'Europa diversa, più forte e più equa". Politeia, termine che in greco antico indica la comunità di cittadini e il suo legame con lo Stato, non le pure e semplici istituzioni o le norme che esse applicano. Una parola scelta non a caso, per sottolineare la necessità di rinsaldare quel legame tra politica comunitaria e società che in questi anni si è lacerato fino a innescare un risorgere dei nazionalismi. Ma cosa significa in concreto?

Savona, spiega "Milano Finanza", chiede di «istituire un gruppo di lavoro ad alto livello, composto dai rappresentanti degli Stati membri, del Parlamento e della Commissione, che esamini la rispondenza dell'architettura istituzionale europea vigente Paolo Savona, il ministro che Mattarella non volevae della politica economica con gli obiettivi di crescita nella stabilità e di piena occupazione esplicitamente previsti nei trattati», con lo scopo di «sottoporre al Consiglio Europeo, prima delle prossime elezioni, suggerimenti utili a perseguire il bene comune». Savona ha già le idee chiare sui mutamenti necessari. Bce prestatore di ultima istanza: «I divieti posti alla Bce di muoversi in aiuto degli Stati hanno creato condizioni favorevoli alla speculazione, che ha imperversato anche quando questi Stati si comportavano secondo gli impegni. Hanno fatto gravare sulle loro economie costi aggiuntivi in termini di interessi sul debito pubblico e sul credito. Se i poteri di intervento della Bce contro la speculazione fossero veramente pieni, gli spread tra rendimenti dei titoli sovrani si dovrebbero azzerare». Savona vuole in sostanza una banca centrale che, come ogni altra omologa a partire dalla Fed americana, abbia il potere illimitato di garantire il debito delle nazioni, evitando differenziali del costo del debito tra paesi che condividono la stessa valuta.

Tetto del deficit non più fisso: «Le regole dei disavanzi pubblici non hanno previsto alcuna correzione strutturale delle bilance dei pagamenti correnti, privando il sistema europeo di una rilevante componente di domanda e aggravando la tendenza alla deflazione. Servono investimenti pubblici consistenti, a livello di Unione e di singoli Stati, rispettando una sola regola aurea: la percentuale di disavanzo del bilancio non deve essere superiore al saggio di crescita nominale del Pil che ne risulta». In sostanza, il tetto del massimo rapporto stabilito tra deficit e Pil non dovrà essere fissato al 3% ma oscillerà a seconda della crescita dell'economia. Ma se i paesi più virtuosi temessero così di dover pagare per chi sfora? «Esistono le soluzioni tecniche per garantire che ciò non avvenga. Si tratta di attivarle in pratica effettuando scelte politiche, come quella di concordare un piano di rimborsi a lunghissima scadenza e ai tassi ufficiali praticati, fornendo una garanzia alla Bce fino al rientro nel parametro del 60% rispetto al Pil, in contropartita di una ipoteca sul gettito fiscale futuro o di proprietà pubbliche in caso di mancato rimborso di una o più rate. Ovviamente tra le clausole di un siffatto accordo vi sarebbe anche quella che il disavanzo di bilancio pubblico si collochi in modo dinamico entro la regola indicata di coerenza rispetto al saggio di crescita nominale del Pil e quindi non comporti un nuovo superamento del rapporto debito pubblico/Pil».

("Savona ha presentato all'Europa il suo Piano-A", dal sito dell'agenzia di stampa Agi; post editato il 13 settembre 2018).

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30 settembre 2018

Magaldi: Tria si dimetta, se “serve” massoni ostili all’Italia

E' assolutamente ridicolo e inaccettabile che il "fratello" Giovanni Tria affermi di «aver fatto il proprio giuramento da ministro nell'interesse della nazione», collegando questo giuramento alla sua ostinata pervicacia nel voler difendere un paradigma economico ispirato alla più occhiuta e malnata austerità e nel considerare i privati diktat dei mercati come coincidenti con il bene collettivo dei cittadini. Ostinarsi a voler difendere nel rapporto deficit-Pil il limite dell'1,6% o qualunque altra asticella astratta e priva di fondamento scientifico (meno del 2%, o anche il 3% previsto dai Trattati di Maastricht e cosi via) significa fare gli interessi di gruppi massonici neoaristocratici già ben rappresentati, nella loro distruzione dell'economia italiana, da personaggi come Mario Draghi, Ignazio Visco, Sergio Mattarella, Carlo Cottarelli, eccetera. Al contrario, il massone Giovanni Tria era stato designato alla guida del Mef in qualità di libero muratore sedicente progressista, che avrebbe dovuto contribuire ad inaugurare un "new deal" nella governance economica del Bel Paese.

Un nuovo corso significativamente postkeynesiano, e in grado di puntare più sulla crescita del Pil (e di altri fattori non meno rilevanti, per valutare lo stato di salute di un sistema economico complesso) che non sull'ottuso rigore dei conti pubblici: Gioele Magaldipolitica, quest'ultima, che negli ultimi anni si è dimostrata chiaramente fallimentare, peggiorando i rapporti relativi tra deficit, debito e Pil. Del resto, quale soluzione di continuità vi sarebbe tra l'azione di Tria e quella dei suoi predecessori (i massoni neoaristocratici Pier Carlo Padoan, Fabrizio Saccomanni, Vittorio Grilli e Mario Monti, che ebbe l'interim al Mef come presidente del Consiglio dal 16 novembre 2011 all'11 luglio 2012) alla guida del ministero economia e finanze, se tutta la gestione dei problemi economici italiani attuali fosse ridotta al problema di avvicinarsi il più possibile al principio neoliberista, dogmatico e funesto del pareggio di bilancio?

Insomma, il "fratello" Tria si decida: o sta dalla parte del popolo sovrano italiano oppure, infrangendo il suo giuramento "nell'interesse della nazione", sta facendo gli interessi di gruppi apolidi sovranazionali e privati di caratura contro-iniziatica. Ma se Tria sta dalla parte di Mario Draghi (presidente Bce), Ignazio Visco (governatore di Bankitalia), Sergio Mattarella e Carlo Cottarelli (su questi ultimi due si veda l'artico pubblicato da 'Affari Italiani' "Governo, Magaldi: e il paramassone Mattarella incaricò il massone Cottarelli") e in perfetta continuità e accordo con il paradigma dell'austerity imposto in modo feroce sin dal governo del controiniziato Mario Monti, allora si dimetta. E una volta che Tria si sia dimesso, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e gli altri legittimi azionisti politici del governo Conte chiamino a dirigere il Mef Paolo Savona (come originariamente proposto), supportato da un gabinetto economico speciale che includa Nino Galloni, Antonio Maria Rinaldi, Alberto Bagnai, Claudio Borghi e altri economisti di chiara ispirazione postkeynesiana.

(Gioele Magaldi, "Attenzione alle trame dei massoni neoaristocratici Draghi, Visco e Cottarelli e secondo avvertimento al fratello Tria", dal blog del Movimento Roosevelt del 28 settembre 2018. Magaldi è presidente del Movimento Roosevelt e gran maestro del Grande Oriente Democratico, movimento massonico progressista).

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29 settembre 2018

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 28 9 2018


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Washington prêt à faire exploser l'Église orthodoxe
 

 
S-300 : le Royaume-Uni, la France et Israël ne pourront plus survoler la Syrie
 

 
Les Émirats revendiquent l'attentat d'Ahvaz
 

 
Exercice militaire russe au large de la Syrie
 

 
L'émir Tamim offre un palace volant au sultan Erdoğan
 

 
Israël utilise un avion militaire russe comme bouclier
 

 
La bataille d'Idleb est repoussée
 

 
La Russie dément les conclusions de la Commission internationale sur le MH-17
 

 
La Turquie a enlevé Ayten Öztürk au Liban
 
Controverses
Fil diplomatique

 
« L'Otan, indispensable rempart de paix et de sécurité »
 

 
Discours de Miguel Díaz-Canel Bermúdez devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours de Michel Aoun devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours d'Alain Berset devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours d'Emmanuel Macron devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours de Donald Trump devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Ouverture de la 73ème session de l'Assemblée générale des Nations Unies
 

 
Déclaration de principes du Petit Groupe pour la Syrie
 

 

"The Art of War"
The strategy of demonising of Russia
par Manlio Dinucci, Réseau Voltaire, 27 septembre 2018
abonnement    Réclamations

Gli Stati Uniti sono un morto che cammina


C’è un feroce attacco alla verità. Se non usiamo bene il nostro sito web, ci troveremo nel buio più totale.
Ieri mentre guidavo, ho acceso la radio in macchina per sentire se  i russo/siriani avessero cominciato la liberazione di Idlib, in Siria dai terroristi appoggiati da Washington. Tutto quello che ho sentito invece, su radio NPR, erano  due donne bianche che deploravano il razzismo bianco. Si sentivano tanto colpevoli per aver indirettamente beneficiato del razzismo bianco che, anche a me, è sembrato di affogare  nel senso di colpa di una di quelle femmine,  prima ancora che avesse finito di parlare.
Non riuscirete a credere quale sia stato il “beneficio indiretto” che aveva prodotto una forma tanto grave di senso di colpa nella femmina bianca, ma forse è bene provarci. Lei aveva comprato un bungalow di mattoni identico a quello accanto, dove viveva un americano nero, con la differenza che l’attico di casa sua era stato completamente ristrutturato, mentre l’attico del suo vicino nero non era stato ristrutturato. Il suo senso di colpa razziale derivava dal fatto che la persona bianca da cui aveva acquistato la casa aveva potuto rendere più bello il suo attico, mentre il suo vicino di colore non aveva potuto farlo, sembra per via del razzismo.
Vi sembra questa una spiegazione ragionevole per mettersi a sguazzare in un senso di colpa razziale? Posso pensare a tanti altri motivi migliori di cui, però, non si parla mai sui media di stampa. Per esempio, come riporta Eric Zuesse, che l’Arabia Saudita, lo stato fantoccio che Washington ha aizzato contro lo Yemen, stia “bloccando sistematicamente i rifornimenti di cibo che dovrebbero raggiungere decine di milioni di uomini, gli Houthis, che vivono nello Yemen circondati dal rombo di un motore di morte tenuto continuamente acceso dagli alleati USA ” Gli Houthi stanno morendo di fame perché volevano scegliersi un loro governo, non quello imposto da Washington.
Ci viene da chiederci quanto possa essere basso il senso di colpevolezza razziale che esprimeva una delle due donne bianche su NPR, quella colpa che trovava tanto difficile da sopportare: un vicino nero con una casa come la sua, però senza un attico ristrutturato, un chiaro segno di razzismo di cui sentirsi colpevole.
In che modo potrebbero reagire, con una pochezza emotiva ed intellettuale, come quella dimostrata da queste donne su NPR,  se fossero a conoscenza che gli USA non si stanno opponendo al fatto che dieci milioni di persone stanno morendo di fame in Yemen, come avrebbero reagito se avessero saputo della distruzione, completa o parziale di  8 paesi sotto il regime criminale di Clinton, George W. Bush e Obama e ora continua anche sotto il regime di Trump? Come sopporterebbero il loro senso di colpa, queste donne, se sapessero del sistematico genocidio di palestinesi messo in atto dallo Stato di Israele?
Naturalmente, non devono reagire, perché la NPR non ne parla mai. La NPR è sempre presente sul posto in cui qualche bianco va a fare un atto-di-auto-denuncia, perché si sente indegno e questo loro modo di fare non potrà mai essere interrotto se non si andrà a far vedere alla gente dove si deve sentire – veramente – il senso di colpa. Se non facciamo comprendere ai bianchi per che cosa devono sentirsi veramente in colpa, come potranno sentirsi al sicuro i neri e gli ebrei ?
Tutti i media di stampa e della TV USA sono in linea con  NPR : sono missing in action da molto tempo. Il Russiagate è un’orchestrazione del complesso militare-security USA che serve per impedire al Presidente Trump di smussare le pericolose tensioni che esistono tra le due principali potenze nucleari e di normalizzare le relazioni con la Russia. La normalizzazione delle relazioni potrebbe avere un impatto negativo sull’enorme budget e sul potere del complesso militare-security. Pertanto, l’umanità deve continuare a vivere con il rischio di  un Armageddon nucleare, per garantire il budget del complesso militare-security, in particolare per garantire gli interessi di Dick Cheney nella Halliburton.
Il governo russo ha presentato alle Nazioni Unite una denuncia documentata e comprovata che i terroristi, che godono dell’appoggio di Washington nella provincia di Idlib, hanno preparato un attacco chimico false flag  per incolpare la Siria e implicitamente la Russia. I filmati sono disponibili online, dove si vedono le prove, prima dell’annuncio dell’attacco, poi delle esercitazioni preparatorie, con i bambini delle scuole di Idlib che curiosano tra le telecamere. Washington ha un tale controllo su quello che racconteranno i media che questo “attacco chimico false-flag fatto dalla Siria” può andare avanti, anche se è certificato dalle Organizzazioni Internazionali sul controllo delle armi chimiche che il governo siriano ha zero armi chimiche. Vedi su YouTube, per esempio: https://www.youtube.com/watch?v=MYBJH2IaLF8&feature=youtu.be
Spero che i lettori non siano stati ancora sottoposti a un completo lavaggio del cervello e che riescano a vedere che questo è un film preparato in anticipo, in attesa di evento-false- flag che verrà proposto ai media di stampa come un fatto vero.
La stampa americana non ha mai rispettato il mandato lasciato dai Padri fondatori che avevano consegnato e protetto con il Primo Emendamento. Ma fino a quando il regime criminale di Clinton, non permise che solo SEI/6 monopoli potessero concentrare nelle loro mani ben il 90% dei media statunitensi, qualche volta la verità veniva ancora a galla. Ma ora non più. I media USA non sono in grado di raccontare nemmeno i fatti più avvincenti del nostro tempo, quelli che potrebbero portare alla distruzione della vita sulla terra. Invece, i giornalisti si preoccupano di difendere il loro posto di lavoro e di raccontare notizie false, nell’ interesse delle élite al potere.
Attualmente, Russia, Siria e Iran si stanno preparando a liberare l’ultima provincia siriana che è ancora nelle mani dell’esercito fantoccio di Washington: Al Qaeda, Al Nusra e ISIS.Washington ha inviato truppe Usa che si sono nascoste tra i terroristi che Washington aveva inviato per rovesciare la Siria, pensando che la presenza americana avrebbe dissuaso i russo-siriani dall’attacco contro i terroristi. Ancora una volta, Washington ha approfittato di una esitazione di Putin per complicargli la vita.
Sembra che  Washington sia riuscita a ritardare la liberazione finale della Siria dai terroristi appoggiati dagli USA, comunque l’esercito russo, se non il governo russo, comprendono che in questa fase avanzata del gioco, la Russia non può tirarsi più indietro senza rischiare di essere inondata da altre provocazioni, come prezzo della sua correttezza. Questo è il motivo per cui una armata della marina russa staziona al largo della Siria, equipaggiata di nuovi missili ipersonici russi contro i quali gli Stati Uniti non hanno nessuna difesa. Se si arriverà ad un conflitto, sarà solo il governo russo che potrà decidere se qualche nave USA dovrà restare ancora a galla.
Anche l’esercito russo ha nuovi aerei – di gran lunga superiori alla mondezza degli americani – armati con missili ipersonici, così una resa dei conti tra Russia e Washington in Siria significherebbe una umiliante sconfitta militare per Washington.
Questa consapevolezza rende il governo russo esitante nell’esercitare la propria forza militare in Siria. Il governo russo sa che a Washington ci sono dei pazzi e che, pochi insani neo-cons credono nell’eccezionalismo e nell’indispensabilità degli USA , convinti dell’unilateralismo americano. I russi sono consapevoli del fatto che Trump, sebbene avesse voluto ridurre le tensioni, non ha retto all’attacco del complesso security-militare e che forse per  “salvare l’onore dell’America” potrebbe premere il pulsante.
Questa, penso, potrebbe essere la ragione per cui la liberazione della provincia di Idlib non è iniziata. Questa parte della Siria potrebbe essere lasciata nelle mani di Washington per evitare la fine del mondo.
D’altra parte, i militari e i nazionalisti russi sono stanchi degli insulti e delle sterili provocazioni militari di Washington e del Regno Unito. Stanno perdendo la pazienza aspettando di difendere l’onore della Russia. Capiscono bene che accettare una provocazione, porta a doverne accettare un’altra subito dopo e che alla fine la Russia sarà costretta a rispondere. Putin è stato indebolito dall’aver perso tempo, concedendo un vantaggio alla quinta colonna di Washington che lavora all’interno della Russia — composta da economisti neoliberisti addestrati a Washington. È un mistero per tutti il motivo per cui Putin si fidi  ancora di questi agenti americani de facto che intendono portare alla rovina sia lui che la Russia.
In altre parole, la situazione in Siria è pericolosa, e i media USA non se ne preoccupano se non per usarla come opportunità di propaganda per incolpare la Russia di attacchi chimici e di morti tra i civili. In effetti, l’unico interesse dei media statunitensi è di arrivare per primi nel raccontare dell’uso di armi chimiche da parte della Siria per la liberazione della provincia di Idlib. In altre parole, i media USA non vedono l’ora di spingere il mondo verso una Terza Guerra Mondiale.
Altra straordinaria carenza dei media americani è parlare di Israele. I sionisti israeliani hanno commesso un genocidio contro i palestinesi, ai quali hanno rubato un paese alla luce del giorno, senza che ci sia stata nessuna protesta concreta da parte del Grande Mondo-Morale-dell’Occidentale o di nessun altra parte per tanti decenni. Oggi i resti della Palestina stanno quasi tutti nei campi profughi, fuori dal paese, in quel campo di concentramento che è il Ghetto di Gaza.
Per quanto riguarda la NPR, la CNN, il NY Times, o il Washington Post della CIA, non esiste nessun crimine di Israele contro l’umanità, tanto che il Consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Trump, un neoconservatore, ha recentemente dichiarato che il governo degli Stati Uniti userà tutte le sue forze per proteggere ogni americano e ogni israeliano incolpato di criminali di guerra davanti al Tribunale penale internazionale.
In altre parole, il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump ha dichiarato che gli americani e gli israeliani sono al di sopra della legge che Washington applica a tutti gli altri. Vedi ad esempio: https://truthout.org/articles/john-bolton-escalates-blackmail-to-shield-us-war-criminals/
Allora, che cosa abbiamo? Abbiamo i media USA che si trovano a loro agio dato che nessuno denuncia i crimini  contro l’umanità compiuti da Israele, perché denunciarli sarebbe antisemitismo e negazione e dell’olocausto.
I media USA non si preoccupano per l’interesse ad uso personale che il complesso security/militare sta perseguendo con il Russiagate, perché indagare su questo affare potrebbe distrarli dal loro impegno per incriminare Trump di essere un agente russo.
A dirla tutta anzi, sono tutti i media occidentali che non hanno nessun interesse per il pericoloso conflitto che l’Occidente ha orchestrato gratuitamente contro la Russia, perché qualsiasi articolo che ne parlasse potrebbe spaventare a morte la gente e farebbe comprendere che la strada lungo la quale ci stanno portando i media è quella che minaccia la vita del pianeta.
Paul Craig Roberts 
Fonte: comedonchisciotte.org autore della traduzione Bosque Primario