01 gennaio 2013

Alberi di un bosco, o un bosco di alberi?

Ogni guerra quando arriva, o prima che arrivi, viene presentata non come guerra, ma con atto di autodifesa contro un maniaco omicida. (George Orwell)

Ogni aggressione è fondata sull’inganno. (Sun Tzu)

Se i miei soldati iniziassero a pensare, nessuno di loro resterebbe nell’esercito. (Federico il Grande)

Se inviti la gente a pensare, solleciti la rivoluzione. (Ivana Gabara)

Non temere rapinatori o assassini. Sono pericoli esterni, miserevoli. Dovremmo temere noi stessi. I pregiudizi sono i veri rapinatori, i vizi i veri assassini. I grandi percili sono dentro di noi. Perché preoccuparsi di quanto minaccia le nostre teste o borse? Pensiamo piuttosto a quanto minaccia le nostre menti. (Victor Hugo)

Di olocausto in olocausto
Su Gaza, al di là del congiungersi al coro mondiale (un po’ fievole da noi) di con-dolore per vittime e abitanti di Gaza e di deprecazione dei macellai nazisionisti, sarebbe bene ragionare un po’.

I mostri dell’apocalisse si sono scatenati a livello planetario,  l’ora è stellare, se passa la falce di questi necrofori, domani siamo tutti o morti o schiavi. Ma quelli che si considerano ancora  vivi dalle nostre parti, reagiscono sempre volta per volta, caso per caso, situazione per situazione. I mostri hanno un disegno e lo attuano in coordinamento. Noi no. Noi siamo quelli dell’albero nel bosco e tutto il resto è nebbia, fino a sbattere contro l’albero successivo. Un giorno ci strappiamo i capelli per le brutalità inflitte ai nostri ragazzi deprivati di presente e di futuro (e quelli buoni e perbene se li strappano anche perché qualche ragazzino, sempre più in effetti, non ci sta a farsi svuotare la testa e poi anche a farsela spaccare senza reagire), un altro piangiamo sulle vittime di Gaza e ululiamo sdegno ai genocidi.

Frequentiamo un giorno le invettive anti-Ahmadi Nejad di  Shirin Ebadi, avvocatessa iraniana colorata, e il giorno dopo ci preoccupa il delirio omicida di Netaniahu., quello che un giorno sì e l’altro pure minaccia di incenerire l’Iran di Shirin. La mattina invochiamo lo Stato palestinese e condanniamo le colonie israeliane, la sera plaudiamo a mercenari imperiali che, benedetti dai colonialisti israeliani, cercano di disintegrare lo Stato siriano. Festeggiamo la rielezione di Obama, con moderazione poiché è solo il Menopeggio, e poi ci dispiace che Pentagono e Cia butterano e intossicano la Sicilia con i loro strumenti di spionaggio e sterminio. In Yemen, Somalia, Afghanistan e Pakistan, i droni Usa sterminano esseri umani innocenti come Monsanto elimina parassiti e nessuno dice niente, ma quando un razzo palestinese finisce sulle case di chi da 65 anni occupa e schiaccia quella terra, c’è da inarcare sconcertati le ciglia.

Dissociati e schizofrenici, ossimorici e strabici, dunque paralizzati e ineffettivi, così ci vuole la Cupola. Dobbiamo essere quelli che il bosco lo vedono solo nel singolo albero su cui, volta per volta, sbattono il grugno. Fino a quando il bosco sarà così vasto e fitto di singoli alberi su cui rompersi il cranio, da diventare la discarica della nostra materia cerebrale.
Tirare candelotti di gas CS (proibito contro il nemico esterno, ma consentito contro quello interno) dal Ministero di un governo democratico al servizio dei cittadini, non pare molto diverso, eticamente, dallo sparare missili su bimbetti che escono da scuola a Gaza. Fatte le debite proporzioni, non etiche, ma di numeri. A Gaza, in quasi una settimana con quasi mille incursioni (è un F16 dei nazisionisti felicemente abbattuto e qualcosina colpita pure nell’entità sionista) e quasi 100 morti, Israele, nel consenso dell’universo mondo su questo punto, ribadisce il “diritto all’autodifesa”. L’acrobata del cerchiobottismo Zvi Schuldiner, sul “manifesto” ,definisce criminali “le dirigenze di entrambele parti” e, come un superfarabutto, Craxi, con la scappatoia del “rubano tutti”, salva l‘onore del carnefice e demonizza la vittima.

Autodifesa di qua e di là
Appunto quella che da noi rivendicano, in nome dello Stato di diritto e della democrazia, coloro che fanno piovere mazzate, gas tossici, getti contaminati, manette e carcere contro i facinorosi che pretendono di non essere cacciati in scialuppe di salvataggio bucate, mentre il panfilo se la fila. Le parole d’ordine dei giovani israeliani riunitisi ieri a Tel Aviv per inneggiare a quanto i loro “difensori” vanno compiendo a Gaza ripetevano pari pari quanto io vidi scritto, nella Palestina occupata, su muri, cartelloni e libri di scuola, fin dalla Guerra dei Sei Giorni nel 1967: Non meritano di vivere, meritano di morire; Possano i vostri figli morire, cani!; Vogliamo tornare a Gaza e scacciare tutti gli arabi; La gente chiede più bombe; Maometto è morto; Arabi? Cani, topi e serpenti;  Arabi? Tutti espulsi o distrutti. Perfettamente in sintonia con questi sentimenti “popolari”, il ministro Israel Katz: “Dobbiamo bombardare Gaza al punto da costringere tutta la popolazione a fuggire in Egitto”.

Mutatis mutandis, trasferiamoci dal corteo di Tel Aviv a quello della Camusso e dal Knesset al Parlamento a Roma, che è esattamente come dire: alla giunta Monti.  Andiamo anche ad Atene, Madrid, Lisbona e cerchiamo la differenza etico-ideologica da quegli slogan e scritte di valutazioni come “teppisti, estremisti, infiltrati, provocatori, ultrà, violenti”, ivi pronunciate, intendendo ovviamente che ci vogliono più bombe dai ministeri per espellerli, se non in Egitto, dal contesto civile. Differenza che impegnerebbe anche la “Critica della ragion pura” di Kant. Forse incominceremmo a intravvedere il bosco. E come non mettere su piani paralleli (le famose “convergenze” di Moro) un Obama che sostiene con soldi, armi e tecnologie un coacervo illegale teocratico e ne sostiene il diritto a far fuori i “terroristi”, e un Napolitano che copre il massacro sociale e “genovese” del suo coacervo illegale teocratico, da commandos di “sfigati”, “bamboccioni”,  choosy, “fissati del posto fisso”. Il bosco si vede ancora meglio. Nell’empireo di tutti costoro sta la stessa Cupola clerico-finanziar-mafiosa, Bilderberg e oltre. Suo è il disegno.

E se poi guardiamo attraverso quali passi si arriva a tanto, qual’ è il percorso della campagna destinata a risolvere la questione, ecco che il bosco si vede in tutta la sua armonica compiutezza.

8/11; militari israeliani invadono Gaza e uccidono un dodicenne, Gaza risponde con un razzo che ferisce quattro soldati; 10/11: una cannonata israeliana uccide due ragazzini e un’altra colpisce la tenda dove si svolgeva la veglia, ammazza due civili e ne ferisce 24; 11/9: altro civile ucciso e una ventina feriti, razzi da Gaza feriscono 4 civili israeliani, il ministro Yisrael Katz sollecita il governo a “tagliare la testa del serpente” e prepara il taglio ai 1.7 milioni di Gaza di acqua, cibo, energia elettrica e carburante; 12/11: Le organizzazioni palestinesi di Gaza annunciano una tregua; 14/11: dopo due giorni di calma, Israele rompe la tregua e uccide il capo militare di Hamas, Ahmed Jabari, con altre 8 persone, tra cui due bambini. Da cui l’escalation.

Un 11 settembre lungo sessant’anni
Ma il filo dell’ “autodifesa” da srotolare è più lungo. Andiamo a ritroso. 2012, 9/3, Israele viola un cessate il fuoco mediato dall’Egitto assassinando a Gaza il capo dei Comitati Popolari di Resistenza, con altri 25 palestinesi. Israele: abbiamo prevenuto un attacco. Prove mai fornite. 2011, 29/10, Israele rompe una tregua di due giorni uccidendo quattro membri della Jihad Islamica. L’Egitto media una nuova tregua che Israele viola immediatamente, uccidendo altri 11 jihadisti. 2008, novembre, Israele uccide 6 membri di Hamas dopo un cessate il fuoco in vigore da giugno. La resistenza risponde con alcuni inoffensivi razzi Kassam, che Israele usa come pretesto per l’operazione “Piombo Fuso”, coronata da 1.400 palestinesi uccisi da bombe chimiche probite, fosforo, missili all’uranio, cannonate, mitraglia e, a seguire, altre decine e decine fino ad oggi. Remando all’indietro incappiamo in centinaia di assassinii mirati, di bombardamenti, di operazioni assassine all’estero, di violazioni di tregua, fino alla rottura dell’armistizio per la Guerra dei Sei Giorni e quella dell’armistizio ONU del 1949, quando iniziò la penetrazione nelle aree “demilitarizzate”, l’incenerimento di villaggi e il massacro di centinaia di civili palestinesi.


Autodifesa all’italiana
Possiamo azzardare un confronto, che non irriti troppo Lerner, Fazio o Ferrara, con l’attentato a Togliatti, la nascita con Scelba di una sicurezza sociale imposta a fucilate, manganelli e leggi truffa, i vari golpe-ricatto sociale dei Tambroni, Borghese, De Lorenzo, con alle spalle la stessa Cia, lo stesso Mossad (vedi Moro) che alternano terrorismo fuori con genocidii striscianti dentro? E non vogliamo continuare inanellando “rotture di tregua” a fini di genocidio sociale come le stragi da Piazza Fontana ai botti mafio-statali del ’92-’93, o la decimazione biologica, carceraria e sociale dei militanti di 10 anni di lotta rivoluzionaria?  E non ci fanno la festa oggi coloro hanno violato tutti i cessate-il-fuoco dallo Statuto dei Lavoratori, anzi, dalla lotta di liberazione e dalla Costituzione in qua? Parallele convergenti, bravo Moro! 

E non ce lo vedreste, quel “soldato blu” che da noi in piazza infierisce con la mazza di ferro e caucciù  e con le bombe di gas dall’alto sulle facce di ragazzini in fuga, ceteris paribus, a far sistemare, con proiettili appena più duri, qualche terrorista quindicenne di Gaza?  Stesso modo di divertirsi con “terroristi” o Black Bloc, stessa impunità, perché, lì, un neonato mirato e squartato è effetto collaterale e, qui, granate CS sparate alle nuvole rimbalzano sui crani dei civili dai mattoni del quarto piano (ricordando la capricciosità della pallottola di Placanica deviata su Giuliani da un sasso)..Vedete come lo sguardo spazia da quel singolo albero. E, toh, mì è venuto un pensiero estemporaneo: avete mai visto brutalità repressive come quelle che celebrano il “contratto sociale”  nelle democrazie occidentali, da Oklahoma a Francoforte a Brescia, nella Russia diabolizzata di Putin?

Il troppo stroppia la mente
Si sente come uno stridore nel cervello a sbattere contro l’enormità delle nefandezze di cui sono capaci individui che si pretendono della specie umana. C’è una frenata dei neuroni davanti all’impossibile da concepire. Disumano, troppo disumano, si potrebbe parafrasare Nietzsche. La bambina tredicenne di Gaza che, poche ore dopo il fatto, nel pianterreno di una casa che non aveva più i suoi tre piani, mi raccontava, con occhi prosciugati dallo sdegno, dei suoi 28 congiunti uccisi, inermi e con bandiera bianca in mano, da “Piombo Fuso”; il signore di cinquant’anni, in abiti sbrindellati dalle macerie aguzze della sua casa, ricoperto di polveri, che seduto su mattoni sbrecciati tra pilastri sminuzzati e oggetti di vita frantumati o divelti, mi offriva il tè dal fornellino a gas e giurava che da quelle rovine non si sarebbe mosso mai; l’altro signore, un medico, che mentre dalla sua finestra comunicava a una tv israeliana in diretta quanto “Piombo Fuso” stava facendo  sotto i suoi occhi, si è visto la casa sfondata e le sue tre piccole figlie maciullate dalle granate di chi, attraverso la tv, lo aveva individuato.

Quello che, nonostante le esperienze fatte con Bush, Obama, Monti, Fornero, Di Paola, De Gennaro, Cancellieri, ci risulta buio, al punto di essere impenetrabile  e inafferrabile dalla coscienza, è come, in queste ore, gli stessi mandanti e gli stessi sicari – israeliani, primatisti assoluti da mezzo secolo – possano, nell’indulgenza e comprensione di un gregge mediatico e politico che bela “è solo ritorsione”, tornare a sguazzare nelle ossa e nel sangue di vittime da tempo ridotte peggio delle comunità israelite al tempo di Auschwitz e delle Fosse Ardeatine. L’ultima ritorsione di autodifesa l’apprendo in questo momento dal tg: altri nove bambini uccisi, e fanno venti, decine di mutilati. Lo Stato infanticida, con le sue “stragi degli innocenti”, si appende sotto il logo delle SS l’onorificenza massima del presunto padre della patria, Erode.


Giri di valzer su campi minati
Così il califfo neo-ottomano di Ankara e i premier di Egitto e Tunisia, con sulle natiche stampato il nulla osta di Washington e Nato, vanno a Gaza a lamentare quanto è successo e a giurare che a Israele non sarà consentito di continuare la carneficina.Nemo problema, Israele continuerà e nulla succederà. E’ che questi, pure appesi agli aiuti e alle armi Usa per la sopravvivenza della propria classe dirigente, qualcosa devono pur esibire a masse che li hanno votati e a quelle che non li hanno votati  e che, tutte, in queste ore stanno manifestando la loro collera da un capo all’altro del mondo arabo e islamico. Il che, comunque, è il segno che il quadro mediorientale è cambiato e che, se su Libia e Siria certi potentati arabi hanno saputo seminare confusione e paralizzare la dovuta solidarietà agli aggrediti, quando si tratta di Israele, di un carcinoma innestato nel corpo arabo affinchè ne venisse sopraffatta l’esistenza, non c’è generazione che non abbia chiarissime le  responsabilità e la posta del conflitto.

E’ sottile il filo su cui i proconsoli islamisti dell’Occidente si bilanciano tra soccorso a stelle e strisce e fermenti insurrezionali di popoli passati per la Primavera Araba, quella vera. Uno psicopatico come Netaniahu e una giunta sionista incalzata dalla rivolta sociale di pochi mesi fa, ha da ricompattare il proprio elettorato deviandolo sulla coltivata e radicata istanza di paura, razzismo e sciovinismo. L’assalto a Gaza, oltre a soddisfare certi istinti sanguinari ontologici, serve a questo. E serve anche a testare la reazione del vicinato e del mondo in vista di qualcosa di più esteso, tipo quanto è stato annunciato  alla Siria con i missili lanciati dal Golan e all’Iran con i vari piani di attacco sperimentati in esercitazioni congiunte Nato, anche con i “missionari tricolori di pace” di Monti e Riccardi.

Comunque, non di solo Netaniahu si tratta. Qui è in svolgimento un’operazione gigantesca di depistaggio che parte da molto più in alto. Per principi e lacchè della globalizzazione imperiale le cose non vanno per niente bene. La Libia è un caos intrattabile, i propri sguatteri sono assediati da ogni lato e non garantiscono la tranquilla rapina delle risorse. Peggio ancora, la Siria, con tuttora la Russia alle spalle, manda allo sfascio i vari piani di demolizione con cui via via gli sponsor di una pseudo-rivoluzione, messa in mano al terrorismo stragista di Al Qaida, cercano di eliminarla dal fronte antimperialista e fin dalla carta geografica. Il Sud Europa e gli stessi Stati Uniti subisce scossoni tellurici ad opera di un’insubordinazione sociale destinata inesorabilmente ad assumere strumenti politici e altri per mettere in discussione tutto. Lo spazio mediorientale, oltre che con la resistenza siriana, libica,  e le riluttanze algerine, sudanesi e irachene, all’ira di milioni, imbarazza la Cupola per la contesa triangolare tra Turchia, Egitto, e Stati-famiglia del Golfo su chi debba essere la potenza egemone nell’area. Contesa che diventa poi quadrangolare tra tutti questi e i rispettivi popoli che, rispetto a Israele, Usa, Occidente e democrazia, hanno idee un po’ diverse dai loro despoti.

Distrazioni
Le mattane di Netaniahu forse non arriveranno a rioccupare Gaza e a produrre un altro olocausto, ma insisteranno a farci dimenticare che ogni giorno in Siria muoiono, grazie ai compari di Netaniahu, più innocenti che a Gaza in tutto un anno “normale”. E altrettanto si può dire delle distruzioni. Ma avete mai visto “il manifesto” o “la repubblica” dedicare un terzo della propria foliatura ai crimini contro il popolo siriano, come invece li dedicano ai “casi di Gaza”? E, tornando su una vecchia polemica, avete notato come il gran clamore intorno alla Flottiglia di Gaza Due avvenisse al tempo in cui si sgozzava la Libia e quello suscitato dalla Flottiglia di Gaza Tre non includesse un borbottio sulla Siria massacrata? Non stupisce che il quartier generale dei pianificatori di queste benefiche imprese fosse collocato nel munifico Qatar, il cui padrone, Al Thani, tra una riunione operativa e l’altra, si sbaciucchiava in Israele vuoi con Tzipi Livni, vuoi con Olmert, vuoi con Shimon Peres e mandava al Jazira e ascari rastrellati qua e là a bombardare di menzogne e morte la Libia e poi la Siria.  

Facciamo bene a impegnarci per Gaza, ma cerchiamo di vedere il bosco. Con dentro anche cappuccetti rossi come il Fronte Popolare, co-satanizzatore dei suoi difensori di mezzo secolo, Gheddafi e Assad, e Hamas, che ha preferito scambiare Damasco con Doha, il popolo siriano solidale, con una satrapìa di fetidi boss intrecciati al nazisionismo, alla V Flotta Usa e ai benzinai multinazionali.  Ora il socio di maggioranza di questa Anonima Brigantaggio sta dando la caccia a Hamas in Gaza. Non ci resta che piangere. O, piuttosto, che incazzarci oltre i limiti stabiliti.

Cave canem
Una chicca che dimostra che non sono solo gli animali umani che i sionisti amano sfoltire da quelle parti. La Corte Rabbinica di Gerusalemme ha condannato alla morte per lapidazione un cane penetrato nel tribunale. Terrorista che ha spaventato giudici, imputati e accusatori. Secondo il tribunale era la reincarnazione di un avvocato laico che offese i magistrati vent’anni fa. Facciamogli fare la fine di un qualsiasi bimbetto a Gaza. O a Damasco.
Il cane contestatore è riuscito a darsela a gambe. E’ compagno di Loukanikos, il cane combattente di Piazza Synthagma. Quando si dice che, a volte, i cani sono meglio dei cristiani….

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