L’ennesimo pretesto per dichiarare guerra?:
Global Research, 15 febbraio 2012
Gli sforzi statunitensi e israeliani di addossare all’Iran le responsabilità del terrorismo internazionale si sono spostati a un livello globale? Una serie di attacchi con esplosivi che avevano apparentemente come bersaglio diplomatici israeliani in India e Georgia sono stati collegati alle esplosioni verificatesi a Bangkok, capitale della Thailandia, per le quali secondo gli organi di informazione sono stati arrestati tre soggetti di nazionalità iraniana.
Israele si è affrettato a sostenere che gli ordigni esplosivi utilizzati in Thailandia sono dello stesso tipo delle “bombe adesive” impiegate per gli attacchi di Nuova Delhi e Tbilisi, e che questa rappresenterebbe la prova che una rete terroristica di matrice iraniana stia conducendo una campagna volta ad uccidere i suoi rappresentanti diplomatici all’estero.
“Il fallito attacco terroristico di Bangkok mostrano una volta di più come lo Stato iraniano e i suoi alleati continuino a promuovere il terrore”, ha detto il ministro della difesa di Israele Ehud Barak.
La polizia thailandese ha identificato uno degli individui rimasti feriti nelle esplosioni di martedì a Bangkok come un cittadino di nazionalità iraniana. Stando a quanto riportato sarebbero iraniani anche altri due individui tratti in arresto, uno nella capitale tailandese e l’altro catturato dopo avere preso un volo diretto in Malaysia.
Fino a questo momento le autorità thailandesi si sono rifiutate dall’esprimere qualsiasi commento riguardo alla possibilità che la cellula faccia parte di una rete terroristica internazionale. Gli autori degli attacchi in India e in Georgia sono ad ora sconosciuti. Israele ha comunque sostenuto che gli apparenti tentativi di omicidio perpetrati lunedì a Nuova Delhi e a Tbilisi siano un’operazione condotta da Hezbollah (in collaborazione con l’Iran) al di fuori del Libano.
Le dichiarazioni di Israele richiamano le accuse che Washington e Tel Aviv lanciano da lungo tempo nei confronti dell’Iran, accusato di essere sponsor del terrorismo globale. Alla fine dell’anno passato il governo statunitense aveva reso noto di avere scoperto un complotto iraniano volto ad assassinare l’ambasciatore dell’Arabia Saudita a Washington. Il presunto complotto, poi sventato, è diventato oggetto di scherno una volta svelati i suoi dettagli perlomeno bizzarri: al centro vi sarebbe stato un rivenditore iraniano di auto usato in accordo con un cartello del narcotraffico messicano che avrebbe avuto intenzione di portare a termine l’omicidio all’interno di un ristorante della capitale statunitense.
Nonostante ciò, non vi sono dubbi che gli ultimi incidenti di questa settimana finiranno col rinfocolare le ripetute accuse dei governi occidentali verso l’Iran, “Stato canaglia” che rappresenterebbe una grave minaccia alla sicurezza globale in particolare per covare sinistre “ambizioni per procurarsi delle armi nucleari”. In un quadro generale tutto questo converge a una legittimazione dei piani USA/NATO/Israele per muovere guerra all’Iran. Si ritiene che Washington abbia concesso a Israele un tacito “semaforo verde” per lanciare attacchi militari preventivi contro la Repubblica Islamica. In un contesto del genere le ultime dichiarazioni provenienti da Tel Aviv relativamente ai tentativi dell’Iran di uccidere i suoi rappresentati diplomatici all’estero potrebbero fungere da miccia per i piani d’attacco da lungo tempo in via di preparazione.
Un’occhiata più accurata a questi recenti incidenti con esplosivi fa sorgere però seri interrogativi circa la credibilità di tali accuse, e lascia intendere piuttosto che possano essere parte di una campagna di operazioni false flag atta a giustificare un’aggressione imminente ai danni dell’Iran.
Per prima cosa gli ordigni esplosivi apparentemente utilizzati in Thailandia, India e Georgia erano le cosiddette bombe adesive, così denominate perché possono si possono attaccare magneticamente ai veicoli per mettere a segno omicidi mirati di determinati personaggi. Nel caso dell’attacco di Nuova Delhi un uomo in motocicletta si è avvicinato alla macchina del corpo diplomatico israeliano e ha agganciato l’ordigno. Nell’incidente avvenuto a Tbilisi l’ordigno è stato apparentemente sotto la carrozzeria del veicolo. Nessuno dei diplomatici apparentemente bersagli delle operazioni ha subito ferite gravi.
Questo metodo per condurre omicidi mirati è stato però precedentemente impiegato con risultati letali per eliminare quattro scienziati nucleari iraniani in diversi attacchi. La più recente vittima iraniana di questo tipo di attentati è stato il trentaduenne Mostafa Armadi Roshan, ucciso dopo che gli assalitori a bordo di una motocicletta avevano attaccato una bomba magnetica alla sua automobile a Teheran. Il governo iraniano ha dichiarato sulla base di argomentazioni piuttosto credibili che la campagna di omicidi contro i suoi scienziati nucleari sarebbe opera delle agenzie di intelligence statunitensi e israeliane. L’uso che statunitensi e israeliani fanno di cittadini di nazionalità iraniana come esecutori materiali per condurre operazioni di questo genere costituisce un modus operandi ormai dimostrato.
L’Iran da parte sua ha categoricamente negato qualsiasi coinvolgimento nei recenti attacchi terroristici in India, Georgia e Thailandia, così come nel presunto complotto contro il rappresentante diplomatico saudita a Washington. Si riscontrano dettagli piuttosto credibili nelle smentite iraniane. Che cosa guadagnerebbe l’Iran da azioni simili, a parte condanne e ulteriori problemi rispetto a quanti ha già adesso?
Ciò ha del vero soprattutto in relazione a quanto successo in India e in Thailandia. Entrambi i Paesi asiatici sono diventati partner commerciali importantissimi per Teheran nel corso degli ultimi anni. L’India è, assieme alla Cina, il principale cliente dell’Iran per quanto riguarda l’industria petrolifera (fondamentale per l’economia persiana).
La Thailandia sta assumendo rilevanza sempre maggiore nella veste di partner commerciale dell’Iran per il petrolio, risorse minerarie, industria pesante, servizi, tecnologia e agricoltura; questo specialmente dopo che cinque anni fa le due Nazioni hanno istituito una società mista per l’interscambio commerciale.
Perpetrare attacchi del genere, come si vuole far credere, sarebbe per l’Iran come spararsi ad un piede, soprattutto dal momento che entrambi i Paesi asiatici si sono rifiutati di aderire alla campagna promossa dagli Stati Uniti d’America per isolare Teheran economicamente e diplomaticamente.
Viceversa è molto più nell’interesse di Washington e di Israele destabilizzare i rapporti tra l’Iran e i suoi partner in Asia. Le ripercussioni delle esplosioni in India sembrerebbero in effetti aver raggiunto tale scopo.
Si consideri a tal proposito il seguente dispaccio della Reuters. Finora l’India non ha mostrato l’intenzione di accodarsi alle nuove sanzioni finanziarie studiate dagli USA e dall’Unione Europea per punire l’Iran in relazione al suo discusso programma atomico. Nuova Delhi ha invece approntato nuove misure commerciali e di scambio per pagare le forniture di petrolio iraniano. Il presidente dell’Associazione degli Esportatori di Riso dell’Unione Indiana ha comunque detto che l’attacco che lunedì ha causato il ferimento della moglie di un diplomatico israeliano nella capitale indiana arrecherà un danno allo scambio commerciale tra i due Paesi e potrebbe finire per complicare uno stallo verificatosi sul pagamento da parte iraniana per l’importazione di scorte di riso pare in totale a 150 milioni di dollari. “L’attentato e le sue conseguenze sul piano politico hanno evidentemente cambiato l’atmosfera in negativo. I commercianti che già prima erano in perdita a causa dei mancati pagamenti saranno estremamente reticenti in futuro a continuare i loro scambi con i compratori in Iran”, ha detto Vijay Setia all’agenzia Reuters.
Facciamo quindi qualche calcolo. Sommiamo: squadre di attentatori esplosivi che impiegano tattiche e metodi usati da USA e Israele per condurre omicidi mirati; i Paesi coinvolti sono tra i principali partner di Teheran; l’effetto che si cerca è di isolare ancora di più l’Iran sullo scenario internazionale; per finire, “ciliegina sulla torta”, ecco il pretesto che da tanto tempo Israele andava cercando per aggredire l’Iran con la benedizione statunitense.
Quando la logica e i dati di fatto vanno a coincidere in un modo simile, di solito è più consigliabile dare ascolto alla razionalità piuttosto che soffermarsi su acuse infamanti.
Finian Cunningham è corrispondente di Global Research per il Medio Oriente e l’Africa Orientale
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