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Perché ho scritto “La Bibbia Nuda”, con Mauro Biglino
La grande sala congressi ammutolì quando Benazir Bhutto osò denunciare il generale Pervez Musharraf, allora presidente-dittatore del Pakistan. L’accusa: gli uomini dell’Isi, il servizio segreto di Islamabad (agli ordini della Cia), avevano “allevato” i Talebani e protetto Bin Laden, come richiesto dal “terrorista” Bush. Lei, Benazir, di lì a poco si sarebbe candidata per liberare il Pakistan dalla menzogna. Saltò in aria qualche anno dopo, nelle ultime tappe di una campagna elettorale che l’avrebbe incoronata trionfalmente alla guida del suo paese. Ricordo bene quel fugace incontro, a Torino, a margine dell’assise promossa da Gorbaciov insieme ad altri ex leader mondiali, che avevano messo fine alla guerra fredda. In un palazzo del centro, l’indomani, Benazir Bhutto ripeté a beneficio delle telecamere le sue accuse pericolosamente terribili, ma sempre con quel suo sorriso disarmante: quello di chi sa di avere ragione, e ha deciso che bisogna pur metterla in gioco, la vita, se il nemico è così insidioso da saper pervertire integralmente la verità. Pensieri che oggi, tra coprifuochi e pass vaccinali, suonano stranamente familiari.
Al World Political Forum ero arrivato tramite Giulietto Chiesa, che avevo conosciuto pochi anni prima conducendo una video-intervista sul suo esplosivo bestseller uscito nel 2002 e occultato dai grandi media, “La guerra infinita” (Feltrinelli), il primo libro in Italia a mettere in discussione la verità ufficiale sull’11 Settembre. Poco dopo, al Salone del Libro di Torino, vidi Giulietto Chiesa spiazzare il pubblico sventolando un foglietto: era il tabulato della telefonata con cui l’allora potente oligarca Boris Berezovskij, braccio destro di Eltsin, aveva ordinato all’uomo dei servizi segreti di Mosca di mettere in piedi una milizia per attaccare a freddo, in Cecenia, l’esercito russo. L’uomo era il colonnello Shamil Basaev, in forza al Kgb e poi all’Fsb. Scopo dell’operazione: inventare la rivolta in Cecenia per permettere al Cremlino di domarla facilmente: l’ipotetica guerra-lampo avrebbe dato modo a Eltsin di risollevare i suoi sondaggi (deprimenti) in vista delle elezioni. A Torino, interpellato sul conflitto ceceno, lo stesso Gorbaciov si espresse in modo tagliente: ho scoperto – ci disse – che i famosi comandanti della guerriglia cecena erano i miei vicini di ombrellone, in Costa Azzurra.