14 giugno 2011

Il Centro del Potere è in Vaticano




Bill Rayn, cofondatore del "Project Camelot", intervista Jordan Maxwell sul ruolo del Vaticano nella piramide del potere globale.

Jordan Maxwell, al secolo Russell Pine, è un ricercatore indipendente di occultismo, teologia ed astroteologia. Lo pseudonimo deriva da un nome citato in un'opera della teosofaHelena Blatavsky, della quale Maxwell si è sempre definito grande estimatore.

L'opera di Maxwell ha influenzato molti degli occultisti attualmente noti: da David Icke e Peter Joseph, a Michael Tsarion e Ben Stewart. Ognuno di costoro ha tratto spunto più o meno direttamente dal lavoro svolto da Maxwell in oltre un quarantennio di attività. Le sue competenze spaziano dalle società segrete, alla semiotica, dalle scienze e tecnologie antiche, all'ufologia, sino ad arrivare al simbolismo dei testi sacri.

12 giugno 2011

Quattro SÌ per liberare l'Italia

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                                                3 giugno 2011
Referendum del 12 e 13 giugno: tutti al voto!
di Paolo Flores d'Arcais
Dopo che la Cassazione ha deciso secondo diritto, sarà più difficile per Berlusconi e i suoi accoliti ottenere il “tutti al mare!” che fu già fatale al suo Craxi.
"Non è necessario né economico puntare sulla costruzione di centrali nucleari in Italia, ma la ricerca in questo campo va continuata. E' preferibile sviluppare al massimo la ricerca sulle rinnovabili e migliorare il risparmio energetico".
"L'energia nucleare è una tecnologia vecchia, costosa e insicura. Invito tutti i cittadini a votare il referendum".
Tsunami democratico
Nella sua ultima relazione annuale da governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, accanto ad un forte appello per «tornare a crescere», ha posto l'accento sulla necessità di perseguire «senza indugi il pareggio di bilancio»: sono politiche fra loro compatibili? Il commento di Emiliano Brancaccio.
C'era una volta in America di Tommaso De Lorenzis
In "America profonda. Due secoli raccontati da Harlan County, Kentucky" (Donzelli) - incalzante blues di “storia orale” dalla fine del Settecento agli sgoccioli del secolo breve - Alessandro Portelli ci offre un'avvincente controstoria degli Stati Uniti che ne illumina miti e ideologia.

10 giugno 2011

La Nazione del Top secret


"Basta dettagli sul raid che ha ucciso Bin Laden". Non solo le foto: dalla Casa Bianca ora parte l'ordine di un silenzio-stampa più generale sul blitz del reparto speciale dei Seal. Troppe versioni si sono susseguite in questi giorni, troppe contraddizioni, troppi sospetti. La ragion di Stato interviene e mette un "tappo" alla verità? Nell'era di WikiLeaks l'improvviso ripensamento di Barack Obama sembra anti-storico, irrealistico. Ma l'America del Primo emendamento, la democrazia teoricamente più trasparente della storia, ondeggia continuamente nei suoi cicli storici di apertura e chiusura, con vittorie e sconfitte nella battaglia fra democrazia e segretezza. Mentre ieri Obama portava una corona di fiori a Ground Zero, era impossibile non ricordare quel che pensa tuttora il 42% degli americani: che la Commissione d'indagine sull'11 settembre "ha nascosto o rifiutato d'investigare prove cruciali che contraddicono la versione ufficiale su quell'attacco". E non sono i soliti seguaci delle teorie del complotto.

Uno dei più autorevoli giuristi coinvolti nei lavori di quella Commissione, John Farmer, si dissociò dalle conclusioni con parole che fanno rabbrividire: "Ciò che il governo e i militari hanno detto al Congresso, ai mass media e all'opinione pubblica su quel che sapevano allora, è quasi interamente falso".
Il conflitto tra democrazia e segretezza è antico quanto lo Stato moderno. 
Max Weber scrive: "Ogni burocrazia si adopera per rafforzare la superiorità della sua posizione mantenendo segrete le sue informazioni e le sue intenzioni. Lo Stato cerca di sottrarsi alla visibilità del pubblico, perché questo è il modo migliore per difendersi dallo scrutinio critico". Ma nella storia americana la tensione tra il diritto di sapere dei cittadini e la voglia di segreto dei governanti ha avuto dei rovesci tumultuosi. Le due guerre mondiali mettono a confronto due presidenti democratici e progressisti, eppure molto diversi tra loro su questo terreno. Woodrow Wilson firma una severa legge di censura, l'Espionage Act del 1918, fonte di abusi gravi (centinaia di socialisti e pacifisti sono sbattuti in carcere per avere contestato il presidente, non certo per avere svelato segreti militari). Franklin Delano Roosevelt eredita quello strumento ma ne fa un uso più moderato: nel 1942 affida l'Office of Censorship al giornalista Byron Price, ex direttore dell'Associated Press, che opta per un'autocensura volontaria lasciata quasi interamente alla discrezione dei mass media. Questo non impedisce che il sospetto del segreto continui a macchiare episodi-chiave della seconda guerra mondiale: l'accusa a Roosevelt di avere nascosto i preparativi dell'attacco giapponese su Pearl Harbor o le prime notizie sullo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento nazisti. Le guerre sono il miglior pretesto per mettere la sordina alla trasparenza, e l'America passa da un conflitto all'altro: quelli "caldi" si chiamano Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan, ma incrociano i 40 anni della guerra fredda con l'Urss e l'arco della "guerra globale al terrorismo" secondo l'etichetta coniata da George Bush.

Il periodo dello scontro mondiale con il blocco comunista è ideale per le trame segrete: è l'epoca dei golpe sostenuti dalla Cia (come "l'altro 11 settembre", quello del 1973 in cui il governo democratico di Salvador Allende viene deposto dai militari in Cile). L'eliminazione di Mossadeq in Iran, sostituito dallo Scià (1953), la Baia dei Porci a Cuba (1961), sono i primi episodi di una lunga serie di "ferite" alla trasparenza. Non riguardano solo la sfera della politica estera e della Difesa, investono anche una tragedia tutta nazionale: l'assassinio di John Kennedy nel 1963. Quasi mezzo secolo dopo, il 70% degli americani restano convinti che la commissione d'inchiesta presieduta dal giudice Earl Warren abbia nascosto la verità, cioè l'esistenza di una vasta congiura interna contro il presidente.

Ma il pendolo oscilla violentemente nella direzione opposta negli anni Settanta. La trasparenza si prende una rivincita nel 1971 quando il New York Times pubblica i Pentagon Paper e inchioda la Casa Bianca sui risvolti segreti della guerra del Vietnam: "Il presidente Lyndon Johnson ha mentito sistematicamente alla pubblica opinione e al Congresso su un tema di primaria importanza nazionale". I Pentagon Paper sono al tempo stesso il segnale di una metastasi nella segretezza, ma anche l'occasione per mobilitare gli anticorpi. La Corte suprema difende il diritto a pubblicarli, il tentativo di censura è sconfitto. Farà scuola anche per le rivelazioni sul Watergate che portano alla caduta di Richard Nixon (1974). Più tardi un altro scandalo - il traffico clandestino Iran-contras, forniture di armi a Teheran per pagare i terroristi di destra in Nicaragua - rischia di portare all'impeachment Ronald Reagan e nel 1986 Charles Krauthammer su Time osserva: "La democrazia americana è allergica ai segreti. L'idea stessa di segreto comporta una condanna etica. La promessa democratica dell'apertura non si concilia con il mondo occulto delle diplomazie e degli intrighi militari".

Ma la battaglia per la trasparenza non è mai vinta una volta per tutte. Nel 1994 un'apposita indagine bipartisan del Congresso, condotta dalla Moynihan Commission on Government Secrecy, rivela dati inquietanti: "Ogni anno vengono generati 400.000 nuovi segreti, la cui divulgazione sarebbe teoricamente un grave danno per la sicurezza nazionale". È ancora poca cosa, rispetto a quel che accade in questa nazione con lo shock dell'11 settembre 2001. A quasi dieci anni di distanza, una monumentale inchiesta del Washington Post intitolata "Top Secret America" denuncia "un universo nascosto che cresce al di fuori di ogni controllo". Eccone alcuni elementi: 1.271 organizzazioni statali e 1.931 società private che lavorano su programmi legati all'antiterrorismo; 854.000 persone che si muovono nella sfera "top secret". La conclusione di quell'inchiesta è severa: "Il mondo occulto che il governo ha creato in risposta all'attacco dell'11 settembre è diventato così vasto e segreto che nessuno sa più quanto costi, quante persone impieghi, quante attività si svolgono al suo interno". Un episodio fondamentale nell'escalation della segretezza resta la guerra in Iraq, "legittimata" dal segretario di Stato Colin Powell alle Nazioni Unite nel febbraio 2003 con il celebre discorso sulle "armi di distruzione di massa di Saddam Hussein": prove false, ma a lungo coperte dal segreto.

Obama arriva alla Casa Bianca deciso ad aprire ampi squarci nel velo della segretezza, è il portatore di una cultura della trasparenza. Ma l'oscillazione del pendolo stavolta è breve, dura pochi mesi. Nell'aprile 2009 Obama rende pubblici gli interrogatori della Cia che hanno fatto uso della tortura sotto l'Amministrazione Bush. Ma nel maggio dello stesso anno, quando stanno per essere divulgate foto che documentano violenze dei soldati americani contro i prigionieri in Iraq e in Afghanistan, scatta già un ripensamento. Sotto pressione dal Pentagono, "per non mettere in pericolo i nostri soldati al fronte", Obama vieta la pubblicazione di quelle immagini. Né passa l'idea di aprire delle indagini sui reati perpetrati con il ricorso alla tortura. Obama dice che "è ora di ammettere che furono fatti errori, voltare pagina e andare avanti". Vince la ragione di Stato. Oggi di nuovo, di fronte alle reticenze sull'uccisione di Bin Laden, risuonano le celebri parole di Jonathan Schell, pubblicate nel 1971 sul New Yorker dopo la vittoria della trasparenza sui Pentagon Papers: "La questione è: chi ha il diritto di definire l'interesse della nazione? In una democrazia, questo spetta ai cittadini".


06 giugno 2011

Segna in agenda gli appuntamenti del Premio Ilaria Alpi 2011

Un video in ricordo di Giorgio Alpi, l'omaggio poetico di Ferdinando Vicentini Orgnani

Frammenti di interviste con un testo di Marcello Fois recitato da Omero Antonutti e musica di Paolo Fresu. Il regista di "Ilaria Alpi, il più crudele dei giorni": "Ricordiamo un uomo alle prese con una battaglia dolorosa che l'ha costretto a cambiare". L'anteprima il 18 giugno a Riccione per il Premio Ilaria Alpi.
La mafia al nord, dibattito e teatro con Giulio Cavalli
Il 16 giugno arriva sul palco del Premio Ilaria Alpi l'attore sotto scorta per aver denunciato le infiltrazioni della criminalità in Lombardia. La lettura da "Nomi, cognomi e infami" introduce l'incontro con Gianluigi Nuzzi, Mario Portanova, Piergiorgio Morosini, Marco Nebiolo e Antonella Mascali.

"L'opera al nero", l'arte denuncia l'assenza delle donne dai media
Dal 15 giugno nel giardino di Villa Mussolini a Riccione, l'installazione firmata da Alma Carrara: un tunnel ricoperto di fogli di giornale per mostrare quanto poco spazio si dia al mondo femminile.  "Resterà visibile solo quello che le donne dicono, pensano e fanno. Il risultato? Una scoraggiante distesa di pagine nere al 90%".


Prenota il tuo soggiorno a Riccione

Premio Giornalistico Televisivo Ilaria Alpi - Viale delle Magnolie, 2 - 47838 Riccione - tel. 0541.691640 - www.ilariaalpi.it - info@ilariaalpi.it

« L'11/9 è stato un FALSE FLAG e Bin Laden è morto nel 2001 »

L'ex assistente del segretario di stato in tre diverse amministrazioni, Steve R. Pieczenik, è pronto a dichiarare davanti al gran giurì federale il nome di un generale maggiore che gli avrebbe rivelato direttamente che l'11 settembre è stato un'attacco false flag.
Paul Joseph Watson
Infowars.com

Uno dei maggiori insider del governo americano, il dottor Steve R. Pieczenik che ha occupato numerose differenti posizioni influenti sotto tre diversi presidenti e che ancora lavora per il dipartimento della difesa ha rivelato ieri (03.05.2011, N.d.e.) nello show di Alex Jones che Bin Laden sarebbe morto nel 2001. Il dottore avrebbe anche espresso il suo desiderio di testimoniare di fronte al grand giuri e che un generale maggiore gli rivelò in maniera molto diretta che l'11 settembre altro non fu che un lavoro dall'interno.
Pieczenik non può essere screditato con la solita etichetta di cospirazionista. E' stato assistente del segretario di stato in tre differenti amministrazioni, Nixon, Ford e Carter, e ha inoltre lavorato per Reagan e Bush senior. Oggi lavora come consulente per il dipartimento della difesa. Come ex capitano della Marina Pieczenik ha ricevuto per due volte il prestigioso premio "Harry C. Solomon" dalla Harvard Medical School e contemporaneamente ha conseguito un Dottorato di ricerca all'MIT.

03 giugno 2011

L'avvento del quinto mondo



TITOLO: L'AVVENTO DEL QUINTO MONDO
Soggetto: Giuseppe Di Bernardo e Francesco Matteuzzi
Sceneggiatura: Francesco Matteuzzi
Disegni: Massimiliano Bergamo
Copertina: Emanuela Lupacchino e Massimiliano Guadagni

Gli indiani Hopi lo avevano predetto: presto i Kachina torneranno e questo mondo avrà termine. Ma in che modo gli esseri del cielo provocheranno la fine della nostra era? E soprattutto, si tratta di esseri extraterrestri o provengono invece da qualche anfratto oscuro del nostro stesso pianeta? La sciamana dello Space Circus, Sybill, è in coma a causa di inquietanti scie che tracciano il cielo dell'Arizona, e Adam Mack, per salvarla, si troverà a dover scoprire che cosa si nasconde nelle sostanze che compongono le strane nuvole diffuse dagli aerei. Forse, come dicono in molti, le scie chimiche nascondono il segreto per generare improvvisi cambiamenti climatici, o forse sono la punta dell'iceberg di un mistero ancora più oscuro e letale.

In edicola dal 25 giugno 2011 (ed. Star Comics - 2,70 €)

30 maggio 2011

L’Occidente contro la Cina: una nuova guerra fredda su suolo libico

L'Occidente contro la Cina: una nuova guerra fredda su suolo libico
Ill perché le forze NATO siano determinate a realizzare un cambiamento di regime in Libia, ora sta diventando chiaro. Mentre esperti dei media e della politici ancora discutono se le bande di ribelli libici sono effettivamente sostenute e dirette da USA, Regno Unito e dalle agenzie d'intelligence di Israele, gli obiettivi politici ad ampio raggio occidentali, sulla Libia sono stati completamente ignorati.

Basta leggere il briefing strategico nei documenti di AFRICOM USA per comprendere il vero obiettivo in Libia: il controllo di risorse preziose e l'espulsione della Cina dal Nord Africa. Quando gli Stati Uniti formarono AFRICOM, nel 2007, circa 49 paesi hanno firmato la Carta militare statunitense per l'Africa, ma un paese l'aveva rifiutata: la Libia. Infatti, un tale atto di tradimento, da parte del leader della Libia Gheddafi Moummar, avrebbe solo piantato i semi di un futuro conflitto per il 2011.