Nell'economia sono i numeri che parlano. Quelli primi, ci ha insegnato un buon titolo libro, vivono in solitudine, ma gli altri raccontano una storia che nulla ha a che vedere con la sostenibilità ad alcun livello. Se non alla sostenibilità dello status quo di pochissimi, in un ritorno al futuro medievale globalizzato con imperatori e sudditi quasi inimmaginabile, se non ci fossero proprio i numeri a rendere il tuo "razionale" e non filosofico.
Il Sole24Ore in prima pagina parla oggi di «un mercato fuori controllo da 360mila miliardi di euro». Si tratta del «valore nozionale degli swap secondo le ultime statistiche internazionali. Nel complesso, per i derivati fuoriborsa, strumenti negoziati fuori da piattaforme e circuiti regolamentati, si sfiorano 500mila miliardi. L'Isda, associazione mondiale degli operatori in derivati otc, stima che il rischio di credito di questi contratti sia pari a 2.430 miliardi di euro».
Nei giorni scorsi abbiamo affrontato il tema della speculazione e della finanziarizzazione esasperata dell'economia con sempre più attenzione, ma oggi sono i numeri che ci interessano. E dovrebbero interessare tutti: 360mila miliardi di euro. Giusto una settimana fa, per fare una prima proporzione, fu detto (era il Giorno della Terra) «basterebbe investire il 2% del Pil mondiale per dirottarci verso un futuro a basse emissioni di carbonio e contrastare seriamente i cambiamenti climatici». Per l'Unep, il programma Onu per l'ambiente, basterebbero « 1.300 miliardi di dollari Usa (950 miliardi di euro)». Leggete con calma: 950 miliardi di euro. Il mercato degli swap solamente, quello fuori controllo, ha un valore nozionale - ovvero il capitale su cui sono calcolati gli interessi scambiati dalle controparti - è di 360mila miliardi di euro. I primi sono "miliardi" i secondi "mila miliardi".
Se la matematica non ci inganna - e se sbagliamo qualcuno ce lo dica che saremmo ben contenti di aver commesso un errore grossolano - il Pil mondiale espresso in euro è pari a 39 mila miliardi. Rileggiamo lentamente: Pil mondiale, ovvero la somma di tutti i Pil di tutti gli stati del globo è pari a 39 mila miliardi, mentre il mercato, quello ribadiamo fuori controllo, degli swap vale 360mila miliardi, quindi quasi 10 volte tanto...
Il mondo, dunque, pare prigioniero di questa "roba" e l'economia reale che viaggia con il Pil annuo non sta dietro ad una speculazione che muove soldi finti e veri, li somma, li fraziona e li risomma. Non tutto è denaro reale, pochissimo è economia infatti reale. Riduttivo quindi, dal nostro punto di vista, che il tallone d'Achille dell'industria finanziaria, come la chiama Zingales, siano solo le "banche ombra".
Confessiamo che noi siamo un po' (forse ingenuamente) smarriti di fronte a questi meccanismi che sono incomprensibili ai più e che, soprattutto, affamano la gente e rubano il futuro alle future generazioni. Un capitalismo così rapace e senza volto non si era francamente mai visto. Viene la pelle d'oca perché il problema è che questo accade senza che nessuno ne abbia piena coscienza: è difficile fare l'equazione tra ciò che accade (ed è definito fuori controllo) nell'economia finanziaria e i tunisini che arrivano a Lampedusa, o tra i morti di fame nell'Africa sub-sahariana.
Quando un potere è così invisibile, così inarrivabile, incomprensibile, si avvale del populismo per scaricare le tensioni di chi spreme su chi è più povero. Tutti ormai sanno cosa è la shock economy, ma nessuno fa nulla per fermarla, perché le oligarchie che governano il mondo ed i Paesi ne fanno quasi sempre parte.
Per questo il baratro tra le buone intenzioni e gli appelli delle istituzioni internazionali e la realtà della finanza e dell'economia è sempre più evidente, tutti sanno che bisogna cambiare strada, ma continuano a camminare verso il baratro perché non hanno il coraggio di mettere in funzione nemmeno i freni.
Le nostre analisi le porterà via il vento, tanto poco contano, ma non ci stancheremo mai di evidenziare questo stato delle cose cui ci pare in pochissimi stiano almeno cercando di rifletterci su. L'economia finanziaria si mangia l'economia reale che si mangia la ridistribuzione della ricchezza (non solo quella economica stretta, ma anche quella dell'ambiente), che non è pensiero comunista, ma socialdemocrazia.
Purtroppo ormai nelle democrazie occidentali i partiti sono puro marketing finanziato da chi investe in "amicizie" per continuare questo andazzo. Inoltre in Paesi come la Cina o la Russia lo Stato si è fatto impresa che compete sul mercato globale e lascia le briciole di benessere ai sudditi. L'uomo nuovo del socialismo e l'uomo libero del liberalismo sono diventati l'uomo consumatore ignaro dei meccanismi del consumo.
Democrazia, libertà, benessere, emancipazione sono sempre più parole vuote di fronte ad un potere pervasivo che è sempre altrove, che è sempre inafferrabile e che sempre ci condiziona in maniere sempre nuove ed inaspettate. Un potere sempre più intangibile anche per gli Stati.
Le rivoluzioni arabe sono forse le ultime del '900 contro poteri neocoloniali pre-globalizzazione che erano utili alla globalizzazione liberista per tenere sotto controllo masse impoverite in Paesi spesso teoricamente ricchi.
La crisi ha fatto emergere già tutto questo, ma di cambiamenti veri non se ne vedono. Anzi, c'è un ritorno clamoroso al passato. Che il giornale di Confindustria faccia un'inchiesta sulla speculazione lo vogliamo però prendere come un piccolissimo segnale del fatto che un risveglio è in atto, anche laddove era impensabile. Non ci resta che piangere...ops, che sperare e soffiare su questo focherello.
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