Quando, come riporta la tradizione, Romolo fondò la città quadrata sul Palatino, il Campidoglio doveva essere uno sperone roccioso con pareti a strapiombo sulla pianura sottostante circondata dagli altri poggi e solcata dal Tevere; in un’ansa del fiume dove l’acqua era meno profonda, affiorava l’isola Tiberina. Qui il guado era facile e poco pericoloso anche per i carri e per le mandrie. Per questo motivo si diramavano dal guado sul Tevere le vie che collegavano i Tirreni dell’Etruria con le colonie greche del sud Italia e le strade che scendevano dall'Appennino verso le saline della costa. Inoltre sulle rive del Tevere potevano approdare anche le imbarcazioni. Il Campidoglio e il Palatino dominavano quel crocevia di traffici. Il Campidoglio divenne la rocca imprendibile della città: fu una cittadella tanto sicura che poté essere espugnata solo con l'inganno: vi riuscirono i Sabini con il tradimento di Tarpea che, per amore o per interesse, secondo le differenti versioni delle leggende, aprì loro le porte. Verso la fine dell'età monarchica (VI sec. a.C.), quando Roma già aveva cominciato ad entrare in conflitto con i popoli circostanti, il Campidoglio, oltre che l'acropoli, divenne anche il santuario cittadino e punto di riferimento religioso per le genti latine. Così Tarquinio il Superbo intraprese la costruzione di un edificio sacro che fu dedicato a Giove, Giunone e Minerva, la triade capitolina. Da allora il colle fu il luogo più sacro della città, simbolo del potere dell’Urbe, esercitato per volontà degli dei ed il suo prestigio crebbe insieme con l’espansione del dominio romano. In seguito, attorno al santuario furono edificati altri templi, furono collocati altari e statue. Qui, con sacrifici, erano celebrati gli eventi solenni di Roma come l’intrapresa delle campagne militari, il conferimento dei poteri ai consoli ed i trionfi dei comandanti vittoriosi. In epoca imperiale il Campidoglio visto dal Foro, mostrava sull'altura maggiore, il Capitolium, il grande tempio di Giove e sulla destra, nel punto più alto dell'Arx, dove ora si trova la chiesa dell'Ara Coeli, il tempio di Giunone Moneta. Più in basso, nel 78 a.C. al tempo di Silla, fu eretto il Tabularium, l'Archivio generale dello Stato: un poderoso edificio, innalzato su un gigantesco muro di sostegno, percorso in tutta la sua lunghezza da un porticato con grandi aperture sul Foro. Nel Medioevo il colle diventò il Monte Caprino e l'area del Foro fu denominata Campo Vaccino: i toponimi popolari evocano con efficacia le sorti medievali di quest’area dell'Urbe. Infatti, ormai piuttosto lontano da un centro cadente e spopolato, che gravitava fra il Tevere e il quartiere di Borgo, cresciuto davanti alla Basilica di S. Pietro, il Campidoglio si era trasformato in pascolo per le greggi e nel Campo si teneva la fiera del bestiame. Sull'Arce, l'antica rocca, dove si adergeva il tempio di Giunone Moneta fu edificata una chiesa cristiana, Santa Maria in Aracoeli. Degli altri antichi monumenti, rimanevano solo alcune possenti strutture del Tabularium, i cui blocchi furono riusati per costruire le fortezze delle potenti famiglie romane. Nonostante la decadenza, per i Romani il Campidoglio restava il Colle augusto, il simbolo della città. Così, nel 1143, quando il popolo guidato da Arnaldo da Brescia insorse contro il pontefice, il Campidoglio fu scelto come sede delle magistrature comunali, per i Senatori e per le riunioni dei cittadini. Sui robusti muri del Tabularium fu innalzato, forse nel secolo successivo, il Palazzo senatorio destinato a diventare un castello dalle torri quadrate, cui furono aggiunti un portico ed una gradinata. L’insieme architettonico, però, rimase senza ordine e simmetria, finché intervenne Michelangelo con un progetto risalente al 1536, imperniato sull’idea di una delimitazione dello spazio per mezzo di una piazza trapezoidale, tesa a sottolineare i valori prospettici. Al centro della piazza l’artista collocò la statua equestre dell’imperatore Marco Aurelio, che papa Paolo III fece trasferire dal Laterano. Il preesistente Palazzo senatorio fu raccordato all’ambiente circostante tramite il doppio scalone d’ingresso, con la fontana centrale sormontata dalla statua della dea Roma. L’edificio funge da grandiosa quinta con la torre centrale e la fronte spartita da paraste. Le sue proporzioni sono inoltre valorizzate dalla posizione divaricata che, verso di esso, assumono gli altri due palazzi delimitanti la piazza ad est e ad ovest: il Palazzo dei Conservatori (dal 1563) ed il Palazzo nuovo o dei Musei capitolini (1644-55). Sul quarto lato culmina la grandiosa cordonata con le due sculture dei Dioscuri, opere di tarda età imperiale: essa è concepita come un ponte tra il poggio e la città ed esalta l’effetto scenografico dell’intero complesso. La piazza, con i due prospetti, l’uno verso San Pietro, l’altra sulle vestigia del Foro, assurge a simbolo, laico e religioso insieme: il Campidoglio come umbilicus mundi e come Sacro monte. Questa, a grandi linee, la storia del Campidoglio. Tuttavia la vicenda non è finita giacché continua in un altro continente. Nel 1790 Thomas Jefferson e Alexander Hamilton decisero di stabilire la capitale degli Stati Uniti d’America a Washington e tre anni dopo cominciò la costruzione del grande Campidoglio (Capitol) sulla collina ad est del Potomac. Verso la fine del secolo XVIII gli apparati governativi, finanziari e legislativi vi si cominciarono a trasferire, ma nel 1814 i Britannici lo incendiarono sicché l'intero progetto del Washington Distretto di Columbia fu quasi accantonato. Con una decisione in extremis, il Campidoglio fu ricostruito tra il 1817 e il 1819. Le due ali della Camera e del Senato furono aggiunte nel 1857, la cupola metallica del peso di 4.000 tonnellate nel 1863, infine la facciata orientale fu edificata intorno al 1950, cosicché l'attuale complesso è grande più del doppio di quello originale. Il Campidoglio è l'epicentro e il simbolo della città: infatti i viali principali della capitale convergono tutti in un punto immaginario sotto la cupola. La Capitol Rotunda è decorata con un affresco dipinto dall'italiano Costantino Brumidi. L’affresco raffigura L'apoteosi di Washington, ossia l'ingresso in paradiso di George Washington, primo presidente della Confederazione, accolto da tredici angeli a simboleggiare i tredici stati fondatori. Gli atri sono adornati con dipinti murali che rappresentano gli eroi nazionali e le loro gesta: il più recente effigia gli astronauti morti a causa dell'incidente occorso alla navetta Challenger. Nello Statuary hall, atrio delle statue, sono collocate gigantesche sculture. In teoria avrebbero dovuto essere dedicate a due personaggi importanti per ciascuno stato della Confederazione, ma in realtà ne è stato scolpito un numero un po’ inferiore, perché il pavimento non avrebbe retto il peso del marmo necessario. Ci si potrà chiedere quale sia il nesso tra il Campidoglio di Roma e quello di Washington: di là dal nome, che cosa li accomuna? Entrambi sorgono su un’altura, sulla riva sinistra di un fiume, rispettivamente il Tevere ed il Potomac; ambedue sono edifici e luoghi emblematici. Tuttavia il legame è molto più profondo ed occulto: mi riferisco alla relazione tra l’Urbe e quella che, dopo Mosca, Bisanzio-Costantinopoli e Roma, potrebbe essere definita la Quinta Roma. Come nell’antichità Roma fu il centro politico, economico e culturale dell’orbe terracqueo, così dal primo dopoguerra in poi gli Stati Uniti d’America sono assurti a cuore del mondo: la luce della fiaccola stretta nella destra della Statua della “Libertà” ha gettato i suoi bagliori corruschi e sinistri sul pianeta, svettando con il suo capo contornato da raggi-corni, all’imboccatura di Manhattan. Sono tutti simboli, che, dietro i significati convenzionali, nascondono valori oscuri, come quell’orrenda testa del colle Tarpeio, come il teschio della famigerata Skull and bones, la setta di origine tedesca fondata nel 1832 su iniziativa di William Huntington Russell e di Alphonso Taft e che, da allora, ha la sua sede a New Haven, nel Connecticut, in un edificio sulla High Street denominato "La tomba". Un filo invisibile collega l’Urbe a Washington, città in cui la planimetria, insieme con molti edifici e monumenti, crea un disegno esoterico, con cifre massoniche, esagrammi, pentacoli capovolti… Anche l’emblema dei papi, con la mitra al centro e le due chiavi, una d’oro, l’altra d’argento, se colto con uno sguardo penetrante e, per così dire, obliquo, svela, in filigrana, l’effigie di un teschio con le tibie disposte a decusse. D’altronde la Chiesa cattolica non è forse considerata, per alcuni versi, l’erede della Roma pagana? Il teschio si attaglia perfettamente alla Chiesa universale. Le capitali di domini universali furono edificate su luoghi dal significato magico (si tratta con ogni probabilità di magia nera): la Roma monarchica, repubblicana e dei Cesari sfidò i secoli per crollare miseramente sotto i colpi dei Germani, ma, dalle sue rovine fumanti, come l’araba fenice, sorse la splendida e corrotta Roma dei papi. Washington, la Quinta Roma, oggi tiene lo scettro del potere, mentre il pontefice della Chiesa ecumenica regge il pastorale, nel segno della diarchia del Nuovo ordine planetario. Eppure anche questi due imperi contemporanei sono destinati a rovinare sotto il peso del loro immenso, iniquo potere. Fonti: M. De Pieri, Il numero, 2005 Enciclopedia dell'arte, Mlano, 2002 Enciclopedia dell'arte antica, Roma, 1997 Enciclopedia dell'arte medievale, ibid., 1997 D. Icke, Il segreto più nascosto, Diegaro di Cesena, 2001, cap. 17, La lingua segreta. A. G. Sutton, America’s secret establishment An introduction to the Order of skull and bones, 2006. Si narra che Prescott Bush, nonno dell’attuale presidente degli Stati Uniti, George Walker Bush, trafugò il teschio del capo nativo americano Geronimo, profanandone la tomba. Il macabro trofeo denota il carattere tenebroso della loggia. C. Westbrook jr, The talisman of the United States Signatures of the invisibile brotherhood::. Zret blog .::
09 novembre 2006
Kaput mundi
Sono sempre più persuaso che, per scoprire trame segrete, non sono necessarie prove incontrovertibili e testimonianze coerenti con i fatti che si vogliono accertare: ad esempio, basta ricordare la data dell'attentato alle Torri gemelle, ossia 9 11, per capire che quell'orrenda strage non fu ideata e perpetrata da Kamikaze islamici, ma da... La documentazione raccolta, gli studi di tecnici e di esperti, le inchieste condotte da giornalisti indipendenti avvalorano quello che è già più che palese. I simboli nascondono, ma svelano quando si possiede la chiave per interpretarli. Certamente non sempre è agevole: qualcuno, dimenticando che il tre è numero magico (e pagano) per eccellenza ha creduto di scorgere nell'episodio del miracolo di Cana, quando il Messia trasformò l'acqua in vino, significati in realtà inesistenti e che albergano soltanto nella sua fervida fantasia. In vino veritas? In ogni caso il presente studio è un contributo per stimolare una ricerca sugli emblemi che possa squarciare il velo opaco della menzogna.
Lo storico romano Livio, nel libro I degli Ab urbe condita, descrive i prodigi avvenuti quando l’ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo (534-509 a. C. per la tradizione), dopo aver espugnato la città di Gabii, fece erigere un tempio consacrato al dio Giove sul monte Tarpeio. Leggiamo il passo che sarà oggetto di un’analisi, con cui proverò a collegare un’antica leggenda ad alcuni simboli occulti che il mondo contemporaneo ha ereditato probabilmente da un passato lontanissimo.
"Presa Gabii, Tarquinio concluse la pace con il popolo degli Equi e rinnovò l’alleanza con gli Etruschi. Quindi rivolse il pensiero alle questioni urbane, la prima delle quali era di lasciare come memoria del suo regno e del suo nome il tempio di Giove sul monte Tarpeio, al fine di testimoniare che dei due re Tarquinii, il padre aveva fatto il voto, il figlio l’aveva adempiuto. Affinché l’area del tempio di Giove che sarebbe stato edificato, fosse tutta libera dal culto di altre divinità, stabilì di sconsacrare templi e sacelli, dei quali alcuni in precedenza erano stati offerti in voto dal re Tazio, al tempo della sua lotta contro Romolo e che erano stati poi inaugurati e consacrati.
Si tramanda che all’inizio della costruzione di quest’opera gli dei manifestarono la loro volontà per indicare la grandezza di un così importante dominio, poiché, mentre gli auspici approvarono la sconsacrazione di tutti i santuari, non l’ammisero per il santuario di Termine; ciò fu accolto come presagio e come augurio, cioè che la mancata rimozione della sede di Termine, solo fra gli dei, ed il fatto che non fosse allontanato dai luoghi a lui sacri, mostravano ferme e stabili tutte le cose romane. Ricevuto questo auspicio di eternità, seguì un altro prodigio che palesava la grandezza del dominio: si narra che a coloro i quali scavavano le fondamenta del tempio apparve una testa umana con il volto integro. Tale apparizione rivelava senza ambagi che quella sarebbe stata l’arce dell’impero ed il capo del mondo; questo e così predissero i vati, sia quelli che erano nell’Urbe sia quelli che erano stati chiamati dall’Etruria per essere interpellati".
Poco importa se gli episodi considerati fatidici dagli auguri etruschi e romani, siano del tutto leggendari o se adombrino qualche fatto realmente accaduto, poiché, nell’ambito di questo breve studio, intendo privilegiare il valore simbolico della tradizione: mi riferisco, in particolar modo, al ritrovamento di una testa umana per opera di coloro che stavano asportando la terra per gettare le fondamenta del tempio. Gli indovini interpretarono il macabro reperimento come un fausto auspicio: infatti in latino il significato originario di “caput” è quello di “capo”, “testa”, ma a tale valenza si associano accezioni metaforiche, tra cui “capitale”. Così Roma, secondo i vati antichi, era destinata a diventare il centro di un potentissimo impero, la caput mundi.
Si può interpretare la leggenda come una conferma a posteriori della supremazia dell’Urbe su gran parte del mondo allora conosciuto: spesso la storia, scritta dai vincitori, per legittimare una situazione di fatto, si avvale di profezie post eventum, di interpretazioni tendenziose. La storiografia ufficiale può essere non di rado instrumentum regni, quanto la religione. Sono propenso comunque a credere che Livio riporti un avvenimento reale: forse il sito in cui fu costruito in seguito il tempio dedicato a Giove era un luogo di sepoltura usato da popolazioni autoctone. Non è da escludere dunque il rinvenimento di una testa umana anche con il volto più o meno integro. Tuttavia è importante l’aspetto emblematico dell’evento insieme con il duplice significato di “caput”, “testa” e “capitale”. Questi due valori s’intrecciano in modo inestricabile.
A questo punto è necessaria una digressione sulla storia del colle romano. Ammirando il Campidoglio dal Foro o da Piazza Venezia o dalla Via di S. Teodoro che passa sotto il Palatino, si può ancora distinguere la sua conformazione scoscesa nell'orografia dei colli di Roma, ormai addolcita dal tempo e da secoli di attività urbanistica. Ancora si notano due sommità separate da una sella, al centro della quale si slarga la Piazza del Campidoglio.
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