05 ottobre 2006
Faremondo fa il punto della sitiuazione
Emanuele Montagna del gruppo Faremondo (organizzatori del Convegno Internazionale di Bologna) ci propone
Alcune riflessioni sul movimento di inchiesta italiano per l'11 settembre
Dopo queste ultime settimane particolarmente febbrili è forse giunto il momento che il movimento italiano di inchiesta sull'11 settembre si prenda il tempo per qualche riflessione meno immediata sullo stato dell'arte.
Voglio iniziare a farlo riprendendo quanto scritto da Massimo Mazzucco l'indomani della giornata-evento 11-9 Menzogna globale organizzata da noi di Faremondo il 17 settembre scorso. Dopo questo incontro, notava Mazzucco, si può considerare concluso nel migliore dei modi un intero ciclo di attività del movimento di inchiesta, un ciclo che per alcuni di noi era iniziato sin dai mesi successivi l'11 settembre nel più completo isolamento e fidandoci soltanto delle nostre prime intuizioni critiche.
Indubbiamente, considerando come eravamo messi ancora tre anni fa all'epoca dei primi scambi fra ricercatori in rete, nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare che a settembre 2006 saremmo riusciti ad organizzare a Bologna una conferenza internazionale con ospiti di quel calibro, con l'Arena del Sole praticamente piena (700 presenze) e una pièce teatrale inedita che sta ricevendo apprezzamenti convinti da tantissime parti. Allo stesso modo, anche solo un anno fa nessuno di noi si sarebbe mai sognato di poter vedere in televisione la sequenza di trasmissioni che è culminata con la cruciale testimonianza di Jimmy Walter a Report e con l'indubbia dimostrazione di autorevolezza del duo Fracassi-Mazzucco durante l'ultima apparizione a Matrix.
Per chi ha vissuto sin dall'inizio le cose dall'interno, è ben chiaro che tutto quanto è successo è stato possibile perché in questi anni il movimento di inchiesta è venuto formandosi nei dialoghi in rete mantenendo un carattere di accentuata orizzontalità. Va tuttavia specificato come questo carattere sia divenuto col tempo così importante in quanto ha finito col trovare pieno riscontro in un altro punto di forza che distingue nettamente il movimento: la sua completa estraneità rispetto alle vecchie logiche novecentesche di aggregazione e di egemonia gestite da personaggi legati al ceto politico (e mediatico) in senso lato, da quelli cosiddetti "di movimento" a quelli più vicini ai partiti.
Occorre essere chiari e insistere su questo punto: l'originalità vera e profonda di questo movimento sta proprio nel fatto di riuscire a tenere insieme intorno ad una base di conoscenze comuni gente con storie diversissime come le migliaia di cani sciolti nella rete, come un Blondet, un Chiesa, un Mazzucco, noi di Faremondo e tanti altri.
Quando scrivo "base di conoscenze comuni" mi riferisco non solo a quella costruita a partire dalla confutazione della versione ufficiale. Intendo anche – ed è su questo punto che vorrei chiamare tutti a riflettere – un sentimento più profondo che poco o nulla ha a che fare con le pozze di acciaio incandescente e la termite, con il PNAC e l'ideologia neo-cons: il sentimento che l'11 settembre contenga in sé un sinistro messaggio di verità del Potere globalizzato in quanto tale alle masse planetarie in quanto tali. Si tratta di una verità di sintesi per così dire universale, che per la sua natura non fattuale è impossibile da provare, ma che "si sente" agire in molte delle nostre discussioni fino a formare da dietro le quinte tanti nostri comportamenti razionali.
Ed è una verità che in qualche modo è arrivata a tutti attraverso le immagini televisive di quel giorno, ben prima del formarsi di una qualsiasi considerazione critica sulla plausibilità della versione ufficiale. Un messaggio del tipo "vedete, siamo in rovina e senza scampo ma siamo capaci di inventare questa ed altre terrificanti realtà pur di far durare questo tipo di mondo, costi quel che costi...".
Un messaggio insopportabilmente nichilista che ha prodotto un trauma psicologico a cui le masse planetarie mediatizzate non riescono a far fronte nemmeno mediante le comprensibili operazioni di rimozione e rifiuto a parlarne che abbiamo visto agire in questi anni. Il punto è che in questo messaggio c'è qualcosa che non si può assolutamente rimuovere e che rimane fermo sulla scena-madre del crimine, perché è qualcosa che tocca davvero le nostre possibilità di sopravvivenza come specie e ci spinge a fare e a pensare, a prendere posizione al di fuori degli schemi di azione politico-sociale ereditati e noti.
Ovviamente, fra di noi i modi per declinare quella che sembra una rivolta di intelligenze per la sopravvivenza sono nei fatti assai diversi, ma tutti ci muoviamo a partire dal denominatore comune del rifiuto di quel nichilismo e della ricerca di una via d'uscita da una catastrofe di mondo che sappiamo essere in corso. Accade così ai tanti che si muovono in rete postando su Luogocomune, Megachip, Effedieffe o Comedonchisciotte; accade così a Blondet quando ad esempio prova a spiegarci "perché l'Occidente merita di morire"; così è per Chiesa quando ci fa capire che il tempo a nostra disposizione "prima della tempesta" sarà breve e che conviene da subito farsi un'altra forma di politica; e così è anche per noi di Faremondo quando nei nostri libri scriviamo che per questo mondo il rimedio non c'è, per cui finché c'è ancora tempo tanto vale provare a farne un altro, con una scienza diversa e una differente consapevolezza di specie...
Ora, penso che queste osservazioni solo in apparenza sopra le righe rispetto al tema 11 settembre ci aiutino a capire come e perché la ricerca della verità su questi eventi stia diventatando per tutti una questione così dirimente, una cartina di tornasole inaggirabile di fronte alla quale è anche giusto che si formino e si decidano nuovi schieramenti ed inedite alleanze.
Questo ovviamente non significa che dobbiamo in qualche modo sottrarre energie al dibattito sugli aspetti fattuali e alla continuazione dell'inchiesta. Tutt'altro. Su questo piano a me pare che moltisimo ci sia ancora da fare. Dico solo che da adesso in poi questo compito potrà essere affrontato al meglio se sapremo portarlo avanti insieme alla riflessione sulla natura del movimento e sulle motivazioni profonde che lo tengono unito. Anche perché adesso, sul piano operativo, alcune cose che ci riguardano si possono vedere con una chiarezza molto maggiore rispetto a prima.
Il movimento sta crescendo ed è ormai sufficientemente maturo per riuscire a muoversi ad un tempo in rete e fuori della rete. La rete rimane il brodo di coltura di tutto quanto, questo è ovvio, ma si comincia ad avvertire che essa potrà stare all'altezza di questo suo ruolo solo se in futuro saremo capaci di organizzare un po' dappertutto incontri, proiezioni, piccoli e grandi convegni. Continuando ad andare in radio e in televisone a nostro modo, portando in giro spettacoli teatrali e prendendo contatti per arrivare a formare una commissione d'inchiesta o un tribunale internazionale.
A questo punto, non credo che possiamo evitare di praticare questa complessità. Questa è la cifra che ormai caratterizza la nuova fase del movimento. La contrapposizione molto accademica tra chi privilegia uno "strumento" o un "canale" rispetto agli altri ha poco senso e crolla completamente da sola davanti all'esperienza di quest'ultimo mese. Lo si è visto: un convegno internazionale con uno spettacolo teatrale, diverse proiezioni e ripetuti interventi in radio e in televisione si sono incastrati molto felicemente fra loro sulla base del tam tam continuo presente in rete.
Giocare su tutti questi livelli sarà sempre più indispensabile di fronte alle strategie di insabbiamento ad oltranza che i mainstream media adotteranno. Non illudiamoci e soprattutto non dimentichiamo mai una delle poche verità di cui in Italia, per esperienza ormai "storica", possiamo essere ragionevolmente certi: che la verità sull'11 settembre sta nel ristretto gruppo di quelle verità che il Potere globalizzato e tutti i suoi media non possono far venir fuori come noi vorremmo. Dunque prepariamoci a confutare qualche altro migliaio di puntate della telenovela "Insabbio e depisto per principio".
Per il momento, per quanto possa a volte apparire diversamente, siamo ancora alle schermaglie iniziali. Diversi segnali indicano che dopo la fine della congiura del silenzio gli apparati del cover up, finora fattisi cogliere relativamente impreparati davanti alle nostre domande, si stanno riorganizzando per scaricare su di noi e sui nostri argomenti una serie di nubi media-tossiche dall'elevato potenziale ammorbante.
Una di queste, per quanto confezionata in modo rudimentale, sembra proprio il posizionamento a difesa della versione ufficiale di un personaggio come Deaglio. Non si dimentichi che Deaglio, al di là di quanto poco riesca a vendere con la sua rivista, rappresenta emblematicamente un certo modo di fare giornalismo insieme a un certo modo di ragionare di tutta la sinistra italiana "colta" rispetto alla questione-11 settembre.
Il fatto che se ne sia uscito con un numero di quel tipo non sta solo ad indicare l'apposizione di un sigillo forse definitivo all'impresentabile puzzle di desertificazione morale ed intellettuale cui è pervenuto il personaggio in sé, ma significa anche l'avvio di un'operazione estrema di "recupero credibilità" all'interno dei settori che rappresenta, specialmente fra quanti cominciano ad inclinare verso il senso delle nostre domande.
Nei prossimi mesi, possiamo esserne certi, dopo il caso Deaglio assisteremo alla discesa in campo di altri personaggi e all'apertura di altre similari operazioni di "recupero credibilità". Anche per questo sarà indispensabile muoversi con intelligenza su tutti i terreni sopra indicati.
Noi di Faremondo stiamo cercando di organizzare una tournée per portare in giro il più possibile il nostro spettacolo unDC/9 insieme alla riproposizione di alcuni spezzoni video e temi toccati durante la giornata all'Arena del Sole. Siamo come al solito disponibili a dare una mano a quanti in giro per l'Italia vorranno organizzare proiezioni e dibattiti.
Resta da vedere come riusciremo a muoverci per arrivare a formare qualcosa di simile ad una commissione di inchiesta o ad un tribunale internazionale. Su questa questione finora non vi è stato un diibattito approfondito dentro il movimento. A Bologna ci siamo confrontati principalmente con le ipotesi di Tarpley (che propende per una commissione internazionale molto larga, coinvolgendo Chavez, Walter, Meyssan e personalità di tutte le aree del pianeta) e di Griffin (che partirebbe invece da una commissione composta da europei con l'appoggio dei principali studiosi ed attivisti statunitensi). Secondo me non esiste una formula di commissione d'inchiesta giusta a prescindere dal dibattito che può svilupparsi su questa questione.
In questa fase occorre soprattutto che vengano fuori le opinioni dei molti che girano in rete. Nell'attesa, realisticamente si possono fare tutti i passaggi preliminari proposti da Giulietto Chiesa, dal tentativo di informare e coinvolgere i rappresentanti italiani del Tribunale Russell ad una serie di incontri con alcuni parlamentari italiani ed europei.
Emanuele Montagna - Faremondo
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