Care amiche e amici,
il 30 giugno scorso le perdite militari Usa in Iraq e in Afghanistan hanno superato le 2.833, cioè il numero delle vittime degli attacchi terroristici dell'11 Settembre 2001 contro New York e Washington. Lo indicano i dati del ufficiali Pentagono, secondo cui le perdite militari americane in Iraq sono state almeno 2527 e quelle in Afghanistan e sugli altri fronti della guerra al terrorismo almeno 308.
Questa lettera è rivolta a tutti voi che avete sottoscritto il nostro manifesto "11 Settembre: rompere il muro del silenzio". Se lo avete fatto probabilmente è perché condividete il nostro spirito e il nostro approccio alla materia, fondato su un'analisi rigorosa dei fatti e sulla serietà nella valutazione delle fonti. Avete compreso quanto il tema sia dirompente, come sia essenziale studiarlo per capire il nostro presente e avere qualche chance di influire sul futuro. Si, perché il futuro appare minaccioso, è un futuro di guerra, di Guerra Infinita.
Gli scontri in Palestina e l'aggressione di Israele al Libano sono sviluppi della stessa trama.
Chi ha interesse a mantenere il pianeta in un perenne stato di mobilitazione fonda tutta la sua strategia propagandistica sui fatti dell'11 settembre 2001, con l'aiuto di una potente macchina della menzogna e della manipolazione fondata sull'opera instancabile dei grandi network dell'informazione globale.
Noi crediamo che impegnarsi a far luce sull'11 settembre significhi portare avanti un'importantissima operazione politica al servizio della Pace. Mettere chi di dovere in serio imbarazzo e costringerlo a dare spiegazioni esaurienti su tutti i punti controversi della versione ufficiale, può ostacolare ulteriori iniziative belliche. Se si pone in discussione il Grande Pretesto per tutte le "guerre preventive" dell'amministrazione americana, possono essere salvate molte vite, possono essere risparmiate le vittime dei prossimi conflitti basati sulla medesima menzogna.
Come agire? Noi abbiamo un'idea: andare lì dove si manipolano le menti e i cuori dei cittadini del mondo, ovvero nei mass media, e lanciare un bastone in mezzo agli ingranaggi. La versione ufficiale, con tutte le sue sbalorditive contraddizioni e assurdità, viene diffusa, alimentata e rafforzata dall'opera dei media: attacchiamola lì dove si alimenta la sua credibilità.
Da tempo Megachip lavora alla produzione di un film-documentario. Ve ne sono già altri in circolazione, ma solo su Internet. Noi non stiamo parlando della Rete. Stiamo parlando del Cinema e della Televisione. È lì che vogliamo arrivare, uscendo dal Web. E' nella vita reale che si decide cosa è vero e cosa è falso. È lì che vogliamo irrompere con le nostre scomode domande su cosa è accaduto l'11-9-2001.
Arrivare a proiettare il nostro documentario al cinema e poi in televisione è un'impresa difficile, ma non impossibile. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Non possiamo promettere di riuscire nell'impresa, ma possiamo garantire che verranno messe in campo la massima serietà, professionalità e impegno civile.
Siete quasi 3500 persone, un numero che continua a crescere. Se ognuno di voi dà un piccolo contributo economico, possiamo raggiungere un budget sufficiente a portare a termine la lavorazione del documentario. Accanto a questa lettera troverete tutti i dettagli dell'operazione e più sotto il link per effettuare una sottoscrizione.
Voglio precisare che questa iniziativa non coinvolge l'Associazione Megachip, da me presieduta, in quanto tale. Megachip ha ospitato il Dossier sull'11 settembre; dalle fila di Megachip è emerso il gruppo di lavoro che sta costruendo il film; non fosse esistita Megachip, associazione per la democrazia nella comunicazione, nemmeno questo discorso sarebbe stato possibile. Megachip inoltre si occuperà della raccolta dei vostri contributi. Tuttavia è possibile che non tutti i membri e simpatizzanti dell'Associazione siano del tutto d'accordo sugli obiettivi che ci siamo proposti. E non vogliamo forzarli a condividerli.
Per queste ragioni la presente lettera viene inviata ai firmatari del manifesto, ed esclusivamente a loro.
Saluti di Pace,
Giulietto Chiesa
www.megachip.info/sostieni911.htm
25 luglio 2006
Lettera di Giulietto Chiesa ai firmatari del manifesto sull'11 settembre.
16 luglio 2006
Gruppo di lavoro sull'11 settembre 2001 dell'associazione Megachip
Dossier 9-11
11 settembre 2001: rompere il muro del silenzio
di Giulietto Chiesa e il Gruppo di lavoro sull'11 settembre 2001 dell'associazione Megachip
“L'esplosione c'è stata; enorme, spaventosa. Il botto ci raggiungerà, ci assordirà. Potrebbe spazzarci via”.
Tiziano Terzani
E' difficile “creare il consenso su questioni di politica estera, tranne che in presenza di una minaccia nemica, enorme, direttamente percepita a livello di massa”.
Zbignev Brzezinski
L'11 settembre del 2001 ha cambiato il corso della storia e ha modificato l'intero quadro mondiale. A seguito del tragico e spettacolare attentato, in cui hanno perso la vita circa tremila persone innocenti, gran parte delle certezze occidentali sono andate in frantumi. Ne è seguita un'offensiva statunitense che ha già prodotto due guerre e ha modificato non solo la geopolitica di intere aree del pianeta, ma tutti i rapporti di forza consolidati nei decenni precedenti.
Sebbene i responsabili dell'attacco siano stati additati al mondo con singolare rapidità, una spiegazione complessiva degli avvenimenti dell'11 settembre, e della loro preparazione, ha impiegato oltre tre anni per venire formulata da una commissione d'inchiesta del Congresso degli Stati Uniti. Un solo, presunto responsabile, è stato giudicato da un regolare tribunale e condannato all'ergastolo.
Tuttavia dopo un'analisi attenta si evince che la versione ufficiale è non solo lacunosa in decine di punti essenziali, ma in altre decine di punti essa è dimostrabilmente falsa.
La falsità, le reticenze e le palesi incongruenze della ricostruzione ufficiale, sollevano altri, pesantissimi interrogativi. Non vi è bisogno di mentire quando la verità è chiara. Dunque, se i poteri mentono, ciò significa che vogliono impedire l'emergere della verità. E la menzogna indica che i presunti kamikaze non hanno agito da soli e che essi hanno avuto potenti alleati a diversi livelli dell'establishment statunitense, nelle stesse strutture difensive, nelle istituzioni preposte alla difesa della sicurezza del paese.
I media – a cominciare da quelli statunitensi – hanno, salvo rarissime eccezioni, seguito l'interpretazione ufficiale, e negli anni successivi hanno lasciato cadere la cortina del silenzio assoluto. Essi hanno applicato la legge del giornalismo contemporaneo, secondo cui “ciò che non dovrebbe essere vero, non lo è” (Gore Vidal). Noi non accettiamo questo criterio.
L'eccezionale rilevanza dell'evento 11 di settembre, e delle sue ripercussioni planetarie , appare del tutto incompatibile con tali e tante omissioni, distrazioni, dimenticanze, silenzi. La tesi dell'inefficienza, delle incompetenze, non regge alla più elementare delle verifiche. Tanto da indurre il sospetto che vi sia stata e vi sia tuttora una deliberata intenzione di impedire l'accertamento della verità.
Di fronte a tante inspiegabili stranezze che circondano un evento cruciale per la nostra storia comune, è doveroso porre domande e cercare risposte. Molti hanno già cercato di farlo in questi anni e una enorme mole di fatti, di dati, di analisi, di immagini è già stata raccolta e posta sotto il vaglio rigoroso delle verifiche. Esse confermano tutti i sospetti.
Noi intendiamo portare il nostro contributo a questo lavoro, consapevoli che la pace e la democrazia corrano gravi pericoli fino a che non si riuscirà a fare luce sulle responsabilità e sulle stesse modalità con cui gli attentati terroristici del 11 settembre furono compiuti.
E' stato scritto autorevolmente che la verità sull'11 settembre non la saprà questa generazione. Noi non possiamo pretendere di sostituirci agl'investigatori che hanno svolto la loro opera a partire dai dati primari raccolti sui luoghi e ascoltati dai testimoni diretti. Ma i materiali che essi stessi hanno prodotto rivelano falsità ed errori che possono essere dimostrati.
Nostro compito non potrà dunque essere quello di ricostruire integralmente la verità dei fatti, ma quello di verificare se, dove, come le ricostruzioni fin qui tentate (quelle ufficiali e quelle di studiosi, giornalisti, ricercatori, esperti, esponenti dei servizi segreti) siano coerenti con i fatti accertati e con le deduzioni praticabili in termini scientificamente e logicamente corretti. Solo dopo avere evidenziato l'errore si cercherà di procedere oltre nella ricerca delle possibili spiegazioni.
La gigantesca opera di raccolta dati e di analisi impone un lavoro di gruppo. Noi intendiamo portare avanti una ricerca collettiva, il cui obiettivo sarà di produrre una serie di iniziative informative multimediali, capaci di raggiungere in primo luogo il pubblico specialistico e i giornalisti. Una serie di verifiche preliminari ci consente di affermare che il livello d'informazione attorno a questo evento e alle sue implicazioni è estremamente basso perfino ai livelli delle decisioni politiche e dei luoghi dove l'informazione viene elaborata.
Siamo consapevoli che toccare questo argomento significa esporsi al rischio (minore) di vedersi inclusi nella categoria dei visionari, dei complottisti, dei dietrologi. E al rischio (maggiore) di essere sottoposti all'attacco (prevedibile) del mainstream informativo, cioè di coloro che hanno finora taciuto. Per questa ragione abbiamo coinvolto e coinvolgeremo un gran numero di specialisti di provata competenza nei diversi campi dell'indagine. Essi daranno le garanzie sufficienti per evitare rischi di manipolazione e di interpretazione malevola e partigiana del lavoro che stiamo compiendo.
Noi siamo consapevoli del fatto che le valutazioni sulla ampiezza delle complicità più o meno ufficiali possono essere assai diverse, ma siamo accumunati dalla convinzione della necessità di una investigazione indipendente, resa indispensabile dall'enorme vastità delle implicazioni. In nome delle vittime prima di tutto, ma anche per difendere la pace mondiale e la nostra stessa vita di cittadini, i cui diritti civili e umani sono stati, a partire dall'11 settembre, già seriamente minati, così come sono state lesionate le fondamentali regole della convivenza internazionale.
Chiunque condivida queste preoccupazioni sottoscriva questo manifesto, “per rompere il muro del silenzio”.
Clicca qui per dare la tua adesione a questo manifesto:
riceverai aggiornamenti sulle nostre iniziative
Giulietto Chiesa
Gruppo di lavoro sull'11 settembre 2001 dell'associazione Megachip
12 luglio 2006
La Nsa sapeva dove era Calipari
"L'Nsa, la National Security Agency, la più importante agenzia di sicurezza americana sapeva esattamente la posizione di Nicola Calipari al momento della sua uccisione". È l'accusa lanciata da Wayne Madsen, ex agente del Nsa, in un'intervista rilasciata all'inviato di Rai News 24 Sigfrido Ranucci. Madsen, parlando dell'ex agente del sismi ucciso a Bagdad poco dopo la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, ha affermato di avere notizie certe provenienti dai suoi ex colleghi di lavoro su quanto è accaduto la sera del 4 marzo del 2005. "L' Nsa - spiega Madsen - in una zona di guerra come quella dell' Iraq, ha un registro con tutti i numeri dei telefoni cellulari, le frequenze usate e i nomi delle persone, che vengono monitorate continuamente". Madsen è stato agente segreto sotto la presidenza Reagan, con il compito di proteggere i dati sensibili degli Usa da eventuali intrusioni dell' ex Unione Sovietica. È stato consulente della commissione europea sul sistema d'intercettazione Echelon, di cui Madsen ha rivelato la funzione dei satelliti per la telefonia mobile nell'ambito delle intercettazioni. Fonte: www.rainews24.rai.it video.google.com La conferma implicita di Giuliana Sgrena |
07 luglio 2006
La madre di tutte le menzogne.
Le cose vanno male, per Bush. Non c'è più solo l'Irak, adesso anche l'Afghanistan emerge come problema irrisolto. Tra poco arriveremo ufficialmente (in realtà ci siamo già arrivati da tempo) a tremila morti americani nel deserto iracheno: per inciso, tanti quanti ne morirono l'11 settembre.
Così si può già rispondere, dati alla mano, a coloro che, posti di fronte alla domanda su cosa è realmente accaduto l'11 settembre, rispondono indignati che è impossibile che “qualcuno” diverso da Osama bin Laden abbia potuto ammazzare (o lasciar ammazzare) tremila persone innocenti.
E i tremila morti americani in Irak chi li ha mandati a morire in base a una gigantesca frottola, seconda soltanto a quella che ci hanno raccontato sull'11 settembre? Dunque perché stupirsi e scandalizzarsi quando qualcuno pone la domanda? In fondo si tratta delle stesse, identiche persone, che con tutta evidenza si muovono sulla base delle stesse logiche.
Ma quello che sta accadendo, sotto i nostri occhi, è un'offensiva potente e multilaterale che sta davvero cambiando il nostro panorama esistenziale. A partire da quel fatidico 11 settembre, in cui tutti hanno creduto di “vedere” la verità, l'evidenza, tutte le regole sono state cambiate, o stanno cambiando. Siamo già tutti un po' più prigionieri di quanto non fossimo “prima”, cioè prima dell'11 settembre.
E' una miriade di piccoli e grandi cambiamenti. Tutti, in varia misura, motivati con la grande lotta al terrorismo internazionale cominciata con l'11 settembre. I voli segreti della Cia, i rapimenti di presunti terroristi, le carceri segrete sparse per il mondo intero, inclusa l'Europa, i cui governi fanno finta di non saperne nulla, mentre sapevano tutto. I principi sacri delle convenzioni internazionali – come quella per i diritti umani, o come quella contro la tortura, o come quella di Ginevra per i diritti dei prigionieri di guerra – sono calpestati ogni giorno mentre vengono proclamati come universali ad ogni stormire di fronde.
La guerra contro il terrorismo procede con qualche, periodica, esecuzione esemplare, di cui tutti i media gioiscono per qualche giorno, felici dello scorrere del sangue secondo le nuove leggi del far west, in cui i must wanted vengono giustiziati sotto i riflettori e nel mezzo degli applausi delle folle. E, mentre la conta dei morti si allunga, ecco apparire singolari , nuove “rivelazioni”, di cui non si conosce l'autore e che vengono date in pasto a un pubblico manipolato per preparare, con ogni evidenza, nuovi misfatti. Il presidente Ahmadinejad dice cose guerriere, ma il Memri (istituto di Washington diretto da un ex agente del Mossad) gli mette in bocca cose che non ha mai detto (vedi l'accuratissima analisi di Johnatan Steele sul Guardian), come quella di “cancellare Israele dalla mappa”. E tutto il mondo, tutti i leader del mondo occidentale, si tuffano sulla falsa notizia, esecrando, maledicendo, minacciando a loro volta.
E' evidente che c'è chi prepara la guerra contro l'Iran, secondo i canoni classici con cui si sono preparate quella del Kosovo, quella afgana e quella irachena. La lotta contro il terrorismo va male? Ecco che non solo si mostra lo scalpo di Zarkawi, ma lo si fa precedere e seguire da nastri registrati di Al Zawahiri . L'autenticità di queste improvvise esternazioni è pressoché nulla. In ogni caso nessuno si preoccupa di verificare. I grandi organi d'informazione ripetono, pubblicano, commentano, di cose su cui non hanno il minimo controllo.
Si viene a sapere, da una smagliatura (ce ne sono sempre) che la National Security Agency sta raccogliendo dati sulle telefonate private di quasi tutti i cittadini americani: quattro grandi compagnie telefoniche americane su cinque (con l'unica eccezione della QWest) hanno accettato l'ingiunzione della NSA. E quando un deputato democratico e alcune organizzazioni non governative per i diritti umani protestano e chiedono l'apertura di un caso giudiziario per violazione della privacy, la risposta che viene dal ministro della Giustizia, Gonzales, e dai capi dei servizi segreti è questa: chi pone domande del genere viola gravemente la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d'America.
Improvvisamente veniamo a sapere che il vero ideatore, la mente e il capo dell'operazione 11 settembre non fu Osama bin Laden, ma fu Khaled Sheikh Mohammed (insieme a Binalshibh). Come? Le Monde, un tempo giornale decente, pubblica per esteso la sua “confessione” dettagliata. La Stampa, in Italia, la riprende. Né l'uno né l'altro giornale dicono come e da chi hanno ricevuto il documento. Non dicono quando esso è stato scritto, in quali condizioni Khaled Sheikh lo abbia firmato, se abbiano , o meno, idea sul luogo in cui si trova, se siano certi che è ancora vivo.
Pubblicano, beati loro, lo scoop, incuranti non solo del ridicolo, ma soprattutto delle conseguenze logiche. Perché se è vero che Khaled Sheikh è la mente e l'organizzatore dell'11 settembre, allora bisogna dedurne che George Bush e Tony Blair mentirono quando dissero ai governi alleati dell'Occidente (era il 2 ottobre 2001) di avere la prova, the smoking gun, della responsabilità di Osama bin Laden.
Infatti quei curiosoni di Muckraker Report – uno dei siti ficcanaso degli Stati Uniti - vanno a vedere, sul sito ufficiale dell'FBI, la lunga lista dei ricercati più ricercati del globo terracqueo, e scoprono con grande sorpresa, anche loro, che Osama bin Laden è tra i must wanted , è ben vero, ma solo per gli attentati di Al Qaeda del 1998 nelle ambasciate africane degli Stati Uniti. Non figura per niente, tra i capi d'accusa, l'11 settembre. Eppure Donald Rumsfeld aveva detto - dopo avere diffuso il primo, famosissimo filmato di Osama bin Laden che si autoaccusava dell'11 settembre – che quella era solo la ciliegina sulla torta: “la verità ci è nota da tempo”, aveva commentato. Come dire che questa ulteriore conferma serviva solo a convincere i più testardi scettici.
Sfortunatamente, per lui, quel filmato storico risulta essere falso: nel senso che il personaggio barbuto che proclama la propria responsabilità assoluta dell'11 settembre non è Osama bin Laden. E non è nemmeno Khaled Sheikh Mohammed. Diciamo che è un discreto attore, ma il suo naso, i suoi occhi, la sua bocca, la sua testa, le sue guance, non sono quelle dell'Osama che tutti ormai conosciamo a memoria. Quando si ha fretta, si commettono errori. Anche perché si è certi che il grande mare magnum dei giornalisti asserviti o imbecilli non si preoccuperà di controllare e berrà la storia senza fiatare.
Ma, stanti così le cose, scusate, risulta che gli alleati degli Stati Uniti, la Nato, le Nazioni Unite, sono stati tutti menati per il naso. Le prove contro Osama bin Laden non c'erano neanche allora. E, poiché esse furono alla base dell'attacco contro l'Afghanistan – attacco che gli Usa avevano predisposto, com'è noto, ben prima dell'11 settembre - significa che la legittimazione Onu che fu data alla guerra è oggi completamente invalida dal punto di vista giuridico, della legalità internazionale.
Altro trucco, altra corsa. Anche la versione ufficiale dell'11 settembre fa acqua da tutte le parti. E' ormai un dato di fatto, sebbene i media mondiali abbiano scrupolosamente taciuto per cinque interi anni. Sebbene anche parecchie persone oneste e qualificate abbiamo dimenticato di occuparsi del problemino che ha cambiato la storia del mondo, altre non si sono distratte e hanno proseguito le indagini, in direzioni diverse da quelle ufficiali del complotto di Al Qaeda. Naturalmente ben sorvegliate, a distanza, dai depistatori dislocati nei ministeri, nei servizi segreti, nei giornali più importanti, nelle televisioni che contano, e anche sul web.
Così, all'improvviso (queste cose succedono sempre all'improvviso) ecco uscire fuori un “presunto” nuovo filmato che eliminerebbe tutti i dubbi sull'aereo del Pentagono, sul famoso volo Boeing 757 che si sarebbe schiantato sulla parete sud-ovest. Tutti i giornali e tutte le tv spiegano che, “finalmente” si vede l'aereo, la cui presenza, per prima, aveva negato il povero Thierry Meyssan, messo alla gogna da tutta la stampa francese e poi mondiale, per avere rivelato la elementare constatazione che ciò che aveva colpito il Pentagono non era e non poteva essere – “per la contraddition che nol consente” avrebbe detto Galileo Galilei – un Boeing 757, né un aereo di line di analoghe dimensioni.
I titoli sono univoci: è la fine delle teorie complottistiche (diverse dalla teoria complottistica principale, cioè quella dell'Amministrazione Usa). Poi ci si prende la briga di andare a controllare e si scopre che hanno aggiunto uno o due fotogrammi, dove non solo non si vede un Boeing 757, ma si vede la punta di qualcosa d'altro, che è molto più piccolo e affusolato.
Quei fotogrammi non chiariscono nulla, ma servono a smorzare l'impatto di alcuni film appena usciti sul web, in cui le tesi ufficiali sono smontate una ad una. Di nuovo (quasi) tutti ci cascano. E verrebbe da esclamare: ma davvero i media sono tutti così imbecilli? Se non fosse che già viviamo da tempo nel regime della censura imperiale, cioè se non sapessimo che la verità non può più essere detta (ovvero non può più essere detta senza correre qualche pericolo).
Siamo ostaggi di un sistema dove chi guida la danza sono i servizi segreti, dove i diritti hanno subito un logoramento sostanziale, dove l'informazione è nelle mani dei potenti. La democrazia liberale è finita da tempo, sostituita da riti formali, imposti come validi per tutti sotto tutte le latitudini , cioè privi di senso per immense moltitudini asservite. Si chiamano elezioni in regime di occupazione militare. Altrove, negli Stati Uniti per esempio, dove l'occupazione militare formalmente non c'è, i risultati elettorali si decidono, da due elezioni presidenziali in qua, prima che gli elettori vadano alle urne elettroniche. Ma anche in questo caso il motto della stampa e nei media americani, proiettato su tutto il pianeta, è il noto proverbio secondo cui “il silenzio è d'oro”.
E tutto questo lo dobbiamo ai gestori dell'11 settembre 2001.
di Giulietto Chiesa
da "Galatea" di luglio 2006
02 luglio 2006
Giulietto Chiesa : « A proposito di 11 settembre di che complotto parliamo? »
A proposito dell'11 settembre: chi è il complottista? Quello che accetta la versione ufficiale, secondo cui 19 spostati, guidati da un signore che non sa quasi niente di cosa stanno facendo, e che è a 20 mila chilometri di distanza, in una grotta afghana, riescono a realizzare il 75% dei loro obiettivi (tre aerei su quattro) ammazzando circa 3000 persone e mettendo nel panico più totale la prima e unica superpotenza mondiale?
Nonostante il complotto sia, con ogni evidenza, quello descritto e fornito dall’Amministrazione americana; nonostante si abbia tutti la prova che il presidente degli Stati Uniti, e il suo vice sono dei bugiardi matricolati; nonostante che costoro abbiano già fatto morire (in Irak) mandandoli a combattere sulla base di una serie di clamorose menzogne, almeno tanti americani quanti quelli che morirono negli attentati dell’11 settembre (senza contare i morti civili in Afghanistan e in Irak, che per l’occidente non contano infatti nulla); nonostante tutto questo sia già largamente noto, sono quelli che chiedono la verità a essere definiti «complottisti» e le loro idee «teorie del complotto». E chi sono gli accusatori? Tutti i più importanti organi d’informazione del mondo. I quali, invece di fare del giornalismo, sottoponendo la versione ufficiale alle normali verifiche che si merita ogni versione ufficiale, sono diventati propagandisti megafoni, addetti stampa del governo statunitense. Da cinque anni una cappa di silenzio pesante come il piombo è calata sulla vicenda che «ha cambiato la storia del mondo». Niente di meno. Dell’11 settembre si è continuato a parlare, come in un mantra ripetuto all’ossessione; delle sue conseguenze - la guerra contro il terrorismo internazionale - sono piene le pagine e gli schermi del mondo intero. Ma ogni interrogativo è stato taciuto. Anzi, i pochi che cercavano di riproporre qualche timida obiezione, basandosi sulle più gigantesche incongruenze della versione ufficiale, cioè del complotto ufficiale, venivano semplicemente irrisi, quando non squalificati come pazzi, dementi, o pericolosi alleati degli stessi terroristi islamici. A tal punto il mainstream informativo ha taciuto, mentito, distorto i fatti, intimidito, censurato autocensurandosi, da costringere alla conclusione che se un complotto c’è stato, è stato quello dei grandi media informativi: per impedire che il complotto vero, ufficiale, venisse scoperto e denunciato. Una colossale operazione di stornamento dell’attenzione è stata compiuta e l’inganno è diventato un fatto storico di tale pietrosa possanza da non poter essere non dico demolito, ma nemmeno scalfito dalla minima ombra di dubbio. Ma, a cinque anni di distanza, le crepe nel muro di silenzio si sono fatte larghe. E tacere non è più possibile, neanche negli Stati Uniti dove parlare equivale a essere bollati come terroristi (in Italia solo un po’ meno). Così si spiega che Matrix abbia deciso di parlare dell’11/9 per ben due volte in pochi giorni . E’ avvenuto dopo che Beppe Grillo, sul suo blog, aveva deciso di pubblicare una mia lettera, con l’invito a «Rompere il muro del silenzio». E come conseguenza non solo il blog è stato invaso di commenti, di sollievo in gran parte, di gente che aspettava da un momento all’altro che saltasse il tappo, ma il sito di Megachip (www.megachip.info) e il suo dossier 9/11 è stato assaltato da oltre 220 mila accessi individuali nello spazio di tre giorni. Cose italiane, da periferia dell’impero, si dirà. E invece non è così. Perchè pochi giorni prima, precisamente il 23 maggio, il primo sondaggio d’opinione in materia, condotto negli Stati Uniti dall’autorevole Zogby, per conto del gruppo di studio «Verità sul 9/11» (quello che ha organizzato un grande incontro a Chicago che si apre in questi giorni) ha permesso di scoprire che il 45% degli americani pensano che sia accettabile l’idea di riaprire l’inchiesta sugli attacchi dell’11 settembre, mentre il 42% sono dell’opinione che vi sia stato un complotto (cover up), ma che a compierlo, per coprire la verità, sono state le autorità federali. Sono minoranza, quelli che la pensano così, ma non sono più «marginali». Forse è per questa ragione che qualcosa comincia a trapelare, per impedire che il piccolo rivolo diventi un torrente. Così escono filmati misteriosi che prima erano tenuti segreti. E usciranno altre cose, per alzare cortine di fumo, e confondere le piste. Il bello sta per arrivare, basta stare attenti, e con gli occhi aperti. Giulietto Chiesa
Nonostante il complotto sia, con ogni evidenza, quello descritto e fornito dall’Amministrazione americana; nonostante si abbia tutti la prova che il presidente degli Stati Uniti, e il suo vice sono dei bugiardi matricolati; nonostante che costoro abbiano già fatto morire (in Irak) mandandoli a combattere sulla base di una serie di clamorose menzogne, almeno tanti americani quanti quelli che morirono negli attentati dell’11 settembre (senza contare i morti civili in Afghanistan e in Irak, che per l’occidente non contano infatti nulla); nonostante tutto questo sia già largamente noto, sono quelli che chiedono la verità a essere definiti «complottisti» e le loro idee «teorie del complotto». E chi sono gli accusatori? Tutti i più importanti organi d’informazione del mondo. I quali, invece di fare del giornalismo, sottoponendo la versione ufficiale alle normali verifiche che si merita ogni versione ufficiale, sono diventati propagandisti megafoni, addetti stampa del governo statunitense. Da cinque anni una cappa di silenzio pesante come il piombo è calata sulla vicenda che «ha cambiato la storia del mondo». Niente di meno. Dell’11 settembre si è continuato a parlare, come in un mantra ripetuto all’ossessione; delle sue conseguenze - la guerra contro il terrorismo internazionale - sono piene le pagine e gli schermi del mondo intero. Ma ogni interrogativo è stato taciuto. Anzi, i pochi che cercavano di riproporre qualche timida obiezione, basandosi sulle più gigantesche incongruenze della versione ufficiale, cioè del complotto ufficiale, venivano semplicemente irrisi, quando non squalificati come pazzi, dementi, o pericolosi alleati degli stessi terroristi islamici. A tal punto il mainstream informativo ha taciuto, mentito, distorto i fatti, intimidito, censurato autocensurandosi, da costringere alla conclusione che se un complotto c’è stato, è stato quello dei grandi media informativi: per impedire che il complotto vero, ufficiale, venisse scoperto e denunciato. Una colossale operazione di stornamento dell’attenzione è stata compiuta e l’inganno è diventato un fatto storico di tale pietrosa possanza da non poter essere non dico demolito, ma nemmeno scalfito dalla minima ombra di dubbio. Ma, a cinque anni di distanza, le crepe nel muro di silenzio si sono fatte larghe. E tacere non è più possibile, neanche negli Stati Uniti dove parlare equivale a essere bollati come terroristi (in Italia solo un po’ meno). Così si spiega che Matrix abbia deciso di parlare dell’11/9 per ben due volte in pochi giorni . E’ avvenuto dopo che Beppe Grillo, sul suo blog, aveva deciso di pubblicare una mia lettera, con l’invito a «Rompere il muro del silenzio». E come conseguenza non solo il blog è stato invaso di commenti, di sollievo in gran parte, di gente che aspettava da un momento all’altro che saltasse il tappo, ma il sito di Megachip (www.megachip.info) e il suo dossier 9/11 è stato assaltato da oltre 220 mila accessi individuali nello spazio di tre giorni. Cose italiane, da periferia dell’impero, si dirà. E invece non è così. Perchè pochi giorni prima, precisamente il 23 maggio, il primo sondaggio d’opinione in materia, condotto negli Stati Uniti dall’autorevole Zogby, per conto del gruppo di studio «Verità sul 9/11» (quello che ha organizzato un grande incontro a Chicago che si apre in questi giorni) ha permesso di scoprire che il 45% degli americani pensano che sia accettabile l’idea di riaprire l’inchiesta sugli attacchi dell’11 settembre, mentre il 42% sono dell’opinione che vi sia stato un complotto (cover up), ma che a compierlo, per coprire la verità, sono state le autorità federali. Sono minoranza, quelli che la pensano così, ma non sono più «marginali». Forse è per questa ragione che qualcosa comincia a trapelare, per impedire che il piccolo rivolo diventi un torrente. Così escono filmati misteriosi che prima erano tenuti segreti. E usciranno altre cose, per alzare cortine di fumo, e confondere le piste. Il bello sta per arrivare, basta stare attenti, e con gli occhi aperti. Giulietto Chiesa
30 giugno 2006
Inganno Gobale a Bologna.
Dopo le serate di marzo il Gruppo Eventi Culturali del Dopolavoro Ferroviario di Bologna propone un altro appuntamento sull'11 settembre
Venerdì 30 giugno alle 20.45
proiezione del film di Massimo Mazzucco
11 settembre 2001. Inganno globale
Collegamento con Massimo Mazzucco dopo la proiezione
Sala Polivalente del Dopolavoro Ferroviario
(zona Stazione Centrale, entrate da via Stalingrado 12 e da via Serlio 25/2)
INFO: elian99@tiscali.it, nadia.bo@dlf.it, 0516957116, 0514193180
Dopo le serate di marzo con Massimo Mazzucco, Maurizio Blondet, Eric Huschmid e Giulietto Chiesa, venerdì sera a Bologna, in contemporanea con la partita Italia-Ucraina, proietteremo 11 settembre 2001. Inganno globale. A seguire ci collegheremo ancora una volta con Massimo per un'ulteriore chiacchierata ...
...sullo "stato dell'arte" e sulle prospettive del movimento italiano di inchiesta sull'11 settembre. Come Gruppo Eventi Culturali del Dopolavoro Ferroviario bolognese vogliamo fare questa iniziativa essenzialmente per due motivi.
1. Dopo l'apertura della "finestra mediatica" di primavera crediamo che la situazione, benché "smossa", sia solo apparentemente divenuta più favorevole. Abbiamo appena annusato la nuova aria: le trappole, i colpi bassi e la sottigliezza dei cover up da parte di chi incarna o difende le teorie ufficiali (esse sì propriamente cospiratorie, come dice David Ray Griffin) sono destinati a diventare via via più insidiosi e "avvolgenti" man mano che passa il tempo e via via che di 11 settembre parleranno anche i peggiori cessi del mainstream media... Appunto: dobbiamo attrezzarci, "cambiare marcia" come dice Massimo, anche a partire dallo "scarico" del fantomatico cercatore di bufale che (giustissima Refosco!) s'è segnalato in primis quale "madre di tutte le bufale" egli stesso... Venerdì sera, riprendere il discorso bolognese di marzo dopo aver visto il film di Massimo servirà intanto a "fissare" criticamente questo punto di svolta cruciale.
2. Qui a Bologna, come gruppo di studiosi e di artisti che fa iniziative, frequenta Luogocomune e insieme ai luogocomunesi studia i fatti dell'11 settembre, crediamo sia giunto il momento di segnare questa nuova fase con un nostro "evento esemplare", il più possibile collettivo (di noi tutti, cioè, sempre fuori da ogni ceto politico-sindacale e con tutte le nostre differenti peculiarità e inclinazioni...). Venerdì sera ci servirà anche per cominciare a parlare pubblicamente di questo evento, che nell'ombra noi stiamo preparando da qualche tempo. Per ora abbiamo una data certa (domenica 17 settembre), un luogo certo (il teatro Arena del Sole, in pieno centro a Bologna) e alcuni ospiti certi (oltre a quelli citati sopra ce ne saranno altri, a cominciare proprio da David Ray Griffin).
L'idea, appunto, è quella di un appuntamento nazionale in occasione del quinto anniversario: fra teatro, video e convegno vero e proprio. Ovviamente ci stiamo lavorando e sappiamo che dovremo lavorarci ancora tanto in luglio ed agosto. Ma la cosa si fa, e speriamo che possa diventare un po' per tutti, e specialmente per i luogocomunesi, un momento davvero importante. Per "insistere meglio" e su tutta la linea nella nuova fase, per fare finalmente comprendere ad un pubblico più largo che il movimento italiano di inchiesta sull'11 settembre conta ormai al proprio interno uno spettro di forze e di argomenti tale che non può essere più questionato o "ridotto" col debunking, con la rissa televisiva o con gli altri mille mezzucci del nefando ritornello "dàgli ai complottisti".
Qui a Bologna sentiamo che è ormai il caso di porsi questo obiettivo, ad un tempo giusto e giustamente ambizioso. Venerdì sera, forse anche grazie alla coincidenza con la partita dell'Italia, proveremo a confrontarci su tutto questo con Massimo e con tutti i grandiosi che interverranno senza portarsi dietro nemmeno la radiolina fantozziana.
Emanuele Montagna
18 giugno 2006
9/11 In Plane Site - The Director's Cut.
Un’eccezionale inchiesta che rimette in discussione tutto quello che si sapeva, o si pensava di sapere, sui tragici eventi dell’11 settembre 2001.
Questo coraggioso documentario presenta prove, non teorie: utilizzando materiale audiovisivo inedito o mandato in onda soltanto una volta, demolisce impietosamente la versione ufficiale dell’11 settembre 2001 e suscita seri interrogativi sulla corretta gestione delle informazioni da parte dei mass-media, nonché sugli attuali sviluppi geopolitici a livello globale.
di William Lewis
Edito in Italia da Nexus
traduzione in Italiano - durata: 1 hr 9 min 58 sec
Frammento in italiano di 4 min 28 sec:
Vedi il video completo in italiano.
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