30 dicembre 2022

Dopo Bush, Obama e Biden, ristabilire la libertà di espressione in Occidente, di Thierry Meyssan

Il presidente Repubblicano George Bush Jr. e i presidenti Democratici Barack Obama e Joe Biden hanno smantellato la libertà di espressione in Occidente, trasformando i principali media in supporti della loro comune ideologia. Da due decenni la stampa chiude gli occhi su tutto ciò che contraddice i discorsi ufficiali di Washington convertendosi a tutte le loro sciocchezze. Il jacksoniano Donald Trump ha fatto del ripristino della libertà di espressione il fulcro della campagna 2024. Al momento è l’unico candidato ad aver assunto questa posizione.
L’Alleanza Atlantica coordina la propaganda di guerra: l’hanno dimostrato le menzogne di George Bush Jr. e Tony Blair.

Il 15 dicembre 2022 Donald Trump ha pronunciato il suo primo discorso elettorale, facendo del ripristino della libertà di espressione negli Stati Uniti la priorità; nel contempo, le rivelazioni di Elon Musk (Twitter Files) e quelle dell’American First Legal Foundation dimostrano che tutta l’informazione è manipolata.

Si possono avere le opinioni più diverse su Donald Trump – tanto più che dall’elezione 2016 l’ex presidente è bersaglio di una campagna di diffamazione mondiale che ci impedisce di valutarne correttamente l’operato – ma non si può non riconoscere che dall’11 settembre 2001 solleva interrogativi fondati.

«Se non c’è libertà di espressione, allora semplicemente non siamo un Paese libero. Tutto qui» ha esordito Trump nel video. «Se lasceremo soccombere questo diritto fondamentale, anche tutti gli altri diritti e libertà crolleranno con esso, come le pedine del domino».

Trump ha ribadito che bisogna distinguere:
– il diritto delle piattaforme all’immunità rispetto ai contenuti, se si limitano a veicolarli senza prenderne conoscenza;
– la responsabilità delle piattaforme, se si permettono di valutare o censurare i contenuti. In questo caso devono incorrere in conseguenze giudiziarie allo stesso titolo degli autori dei messaggi che diffondono.

«In queste ultime settimane rapporti esplosivi hanno confermato che un gruppo inquietante di burocrati dello Stato Profondo, di tiranni della Silicon Valley, di attività di sinistra e di media imprenditoriali depravati hanno cospirato per manipolare e far tacere il popolo americano», ha dichiarato Trump.

«Hanno collaborato per eliminare informazioni vitali su tutto, dalle elezioni alla sanità pubblica (…) Il cartello della censura deve essere smantellato e distrutto, subito, immediatamente», ha proseguito l’ex presidente.

1 – L’11 settembre 2001

In Occidente la menzogna pervasiva è iniziata con la narrazione degli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti [1]. Sin dai primi minuti i media hanno designato il colpevole, senza fare inchieste e in assenza di rivendicazioni. Più tardi, nella stessa giornata, una giornalista della BBC ha dato la notizia che la Torre 7 era appena crollata, mentre si è continuato a vederla in secondo piano, integra, ancora per qualche minuto.

Quel giorno, mentre alcuni giornalisti statunitensi descrivevano in modo più congruo e con spirito critico quanto vedevano, c’è stata una sola persona che osò dire in televisione che quel che raccontavano le autorità era falso: il promotore immobiliare Donald Trump, secondo cui le prime due torri non potevano essere crollate a causa degli aerei che le avevano colpite. Parlava con cognizione di causa, tanto più che, all’epoca, gli architetti che avevano costruito lo World Trade Center erano alle sue dipendenze

Donald Trump l’11 settembre 2001.

Donald Trump fu abbastanza avveduto da asserire che le autorità dovevano avere motivi di pubblica sicurezza per nascondere agli statunitensi la verità. Sei mesi dopo io non ebbi altrettanta accortezza quando pubblicai il best seller mondiale L’incredibile menzogna.

Ricordo una giornalista di una grande rivista statunitense che in quel periodo m’intervistò a Parigi. Quando le feci notare che, se gli aerei avessero fatto cadere le torri, queste non sarebbero crollate su se stesse, come avviene in una demolizione controllata, ma lateralmente, la giornalista mi rispose che non aveva un’opinione perché non era un’esperta. Ricordo anche un caporedattore di un grandissimo periodico Usa che mi telefonò per spiegarmi che mi sosteneva, ma che non poteva pubblicare nulla.

Una cappa di piombo si abbatté sull’Occidente. Gli anni successivi, quelli del “rimodellamento del Medio Oriente Allargato” sono stati una lunga sequela di menzogne. Ogni operazione del Pentagono è stata presentata come una serie d’interventi contro dittatori o in guerre civili. Washington distruggeva popolazioni per la buona causa. Senza esitare si affermò che l’Iraq era la terza potenza militare mondiale e che possedeva armi di distruzione di massa; che Muhammar Gheddafi e Bashar al Assad erano dittatori, e via di seguito.

Fu l’inizio del fact checking. Media ligi agli ordini sostenevano con tutto il peso della loro autorevolezza le cose più incredibili. Il quotidiano Le Monde pubblicò calcoli assurdi affermando che tutto era chiaro e logico. Poi fu la volta degli insulti. Chi usava la propria testa veniva definito «complottista» e accusato di essere ideologicamente estremista. Due grandi giornalisti pubblicarono su ordinazione un libro per sostenere che, se non c’erano rottami di un Boeing al Pentagono, la ragione era che l’aereo si era schiantato in «picchetto orizzontale» (sic) [2]. Assurdità ripetute a bizzeffe.

2 – La campagna 2016 contro i jacksoniani

Il dibattito che suscitai a livello mondiale stentò invece a decollare negli Stati Uniti. Bisognò aspettare il 2004, quando un intellettuale di tutto rispetto, David Ray Griffin, decise di scrivere un libro per confutare le mie tesi e con grande stupore scoprì che invece avevo ragione.

Uno degli avvocati di Donald Trump al convegno Axis for Peace, organizzato da Thierry Meyssan nel 2005 a Bruxelles.

Nel 2016, a sorpresa, Donald Trump s’impadronì del Partito Repubblicano e fu eletto presidente degli Stati Uniti. Ligia agli ordini, la stampa di regime interpretò l’elezione come la vittoria del populismo sulla ragione. Ma per quale altro motivo gli statunitensi seguivano Trump se non perché rifiutava il dominio della menzogna?

Donald Trump, pur essendo stato investito dal Partito Repubblicano, non era un Repubblicano. Fu organizzata una campagna bipartisan per distruggerne l’immagine [3], che iniziò ancor prima del suo ingresso alla Casa Bianca. Sul piano internazionale fu organizzata da David Brock e costò non meno di 35 milioni di dollari.

Fu la prima volta che la stampa occidentale descrisse il presidente eletto degli Stati Uniti come un razzista ed esortò a eliminarlo prima che facesse troppi danni. Per quattro anni la stampa non riportò alcuna delle decisioni importanti di Trump, solo voci di corridoio sulle baruffe interne alla sua squadra. Avete sentito parlare del decreto presidenziale che esclude la CIA dal Consiglio di Sicurezza o dello stop al finanziamento degli jihadisti?

La politica estera di Trump è stata presentata come la follia sconsiderata di un individuo, ma in realtà si collocava nel solco di una scuola di pensiero, quella del presidente Andrew Jackson. Avete sentito parlare di Trump in altro modo se non di un razzista?

3 – Le elezioni presidenziali statunitensi del 2020

Le elezioni presidenziali del 2020 sono importanti quanto gli attentati dell’11 Settembre. Il racconto che ne è stato fatto non ha alcuna relazione con quanto realmente accaduto. Il problema non è sapere chi ha imbrogliato, né in che modo, ma prendere atto che il sistema non è trasparente. Lo scrutinio di oltre la metà delle schede è avvenuto in spregio ai requisiti di trasparenza propri di una democrazia.

Soltanto il documentario di The Epoch Times, «The real story of January 6» mostra il momento in cui la manifestazione pacifica davanti al Campidoglio si è trasformata in rivolta. Vi si vedono chiaramente poliziotti buttare dall’alto uno dei manifestati per ucciderlo. Rete Voltaire non ha potuto acquisire i diritti su queste immagini.

Il mondo intero ha assistito a elezioni opache in un Paese che pretende essere esempio di democrazia. Quel che Donald Trump ha definito «furto», potrebbe non esserlo, dal momento che nessuno conosce il vero risultato della votazione. Fatto sta che questa opacità è sfociata nella presa del Campidoglio da parte di manifestanti pacifici dopo che la polizia ha fatto cadere uno di loro da diversi metri di altezza per ucciderlo.

4 – La pandemia di Covid 19 del 2020-2021

Durante la pandemia di Covid 19 le amministrazioni Biden e von der Leyen hanno intenzionalmente ingannato gli amministrati. Consapevoli di mentire, hanno diffuso dati falsi e affermato che:
– I vaccini anti-Covid (RNA messaggero) proteggono dalla trasmissione del virus (cosa che i fabbricanti non hanno mai sostenuto).
– I vaccini anti-Covid (RNA messaggero) sono raccomandati per le donne incinte.
– I vaccini anti-Covid (RNA messaggero) proteggono i bambini (che invece contraggono la malattia solo in casi eccezionali).
– A qualunque età e indipendentemente dalle condizioni di salute, i vaccini anti-Covid (RNA messaggero) non hanno effetti secondari gravi (invece provocano danni cardiaci gravi negli uomini di meno di quarant’anni).
– Oltre ai vaccini occidentali non esistono rimedi efficaci contro il Covid-19 (invece molti Stati hanno utilizzato farmaci nelle fasi iniziali della malattia o messo a punto vaccini propri).

Il presidente Joe Biden ha mentito ai concittadini sul Covid 19, facendosi scudo delle autorità scientifiche del Dipartimento della Salute.

Alcuni attribuiscono questo inquinamento dell’informazione a incompetenza, altri alla corruzione da parte dei laboratori farmaceutici. Non importa: in entrambe le ipotesi, rimane il fatto che l’Occidente è affondato nella menzogna perché i mezzi di comunicazione sono censurati.

L’organizzazione della censura di Stato

I documenti di Twitter (Twitter Files) rivelati dal nuovo proprietario, Elon Musk, nonché le e-mail dell’Agenzia per la Sanità pubblica statunitense (CDC) ottenute dall’associazione trumpista America First Lega Foundation [4] dimostrano che l’amministrazione Biden ha segretamente controllato e, se necessario, censurato in tutto il mondo l’insieme dei messaggi pubblicati su Facebook, Twitter, YouTube, Instagram, Whatsapp e Hello. Per attuare il piano, Washington ha avuto bisogno di complicità straniere. Il presidente Biden ha messo in piedi un’agenzia di censura, il Consiglio per la Governance della Disinformazione (Disinformation Governance Board) [5], poi sciolta per l’ondata di critiche suscitata: ora prosegue l’attività sotto diverso nome.

Légende

Ex collaboratrice del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la giovane Nina Jankowicz è ora in servizio a Washington, da dove supervisiona l’insieme della propaganda occidentale contro la Russia.

Questa agenzia si dedica alla censura delle informazioni sui nazionalisti integralisti ucraini [6] e sui crimini del regime di Zelensky [7]. Inquina le informazioni su Russia e Cina, sicché non vediamo che il resto del mondo scivola verso una contrapposizione all’Occidente.

Non si può non costatare come l’avanzata del populismo sia innanzitutto una risposta popolare all’estensione della censura innanzitutto negli Stati Uniti, poi nell’intero Occidente. La libertà di espressione, quindi la democrazia, è morta, uccisa da coloro che avevano la responsabilità di proteggerla.

Gli sforzi di Donald Trump, se saranno coronati da successo, ripristineranno la libertà di espressione, ma non la democrazia. È troppo tardi. Il mondo è cambiato. Negli ultimi venti anni è scomparsa anche la minima uguaglianza tra i cittadini: le differenze di reddito si sono moltiplicate per mille e le classi medie sono state in parte rovinate.

In questa situazione si deve inventare un nuovo regime politico, che potrà costruirsi nell’interesse di tutti solo se tutti dispongono della libertà di espressione.

Traduzione
Rachele Marmetti

www.voltairenet.org

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