Giulietto Chiesa, spirito libero, non disposto, in nessun modo, a salire sul carro dei vincitori per tesserne le lodi, offre un magnifico esempio: una vita spesa contro corrente, in difesa della verità, anche al costo di vedersi ostracizzato dai palcoscenici del giornalismo che conta.
Non è facile scrivere di Giulietto Chiesa, giornalista, scrittore e politico, specialmente per chi, come lo scrivente, non ha familiarità né nutre simpatia verso quella parte di giornalismo che, a torto o a ragione, per l’opinione pubblica e per i più (ingenui, da una diversa prospettiva) rappresenta una sorta di galassia complottista. “Complottista”, difatti, è l’aggettivo cui si è ricorso maggiormente per descrivere, e pertanto etichettare, Giulietto Chiesa. A poco più di due anni dalla sua dipartita (26 aprile 2020), questo aggettivo – nella storia spessissimo utilizzato come una spada – sembra aver fagocitato tutta l’esistenza e l’eredità di Chiesa. Eppure, se ci si allontana dai pregiudizi del caso – perché di questo si tratta, fondamentalmente – e ci si decide a confrontarsi pazientemente con i suoi scritti e ad andare a rivedere i suoi interventi in occasione di qualche intervista o convegno, ci si accorge che in molti casi le analisi condotte, così come i ragionamenti su alcuni eventi storici, non sono affatto il frutto di un pazzo complottista, bensì di una lucidissima mente che in diversi casi anticipa significativamente gli esiti dei giochi geopolitici mondiali. A ben vedere, difficilmente potrebbe essere altrimenti, vista la rilevante esperienza maturata sul campo (è stato corrispondente da Mosca per “L’Unità” e “La Stampa”, oltre che per il TG5, il TG1 e il TG3), su cui troppo spesso si tace, e un certo rigore di pensiero, che, certamente, trova pochissimi eguali nel giornalismo odierno. Allora, per amore della verità – che dovrebbe rappresentare l’unico punto di riferimento per quanti decidono di intraprendere la strada del giornalismo –, occorre restituire a Chiesa qualche merito e, al tempo stesso, rinviare ai vari mittenti un po’ del fango che, per anni, hanno riversato su di lui.
In primissima linea nel denunciare e narrare minuziosamente crimini, manovre politiche e intrighi perpetrati dagli Stati Uniti nella fittissima trama della politica internazionale contemporanea, Chiesa incarna perfettamente la figura dello spirito libero, non disposto, in nessun modo, a salire sul carro dei vincitori per tesserne le lodi (uccidendo, in tal modo, l’essenza stessa del giornalismo); anzi, l’esempio avanzato risponde ai canoni di una vita spesa contro corrente, in difesa della verità, anche al costo di vedersi ridicolizzato, prima, e ostracizzato poi, dai palcoscenici del giornalismo che conta. La lotta al potere e alle sue subdole dinamiche costituiscono, infatti, l’insegnamento più importante che emerge prepotentemente dal tanto inchiostro versato e, altresì, il monito più severo nei confronti di quanti, inclini alle predette dinamiche, hanno talmente dimenticato cosa effettivamente significhi “raccontare” da confonderlo con il verbo “sviare”. Perché rileggere Giulietto Chiesa, quindi?
La crisi russo-ucraina, ormai aperta crisi mondiale, era stata prevista da Chiesa molti anni addietro e con una certa lungimiranza. Egli, senza esitazione alcuna, attribuiva la responsabilità di un’eventuale guerra mondiale alle trame degli Stati Uniti: potenza in declino, che cerca di mantenere, a tutti i costi, l’ordine (americano) unipolare venutosi a creare dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. In sintesi, con l’emergere di nuovi attori (leggasi Cina) e l’imprevista e inattesa ricomparsa di vecchi fantasmi (leggasi Russia di Putin), il mantenimento di tale ordine mondiale, unipolare, diventa sempre più difficile. Anche perché, da un lato, le risorse naturali del pianeta scarseggiano drammaticamente, rendendo manifeste le relative conseguenze, tanto in termini economici quanto in termini geopolitici, con importanti ripercussioni sugli stili di vita “promessi”, promossi e, infine, adottati dall’Occidente; dall’altro, le nuove potenze mondiali, Cina e Russia, consapevoli della crisi degli Stati Uniti, decidono di attuare politiche di aperta ed esplicita sfida. In altri termini, infrangono apertamente le regole costruite dagli Stati Uniti, al fine di gettare le basi di un nuovo ordine mondiale, in cui, alla fine, i parametri occidentali di riferimento (tra cui il dollaro) saranno spazzati via. La guerra, dunque, si configura come epilogo e inevitabile sforzo di arginare questi tentativi, salvaguardando il debole e agonizzante ordine vigente.
Al di là delle obiezioni (anche legittime) del caso, vi sono alcune considerazioni da fare: la guerra russo-ucraina, che giorno dopo giorno, assume i contorni di una guerra Russia/Occidente, è un dato di fatto e, quasi certamente, poteva essere evitata ricorrendo a una linea politica diversa, sicuramente più accorta e meno inquinata dagli interessi americani; i ripetuti interventi di Papa Francesco lasciano facilmente intendere una maggiore complessità – rispetto alla narrazione dei media – alla base del conflitto e, soprattutto, importanti responsabilità da spartire tra attori maggiori e minori di questo dramma; le parole di Vladimir Putin al Forum economico di San Pietroburgo del 17 giugno 2022, purtroppo, non lasciano spazi a equivoci sulle intenzioni di Russia e Cina. Egli, infatti, ha affermato molto chiaramente:
« Un anno e mezzo fa, parlando al forum di Davos, ho sottolineato ancora una volta che l’era dell’ordine mondiale unipolare è finita, nonostante tutti i tentativi di conservarlo, conservarlo con ogni mezzo. […] Gli Stati Uniti, dopo aver dichiarato la vittoria nella Guerra Fredda, si sono dichiarati i messaggeri del Signore sulla terra, che non hanno obblighi, ma solo interessi, e questi interessi sono dichiarati sacri. Non sembrano notare che negli ultimi decenni si sono formati nuovi potenti centri sul pianeta e sono sempre più forti. Ciascuno di essi sviluppa i propri sistemi politici e istituzioni pubbliche, attua i propri modelli di crescita economica e, naturalmente, ha il diritto di proteggerli, di garantire la sovranità nazionale. […] Nel contesto di una tempesta inflazionistica, molti paesi in via di sviluppo hanno una domanda ragionevole: perché scambiare merci con dollari ed euro, che stanno perdendo peso davanti ai nostri occhi? La conclusione si suggerisce: l’economia delle entità immaginarie è inevitabilmente sostituita dall’economia dei valori reali e dei beni. […] Secondo gli esperti, nei prossimi anni, il processo di conversione delle riserve globali sarà avviato dalle valute che perdono il loro valore in risorse reali come cibo, energia e altre materie prime » (discorso di Vladimir Putin al Forum economico di San Pietroburgo, 17 giugno 2022).
Tornando a Chiesa, leggerlo significa, quantomeno, non precludersi la possibilità di rappresentarsi una veduta diversa, di percorrere una strada tortuosa, caratterizzata da tesi ardite e molto dibattute, ma, invero, parecchio interessanti e, in alcuni casi, perfino illuminanti. In conclusione, è bene precisare che qui non si sposano, in toto, idee e vedute dell’autore, soprattutto per quel che concerne la figura dell’attuale presidente della Federazione Russa, bensì si è inteso sottolineare la lungimiranza di un grande giornalista, nonché la sua personalissima lotta contro un sistema essenzialmente rapace, che ha fatto dell’iniquità e dell’ingiustizia l’ordinario attraverso la potentissima e sempre efficace arma della menzogna; un giornalista che troppo presto è stato relegato ai margini e obliato perché comunista, anticomunista e complottista (le etichette abbondano) e, quindi, non disposto a piegarsi o a compromettersi, in alcun modo, con il potere. Proprio mentre la guerra infiamma nuovamente l’Europa, senza che, al momento, si intraveda una possibile soluzione diplomatica, né, a onor del vero, una esplicita volontà di essa; proprio mentre l’inflazione avanza minacciosa, frantumando le certezze e gli stili di vita conosciuti finora; proprio mentre l’ordine mondiale sta andando in frantumi, rendendo palesi le pesanti contraddizioni di un modello oramai insostenibile, la mancanza di una voce discordante e fastidiosa come quella di Giulietto Chiesa si fa sentire terribilmente. In Caos globale egli scrive:
« Le date di nascita degli eventi storici sono sempre convenzionali. Perché ogni data, di quelle che gli studenti diligenti imparano a memoria, è sempre, a sua volta, un punto d’arrivo, la risultante di una molteplicità infinita di vettori, di avvenimenti, di fatti » (G. Chiesa, Caos globale, 2017).
E su ciò, che oggi appare beffardamente profetico, occorrerebbe riflettere molto.
FONTE
https://www.gazzettafilosofica.net/2022-1/luglio/giulietto-chiesa/?preview_sid=617090
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