05 marzo 2020
Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 4 mar 2020
04 marzo 2020
Auschwitz: Polonia e Inghilterra tra i soci occulti dell’orrore
La ricorrenza del 27 gennaio, una data commemorativa stabilita dalle Nazioni Unite per la Giornata della Memoria dell’Olocausto, è stata celebrata in tutto il mondo. In questo giorno, 75 anni fa, le truppe sovietiche avevano liberato i prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz. Secondo i calcoli effettuati dagli storici sovietici, qui erano state uccise oltre 4 milioni di persone, di cui almeno 1,1 milioni di ebrei. Non ci sono state tragedie simili nella storia. Così tanti membri di così tanti gruppi etnici non erano mai stati sterminati, in tutto il mondo, in un’unica località. Non è un caso che Auschwitz sia un simbolo non solo dell’Olocausto, ma anche dell’essenza criminale del nazismo (fascismo). Eppure, nonostante l’importanza di Auschwitz, la sua storia è ancora piena di lati oscuri. La ragione è che la verità completa su Auschwitz è estremamente scomoda per l’Occidente. In primo luogo, è scomoda per gli stessi polacchi. Dopotutto, l’autore del progetto del campo di concentramento di Auschwitz, il generale tedesco Arpad Wigand, aveva preso come modello… l’esempio polacco. Il fatto è che, dopo la proclamazione della Seconda Repubblica Polacca nel 1918, il governo polacco aveva annunciato la costituzione di uno Stato “nazionale” e, di fatto, mono-etnico. Come conseguenza, si era presentato il problema di che cosa fare di tutti gli altri gruppi etnici, che costituivano quasi il 50% dell’intera popolazione.
Questa decisione anticipava di molto l’ideologia dei nazionalsocialisti. Un certo numero di bielorussi, ucraini, lituani e russi avrebbero dovuto essere sterminati, mentre i rimanenti sarebbero stati assimilati. Era prevista l’espulsione degli ebrei. Pertanto, uno dei primi atti con cui il governo polacco aveva iniziato l’edificazione della nuova nazione era stata la costruzione dei campi di concentramento. Queste istituzioni avevano il compito di segregare non solo i prigionieri di guerra, ma anche tutti coloro che venivano considerati “inaffidabili”, cioè non soggetti ad assimilazione. Quest’ultimo gruppo comprendeva i russi. E non aveva importanza se fossero sostenitori dei bolscevichi o dell’”Idea Bianca”. Entrambi venivano considerati dal governo polacco come “nemici dello Stato”. [I polacchi] avevano lo stesso atteggiamento nei confronti degli ucraini. In alcuni campi di concentramento vi erano i sostenitori della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina e i seguaci di Symon Petliura, insieme ai simpatizzanti della Repubblica Popolare dell’Ucraina Occidentale. C’erano anche rappresentanti delle comunità bielorusse, lituane ed ebraiche.
Con gli ebrei, i polacchi si erano rivelati particolarmente cinici. Inizialmente, erano stati reclutati nell’esercito polacco e gettati in battaglia contro le forze sovietiche. Ma, quando i polacchi avevano ottenuto la vittoria nella battaglia di Varsavia, nell’agosto 1920, il ministro degli affari militari della Polonia, il generale Kazimierz Sosnkowski, aveva ordinato l’arresto di tutti gli ebrei. Erano stati arrestati 17.000 fra soldati e ufficiali dell’esercito polacco di origine ebraica. Il fatto che avessero servito lo stato polacco e che per esso avessero versato il loro sangue non aveva avuto la benchè minima importanza per la leadership della Seconda Repubblica Polacca. Erano stati dichiarati “agenti dei bolscevichi”. Alcuni degli arrestati erano stati poi inviati nei campi di concentramento situati nella zona di Cracovia, Dąbie e Wadowice. Secondo la documentazione dei campi si trattava di “spie” e di “persone sospette”. Il loro destino era stato leggermente migliore di quello dei russi, degli ucraini, dei bielorussi e dei lituani. Gran parte dei prigionieri era morta per fame, malattie infettive e violenze da parte delle guardie.
Tutto questo, insieme ad altre attività svolte dai polacchi, fa sì che si possa sostenere che Seconda Repubblica Polacca era iniziata con una pulizia etnica. Un esempio simile era stato poi adottato dai nazisti. Inoltre, la leadership delle SS, per “risolvere una volta per tutte il problema ebraico”, aveva inizialmente pianificato di “usare” uno dei campi polacchi, a Dąbie o a Wadowice. Il motivo di questa scelta non era solo la disponibilità, in quelle località, delle infrastrutture dei campi. Un’altra circostanza aveva giocato un ruolo importante. Il governo polacco aveva realizzato le istituzioni per l’incarcerazione di massa in territori abitati da polacchi etnici. Allo stesso tempo, aveva incoraggiato la diffusione della xenofobia tra i normali polacchi. Il calcolo era stato semplice: la popolazione polacca, ostile alle altre etnie, sarebbe stata felice di denunciare tutti quelli che avrebbero osato fuggire dai campi. A causa della “insufficiente capacità”, la leadership delle SS, alla fine, aveva abbandonato l’idea di usare i campi di Dąbie o di Wadowice. I nazisti avevano così deciso di costruire un nuovo complesso, più grande. Ma, ai leader delle SS, era piaciuta l’idea di usare la xenofobia polacca. Pertanto, come sito per il nuovo campo di concentramento, era stato scelto Auschwitz, situato a pochi chilometri da Wadowice. Inoltre, per lavorare ad Auschwitz, erano stati reclutati dei polacchi locali, incoraggiati concretamente ad essere crudeli verso i prigionieri.
Se si vuole dire tutta la verità su Auschwitz, non si può fare a meno di ricordare un’altra circostanza. Qualsiasi crimine ha alla base un interesse finanziario. La domanda è: chi è che ha guadagnato di più da questa atrocità? Per identificare i principali beneficiari del genocidio polacco e poi nazista, è necessario ricordare quanto segue. La Bank Gospodarstwa Krajowego, Bgk, aveva finanziato la costruzione degli istituti penitenziari nella Seconda Repubblica Polacca. Alcuni dei fondi utilizzati nel progetto erano stati presi in prestito. Erano stati erogati da “partner” anglo-francesi attraverso la “British and Polish Trade Bank A. G.”, istituita congiuntamente con la Bgk. Quelli che stavano dietro questa struttura erano stati i principali beneficiari della costruzione dei campi di prigionia polacchi. Dopo l’occupazione della Polonia da parte della Wehrmacht, nel settembre 1939, la Bgk era diventata di proprietà del Terzo Reich. Allo stesso tempo però, la banca aveva continuato a finanziare i progetti relativi alla costruzione e al funzionamento dei campi di concentramento. La “British and Polish Trade Bank A.G.” non aveva cessato di esistere. Al posto dei proprietari polacchi erano subentrati i tedeschi, mentre quelli francesi e britannici… erano rimasti. Non è difficile indovinare chi avesse incamerato parte dei profitti derivanti dall’esistenza dei campi di concentramento sul territorio della Polonia.
Per quelli in Occidente che troveranno “non abbastanza convincente” tutto questo, citeremo un altro fatto, documentato dagli storici occidentali. Uno dei collaboratori di Bgk era stata Armia Krajowa. Aveva contribuito con fondi, anche ingenti, durante l’occupazione tedesca della Polonia, cioè quando la banca era di proprietà del Terzo Reich. Era rimasta nella Bgk fino alla rivolta di Varsavia, nell’agosto del 1944. Durante tutto questo periodo erano stati regolarmente pagati gli interessi sui depositi dell’Armia Krajowa. Somme che provenivano dallo sfruttamento dei prigionieri nei campi di concentramento nazisti. Durante questo periodo, Armia Krajowa era subordinata al “governo polacco in esilio” e si posizionava come “forza antifascista”. Tuttavia, non si conoscono battaglie importanti di questa unità militare contro i tedeschi [oltre la rivolta del Ghetto di Varsavia, Ndt.]. Ma non avevano esitato a cooperare con i nazisti e a trarre profitto dall’omicidio dei prigionieri nei campi di concentramento nazisti. Il comandante supremo dell’esercito polacco, con sede a Londra, supervisionava queste operazioni.
Il consigliere politico e segretario del “comandante in capo”, che era anche capo del “governo in esilio”, era Józef Lipski. Questo è il medesimo diplomatico che aveva servito come ambasciatore della Polonia in Germania negli anni ’30 e che, in sintonia con il programma razzista di Hitler, aveva promesso di dedicare al Führer un monumento per lo sterminio degli ebrei. A Londra, come gli altri membri del “governo in esilio”, aveva operato sotto l’egida del governo britannico. È ovvio che la pista dell’Olocausto porta alla “capitale finanziaria del mondo”. Evidentemente, ciò è legato al fatto che il Regno Unito e gli Stati Uniti sono lenti a rispondere alle istanze per proteggere la memoria del genocidio dei cittadini e degli ebrei sovietici. In particolare, sono rimasti in silenzio dopo che la Russia aveva chiesto una riunione dei leader della coalizione antinazista, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Durante l’evento, è stato proposto di discutere della conservazione della memoria del genocidio nazista e della salvaguardia della pace. Il gatto sa di chi era la carne che aveva mangiato.
(Yury Gorodnenko, “Chi si era arricchito con Auschwitz”, da “Stalker Zone” del 27 gennaio 2020; articolo tradotto da Markus per “Come Don Chisciotte“).
03 marzo 2020
Electronic Frontier Foundation: Tell Congress: Do Not Pass a Clean Reauthorization of Section 215
We need your immediate assistance! On March 15, 2020, Section 215 of the PATRIOT Act is set to expire. This deadline gives us a great opportunity to get some transparency and accountability in the foreign surveillance system and end dragnet phone record surveillance once and for all. But, with a decent reform bill stalled in the House Judiciary Committee, pro-surveillance politicians have a chance to push for a straight-up reauthorization of
these invasive surveillance powers.
Write to your elected officials and tell them enough is enough, vote NO on any “clean” reauthorization of Section 215.
Thank you,
Matthew Guariglia
Activism Team | Electronic Frontier Foundation
About EFF
The Electronic Frontier Foundation is the leading organization protecting civil liberties in the digital world. Founded in 1990, we defend free speech online, fight illegal surveillance, promote the rights of digital innovators, and work to ensure that the rights and freedoms we enjoy are enhanced, rather than eroded, as our use of technology grows. EFF is a member-supported organization. Find out more at https://eff.org.
|
ACTIVISM | | | IMPACT LITIGATION | | | TECHNOLOGY |
815 Eddy Street
San Francisco, CA 94109-7701 United States |
eff.org
02 marzo 2020
L’interpretazione della Shoah, di Thierry Meyssan
Alla fine della seconda guerra mondiale i nazisti massacrarono gli ebrei d’Europa e gli zingari. L’attuale interpretazione di uno di questi genocidi poggia sul disconoscimento della condizione umana e porta con sé moltissime passioni che, invece di evitarne la reiterazione, al contrario la favoriscono.
n questi giorni si celebra il 75° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, ove morirono oltre un milione di prigionieri. Lo abbiamo elevato a simbolo dei campi di sterminio, dei crimini nazisti e della Shoah.
I negazionisti tentano di riabilitare la Germania nazista contestando che avesse intenzione di sterminare intere popolazioni, di uccidere milioni di persone, e persino che avrebbe gasato i prigionieri. Una polemica abietta, che ha messo in secondo piano la necessità di capire quanto accaduto. Dopo il processo di Adolf Eichmann nel 1962, ha prevalso l’interpretazione offerta all’epoca dall’Agenzia ebraica: con la conferenza di Wansee l’antisemitismo nazista si è concretato in un piamo di annientamento (Shoah) degli ebrei d’Europa, che ha segnato una frattura nella storia. Eterni perseguitati, gli ebrei saranno definitivamente in salvo solo ricongiungendosi nello Stato d’Israele.
Come dimostrerò, quest’interpretazione non prende in considerazione dei fatti correlati.
- In poche settimane, nel 1994, in Ruanda furono massacrate con il machete circa 800 mila persone.
La lunga storia dei genocidi
Nei quattro secoli di colonizzazione del mondo da parte degli europei occidentali, numerosi Stati che si vantavano democratici compirono genocidi senza battere ciglio.
Un esempio: quando il presidente del consiglio del Regno d’Italia, Benito Mussolini, proclamò l’Impero, credette di poter fare dell’Etiopia una colonia per l’insediamento degli italiani. Ma la resistenza popolare fu così forte da costringerlo a ideare un piano di “pulizia etnica” per eliminare gli autoctoni di un’intera regione e sostituirli con gl’italiani. Ordinò al viceré Rodolfo Graziani di disperdere con aerei iprite sui villaggi ribelli.
I massacri di massa non sono però prerogativa degli europei occidentali, né dell’ideologia coloniale. Per esempio, il sultano Abdul Hamid II organizzò il massacro dei non-mussulmani (1894-1896), proseguito poi dai Giovani Turchi (in particolare nel 1915-16), che lo avevano rovesciato. Due regimi diversi che condividevano però una stessa ideologia, il panislamismo: l’identità turca è esclusivamente mussulmana. I più colpiti furono gli armeni, ma furono perseguitate anche tutte le altre confessioni non-mussulmane. I massacri avvennero nell’attuale Turchia, non nei territori conquistati dall’impero ottomano [1].
Questi massacri hanno perciò avuto origine da almeno due motivi distinti: – uno scopo militare: l’eliminazione delle popolazioni che fanno resistenza; – uno scopo ideologico: l’eliminazione di popolazioni considerate aliene.
La politica nazista li ha soddisfatti entrambi, ma lo sterminio degli ebrei europei ha invece ottemperato alla sola finalità ideologica.
I genocidi non sono necessariamente appannaggio dei più forti contro i più deboli, come dimostra il massacro in Ruanda dei tutsi da parte degli hutu. Hutu e tutsi erano popolazioni di pari rilevanza e il massacro è stato compiuto con il machete dalla popolazione hutu, non da miliziani.
Queste carneficine di massa sono “crimini contro l’umanità”. È a questo titolo – e a questo soltanto – che il Tribunale Internazionale di Norimberga ha giudicato il massacro degli ebrei d’Europa. Solo in seguito il concetto di “genocidio” è entrato nel diritto.
Sotto l’influenza di Raphaël Lemkin, il genocidio venne in seguito considerato una particolare forma di crimine contro l’umanità. Sfortunatamente, si è così introdotta una nozione di colpevolezza collettiva, contraria al principio di responsabilità individuale, nonché di ostacolo al fine perseguito. Passo dopo passo, il diritto statunitense ora considera genocidio l’uccisione di almeno due persone per quel che sono, non per ciò che avrebbero fatto.
- Gli Stati Uniti hanno affrontato la questione razziale prima della Germania. Invece di uccidere coloro che ritenevano di razza inferiore ne hanno raccomandato la sterilizzazione obbligatoria.
Perché i nazisti hanno cercato di sterminare gli ebrei?
Il programma dei nazisti era la ricostruzione dell’impero tedesco, di cui il Paese era stato privato con il Trattato di Versailles al termine della prima guerra mondiale. Ma invece di ritagliarselo in Africa, Asia o America Latina, continenti che già si erano spartiti Regno Unito e Francia, pensarono di conquistarlo in Europa Orientale.
I nazisti, eredi di Goethe e Beethoven, si credevano umanisti per natura. Conformemente all’ideologia coloniale occidentale, giustificavano la propria volontà di conquista con l’inferiorità culturale dei popoli che intendevano sottomettere. È quanto spiega Hitler in Mein Kampf, ove non parla mai di “sub-umani” (Untermenschen). Quest’espressione scaturisce dall’opinione scientifica dell’epoca: negli ambienti scientifici occidentali era diffusa la convinzione che le conquiste coloniali provassero l’esistenza di una gerarchia delle razze, alla cui sommità troneggiavano i colonizzatori. Cercavano perciò di definire le caratteristiche delle razze e di separarle [2]. Una nozione oggi invalidata dalla scienza, ma radicata in molti Paesi, anche negli USA, dove le statistiche ufficiali classificano le persone secondo questo concetto fantasioso [3].
Per i nazisti, primi fra i sub-umani erano gli slavi, che divennero perciò il loro prioritario bersaglio. Tuttavia, siccome il cancelliere Hitler giustificava la volontà di conquista di uno spazio vitale (Lebensraum) con la superiorità della razza cui apparteneva (concetto all’epoca largamente condiviso dai popoli d’Occidente, come visto), vi aggiunse anche gli zingari e gli ebrei, popoli nomadi o che comunque non possedevano terre. Naturalmente la condanna degli ebrei in quanto razza traeva alimento dall’antisemitismo europeo, che Hitler sviluppò; non è però in nome dell’antisemitismo che li classificò sub-umani. Del resto, non esisteva una cultura europea anti-zingari, eppure anche gli zingari furono classificati sub-umani.
La nozione stessa di antisemitismo non è strettamente correlata agli ebrei. Infatti i semiti sono arabi, alcuni dei quali di religione ebraica. Peraltro, la maggior parte degli ebrei d’Europa non discende da una popolazione della Palestina, bensì del Caucaso e si è convertita nel X secolo [4].
Alcuni nazisti inizialmente non erano così ostili agli ebrei tedeschi quanto si pensa oggi [5]. – Prima e dopo l’ascesa al potere dei nazisti, Leopold von Mildenstein organizzò viaggi di ufficiali nazisti nel Mandato britannico di Palestina, sotto l’autorità di Joseph Goebbels. Il NSDAP, il partito nazista, riteneva inaccettabile che gli ebrei non avessero uno Stato, quindi sosteneva il nucleo nazionale ebreo in Palestina. – Nel 1933, quando le leggi razziali contro gli ebrei erano già in vigore, il partito nazista negoziò con l’Agenzia Ebraica gli Accordi di Haavara, che autorizzavano gli ebrei a installarsi in Palestina [6]. – In seguito le cose presero una brutta piega. Nel 1938, ossia prima della guerra, il ministro degli esteri francese, Georges Bonnet, propose alla Germania nazista di trasferire gli ebrei francesi e tedeschi nella colonia francese del Madagascar. Nella commissione preparatoria del piano, che non fu mai realizzato, a Germania e Francia si aggiunse la Polonia – come non ha mancato di ricordare il presidente Vladimir Putin [7].
Fu soltanto a fine 1941, una volta esaurite tutte le possibili opzioni e l’invasione dell’Unione Sovietica tramutata in incubo, che i nazisti pensarono alla “soluzione finale”: l’omicidio di massa.
- Rudolf Höss depone al processo di Norimberga
Il caso Rudolf Höss
Come le altre grandi potenze europee, prima della prima guerra mondiale anche la Germania possedeva un impero. Il militare Franz Xaver Höss fu inviato nell’Africa sud-occidentale (l’attuale Namibia). Qui partecipò al primo genocidio del XX secolo: il massacro degli herero e dei nama.
Durante la prima guerra mondiale, il figlio di Franz Xaver Höss, Rudolf, si arruolò molto giovane nell’esercito imperiale. Fu mandato a dar manforte all’impero ottomano. Nelle sue memorie afferma di aver combattuto i britannici in Palestina [8]. Si trovava in realtà nell’attuale Turchia, dove partecipò al massacro dei non-mussulmani perpetrato dai Giovani Turchi. Vent’anni dopo aderì alle SS e nel 1940 divenne direttore del complesso penitenziario di Auschwitz, che all’inizio era un campo di concentramento, simile ai campi britannici della guerra boera (Africa del Sud). A fine 1941 venne aggiunto un campo di sterminio (Auschwitz-Birkenau) e, a metà 1942, un campo di lavori forzati (Auschwitz-Monowitz), in cui il banchiere statunitense Prescott Bush (padre e nonno dei due presidenti) investì con notevole profitto [9].
Rudolf Höss ha sempre affermato di essere un uomo normale. Per quanto scioccante possa sembrare, non vedeva niente di anomalo nell’assassinare armeni ed ebrei, dal momento che il padre aveva assassinato herero e nama.
- Il professore Konrad Lorenz, padre dell’etologia e premio Nobel, era un nazista convinto. Si spese affinché gli omosessuali fossero estirpati dalla società, allo stesso modo di un’ablazione chirurgica.
Lo “sterminio” degli omosessuali
I nazisti, seguendo il pensiero scientifico dell’epoca, cercarono di preservare la “razza” (sic) germanica vietando i matrimoni interrazziali. Non erano poi così originali: la Germania, nonché molti altri Paesi occidentali, lo facevano già dal 1905, dunque anteriormente alla prima guerra mondiale.
Non si trattava però soltanto di prevenire la nascita di meticci, andava anche preservato il patrimonio genetico della razza. L’Istituto Kaiser Guglielmo (equivalente del CNRS francese – Centre National de la recherche scientifique) sosteneva che, nelle relazioni sessuali fra maschi, chi penetra può trasmettere all’altro elementi del proprio patrimonio genetico. Il rischio erano quindi gli “omosessuali passivi”. Per questo motivo i nazisti penalizzarono la pratica di questa forma di sessualità, sebbene fosse stata notoriamente dominante nei primi tempi del partito.
Le persone colte in flagrante delitto erano invitate a farsi castrare o imprigionate come asociali. Molti medici, tra cui Sigmund Freud, emisero molti certificati ove attestavano che l’omosessualità è una malattia, ma che il soggetto stava seguendo una terapia. Così facendo salvarono molti pazienti dall’una o dall’altra atrocità. Oggi alcuni gruppi fanno riferimento a questi certificati compiacenti per sostenere erroneamente che il fondatore della psicoanalisi considerava l’omosessualità una devianza.
Dopo aver assistito ad Amsterdam all’inaugurazione di un monumento agli omosessuali deportati – sarebbero stati oltre 5 mila in tutto il Reich – ho fondato un’associazione per far riconoscere in Francia questo crimine. Ho organizzato diverse cerimonie con associazioni di deportati. In una di queste occasioni ho conosciuto un testimone, Pierre Seel, che ha raccontato con dovizia di particolari di essere stato deportato in quanto omosessuale al campo di Struthof. Ho ottenuto che venissero modificati per decreto i requisiti per il riconoscimento dello status di deportato affinché Seel ne beneficiasse. Nel momento della compilazione del dossier, si accertò che il testimone mentiva e che era stato deportato in quanto abitante disertore dell’Alsazia-Mosella. Ho perciò chiesto a un mio amico, senatore Henri Caivallet, d’indagare in qualità di presidente della Commissione Nazionale per l’Informatica e le Libertà (CNIL). Dopo ricerche durate un anno, il senatore Chaivallet è giunto alla conclusione che negli archivi di polizia non esiste traccia di fatti del genere e che un simile avvenimento non è mai accaduto né in Francia né nell’annessa Alsazia-Mosella. Cionondimeno il racconto di Pierre Seel è diventato popolare e Tolosa gli ha persino dedicato una via.
Questa storia mi ha insegnato molto sulle esagerazioni in cui possono cadere gruppi di uomini pur di cingersi della corona di martire. Si è diffusa la convinzione che il Reich volesse sterminare omosessuali e lesbiche: è assolutamente falso. Non ci fu mai repressione del lesbismo, ma solo dell’omosessualità maschile, e unicamente fra le popolazioni cosiddette “ariane”. Ad Auschwitz sono stati identificati soltanto 48 omosessuali. Deportati in campo di concentramento, i sopravvissuti furono rilasciati nel 1942 per combattere, in quanto “ariani”, la “guerra totale” contro gli Alleati.
È bene anche ricordare che né la questione degli ebrei né tantomeno quella degli zingari e degli omosessuali hanno avuto il benché minino ruolo nello scoppio della guerra mondiale.
- Otto Buchinger, pioniere dell’ecologia.
Regime alimentare
È ancora difficile capire perché i nazisti nutrissero, benché molto male, i prigionieri che volevano uccidere. In realtà nutrivano soltanto quelli di cui contavano sfruttare la forza-lavoro. Per questo utilizzavano la strana zuppa del dottor Otto Buchinger.
Questo grande medico era militante della Lebensreform, del ritorno alla natura. Teorizzò la funzione riparatrice del digiuno. In particolare, scoprì che si poteva lavorare duramente quasi senza mangiare, bevendo soltanto una zuppa molto leggera. Il corpo dimagrisce rapidamente, ma produce una grande energia. I risultati delle sue ricerche sono tutt’ora applicati nelle cliniche della famiglia Buchinger in Germania e Spagna, dove dinastie regnanti del Golfo vanno a curare la pinguedine. I nazisti, ardenti fautori del ritorno alla natura – Adolf Hitler era vegetariano e impediva di fumare – utilizzarono questa zuppa per far lavorare i prigionieri, ben sapendo che alla fine sarebbero morti.
- Il rituale ebreo dell’olocausto.
Soluzione finale, Olocausto e Shoah
L’annientamento degli ebrei d’Europa è chiamata dagli storici “soluzione finale”. Oggi però è nota come Olocausto o come Shoah; due termini che stanno a indicare interpretazioni particolari del fenomeno.
Il termine olocausto è utilizzato dai cristiani evangelici USA. Si riferisce a un sacrificio ebraico in cui un decimo delle bestie viene ucciso e i loro corpi completamente bruciati. Secondo la teologia evangelica, lo sterminio degli ebrei d’Europa sarebbe stato voluto da Dio prima che il Messia tornasse sulla Terra. Non si tratta quindi di un termine molto rispettoso delle vittime. Infatti, quando durante la guerra ufficiali evangelici USA vennero a sapere dei campi di sterminio, sconsigliarono al loro stato-maggiore d’intervenire, per non scombinare quello che ritenevano il “piano di Dio”. I nazisti facevano il possibile per uccidere lontano da occhi indiscreti, quindi sarebbe bastato bombardare i binari per fermare immediatamente, non soltanto lo sterminio degli ebrei, ma anche quello degli zingari.
Shoah è un termine ebreo. Significa “catastrofe” e rinvia al silenzio di Dio durante la tragedia. I palestinesi hanno designato, per analogia, l’espulsione del 1948 con il termine Nakba, ossia “catastrofe” in arabo.
Ne deriva che non sembra affatto certo che il genocidio degli ebrei differisca dagli altri, né che rappresenti una frattura nella Storia e nemmeno che sia frutto unicamente dell’antisemitismo. Ed è ancor meno scontato che lo Stato d’Israele offra agli ebrei la protezione cui hanno legittimamente diritto. Se così fosse, in Israele non ci sarebbero oggi 50 mila sopravvissuti che vivono al di sotto della soglia di povertà.
- Nel 2016 la Russia offre un concerto nel grande teatro di Palmira dove, dopo il genocidio degli yazidi, Daesh assassinò pubblicamente i “nemici di Dio”: la civilizzazione è di ritorno.
Né buoni né cattivi, solo uomini
La “soluzione finale” fu pianificata dai nazisti e parzialmente realizzata dai tedeschi. La stragrande maggioranza del personale dei campi proveniva però dai paesi baltici.
Se si tiene conto di tutti coloro che non hanno fatto nulla per fermare questo crimine, è perlomeno improprio addossarne la responsabilità unicamente alla Germania. La verità è che la mentalità dell’epoca coincideva con quella dei nazisti, benché soltanto questi ultimi ne abbiano tratto le conseguenze.
Si deve giudicare un’ideologia sin dalle sue premesse e ammettere che tutti potremmo metterci su una cattiva strada.
Infatti lo Stato d’Israele è stato creato in nome dell’ideologia sionista britannica [10]. Si voleva creare una colonia che fosse d’appoggio all’estensione dell’Impero. Fu proclamato da Ben Gourion, che non era ebreo nel senso religioso del termine, ma ateo, sebbene al termine della sua vita riscoprì la fede e abbracciò il buddismo. Lo Stato d’Israele concede la nazionalità secondo criteri che non sono correlati alla religione ebraica, sicché ammette persone rifiutate dal rabbinato. Israele vuole espellere le popolazioni autoctone, non vuole sterminarle. A poco a poco rosicchia nuovi territori fino a far sparire quelli degli arabi palestinesi. Tuttavia, siccome parte di questi hanno ottenuto nel 1948 la cittadinanza israeliana e oggi costituiscono un quinto della popolazione del Paese, il primo ministro Benjamin Netanyahu (Likud) ha fatto proclamare Israele “Stato ebraico”. Ha così ufficializzato una cittadinanza gerarchizzata e vincolato lo Stato a una logica di cernita. Nonostante le apparenze, si tratta esattamente della medesima logica che ha indotto il primo ministro laburista Yitzhak Rabin (grande alleato dell’apartheid sudafricano) a immaginare la “soluzione a due Stati”, ossia separare le “razze”.
Siamo ancora in tempo a fare marcia indietro.
- Cerimonia commemorativa del 75° anniversario della liberazione dei prigionieri di Auschwitz.
Il “dovere della memoria”
Gli esseri umani fanno di tutto per dimenticare le sventure di cui sono stati vittime o che hanno provocato. Gli zingari, le cui famiglie furono massacrate insieme a quelle ebree, seguono questa logica e stanno meglio.
È certamente importante celebrare la memoria dei morti per coloro che li hanno conosciuti. Non basta però a evitare nuovi genocidi. Si tratta di una questione che non è in relazione né con l’identità e la condizione delle vittime né con quelle dei boia. È soltanto la condizione umana: nessuno di noi può essere sicuro di non trasformarsi in mostro. La civiltà non è mai definitivamente acquisita.
28 febbraio 2020
Omicidio Olof Palme: "Fino all'ultimo rigore"
Estate 1990, stagione di mondiali di calcio e di giornalismo investigativo. Tra il 28 giugno e il 2 luglio il Tg1 manda in onda in 4 puntate una clamorosa inchiesta dell'inviato Ennio Remondino. Il 3 luglio, nello Stadio San Paolo di Napoli la nazionale di calcio affronta l'Argentina di Diego Armando Maradona e si gioca ai rigori l'accesso alla finale di Roma. Per la prima volta da oltre cinquantanni l'Italia del pallone ha la possibilità di mettere le mani sulla coppa di fronte al suo pubblico, un intero Paese è sintonizzato su Raiuno. Negli stessi giorni il telegiornale del principale canale televisivo italiano racconta i retroscena di anni di Guerra Fredda, dell'omicidio del Premier svedese Olof Palme, della nascita della Strategia della Tensione. Remondino rintraccia a Ginevra un uomo dai mille nomi e senza volto, un misterioso ex agente della Cia che sa molto di trame occulte e controspionaggio. L'uomo è in una camera dalbergo, prende la federa di un cuscino, ritaglia tre fessure per gli occhi e per la bocca, si copre il volto e comincia a parlare.
Quello che racconta farà tremare molti governi.
di Flaviano Masella, Mario Sanna, Angelo Saso e Maurizio Torrealta
www.rainews.it
26 febbraio 2020
Eresia Roosevelt: giù le tasse, e reddito universale per tutti
Giù le tasse, usando anche la moneta complementare emessa a costo zero. E soprattutto, reddito universale: assegno mensile di 500 euro, a chiunque, con l’unico obbligo di spendere subito quei soldi. Sembra un costo, ma non lo è. O meglio: la spesa iniziale sarebbe letteralmente oscurata dal salto in avanti del Pil, grazie al “moltiplicatore” keynesiano (spendi 100, e produci 3-400). Risultato: economia in grande ripresa e, alla fine, maggiori entrate fiscali. Sono due dei tre punti-chiave messi a fuoco dal Movimento Roosevelt (il terzo è il diritto costituzionale al lavoro, oggi assente) con l’intento di capovolgere l’ipnosi finanziaria, del tutto artificiosa, che detiene le vere chiavi della crisi europea. Una “maledizione” che sembra economica, e invece è interamente politica. «Si ciancia di lotta all’evasione fiscale, ma l’evasione la si combatte imponendo tasse eque: se si abbassano le aliquote, oggi folli, cresceranno immediatamente le entrate». Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, rilanciando un’idea del rooseveltiano Carlo Toto: rimettere in moto l’Italia, facendola uscire da decenni di sofferenze imposte dall’alto, attraverso una camicia di forza macroeconomica. A questo è servito il vincolo esterno europeo: a comprimere le possibilità del made in Italy, dopo averlo largamente sabotato, smembrato e indebolito.
Teoria e pratica del neoliberismo, ideologia di cui l’Italia è stata una cavia perfetta. Pura demenzialità, il tetto del 3% imposto alla spesa. Idem la gestione privatistica dell’euro, basata sulla leggenda della scarsità di moneta (in realtà creabile in modo illimitato e senza costi). In pratica, qualcuno lassù ha chiuso i rubinetti. E al paese ha raccontato che, semplicemente, “doveva” soffrire. Peggio: che le tasse servono a pagare stipendi, a far funzionare lo Stato. Nella stanza dei bottoni, tutti sanno che non è vero: ma il mainstream (economisti neoliberali, partiti e media) fingono di non saperlo. Non ne parlano le Sardine, interessate solo a stoppare Salvini (agevolando la corsa di Prodi verso il Quirinale). Non ne parla Bonaccini, e neppure Zingaretti. La promessa di Flat Tax sbandierata dallo stesso Salvini si è fermata col siluramento di Armando Siri. L’Italia politica sembra essersi rimessa a dormire, divisa solo in apparenza tra custodi del centrosinistra e guardiani del centrodestra. Da Renzi a Berlusconi, nessuna soluzione in vista. Nel 2018, in pieno caos gialloverde, i 5 Stelle sembravano volerci provare: ma il reddito di cittadinanza promosso da Di Maio si è rivelato un’amara barzelletta, un’inutile elemosina elargita al prezzo di severe condizioni.
Niente da fare neppure sul fronte della moneta parallela, di cui si era parlato nei mesi scorsi. Ne sa qualcosa un economista keynesiano come Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt: basterebbe pochissimo, sostiene, per creare una “moneta di Stato” da affiancare all’euro, senza neppure violare il Trattato di Lisbona. Valore emesso a costo zero, accettato per il pagamento di tasse e imposte. Sarebbe un sollievo immediato, per l’economia. Due piccioni con una fava: meno tasse, ed economia in ripresa. Un altro rooseveltiano, Toto, ora rilancia: se all’abbattimento delle aliquote (e alla facilitazione fiscale propiziata dalla moneta parallela) si aggiunge la maxi-iniezione del reddito universale, l’economia può risorgere. Volerebbero i consumi, dunque il lavoro. Eresia? Sì, certo, ma sarà meglio farci l’abitudine: il Movimento Roosevelt ha intenzione di lanciare una campagna nazionale, sostenendo queste sue proposte a colpi di petizioni popolari. Non ultima quella sul diritto al lavoro: ha poco senso, ribadisce lo stesso Magaldi, che la Costituzione definisca l’Italia una repubblica fondata sul lavoro, se poi l’occupazione non c’è. Meglio che lo Stato assolva in pieno alla sua funzione, fino in fondo: così come la stessa Bce dovrebbe riscrivere il proprio statuto, puntando alla piena occupazione in Europa, anche l’Italia dovrebbe rivedere la sua Carta, impegnandosi per legge a dare un lavoro a chiunque.
L’eresia è l’unica possibilità che resta, se gli attori della politica nazionale balbettano. Soluzioni vere, radicali, frontali. Un orizzonte antropologico alternativo all’attuale bassa marea, nella quale nuotano (male o malissimo) tutti i partiti. Ma attenzione: non sono solo i rooseveltiani a scrutare il cielo, in cerca di un futuro possibile e dignitoso. La signora Christine Lagarde ha appena evocato il massimo tabù di questi anni di austerity “teologica”: gli eurobond, per sostenere in modo illimitato i debiti pubblici dei paesi europei, senza più l’incubo speculativo dello spread. E persino Mario Draghi, da parte sua, ha parlato addirittura della Modern Money Theory, cioè l’emissione monetaria teoricamente infinita, con cui rianimare l’economia europea. Sarebbe l’esatto contrario di quel rigore che i sacerdoti dell’eurocrazia continuano a spacciare per volere divino. E se in Italia nessuno si muove, Magaldi annuncia un appello direttamente ai cittadini: firme su firme, per sollecitare la rivoluzione di cui si avverte il disperato bisogno. Smettere di avere paura, scacciare la crisi, tornare a progettare un’Italia più comoda per tutti. Senza più evasione fiscale, grazie a tasse affrontabili. E senza più l’alibi della penuria, in virtù del reddito universale: utile a salvare chi un lavoro non ce l’ha ancora, e fondamentale per movimentare consumi, imprese, assunzioni. Si tratta di cambiare tutto, da cima a fondo. Primo step: scoprire che l’eresia non è il problema, è la soluzione.
www.libreidee.org
Iscriviti a:
Post (Atom)