16 gennaio 2018

Un buon anno per la conquista dello spazio


Sarà un ottimo anno per l’esplorazione spaziale. L’organizzazione per la ricerca spaziale indiana ha in programma di lanciare sulla Luna la sonda Chandrayaan-2, un orbiter, lander e rover senza equipaggio (in grado di orbitare, atterrare e muoversi sul satellite). A luglio, la giapponese Hayabusa 2 raggiungerà la sua destinazione, l’asteroide 162173 Ryugu, nel tentativo di riportare sulla Terra alcuni campioni.
E a giugno la Cina comincerà la missione verso il “lato oscuro” della Luna. Per prima cosa, un satellite per le comunicazioni con la Terra verrà posizionato a 60mila chilometri oltre la Luna. Questo satellite di collegamento da 425 chili guiderà il secondo elemento della missione, un veicolo in grado di atterrare e muoversi, sulla faccia nascosta della Luna, dove nessuno è mai arrivato prima.


Uno dei vantaggi di trovarsi su questo lato è che la Luna scherma i segnali radio provenienti dalla Terra e quindi si captano meglio le onde radio provenienti dal resto dell’universo. Ma Chang’e 4, la missione cinese, porterà anche dei semi e degli insetti, che serviranno a capire se piante e animali possono crescere sulla superficie lunare.
“Il container spedirà patate, semi di Arabidopsis e uova di bachi da seta”, ha spiegato Zhang Yuanxum, progettista del container. “Le uova si schiuderanno e diventeranno bachi da seta, in grado di produrre anidride carbonica, mentre le patate e i semi emetteranno ossigeno attraverso la fotosintesi. Insieme, potrebbero creare un ecosistema elementare sulla Luna”. Un sistema semplice, ma anche un primo passo verso una presenza umana più stabile sulla Luna.
I progetti delle vecchie potenze
Anche le vecchie potenze spaziali stanno facendo qualcosa di completamente nuovo. La Russia sta testando un motore nucleare che potrebbe ridurre i tempi di percorrenza verso Marte – da diciotto mesi ad appena sei settimane.
A ottobre l’Agenzia spaziale europea avvierà una missione su Mercurio. A maggio la Nasa lancerà la missione InSight, mentre la sonda Osiris-Rex raggiungerà l’asteroide Bennu ad agosto e comincerà a raccogliere campioni in vista del suo rientro sulla Terra.


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Ma il principale evento dell’anno, senza alcun dubbio, è il lancio da Cape Canaveral, negli Stati Uniti, del veicolo Falcon heavy di Elon Musk (la finestra di lancio si apre il 15 gennaio). “Sarà elettrizzante”, ha dichiarato Musk lo scorso luglio. “Esiste una concreta possibilità che non arrivi in orbita… Spero che arrivi abbastanza lontano dalla rampa di lancio da non danneggiarla. Se succedesse anche solo questo, la considererei una vittoria. La paura di non farcela è alta”.
Musk sta cercando di ridurre le aspettative, ma il suo è anche realismo. Falcon heavy lancerà nell’orbita terrestre un carico due volte e mezzo più grande di quelli lanciati durante le altre spedizioni: più di 50 tonnellate. Inoltre, il razzo principale e i due ausiliari (booster) sono concepiti per tornare sulla Terra e atterrare, per essere riutilizzati, una cosa che trasformerebbe l’economia dei lanci spaziali. Ammesso che la cosa funzioni.
È quasi sicuro che prima o poi si troverà il modo per farlo, ma siamo effettivamente di fronte a un nuovo tipo di progetto, non all’aggiornamento di uno precedente, e ci sono molti elementi in un veicolo grande come Falcon heavy che non possono essere testati a terra. L’aerodinamica è diversa, i carichi sono diversi e nessuno ha mai lanciato in orbita un veicolo dotato di 27 razzi. In questo caso vale il vecchio adagio: tutto può accadere ed è probabile che accadrà.
Ma Elon Musk è anche uno dei più grandi showman e promotori di se stesso della nostra epoca, e rimane quindi un irriducibile ottimista. A inizio dicembre ha twittato:
È facile lasciarsi trasportare dall’entusiasmo, naturalmente, ma dopo Falcon heavy verrà Space launch system, il veicolo della Nasa concepito per lanciare 70 tonnellate nell’orbita terrestre, mentre la versione successiva sarà dotata di una capacità di 130 tonnellate (anche se i suoi razzi non saranno riutilizzabili). I piani futuri di Musk prevedono il Bfr (Big fucking rocket) per andare su Marte.
È questo il tipo di veicoli che servono per affrontare dei viaggi spaziali davvero ambiziosi. Quando nel 1972 ho visto in tv l’ultimo allunaggio degli Apollo, immaginavo che razzi del genere ci sarebbero stati all’inizio degli anni ottanta (si guardi 2001: odissea nello spazio di Stanley Kubrick, uscito nel 1968, per una visione assolutamente plausibile del tipo di tecnologia che avremmo potuto avere a inizio secolo).
Invece i fondi sono stati tagliati e la guerra fredda è finita. Per quarant’anni qualsiasi iniziativa spaziale è stata messa in naftalina, se si escludono le missioni interplanetarie senza equipaggio e una Stazione spaziale internazionale nell’orbita terrestre. Ma sembra che quest’anno ci siamo rimessi in carreggiata e che arriveremo effettivamente da qualche parte. Quarant’anni buttati, ma meglio tardi che mai.
(Federico Ferrone)
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15 gennaio 2018

Ferdinando Imposimato e la sua ansia di giustizia tra i corridoi di piazzale Clodio


La morte di Ferdinando Imposimato mi ha colpito come un pugno in faccia. Ci sono persone che non pensi possano morire mai e lui era una di queste. Magistrato coraggioso, hanno ricordato tutti elencando le infinite indagini che hanno accompagnato la sua lunga vita dedicata alla giustizia, ma anche diffidente, suscettibile e talvolta iroso nel difendere le sue tesi e così prolifico da continuare a scrivere libri sui tanti misteri di cui si era occupato con l’ostinazione di chi non si rassegna a cercare la verità, andando oltre a quella sancita dalle sentenze che proprio lui aveva contribuito a scrivere. La verità giudiziaria, diceva, è fondata sulle prove, su ciò che è possibile accertare, sui responsabili che è possibile arrestare, ma poi ci sono lande inaccessibili di cui si conosce l’esistenza ma non si riescono a raggiungere. Misteri, segreti di fronte ai quali non si è mai arreso.

14 gennaio 2018

Una storia disegnata nell'aria. Per raccontare Rita che sfidò la mafia con Paolo Borsellino



Martedì 16 gennaio 2018 alle ore 20.30 presso il Teatro del Buratto in Maciachini, a Milano, va in scena lo spettacolo Una storia disegnata nell’aria. Per raccontare Rita che sfidò la mafia con Paolo Borsellino.
Milano -Un monologo toccante, profondo e potente quello di Guido Castiglia, per raccontare la storia di Rita Atria, la più giovane testimone di giustizia in Italia, morta suicida a soli 17 anni, una settimana dopo la strage di via d’Amelio, in cui perse la vita il giudice Borsellino. Uno spettacolo che fa emergere prepotentemente che al di là del silenzio complice e colpevole, dell’interesse personale a discapito di quello comune, della logica prepotente del sopruso e dell’intimidazione, nella quale Rita era immersa fin dall’infanzia, può esistere un mondo migliore, dove sia possibile respirare il fresco profumo della libertà.  
Milano -La storia di Rita Atria è emblematica, è una storia nella quale emerge forte il desiderio di affermare una realtà libera da veti e mutismi, da intimidazioni velate e soprusi subiti. Lo spettacolo racconta di Rita, dei suoi tatuaggi emotivi, della sua voglia di vivere e della sua capacità di trasformare, grazie all’aiuto di Paolo Borsellino, il sentimento di vendetta in senso di giustizia. 
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13 gennaio 2018

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 12 gennaio 2018


Rete Voltaire
Focus
 Damasco (Siria) |
Da una decina di anni in qua, gli Stati Uniti sono prigionieri della loro contraddizione di fronte all'Islam. Da un lato, pensano a se stessi come alla terra della libertà religiosa, dall'altro utilizzano i Fratelli Musulmani per destabilizzare il Medio Oriente allargato, e da un altro lato ancora lottano contro lo straripamento del terrorismo islamico fuori da questa regione. Hanno vietato qualsiasi ricerca che consenta di distinguere l'Islam in quanto religione dalla sua manipolazione a fini politici. Dopo aver rotto con il terrorismo dei Fratelli Musulmani, Donald Trump ha deciso di riaprire questo dossier, rischiando di provocare delle violenze nel suo stesso paese. Perché negli Stati Uniti la libertà di praticare l'Islam non implica la libertà di entrare in (...)




In breve

 
Analisi dei droni che hanno attaccato Hmeimim
 

 
Cosa succede in Iran?
 

 
Israele e Iran sfruttano insieme l'oleodotto Eilat-Ashkelon
 

 
Cosa sta accadendo in Giordania?
 
Controversie

 
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Ferdinando Imposimato - Vaccini Obbligatori: Atto Illegittimo, che Viola la Libertà dei Cittadini!

12 gennaio 2018

Mobilità, arriva la rivoluzione elettrica


Quale sarà l'impatto di questa "rivoluzione"? E cosa comporterà a livello di costi di gestione della rete elettrica la graduale conversione del parco auto in mezzi a emissioni zero?
ANDREA BERTAGLIO

La rivoluzione elettrica è iniziata. Piaccia o meno, infatti, nel corso dell'ultimo paio di anni si è avviata una serie di dinamiche che, dopo lunghe attese da parte degli addetti del settore, stanno smuovendo le acque come mai prima a livello di mobilità green, nuove infrastrutture e percezione del pubblico della necessità di ridurre l'inquinamento atmosferico. Tanto che nel terzo trimestre del 2017 le auto elettriche e le ibride plug-in vendute sono state circa il 63% in più rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente. E così temi o fenomeni fino a poco tempo fa riservati ai soli appassionati come l'auto e la moto elettrica, le Smart Grid o le Smart City sono finalmente sulle prime pagine dei giornali, protagonisti nelle fiere e ormai parte dell'immaginario collettivo. Ma quale sarà l'impatto di questa "rivoluzione"? E cosa comporterà a livello di costi di gestione della rete elettrica la graduale conversione del parco auto in mezzi a emissioni zero?
Se lo sono chiesto soprattutto in California, stato che da solo ospita più della metà dell'intero parco EV Usa (secondo mercato globale, dopo la Cina): il boom di veicoli elettrici avrà effetti negativi sui costi per la collettività nella gestione di rete elettrica e infrastrutture, o nell'applicazione di trasformatori e condensatori? Secondo alcuni studi e ricerche, la risposta è un secco "no". Come riportato in un approfondimento della rivista specializzata CleanTechnica, infatti, senza accorgimenti per una maggiore efficienza energetica un'auto elettrica può far aumentare di un terzo (33%) i consumi di corrente una famiglia, ma ciò non significa che le performance della rete vengano penalizzate. Al contrario, rappresenta un'opportunità di miglioramento per l'intero sistema.
In realtà lo ha rivelato già nel 2014 una rigorosa analisi guidata dalla California Public Utilities Commission con cui, sempre sulla West Coast, si sono stimati gli impatti sulla rete elettrica di una larga diffusione di veicoli elettrici: i costi per l'aggiornamento della rete di distribuzione locale sarebbero "sorprendentemente bassi", spiegano i ricercatori. Anche ipotizzando di ritrovarsi nel 2030 con una diffusione molto più elevata di auto e moto elettriche, ad esempio 7 milioni di veicoli (un quarto di tutti quelli immatricolati), i costi per le infrastrutture di distribuzione sarebbero solo l'1% del budget annuale delle utility. Non solo, secondo questo studio sempre entro il 2030 l'adozione di veicoli elettrici porterebbe a benefici per addirittura 3,1 miliardi di dollari, derivanti da numerosi fattori fra cui ad esempio l'acquisizione di crediti d'imposta federali, i risparmi di carburante e i crediti di carbonio della California nel mercato delle emissioni.
E in Italia, cosa ne pensano gli esperti del settore? Secondo il Tesla Club Italy, ormai punto di riferimento sui temi legati alla mobilità elettrica, non è affatto vero che se tutti avessero auto elettriche la rete non reggerebbe. "Da una parte perché i consumi di elettricità negli ultimi anni si sono talmente ridotti che prima di tornare ai livelli passati ci vorrà un po' di tempo; dall'altra perché anche le reti e le infrastrutture si fanno sempre più efficienti, e intelligenti (avrete sicuramente sentito parlare di Smart Grid)", scrive il Club in un articolo sui 5 falsi miti sulle auto elettriche: "E infine, perché le auto elettriche da sole non basterebbero ad aumentare così tanto i consumi da fare collassare le reti elettriche nazionali."
Altra voce autorevole a livello di mobilità elettrica nel panorama italiano è sicuramente Energica Motor, dal 2019 fornitore unico del Motomondiale per la nuova Moto-e, versione elettrica della MotoGP. Fresca di presentazione del suo nuovo modello Eva EsseEsse9, di vittoria con la Ego di "migliore moto elettrica del mondo" e di vari riconoscimenti fra cui il "Premio Innovazione amica dell'ambiente" di Legambiente, la casa modenese non vede la diffusione della mobilità elettrica come un problema. "Dal punto di vista tecnico la rete è ben in grado di sopportare quello che potrebbe essere un impatto su larga scala dei veicoli elettrici, anche perché seppure la diffusione degli EV stia aumentando esponenzialmente stiamo parlando di un processo graduale", spiega Giampiero Testoni, direttore tecnico (CTO) di Energica: "Non ci saranno da oggi a domani 2 miliardi di veicoli elettrici da caricare contemporaneamente. Inoltre, l'80% delle volte una moto o un'auto elettrica vengono ricaricate nelle ore notturne, quando i consumi sono al minimo. E oggi si sta lavorando per far sì che, grazie alle Smart Grid, i veicoli anche se collegati in gran numero durante il giorno possano funzionare come battery storage units, e quindi supportare la rete, invece di sovraccaricarla".
Lo sviluppo della mobilità elettrica deve andare quindi di pari passo con quello delle reti intelligenti, capaci di minimizzare sprechi, picchi, sovraccarichi e variazioni di tensione. Ma anche delle rinnovabili, senza cui la mobilità elettrica non si può dire veramente sostenibile. Un'ampia diffusione di auto, moto e camion elettrici, insomma, oltre a rappresentare un'importante opportunità per il sistema dei trasporti e quello infrastrutturale nel loro complesso può e deve contribuire alla totale conversione in chiave green del settore elettro-energetico. Il che andrebbe anche a levare ai detrattori dell'elettrico il principale argomento: quello per cui l'inquinamento atmosferico, con i veicoli elettrici, si sposta dalle città alle centrali, ma non si elimina.
"Con la crescita di una ramificata rete di ricarica il motore endotermico non ha proprio più senso, né a livello di costi di produzione e distribuzione dell'energia stessa, né per quanto riguarda l'inquinamento." spiega Livia Cevolini, amministratore delegato (CEO) di Energica Motor Spa: "Secondo lo studio belga Life Cycle Analysis of the Climate Impact of Electric Vehicles condotto dall'Università di Bruxelles Vrije, i Battery Electric Vehicle hanno un impatto significativamente minore sui cambiamenti climatici e sulla qualità dell'aria urbana, rispetto ai veicoli convenzionali."
"L'opportunità più importante per migliorare l'impatto dei BEV risiede nella scelta di energie rinnovabili per ricaricarli. Tuttavia la sostenibilità, aggiunge la ricerca, è in ogni caso positiva anche in situazioni svantaggiose come la Polonia, dove sebbene i veicoli elettrici utilizzino un mix di fornitura con le più alte emissioni di gas serra, queste sono ancora inferiori del 25% rispetto ad un veicolo diesel di riferimento", aggiunge Livia Cevolini. E per quanto riguarda le rinnovabili in Italia? "La situazione è molto favorevole rispetto ad altri Paesi: ad oggi il nostro energy mix è fra i migliori al mondo, e l'energia prodotta proviene già per oltre il 40 percento da fonti rinnovabili. Questo è dovuto a molteplici fattori, e rappresenta di sicuro una grande opportunità per l'Italia. Anche di cambio di mentalità".
Tra i molteplici fattori elencati dall'ingegnere modenese c'è la presenza nel nostro Paese di Enel, ad oggi primo operatore globale di rinnovabili, da diversi anni molto concentrato sullo sviluppo della mobilità elettrica. In effetti, i suoi sforzi per contribuire allo sviluppo di infrastrutture che ne permettano un pieno sviluppo sono stati notevoli, e con un investimento fra i 100 e i 300 milioni di euro punta a passare dalle attuali 930 colonnine di ricarica sul territorio italiano ad almeno 14mila entro il 2022. E tutto ciò, chiediamo anche al colosso dell'energia, non porterà a maggiori costi per gli utenti o a problemi per la rete elettrica? "È esattamente il contrario", spiega Francesco Venturini, Head of Global e-Solutions di Enel S.p.A: "In un mondo in cui le rinnovabili faranno da padrone, sia per motivi ambientali che di costo, in cui la digitalizzazione dematerializza l'importanza di chi possiede l'asset e permette che lo stesso asset abbia più funzioni, per rendere la rete più efficiente e quindi meno costosa le auto elettriche giocano un ruolo fondamentale". In pratica, i veicoli elettrici possono essere visti "come batterie su quattro ruote che prendono energia ma che la ridanno al sistema quando il sistema la richiede", aggiunge Venturini: "Gli EV democratizzano la rete, non il contrario".

@AndreaBertaglio

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