Washington intente approfittare della vittoria russa in Ucraina per annettere Leopoli alla Polonia, come già accadde dopo la prima guerra mondiale. All’epoca, in seguito a una breve guerra fra ucraini e polacchi per il controllo della Galizia nel contesto del disfacimento dell’impero austroungarico, la Conferenza di Pace di Versailles e la Società delle Nazioni decisero di annettere amministrativamente per 25 anni la Galizia alla Polonia e d’indire in seguito un referendum di autodeterminazione.
Lo scopo era rafforzare la Polonia per irrobustire lo sbarramento all’ideologia sovietica.
Era in Donbass. Documentava le sevizie ai civili durante gli scontri fra esercito e indipendentisti filorussi- Un dossier e un video di Ossigeno
Otto anni fa, il 24 maggio del 2014, il fotoreporter Andrea Rocchelli (Andy, per i suoi amici) fu ucciso nel Donbass, nei pressi di Sloviansk, colpito dai mortai in dotazione all’esercito ucraino che difendevano una collina contesa dagli indipendentisti filorussi.
Andrea aveva trentuno anni. All’inizio del 2014 era andato in Ucraina per documentare gli scontri nelle piazze (“Euromaidan” saranno poi chiamati), scontri che avevano scosso l’Ucraina. Una volta lì, aveva scoperto che oltre alle proteste nelle piazze riferite dalle principali testate giornalistiche internazionali, vi erano altre storie importanti che non venivano raccontate: gli scontri armati fra esercito ucraino regolare e indipendentisti filorussi. Questi combattimenti mettevano la popolazione civile in terribili condizioni di pericolo.
L’ATTACCO – Anche quel 24 maggio 2014 era andato con un taxi, a verificare le condizioni dei civili presi fra due fuochi nei pressi di Sloviansk. Era insieme a due suoi colleghi e amici: il fotoreporter francese William Roguelon e l’attivista e giornalista russo Andrej Mironov. Arrivarono ai piedi della collina Karachun. Erano appena scesi dal taxi quando furono raggiunti da ripetuti colpi di mortaio che li colpirono. Andrea Rocchelli e Andrej Mironov persero la vita.
Sul tavolo della 76esima assemblea generale della Cei, oggi in chiusura, c’è un dossier che scotta, quello degli abusi nella Chiesa. Sarà proprio questo il nodo gordiano che il neopresidente dei vescovi, il cardinale Matteo Maria Zuppi, salutato come l’emblema del cambiamento, sarà chiamato ad affrontare. Infatti, mentre nel mondo cattolico deflagra lo scandalo della violenza sui bambini e sulle religiose, in Italia dai vescovi ancora non arriva una chiara ammissione di responsabilità, né tantomento la determinazione a fare chiarezza, aprendo gli archivi vaticani e dando il via a una radicale operazione di trasparenza che finalmente renda giustizia alle vittime.
Stavolta, però, non basteranno le solite generiche dichiarazioni sulla lotta alla pedofilia nelle parrocchie, come ha fatto lo stesso ex presidente Gualtiero Bassetti nel suo discorso introduttivo ai lavori dell’assemblea, quando ha ripetuto che la Cei conferma il suo impegno per la tutela dei minori e la promozione di «una migliore conoscenza del fenomeno degli abusi per valutare e rendere più efficaci le misure di protezione e prevenzione».
“Agnus Dei. Gli abusi sessuali del clero in Italia”. Si intitola così un saggio prossimamente in uscita con la casa editrice Solferino a firma di Lucetta Scaraffia, Anna Foa e Franca Giansoldati, mentre la Conferenza episcopale italiana affronta la questione nella sua assemblea plenaria della prossima settimana. “Negli ultimi decenni gli abusi sessuali del clero sono stati occasione di scandalo in quasi tutti i paesi cattolici, che hanno avviato inchieste indipendenti per misurare l’ampiezza del problema”, si legge in una nota dell’editore. “Solo in Italia e in Spagna le conferenze episcopali si rifiutano di collaborare, all’interno di una Chiesa in cui l’abuso e’ tuttora considerato una trasgressione del sesto comandamento senza tuttavia che il diritto canonico ne consideri l’effetto e le conseguenze per le vittime”.
Allarme “VAIOLO” proveniente dalle scimmie in Italia e anche nel mondo.
E’ l’ennesimo SOS che tormenta i mesi del post pandemia da Covid-19, cui si sono immediatamente, da due mesi e mezzo, aggiunti drammi e paure per una guerra che bussa alle porte, con tutti i rischi (non solo per la salute, ma anche economici e sociali) correlati.
Ma – guarda caso – il Neo Profeta di tutte le Sciagure, l’ex re dell’informatica a bordo di ‘Microsoft’, Bill Gates, aveva già previsto tutto, ed organizzato qualche mese fa, a novembre 2021, un super meeting nel Regno Unito, in collaborazione con uno dei più importanti think tank a livello internazionale, ‘Policy Exchange’.
E proprio nel corso dell’evento maximo, che si svolse il 4 novembre, Gates si dichiarò a favore della creazione, in tempi brevissimi, di una task force internazionale sulla pandemia, da finanziare subito, cash, con 1 miliardo di dollari all’anno.
E sapete quale era il vero obiettivo, secondo il Verbo del nuovo profeta di tutti i Vaccini, in sella alla ‘Bill & Melinda Gates Foundation’?
I governi, tutti i governi devono rimboccarsi le maniche e affrettarsi ad investire in ‘Ricerca e Sviluppo’ per prepararsi a fronteggiare le pandemie del futuro, più che prossimo: in pole position, quella del VAIOLO (avete letto bene), l’arma del nuovo terrorismo internazionale.
Thierry Meyssan interrompe la serie di articoli sulla guerra in Ucraina
per consegnare al lettore alcune riflessioni sull’evoluzione della guerra
sotto l’aspetto umano. La fine del capitalismo industriale e la
globalizzazione degli scambi trasformano non soltanto le nostre società e
il nostro modo di pensare, ma anche la valenza di ogni attività umana,
guerre comprese.
In Europa, eccetto che in Jugoslavia, la pace regna dalla fine della
seconda guerra mondiale, ossia da 77 anni. Per gli europei la guerra
era ricordo lontano, ed ecco che con orrore la riscoprono in
Ucraina. Gli africani della regione dei Grandi Laghi, poi gli
abitanti della ex Jugoslavia, poi i mussulmani, dall’Afghanistan
alla Libia, passando per il Corno d’Africa, li osservano con
disgusto: per lunghi decenni gli europei hanno ignorato le loro
sofferenze e li hanno accusati di essere responsabili delle proprie
disgrazie.
Secondo alcuni la guerra di Ucraina è iniziata con il nazismo;
secondo altri, otto anni fa; nella coscienza degli Occidentali dura
da appena due mesi. Prendono atto solo in parte delle sofferenze
causate dalla guerra, tuttora incapaci di percepirne tutti gli
aspetti. Soprattutto, erroneamente, interpretano la guerra attuale
basandosi sull’esperienza dei bisnonni e non su quanto vivono
personalmente.
Nel mese di febbraio 2022 Pietro Orlandi e l’avvocato Laura Sgrò hanno fatto consegnare in modo riservato, una lettera a Papa Francesco nella quale si sostiene di essere venuti a conoscenza di alcune informazioni che possono aiutare ad arrivare alla verità sulla vicenda di Emanuela Orlandi e che vorrebbero condividerle con lui.
Il mese successivo, in maniera altrettanto riservata e per un certo verso addirittura inaspettata, in una missiva, il vaticano risponde che tali nuove informazioni devono essere condivise con i Promotori di Giustizia Prof. Gian Piero Giuseppe Milano e Prof. Alessandro Diddi ai quali, ma questo è stato partecipato confidenzialmente a Pietro Orlandi, è stata consegnata dal papa, una certa “documentazione su Emanuela”.
Volontà diretta avviata da Papa Francesco per cercare di chiudere la vicenda che ormai tanto imbarazza il vaticano e che, a dispetto dei quasi trentanove anni dalla scomparsa di Emanuela ancora tiene banco?