29 maggio 2021

Un anno intero senza più Giulietto Chiesa: e che anno

Giulietto Chiesa

Un anno intero, senza Giulietto Chiesa: e che anno. Brutalizzati da un potere sbrigativo e di colpo palese, scoperto, sfrontato. Tutti rinchiusi in casa, trattati come bestie. Interi settori dell’economia distrutti, la socialità azzerata grazie al terrorismo mediatico-sanitario. Popolazioni destabilizzate e portate sull’orlo della follia, disinformate in modo aggressivo e violento. I portavoce della catastrofe impegnati a terrorizzare il pubblico in televisione, a reti unificate, e gli eretici reietti completamente silenziati, isolati, ostracizzati, insultati e diffamati, demonizzati come criminali anche se medici, avvocati, magistrati, scienziati Premi Nobel. Il mondo capovolto: la bugia al potere, e la verità sfrattata come mai prima, nella storia. Il tutto, in un silenzio spaventoso dove a pesare è l’omertà di chiunque abbia un po’ di visibilità, e ha scelto di tacere. Tacere su cosa? Sull’evidenza: si incarcerano intere nazioni sulla base di una patologia virale perfettamente curabile da casa, ma presentata come inaffrontabile per gonfiare all’infinito i numeri dell’emergenza, onde imporre – anche col ricatto – la vaccinazione universale perpetua, oltre naturalmente ai diktat grotteschi di un regime che cancella diritti e libertà, mentre blatera di Green Deal e di riconversione ecologica per sudditi obbedienti.

«Ce l’hanno con noi: ci hanno dichiarato guerra». Giulietto Chiesa non ha fatto in tempo a vederne l’esplosione definitiva, ci ha lasciati quando ancora i medici non avevano finito di capire con che cosa avessero davvero a che fare. Però la guerra – quella dei pochissimi contro tutti gli altri – Giulietto l’aveva vista arrivare, eccome: sotto forma di conflitti imperialistici, di terrorismo fatto in casa, di manipolazione finanziaria a scopo predatorio, a danno di intere comunità nazionali. Da giornalista (già comunista, e vicino alla Russia) l’ex corrispondente de “L’Unità”, della “Stampa” e del “Tg5″ aveva sempre fiutato, con largo anticipo, le direttrici delle faglie sotterranee che avrebbero terremotato il mondo, sotto la sferza di un’élite a vocazione totalitaria e ormai incontenibile, dopo il crollo geopolitico dell’Urss. Fu il primo, in Italia – nel saggio “La guerra infinita”, immediato bestseller eppure mai recensito sui giornali – a denunciare come interamente falsa, la versione ufficiale sugli attentati dell’11 Settembre. Avvertimento esplicito: se esistono poteri capaci di tanto, prepariamoci pure al peggio. Gli costò caro, quel libro: Giulietto Chiesa fu letteralmente espulso dai salotti del mainstream, trattato come un pericoloso pazzo visionario.

28 maggio 2021

Gli alleati dovranno morire per Kiev? di Thierry Meyssan


La popolazione ucraina è divisa: una parte appartiene alla cultura europea, l’altra a quella russa. Una specificità che offre a Washington un campo su cui scontrarsi con Mosca. Da qualche settimana risuonano i tamburi di guerra. Ma gli alleati non desiderano morire per Kiev, né sacrificarsi contro la Russia.

Le forze armate USA

I nemici degli anglosassoni:

1 - Il nemico storico: i russi. Li considerano persone spregevoli, destinate, dopo Ottone I (X secolo), alla schiavitù, come il nome stesso dell’etnia dice (la cui denominazione deriva dall’inglese slave, che significa anche schiavo). Nel XX secolo gli anglosassoni si opponevano all’URSS, prendendo a pretesto il comunismo, ora sono contro la Russia, senza conoscerne la ragione.

2 - Secondo avversario, da loro stessi creato con la “guerra senza fine”, scatenata dopo l’11 settembre 2001: le popolazioni del Medio Oriente Allargato, di cui distruggono sistematicamente le strutture statali – che siano alleati o avversari non fa differenza – per «rispedirle all’età della pietra» e sfruttare le ricchezze dei loro territori (strategia Rumsfeld/Cebrowski).

3 - Terzo avversario: la Cina, il cui sviluppo economico minaccia di relegarli in seconda posizione. Per loro non c’è che un’opzione: la guerra. Perlomeno è quanto pensano i politologi, che parlano persino di “trappola di Tucidide”, in riferimento alla guerra che Sparta mosse ad Atene, spaventata dalla sua espansione [1].

4 - Seguono, benché a lunga distanza, le questioni dell’Iran e della Corea del Nord.

Questo quanto ribadiscono ripetutamente, da angolazioni diverse, la Strategia interinale della Sicurezza Nazionale di Joe Biden [2] e la Valutazione annuale dei rischi [3] della Intelligence Community.

27 maggio 2021

STRAGE DI STATO / PARLA IL GIUDICE ANGELO GIORGIANNI


Sta facendo non poco discutere il fresco di stampa “Strage di Stato – Le verità nascoste della Covid-19”, scritto dal magistrato Angelo Giorgianni e dal medico Pasquale Bacco, animatori dell’associazione ‘L’Eretico’.

A far discutere è soprattutto il nome dell’autore della prefazione, nientemeno che il procuratore capo a Catanzaro, Nicola Gratteri, sempre in prima linea nell’azione di contrasto alla ‘ndrangheta e per accendere riflettori sulle connection mafia-politica-imprese.

Il libro di Giorgianni e Bacco, che vediamo in apertura (fotomontaggio di Byoblu)

Gli attacchi a Gratteri sono stati scatenati in particolare dai fondi al vetriolo di Giuliano Ferrara su ‘il Foglio’, che lo accusa di ‘negazionismo’ e praticamente di militanza ‘no vax’.

Ecco cosa risponde Giorgianni, 66 anni, giudice presso la Corte d’Appello di Messina, un’altra vita da magistrato di trincea, ora impegnato anche sul fronte di vaccini & pandemia.

“Siamo stati bollati come due dei peggiori negazionisti del Covid, antivaccinisti e diffusori di pericolose fake news. E il mio collega Gratteri è stato attaccato: solo per aver accettato di firmare la prefazione del libro gli è stato appioppato l’epiteto di negazionista. Basta, ora querelo”.

“Non mi sono vaccinato e non mi vaccinerò, ma non voglio essere definito un no vax”.

“Questi vaccini allo stato attuale non hanno subìto una sperimentazione adeguata, hanno necessità di approfondimenti. Non ritengo che ci sia la fretta di adottare un vaccino che ancora ha la necessità di approfondimenti. Tanto è vero che l’EMA ha detto di aggiornare il bugiardino, il che vuol dire che le persone devono capire quali sono le controindicazioni a cui si può andare incontro, poi ognuno fa le sue scelte. Io mi rifiuto di pensare che uno possa essere bollato come ‘no vax’ solo perché proclama prudenza”.


26 maggio 2021

LA SVEZIA VERSO L’ADDIO AI TEST PCR COME DIAGNOSI COVID19 [feedly]


Guida sui criteri per la valutazione dell’assenza di infezioni in covid-19

L’Agenzia svedese per la sanità pubblica ha sviluppato criteri nazionali per valutare l’assenza di infezioni nel covid-19.

La tecnologia PCR utilizzata nei test per rilevare i virus non è in grado di distinguere tra virus in grado di infettare cellule e virus che sono stati neutralizzati dal sistema immunitario e pertanto questi test non possono essere utilizzati per determinare se qualcuno è contagioso o meno. L’RNA dei virus può spesso essere rilevato per settimane (a volte mesi) dopo la malattia, ma non significa che sei ancora contagioso. Esistono anche diversi studi scientifici che suggeriscono che l’infettività di covid-19 è massima all’inizio del periodo della malattia.

25 maggio 2021

Pietro Orlandi: “Ho lo scambio di messaggi tra due persone vicine al Papa, ma il Vaticano non mi convoca”.

Nuovo duro intervento da parte di Pietro che continua a sostenere che all’interno del Vaticano non ci sia l’intenzione di andare a fondo sulla scomparsa della sorella. “Ci sono due persone molto vicine a Papa Francesco che usano telefoni riservati della Santa Sede e io ho un loro scambio di messaggi: parlano di documenti su Emanuela. Quando noi chiedevamo i documenti ci dicevano che non c’è nulla: non è vero” e nessuno ha convocato Pietro Orlandi per capire di cosa si tratta.

La trasmissione di approfondimento di La7, Atlantide, condotta da Andrea Purgatori nella puntata del 12 maggio 2021 si è occupata dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II e del caso OrlandiOspite in studio Pietro Orlandi e in collegamento l’avvocatessa Laura Sgrò.

...segue: emanuelaorlandi.altervista.org

24 maggio 2021

Kazari ashkenaziti, l’ebraismo asiatico su cui Israele tace

Lupo

C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.

Le fonti collocano l’origine della tradizione ebraica in Medio Oriente, in Palestina, in parte anche in Egitto. Ci sono connessioni dirette tra il popolo ebraico e figure come il faraone Akhenaton e personaggi come Mosè. E’ stata invece volutamente occultata l’origine storica di quella grande parte dell’ebraismo che appartiene alla cultura ashkenazita. Le origini non risalgono all’area siro-palestinese (il Regno di Giudea), ma ad un’area geografica diversa e distante, identificabile con il territorio di quello che è storicamente conosciuto come l’Impero Kazaro. Numerose le fonti: cronache arabe, persiane, bizantine e russe (Principato di Kiev). E’ un argomento raramente studiato, cui si tende a non dare risalto, anche per una serie di ragioni politiche. L’Impero Kazaro si sviluppò in un’aera che va dal Caucaso all’odierna Ucraina, la Crimea, le steppe del Kazakhstan e l’Uzbekistan settentrionale: un territorio vastissimo. Trae origini dalle migrazioni di una serie di popoli che, nei primi secoli della nostra era, abitavano l’area della cosiddetta Asia Centrale.

21 maggio 2021

Le sconvolgenti dichiarazioni di una infermiera del reparto di terapia intensiva Covid


Ho avuto la possibilità di conoscere e intervistare Maria Maddalena, un'infermiera che lavora nel reparto di Terapia intensiva Covid. Il nome ovviamente è inventato per mantenere la privacy, ma le cose che afferma sono importanti e decisamente inquietanti.

D) Grazie Maria per aver accettato l'intervista, soprattutto perché sta rischiando molto. In che reparto sta lavorando?
R) Attualmente sto lavorando in Terapia intensiva Covid. Ciò significa prendersi cura di persone con gravi insufficienze respiratorie, in pratica con polmoniti da Covid, spesso anche con la complicanza dell’embolia polmonare. Le persone non riescono a respirare da sole in modo efficace sfruttando l’ossigeno normalmente presente nell’aria: i loro polmoni sono talmente infiammati che hanno bisogno di alte percentuali di ossigeno che venga “sparato” a viva forza nei loro polmoni tramite l’ausilio di occhialini ad alto flusso, maschere e caschi ad alta pressione. Tutti questi presidi funzionano grazie all’utilizzo di un ventilatore che invia la miscela di aria e ossigeno in modo personalizzato e continuo. In caso di progressione della malattia, queste ventilazioni non invasive possono non essere più sufficienti perchè il polmone non riesce più a scambiare correttamente O2 e CO2 affaticando e scompensando il paziente. Si rende allora necessaria l’intubazione orotracheale. Il paziente viene sedato ed intubato con un tubo che dalla bocca arriva in trachea, collegato al ventilatore, che provvede ad effettuare per suo conto i movimenti respiratori e a scambiare aria e O2 necessari alla saturazione ottimale. Da quel momento il paziente viene monitorato ed assistito in tutte le sue necessità fisiche ed emodinamiche attraverso un controllo continuo intensivo e variazioni di farmaci e ventilazione vengono effettuate in tempo reale in base ai parametri vitali.

D) Cosa vuol dire personalmente e professionalmente lavorare in un reparto covid?