20 aprile 2021

Hunter Biden ammette ciò che i servizi segreti USA avevano negato


Hunter Biden, figlio del presidente degli Stati Uniti, durante un’intervista di CBS, trasmessa il 4 e 5 aprile in occasione della pubblicazione del suo libro, Beautiful Things, ha ammesso che un suo computer personale fu sequestrato dall’FBI.

L’informazione era stata pubblicata in piena campagna presidenziale dal New York Post. Il quotidiano aveva anche rivelato il contenuto di diversi file comprovanti una vasta vicenda di corruzione [1].

Il presidente Donald Trump, che aveva chiesto all’Ucraina d’indagare su queste affermazioni, era stato accusato di strumentalizzare la propria posizione a fini politici.

L’ex direttore dell’intelligence nazionale, James Clapper, l’ex direttore della CIA, John Brennan, nonché il suo successore, Michael Morell, avevano denunciato una «disinformazione russa». I media statunitensi e internazionali non avevano osato riprendere le informazioni del Post, che oggi l’interessato conferma.

Clapper, Brennan e Morell hanno tutti lavorato per il presidente Barack Obama e per Hillary Clinton.

Traduzione
Rachele Marmetti
Giornale di bordo
www.voltairenet.org

19 aprile 2021

JOE BIDEN / ALTRO CHE TRUMP! ECCO STRANAMORE


Solo pochi mesi fa si narrava del pazzo Trump capace di premere il pulsante della guerra atomica.

Adesso, a due mesi dal suo insediamento sulla poltronissima della Casa Bianca, Joe Biden dà di matto e fornisce performance come perfetto dottor Stranamore.

Da autentico gangster sbronzo le parole pronunciate nei confronti di Vladimir Putin, che replica con garbo, ridicolizzando l’avversario.

Da noi tutti genuflessi davanti al capo Usa che dà i numeri.

A cominciare dal super politologo d’Oltreoceano, Federico Rampini, che nel salotto serale di Barbara Palombelli trova legittime e giuridicamente corrette le espressioni da bar di periferia mafiosa griffate Biden. “Si riferiva al caso Navalny”, minimizza il bretellato.  Ovvero il pupazzo manovrato dagli Usa, miracolosamente guarito dopo il tremendo veleno somministratogli dagli 007 russi, agenti segreti che più sgarrupati non si può.

Secondo altri, quel ‘killer’ affibbiato dal capo senza capo Usa si riferiva alle super-presunte interferenze russe per le ultime presidenziali. Un Russiagatebis, ottimo e abbondante per distrarre gli americani dai crimini quotidiani perpetrati con ben maggior virulenza dalla nuova amministrazione statunitense: Yemen, Siria (festeggiano i 10 anni, gli yankee), Afghanistan (si brinda per i 20 anni) dove le truppe d’occupazione militare – secondo l’accordo firmato da Donald Trump – dovrebbero cominciare a sloggiare dal primo maggio, ma non lo faranno certo, secondo la nuova dottrina Biden. La quale sta aprendo tutti i fronti possibili di guerra, dando fuoco alle polveri, dalla Russia alla Cina e a tutto il sempre più bollente calderone mediorientale.

E ad appena 24 ore dalle vergognose parole pronunciate contro il capo del Cremlino, Biden fa subito capire quale sarà “il prezzo da pagare”, tanto per cominciare.

In tempo reale, infatti, il Dipartimento di Stato Usa minaccia di sanzioni tutte le società coinvolte nella costruzione del Nord Stream 2 a meno che non abbandonino subito il lavoro.

Una strategica infrastruttura che l’amministrazione Usa non riesce a digerire, perché attraverso la fornitura di gas consolida i rapporti economici e non solo tra Russia ed Europa, a cominciare dalla Germania.

Significative le parole del neo Segretario di Stato, Anthony Blinken: “Il Dipartimento ribadisce il suo avvertimento che qualsiasi entità coinvolta in Nord Stream 2 è a rischio di sanzioni statunitensi e deve abbandonare immediatamente i lavori sul gasdotto”.

Il Dipartimento del Tesoro ha già incluso in due elenchi di sanzioni – tanto per fare un esempio eclatante – la russa ‘Fortuna’, nave posatubi impegnata nella realizzazione del gasdotto, nonché il suo proprietario, la società KVT-RUS.

16 aprile 2021

DAL MEMORANDUM 200 AI GIORNI NOSTRI. OLTRE MEZZO SECOLO DI FALLIMENTI DELL’INGEGNERIA DEMOGRAFICA


Sappiamo oramai che malthusianesimo e depopolazionismo sono state e sono ancora fra le linee guida del pensiero politico di certe élite occidentali da più di un secolo. Lo si vede nel sostegno, da parte del capostipite della dinastia petro-finanziaria Rockefeller1, all’organizzazione abortista e di controllo delle nascite denominata Planned Parenthood Federation, fondata dall’attivista M. Sanger negli anni ‘10 del Novecento. Lo si evince nell’adesione dei socialisti aristocratici della Fabian Society, ben inseriti per generazioni nei circuiti internazionali che contano e nell’industria culturale, a idee di malthusianesimo e riduzione pianificata della popolazione (Bertrand Russell, H.G. Wells, Bernard Shaw, Julian Huxley, primo segretazione dell’Unesco, perfino John M. Keynes).

Che questa linea di pensiero, risultante in un misto di malthusianesimo, darwinismo sociale e positivismo, fosse dettata da reali preoccupazioni di gestione del rapporto fra popolazione e risorse (assai poco allarmante nella seconda metà del XIX secolo, agli albori movimento fabiano) o da posizioni piuttosto ideologiche di natura elitista ed eugenetica, oltre a un sincero disprezzo razzista verso le classi inferiori tanto evidente in scrittori come H.G. Wells, e Aldous Huxley, fratello dello stesso Julian, è cosa che sicuramente meriterebbe una certa riflessione. Molto più banalmente, poteva essere la risposta alla crescita di consapevolezza, numero, e organizzazione delle classi proletarie e sottoproletarie, da parte delle centrali del potere oligarchico che nella crescita numerica delle classi sottoposte potevano vedere una minaccia sociale, politica e financo militare alla propria egemonia, fuori dalla portata della loro capacità di controllo e cooptazione del movimento operaio. Un preciso calcolo degli equilibri di forza fra alto e basso, potrebbe essere stato il nucleo pragmatico del pensiero distopico dei depopolazionisti oligarchici, la ricerca di un punto di ottimo fra la richiesta di una massa industriale di riserva (oggi sempre più inutile) e quella di un limite al numero dei sottoposti, cioè maggiore probabilità di controllo in caso di rivolte, minore richiesta di sussidi di povertà e disoccupazione. Questa marca di fabbrica utilitarista troverebbe conferma nell’ampio accoglimento che questa metafisica sociale ha riscosso specificamente in area anglosassone.

15 aprile 2021

SUL CONTENUTO DEL LAPTOP DI HUNTER BIDEN


Jack Maxey dice a LifeSite che il laptop fornisce una “visione oscura” della pressione che la famiglia Biden stava esercitando su Hunter per essenzialmente “monetizzare l’ufficio di Joe Biden”.

Jack Maxey, ex co-conduttore di War Room di Steve Bannon, racconta delle sue ricerche sul laptop Hunter Biden.

Nei mesi che circondano le elezioni e in seguito, mentre molti attuali ed ex leader di governo negli Stati Uniti stavano etichettando come “FALSE” le informazioni contenute nel laptop, Maxey, Rudy Guiliani e molti altri hanno spinto fuori la verità sulla corruzione nella famiglia Biden. Maxey dice che, sebbene i contenuti siano stati bollati come falsi e siano stati persino chiamati “disinformazione russa”, il laptop è stato confermato come “100% reale” da “diversi agenti della CIA… un ex appaltatore della NSA, e esperti di sicurezza informatica. “

14 aprile 2021

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 13 aprile 2021

Rete Voltaire
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In breve

 
Il Donbass in pericolo
 

 
L'associazione che vuole giudicare al-Assad è una truffa
 

 
Mosca propone allo Hezbollah di aprire una rappresentanza in Russia
 

 
Rivolte unioniste in Irlanda del Nord
 

 
La guerra navale tra Israele e Iran
 

 
Hunter Biden ammette ciò che i servizi segreti USA avevano negato
 

 
La moschea centrale di Madrid finanziava Al Qaeda
 
Controversie
 
 

 
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Perché la Nato dieci anni fa demolì la Libia, di Manlio Dinucci


Sebbene il Pentagono avesse già avviato la distruzione sistematica delle strutture statali dei Paesi del Medio Oriente Allargato, soltanto l’urgenza finanziaria spiega che sia toccato anche alla Libia, all’epoca alleata di Washington.

Dieci anni fa, il 19 marzo 2011, le forze Usa/Nato iniziano il bombardamento aeronavale della Libia. La guerra viene diretta dagli Stati Uniti, prima tramite il Comando Africa, quindi tramite la Nato sotto comando Usa. In sette mesi, l’aviazione Usa/Nato effettua 30 mila missioni, di cui 10 mila di attacco, con oltre 40 mila bombe e missili. L’Italia – con il consenso multipartisan del Parlamento (Pd in prima fila) – partecipa alla guerra con 7 basi aeree (Trapani, Gioia del Colle, Sigonella, Decimomannu, Aviano, Amendola e Pantelleria); con cacciabombardieri Tornado, Eurofighter e altri, con la portaerei Garibaldi e altre navi da guerra. Già prima dell’offensiva aeronavale, erano stati finanziati e armati in Libia settori tribali e gruppi islamici ostili al governo, e infiltrate forze speciali in particolare qatariane, per far divampare gli scontri armati all’interno del Paese.

Viene demolito in tal modo quello Stato africano che, come documentava nel 2010 la Banca Mondiale, manteneva «alti livelli di crescita economica», con un aumento del pil del 7,5% annuo, e registrava «alti indicatori di sviluppo umano» tra cui l’accesso universale all’istruzione primaria e secondaria e, per oltre il 40%, a quella universitaria. Nonostante le disparità, il tenore medio di vita era in Libia più alto che negli altri paesi africani. Vi trovavano lavoro circa due milioni di immigrati, per lo più africani. Lo Stato libico, che possedeva le maggiori riserve petrolifere dell’Africa più altre di gas naturale, lasciava limitati margini di profitto alle compagnie straniere. Grazie all’export energetico, la bilancia commerciale libica era in attivo di 27 miliardi di dollari annui.

13 aprile 2021

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 13 apr 2021



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En bref

 
Le Donbass en danger
 

 
L'association qui veut juger le président el-Assad est une escroquerie
 

 
Moscou propose au Hezbollah d'ouvrir une représentation en Russie
 

 
Émeutes unionistes en Irlande du Nord
 

 
La guerre navale entre Israël et l'Iran
 

 
Hunter Biden reconnaît ce que les services secrets US avaient nié à son sujet
 

 
La mosquée centrale de Madrid finançait Al-Qaëda
 
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Ouverture des archives présidentielles relatives au Rwanda entre 1990 et 1994
 

 
Intervention de Charles Michel à l'issue de sa rencontre avec Recep Tayyip Erdoğan
 

 
Florence Parly, ministre des armées, annonce la prise de commandement d'une Task force (TF) américaine par la France
 

 
« Agir pour une architecture sanitaire internationale plus robuste »
 

 
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