24 giugno 2019

Il vertice segreto a tre di Gerusalemme, di Thierry Meyssan


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Nikolai Patrushev e John Bolton s’incontreranno a Gerusalemme, alla presenza di Meir Ben-Shabbat.

È stato annunciato che a Gerusalemme si terrà un summit dei consiglieri nazionali per la sicurezza di Stati Uniti, Israele e Russia. Scopo della riunione: sbrogliare la matassa dell’Asse della Resistenza, garantire la sicurezza degli Stati del Medio Oriente, nonché pervenire a una condivisione da parte di Stati Uniti e Russia della sovranità sui protagonisti, Israele compreso.

In questo mese si terrà a Gerusalemme un vertice dei consiglieri nazionali per la Sicurezza di Stati Uniti, Israele e Russia. Già sono circolate “rivelazioni” e “smentite” sulle questioni che saranno trattate nell’inedito evento. Quasi tutti i commentatori si perdono in discussioni basate su idee false, che unanimemente riprendono in coro. Prima di valutare quale sia la posta in gioco dobbiamo rettificare questi luoghi comuni.

Il gioco delle grandi potenze nella regione

Durante la guerra fredda la strategia statunitense di contenimento (containement) è riuscita a respingere l’influenza sovietica in Medio Oriente. Dopo il crollo dell’URSS, la Russia ha lasciato la regione e vi è ritornata solo quando gli Occidentali hanno fatto guerra alla Siria.
La Russia è presente in Medio Oriente – eccezion fatta per gli anni dal 1991 al 2011 – dall’epoca della zarina Caterina II, che, su richiesta degli abitanti di Beirut, inviò la flotta russa a difendere la città. La politica dell’imperatrice mirò innanzitutto a proteggere la culla del cristianesimo (ossia Damasco, non Gerusalemme), fondamento della cultura russa, ottenendo anche l’estensione della propria influenza al Mediterraneo orientale, indi fino alle acque calde dell’Oceano Indiano.
Nel 2011 soltanto la Russia fece distinzione tra le rivoluzioni colorate del Maghreb – le “primavere arabe” – e le guerre contro Libia e Siria. Gli Occidentali, con il loro peculiare modo d’interpretare gli avvenimenti, non si sono mai sforzati di capire la lettura che ne ha fatto invece la Russia. Non si tratta qui di decidere chi ha ragione e/o chi ha torto, questa è tutt’altra questione [1], bensì di ammettere che esistono due narrazioni dei fatti completamente diverse. Va rimarcato che gli Occidentali ammettono che Mosca non ha digerito il modo in cui essi hanno violato la risoluzione per la protezione delle popolazioni civili della Libia. Riconoscono altresì che non sono stati i russi, bensì l’imperialismo occidentale, ad aver creato la situazione cui oggi si deve far fronte.
Conseguentemente alla propria analisi, nel Consiglio di Sicurezza la Russia iniziò a opporre il veto sulle risoluzioni occidentali riguardanti la Siria. Contemporaneamente, su richiesta di quest’ultima, avviò negoziati con Damasco per lo spiegamento nel Paese di forze di mantenimento della pace, appartenenti all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC). Infine Washington e Mosca si incontrarono a Ginevra – presenti le nazioni occidentali, assenti invece i protagonisti mediorientali – per prendere atto della volontà di giungere a una sovranità condivisa sul Medio Oriente. Era giugno 2012. Il matrimonio durò pochi giorni. Lo ruppe la Francia, agendo per conto del segretario di Stato USA, Hillary Clinton.
Ora, dopo sette anni, Mosca presenta il conto. È stata infatti la Russia, non già l’OTSC, a impegnarsi militarmente in Siria e a sconfiggere, a fianco dell’esercito siriano e dello Hezbollah, gli jihadisti. Non li hanno certo sconfitti Washington e i suoi alleati, che, al contrario, li hanno armati [2]. Il conto lo presenta a Gerusalemme, dato che un milione di russofoni sono cittadini israeliani e che uno di loro, Avigdor Lieberman, ha fatto cadere il governo Netanyahu per due volte di seguito [3].
Chi ancora è fermo all’alleanza Stati Uniti/Israele, che ha contraddistinto l’era Bush Jr., fatica ad ammettere tale evoluzione. Eppure, dopo la disfatta di Daesh, le autorità israeliane si sono recate assai più spesso a Mosca che non a Washington.

Il gioco delle potenze regionali nei confronti di Israele

Esiste un luogo comune secondo cui le forze dell’Asse della Resistenza (Palestina-Libano-Siria-Iraq-Iran) sarebbero votate all’annientamento degli israeliani, come furono i nazisti verso gli ebrei. È una trasposizione grottesca.
In realtà Hezbollah è nato come rete di resistenza sciita all’occupazione israeliana del Libano. È stato prima armato dalla Siria e poi, dopo il ritiro nel 2005 della forza siriana di mantenimento della pace in Libano, dall’Iran. Non ha mai avuto per obiettivo “buttare a mare gli ebrei”; al contrario afferma da sempre di volere venga sancita l’uguaglianza di tutti davanti al Diritto. L’occupazione israeliana del Libano fu un fatto che andò oltre la volontà del governo israeliano, trasceso dall’iniziativa del generale Ariel Sharon di prendere Beirut. Fu anche esito della Collaborazione delle milizie cristiane e druse libanesi, fra cui quelle di Samir Geagea e di Walid Jumblatt.
Anche la Siria ha reagito all’espansionismo israeliano, prima difendendosi, poi in soccorso delle popolazioni palestinesi. Scelta perfettamente legittima, dato che la Palestina e la Siria attuali formavano prima della prima guerra mondiale un’unica entità politica [4]. Nessuno mette in dubbio – nemmeno negli Stati Uniti – che da settant’anni Israele non fa che erodere territorio ai propri vicini e che non ha intenzione di smettere.
Sin dall’inizio della guerra fredda gli Stati Uniti, assorbiti nella politica di contenimento dei sovietici, furono perfettamente consapevoli dell’espansionismo israeliano, che sconvolgeva la stabilità della regione. Armarono la Siria perché potesse resistere a Israele – non per attaccarlo – nonché altri Paesi, tra cui l’Iraq [5]. Il segretario di Stato statunitense, John Dulles – proprio lui, non altri – creò l’Asse della Resistenza per assicurarsi che Siria e Iraq non si rivolgessero all’Unione Sovietica per ottenere aiuto militare e difendersi.
L’amministrazione di Dwight Eisenhower sapeva che Israele era frutto della volontà di Woodrow Wilson e David Lloyd George [6], tuttavia lo considerava un cavallo pazzo da proteggere e, al tempo stesso, domare.
Washington aderì alle idee britanniche: il trattato di assistenza militare tra Damasco e Teheran prima e poi, nel 1958, il Patto di Bagdad permisero la creazione del CenTO (equivalente regionale della NATO). Il contesto è diverso, gli attori sono cambiati, ma non il movente.
L’Iran rappresenta oggi il principale problema perché la maggior parte dei suoi dirigenti affronta la questione non in modo politico, ma religioso. Una profezia sciita assicura che gli ebrei formeranno di nuovo uno Stato in Palestina, che però sarà rapidamente distrutto. La Guida della Rivoluzione islamica, ayatollah Ali Khamenei, ritiene questo testo canonico: sta tenendo il conto alla rovescia e afferma che Israele sparirà entro sei anni (nel 2025).
L’esasperazione delle posizioni – l’insistenza dell’Iran su questa profezia e di Israele sulla legge «Israele, Stato nazione del popolo ebreo» (2018) – è all’origine della perpetuazione di un conflitto che, usando l’intelligenza, si potrebbe sbloccare. Questo è quanto hanno tentato di fare Donald Trump e Jared Kushner, fallendo: se lo sviluppo economico può disinnescare il problema delle riparazioni, nessun progresso sarà possibile senza che si evolvano le rappresentazioni del mondo di ebrei, arabi e persiani.

Cos’è l’Asse della Resistenza?

I responsabili religiosi iraniani utilizzano spesso l’espressione «Asse della Resistenza» riferendosi all’alleanza per far fronte a Israele. Non è intervenuto però alcun trattato a formalizzare la coalizione e mai ci sono stati vertici di concertazione fra i dirigenti politici dei Paesi coinvolti.
Nel 2003, dopo l’invasione dell’Iraq, le forze di quest’Asse si sono a poco a poco divise, sicché oggi i conflitti interni hanno più rilevanza della lotta da combattere all’esterno.
Nel 2003 il capo religioso iracheno sciita Mohammad Sadeq al-Sadr era stato assassinato [nel 1999]. A torto o a ragione i suoi sostenitori ne addossarono la responsabilità al Grande Ayatollah Ali al-Sistani, iraniano che vive in Iraq, dove dirige seminari sciiti. Poco per volta la comunità sciita irachena si divise tra filo-iraniani, seguaci di al-Sistani, e filo-arabi, seguaci del figlio del defunto Sadeq al-Sadr, Moqtada al-Sadr. Quest’ultimo troncò dapprima con Damasco, poi, nel 2017, con Teheran e si trasferì a Riad, presso il principe Mohammad bin Salman.
Nel 2006, approfittando della vittoria elettorale locale nelle elezioni legislative dei Territori palestinesi, Hamas fece un colpo di Stato contro Fatah e proclamò l’autonomia della Striscia di Gaza [7]. Nel 2012 la direzione politica di Hamas, in esilio a Damasco, si trasferì improvvisamente a Doha, in un Paese, il Qatar, che finanziava i jihadisti contro la Siria. Hamas si dichiarò «Branca palestinese dei Fratelli Mussulmani», partito politico vietato in Siria. Uomini di Hamas e agenti del Mossad israeliano entrarono nella città siriana di Yarmuk per assassinare i rivali marxisti del Comando generale dell’FPLP [Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina]. L’esercito siriano accerchiò la città con il sostegno del presidente palestinese Mahmud Abbas.
È assurdo che gli Occidentali vogliano distruggere l’Asse della Resistenza, che essi stessi vollero e contribuirono a creare, solo perché ne hanno perso il controllo. Basta aspettare, l’Asse della Resistenza si sta disgregando da sola.
Gli iraniani sono amici fedeli, tuttavia hanno culturalmente tendenza a coinvolgere gli amici nei propri affari. I siriani non espelleranno mai gli iraniani, che li proteggono dall’espansionismo israeliano e grazie ai quali non hanno ceduto all’inizio della guerra (2011-2014). Ma se gli iraniani fossero davvero amici dei siriani si ritirerebbero dalla Siria e lascerebbero il posto alla Russia, così da permettere agli Stati Uniti di riconoscere la legittimità di Bashar al-Assad. Gli iraniani invece approfittano delle truppe stanziate in Siria per provocare Israele e tirare razzi contro il suo territorio.

I tre consiglieri nazionali per la Sicurezza

John Bolton (USA), Meir Ben-Shabbat (Israele) e Nikolai Patrushev (Russia), consiglieri per la Sicurezza dei rispettivi Paesi, svolgono le medesime funzioni ma non provengono dalle stesse esperienze.
Bolton crede nella superiorità ontologica del proprio Paese sul resto del mondo. Ha esperienza in relazioni internazionali, acquisita prima con i negoziati per il disarmo, poi, e soprattutto, quando era ambasciatore al Consiglio di Sicurezza (2005-2006). Benché prenda iniziative eclatanti, è comunque capace di tirarsi indietro se si accorge di aver sbagliato. Del resto è proprio per la sua capacità di farsi carico degli errori del proprio campo che il presidente Trump continua ad avvalersi della sua collaborazione.
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Meir Ben-Shabbat
Meir Ben-Shabbat è uomo di fede, convinto di appartenere a un popolo eletto, però maledetto. Non viene dalla carriera diplomatica, ma dal controspionaggio. Tuttavia, quando era a capo dello Shin Bet ha dimostrato reale acutezza sia nel combattere Hamas sia nel manipolarlo e, nel caso, negoziare con esso. L’eccellente conoscenza delle molteplici forze in campo in Medio Oriente gli permette di distinguere immediatamente quel che potrebbe durare da ciò che è invece effimero.
Infine Nikolai Patrushev: è altolocato personaggio della funzione pubblica russa. Dei tre è sicuramente quello che ha una più alta visione dello scacchiere mondiale. Quando ha preso il posto di Vladimir Putin a capo dell’FSB ha dovuto affrontare tentativi di siluramento dei suoi direttori da parte di Stati Uniti e Israele. Alla fine, dopo anni di turbolenza è riuscito a riprendere in mano la macchina. Ha poi dovuto affrontare la destabilizzazione dell’Ucraina a opera di Stati Uniti e Unione Europea, conclusasi alla fine con l’adesione della Crimea alla Federazione di Russia. Non negozierà un dossier in cambio di un altro, ma baderà alla coerenza dell’insieme delle decisioni.
Questi tre strateghi stanno per definire l’ambito di distribuzione delle carte, dove poi i diplomatici dovranno negoziare. Il loro ruolo è concepire un accordo durevole a lungo termine; quello dei diplomatici sarà invece compensare le perdite dei soccombenti al fine di rendergli l’accordo accettabile.

23 giugno 2019

Movimento Roosevelt: LA VOCE rooseveltiana N° 10 di Sabato, 22 Giugno 2019


La Voce Rooseveltiana


D(i)RITTI VERSO LA LIBERTÀ DAL BISOGNO
 
Siamo una comunità di cittadini che sognano il Rinascimento democratico
di cui la società ha bisogno




Editoriale
 
GIALLOVERDI DELUDENTI, MA I LORO AVVERSARI SONO RIDICOLI

di Giorgio Cattaneo



Patrizia Scanu
Se c'è qualcosa di più penoso della velleitaria barzelletta gialloverde sono i politici che sparano a man salva sui gialloverdi. Peggiore in campo, tanto per cambiare, il Pd: buono solo a demonizzare l'orco Salvini, anche se proprio il vituperato capo della Lega è stato l'unico, nel precario zoo italico, a scommettere sul ruolo di economisti sinceramente progressisti come Bagnai e Rinaldi.

Viene da domandarsi cosa mai frulli nella testa degli elettori di Zingaretti, che incredibilmente indugiano nella curiosa abitudine, davvero stravagante, di considerarsi ancora "di sinistra". Scopriranno, un giorno, che proprio la sedicente sinistra, in questi decenni, ha puntellato in modo decisivo il regime neoliberista che ha messo in croce il paese?



 
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TragiComix
di Mirko Bonini

TragiComix by Mirco Bonini 10
 



Secondo Noi
   
MM MOISO: ATTENTI ALLA LIBRA, CRIPTOVALUTA PRIVATA. DELEGHIAMO A FACEBOOK IL FUTURO DELLA DEMOCRAZIA?

Allarme sulla Libra, minacciosa criptovaluta lanciata da Facebook (2,4 miliardi di iscritti) e appoggiata da colossi finanziari come Visa, Mastercard, Paypal e eBay. Per Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, c'è il rischio che la nuova "cryptocurrency" risulti più appetibile delle valute emesse dalle banche centrali, diventando addirittura una riserva monetaria internazionale (in mani private). Vogliamo forse delegare a Zuckerberg l'economia dei governi, il finanziamento degli Stati e il welfare mondiale?
(Intervento sul blog MR).
GALLONI: INUTILE ACCORDARSI CON L'UE, MEGLIO
LO SCONTRO. TANTO VALE TRATTARE DIRETTAMENTE CON PARIGI E BERLINO


Tanto vale accordarsi con Francia e Germania, scavalcando l'Ue, dopo aver portato la comunità sull'orlo di una crisi monetaria e di nervi. Lo afferma l'economista Nino Galloni, vicepresidente MR, scettico rispetto al dialogo con l'Unione Europea: la linea moderata verso la Commissione, infatti, non considera che l'obiettivo dell'Ue consiste nella sottomissione dell'Italia. Bruxelles vuole una resa totale e incondizionata, quindi le trattative sono inutili: o si china la testa o si alza il tiro, preparandosi allo scontro (più deficit, o varo di una moneta parallela). Paradossalmente, osserva Galloni, sarebbe meglio trattare direttamente con tedeschi e francesi: oggi il comparto metalmeccanico della Germania sta entrando in crisi, e le tensioni sociali – soprattutto in Francia – stanno aumentando.
(Intervento su Scenari Economici).
NG
GC CATTANEO: CON CHE FACCIA ATTACCA FELTRI (PER LA BATTUTA
SU MONTALBANO) IL GIORNALISMO SORDOMUTO SULLA CRISI ITALIANA?


Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi si "autosospendono" dall'Ordine dei giornalisti in polemica con Vittorio Feltri, che ha osato criticare il personaggio Montalbano mentre il suo autore Camilleri è all'ospedale? Con che coraggio si permette di attaccare Feltri – si domanda Giorgio Cattaneo – il mainstream giornalistico che in questi anni non ha mai cercato la verità dietro alla crisi globale che sta devastando anche il nostro paese?
(Intervento sul blog MR, ripreso da Libreidee).
 
SONCINI: LE TRADIZIONI? INVENTATE O RECENTI. QUELLE ANTICHE, PER NON MORIRE, SI SONO TRASFORMATE

Attenti alle tradizioni: il più delle volte sono recenti o inventate di sana pianta. Lo afferma Gerardo Soncini, esponente milanese del Movimento Roosevelt, anche sulla scorta del saggio "The invention of tradition" di Hobsbawm e Ranger. Meglio tenerne conto, di fronte a politici e demagoghi tradizionalisti: le uniche vere tradizioni sopravvissute fino a noi hanno potuto evitare di estinguersi solo perché si sono evolute nel tempo, contaminandosi e trasformandosi incessantemente.
(Intervento sul blog MR).
GS
GM MAGALDI: L'ITALIA PERDE PERCHÉ LA PAURA PARALIZZA
I GIALLOVERDI, INUTILE SPERARE CHE CI SALVI TRUMP


Si illudono, Salvini e Di Maio, se sperano che Trump – sostanzialmente isolazionista – possa difendere il governo gialloverde dall'aggressività di Bruxelles. Per Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, il problema numero uno dei politici italiani è la loro stessa paura: se trovassero il coraggio di opporsi davvero ai signori dell'austerity, sostiene Magaldi, scoprirebbero che l'avversario è assai meno forte di quanto si possa immaginare
(Intervento su YouTube, ripreso dal blog MR e su Libreidee).
CARPEORO: LOTTI-PALAMARA, IPOCRITA CHI SI SCANDALIZZA SE TROPPI GIUDICI (PURTROPPO) FANNO POLITICA

In Italia possono anche crollare ponti come a Genova, ma un politico cade solo se viene colpito dalla magistratura. Lo afferma Gianfranco Carpeoro, dirigente MR, di fronte allo scandalo che coinvolge Lotti (Pd) e il magistrato Palamara. Ipocrita scandalizzarsi, protesta Carpeoro, come se non fosse a tutti noto il deplorevole interventismo politico di troppi magistrati: a Roma era Andreotti a designare il capo della Procura, e a Milano lo stesso Craxi protestò inutilmente per il sostegno politico alla nomina di Borrelli, che l'avrebbe distrutto con Mani Pulite.
(Intervento su YouTube, ripreso da Libreidee).
GC
MM MOISO: BENE CHE RADIO RADICALE SIA STATA SALVATA,
GRAZIE ANCHE ALLA LEGA. MAI TAGLIARE L'INFORMAZIONE


Radio Radicale? Ha sempre svolto un prezioso servizio di informazione pluralistica. Per questo, Marco Moiso (vicepresidente MR) esprime la sua soddisfazione per il fatto che la storica radio stia stata salvata dalla chiusura, anche se solo per un anno, grazie al voto di Salvini. Il principio da seguire, aggiunge Moiso, è quello di rompere con le politiche dell'austerity neoliberista: bisogna quindi finanziare politica, cultura e informazione, e non tagliare servizi come quelli offerti dall'emittente dei radicali.
(Intervento sul blog MR).
MAGALDI DIFFIDA IL MASSONE TRIA E AVVERTE CONTE:
SEMBRATE GIÀ IN VENDITA PER IL DOPO-SALVINI


Gioele Magaldi diffida il ministro dell'economia, Giovanni Tria, dal continuare a ostacolare il governo in carica cedendo alle pressioni dell'oligarchia neoliberista. Come massone, sostiene il presidente del Movimento Roosevelt, Tria aveva promesso di attenersi a una linea progressista. Analoghe critiche al premier, Giuseppe Conte: lui e Tria sembrano quasi due politici già "in vendita", a disposizione – in cambio di poltrone – del potere europeo che già pensa al dopo-Salvini.
(Intervento su YouTube, ripreso dal blog MR e su Libreidee).
GM
Davide Montefiori MONTEFIORI: SANI IN UN MONDO MALATO?
L'INCREDIBILE ILLUSIONE CHE LA SALUTE PRESCINDA DALL'AMBIENTE


Ce ne fosse bisogno, studiosi dell'epigenetica come il dottor Ernesto Burgio dimostrano quanto sia elevato l'impatto dell'habitat sulla nostra salute. Lo afferma Davide Montefiori, coordinatore ligure del Movimento Roosevelt impegnato anche nel Dipartimento Ambiente: è impossibile restare sani in un mondo malato. Pensare che la salute possa prescindere dalle condizioni ambientali rappresenta un'illusione, che la medicina sta infatti smentendo.
(Intervento sul blog MR in due tempi, prima parte e seconda parte).
CARPEORO: OLANDA CRIMINALE, CI RUBA LE AZIENDE
COL DUMPING FISCALE (E LA PIENA COMPLICITÀ DELL'UE)


Non c'è un'ombra di solidarietà tra i paesi Ue: e i primi a pretendere che all'Italia sia inflitta la massima dose di rigore sono proprio i paesi come l'Olanda, che in questi anni si sono distinti per scorrettezza. Lo afferma Gianfranco Carpeoro, dirigente MR. L'Olanda, sottolinea Carpeoro, ha introdotto un legislazione fiscale "criminale", attirando le nostre maggiori aziende e sottraendo in tal mondo risorse preziose all'Italia. Si domanda Carpeoro: a livello europeo è possibile dover essere governati, di fatto, da veri e propri criminali?
(Intervento su YouTube, ripreso da Libreidee).
GC
NG GALLONI: MA I MINIBOT NON SONO NÉ DEBITO NÉ VALUTA.
COSÌ L'ECONOMISTA "SMONTA" MARIO DRAGHI


I minibot ipotizzati dal governo non rappresentano nuovo debito, servono a pagare vecchi debiti della pubblica amministrazione. E non sarebbero "valuta" (illegale) neppure se scambiati tra aziende come "moneta" per pagare le tasse, perché non convertibili in euro e non spendibili fuori dall'Italia – nonché accettabili solo su base volontaria. Così l'economista post-keynesiano Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, "smonta" le illazioni di Mario Draghi sul nuovo possibile sistema escogitato per saldare le aziende che ancora attendono soldi dallo Stato.
(Intervento su YouTube, ripreso dal blog MR e da Libreidee).
ALICE: SERVE UN'ETICA 2.0 PER POTERSI CONFRONTARE COI NUOVI ABITANTI DELLA TERRA, CIOÈ I NUOVISSIMI ROBOT?

Ci vorranno i robot di ultima generazione per far rinascere dalla cenere l'umanesimo che la stessa umanità sembra aver irrimediabilmente perduto? L'autore della riflessione è il torinese Roberto Alice, dirigente del Movimento Roosevelt. Tema: la necessità di rispolverare l'intera storia del nostro pensiero filosofico, di fronte all'emergere dell'intelligenza artificiale: un nuovo straordinario attore, con il quale confrontarsi.
(Intervento sul blog MR).
RA
 
GM MAGALDI: SILENZIO, PARLA VISCO (E LA POLITICA TACE).
È COSÌ CHE AVANZA QUESTA APOCALISSE STRISCIANTE


Il governatore di Bankitalia si permette di bocciare l'idea dei minibot? Ma il peggio è che la politica tace, subendo lo strapotere dell'élite finanziaria. In questo modo – sostiene Gioele Magaldi, presidente MR – avanza incontrastata l'apocalisse strisciante di cui il paese è vittima, giorno per giorno, per via della pervasività del neoliberismo che ha imposto il pensiero unico: come se esistesse un solo modo, post-democratico, di gestire la governance.
(Intervento su YouTube, ripreso da Libreidee).
 
MOISO: LE EUROPEE SECONDO LUCIA ANNUNZIATA.
OVVERO: GLI INUTILI STEREOTIPI DEL MAINSTREAM


Democrazia, welfare e Stato di diritto, schiacciati dal neoliberismo, non sono né di destra né di sinistra: in un mondo che non è mai stato così ricco di risorse disponibili, c'è bisogno di nuovi modelli politici ed economici. Così Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt, commenta un'analisi post-elettorale di Lucia Annunziata dopo le europee, che risente in modo deludente di tutti i preconcetti e gli stereotipi della stampa mainstream, ostile al governo gialloverde e in particolare a Salvini.
(Intervento sul blog MR).
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MR News
 
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CON CARPEORO
IL MR RIPARTE
DALLA LOMBARDIA


Sarà Gianfranco Carpeoro (all'anagrafe, Pecoraro) a rilanciare il Movimento Roosevelt in un'area strategica come la Lombardia, in veste di commissario straordinario. Coadiuvato dal vicecommissario Gilberto Fumagalli (e dal segretario Marco Ludovico), Carpeoro guiderà una Direzione regionale composta da dirigenti MR come Felice Besostri, Paolo Mosca, Giovanni Smaldone, Michele Petrocelli e Roberto Luogo, nonché alcuni soci prescelti in virtù di precise competenze (Fiorella Rustici, Zvetan Lilov, Alberto Allas, Daniele Poli, Lorenzo Pernetti, Simona Valesi e Marco Zanandrea). Prima assemblea per la presentazione del nuovo team, venerdì 21 giugno. Obiettivo della squadra: rilanciare il MR in Lombardia con un nuovo approccio ai temi territoriali, impegnando il movimento verso un preciso protagonismo territoriale.

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Agenda MR

 

23 GIUGNO

Giugno 26
FESTA ROOSEVELTIANA
(LONDRA - h 15-18 )
 
La sezione rooseveltiana di Londra, intitolata a William Beveridge, organizza il 23 giugno una festa, con raccolta fondi per sostenere il movimento. Oltre al rinfresco che sarà offerto, verrà anche proposto un "quiz politico" mirato a socializzare e contribuire all'autofinanziamento del gruppo londinese. L'appuntamento è presso l'Inca Cgil Italian Advice Centre

(Adesioni via email a info@rooseveltmovement.co.uk).
ASSEMBLEA MR UMBRIA
(PONTE FELICINO - h 18-21)
 
Mercoledì 26 giugno 2019, ore 18-21, importante incontro regionale del Movimento Roosevelt Umbria. Temi: trasporto regionale, agricoltura, turismo, sanità e infrastrutture. L'impegno: aprire un vero dibattito democratico, in prospettiva delle prossime elezioni regionali. Appuntamento a Ponte Felcino (Perugia), presso la biblioteca Altrementi, via Puccini 86.

(Info: Simone Casagrande, simone.casagrande@movimentoroosevelt.com).



luglio 12

luglio 14
ASSEMBLEA MR PIEMONTE
(TORINO - h 19)
 
Venerdì 12 luglio assemblea piemontese dei soci rooseveltiani, come di consueto organizzata al Caffè Basaglia di Torino, via Mantova 34. All'ordine del giorno, il profondo riassetto organizzativo territoriale del Movimento Roosevelt, in vista dell'assemblea romana del 21 settembre e sulla scorta del nuovo programma intrapreso a Milano dai militanti lombardi.
ppuntamento alle 19 per apericena, riunione dalle ore 21.

(Info: Daniele Gervasoni, daniele.gervasoni@movimentoroosevelt.com).
IL PARTITO CHE SERVE ALL'ITALIA
(ROMA - h 9)
 
Si svolgerà domenica 14 luglio a a Roma (Istituto Sant'Orsola, via Livorno 50, ore 9.00) l'assemblea fondativa del "Partito che serve all'Italia", cantiere politico progressista che vede tra i suoi promotori Gioele Magaldi, Nino Galloni e Marco Moiso, insieme ad altri esponenti rooseveltiani, in collaborazione con soggetti che provengono da diverse esperienze, tutti decisi a offrire al paese un'adeguata rappresentanza politica per recuperare la sovranità democratica dell'Italia di fronte all'attuale gestione dell'Unione Europea.

www.ilpartitocheserveallitalia.it



settembre 21
ASSEMBLEA GENERALE MR
(ROMA - h 9)
 
La presidenza del Movimento Roosevelt ha fissato per sabato 21 settembre, all'Istituto Sant'Orsola di via Livorno 50 a Roma, alle ore 9.00 – la prossima assemblea generale del movimento. L'ordine del giorno, in via di definizione, potrebbe proporre tra gli altri temi la rielezione del presidente (carica attualmente rivestita da Gioele Magaldi) e le possibili migliorie da apportare allo statuto MR, migliorando la sua funzionalità.



 
   



 
Movimento Roosevelt / Democrazia contro oligarchia
 
Il mondo non è mai stato così ricco, eppure la società è colpita da diseguaglianze inaudite:
senza giustizia sociale non si possono garantire né diritti né pari opportunità.
Grazie all'opposizione artificiosa tra destra e sinistra, l'élite neoliberista ha potuto privatizzare il mondo, minando, dagli anni '70, il futuro delle istituzioni democratiche.
Oggi la vera contrapposizione politica non è più tra destra e sinistra, ma tra democrazia e oligarchia. 
Il Movimento Roosevelt è un soggetto politico meta-partitico ispirato da Gioele Magaldi
e istituito da 500 soci fondatori a Perugia  il 21 marzo del 2015.
Il nostro movimento è impegnato a smascherare la pretesa scientificità economicistica
del rigore nei bilanci pubblici, contribuendo al risveglio democratico della politica italiana, europea e mondiale.
Dobbiamo utilizzare indicatori economici che siano accurati nel misurare il benessere della collettività e ricominciare a costruire ricchezza con le politiche economiche proprie del modello post-keynesiano,
fondato sull'investimento pubblico strategico per rilanciare il settore privato.
Si tratta di una sfida culturale per la quale il Movimento Roosevelt si rivolge a tutte le persone di animo sinceramente progressista, disposte a contribuire a far crescere una nuova consapevolezza.
Per ridiventare cittadini e smettere di essere "sudditi" di anonimi tecnocrati, al servizio di potentati economici privatistici, abbiamo bisogno della consapevolezza, del supporto e dell'impegno del popolo.
L'orizzonte per il quale lavoriamo è squisitamente democratico: vogliamo restituire alla collettività
un futuro prospero e degno di essere vissuto appieno.


 
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22 giugno 2019

Vaccini e libertà di scelta. Appuntamento il 27 giugno in Parlamento


27 giugno 2019 – Ore 13.00 – Conferenza Stampa c/o Sala Stampa della Camera.
In questi due anni il tema della libertà di scelta vaccinale ha dimostrato che siamo in un momento storico caratterizzato dalla mancanza di dialogo tra istituzioni e cittadini. Abbiamo assistito a una grave riduzione del dibattito su diritti costituzionalmente garantiti, come l’autodeterminazione e la libera scelta in campo sanitario, e allo sterile scontro tra fantomatiche fazioni provax-novax. Soprattutto risultati di importanti ricerche scientifiche sono stati per lo più ignorati o screditati.
Dalle analisi di laboratorio (screening sperimentali auspicati nella relazione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta Uranio Impoverito) commissionate dall’associazione Corvelva emergono importanti risultati che pongono serissimi dubbi sull’efficacia e sicurezza di alcuni vaccini, aprendo le porte a ipotesi che, se confermate, paleserebbero una truffa ai danni della collettività di proporzioni enormi.

La stessa associazione di cittadini ha finanziato ricerche epidemiologiche, oggi pubblicate sulla rivista scientifica “Epidemiologia & Prevenzione”, con tutti i crismi della peer review, che vanno a confermare le risultanze della Commissione Parlamentare sullo stato di salute dei militari missionari e non missionari.
Alla gravità dei risultati ottenuti e del fatto che dei cittadini abbiano dovuto finanziare esami di laboratorio che, in un Paese civile, spetterebbe allo Stato sostenere, si aggiunge oltretutto la gravità della mancanza di confronto e dibattito scientifico sui risultati medesimi, nonché la mancanza di considerazione degli stessi da parte delle Istituzioni.
Al contempo si continua a disconoscere come le multinazionali del farmaco finanzino, direttamente o indirettamente, una grossa fetta dei medici italiani, associazioni mediche e Università. Negare i progressi scientifici e medici è tanto sciocco quanto negare che gli stessi progressi scientifici e medici, mal governati, stiano portando a pericolose derive. “Le principali riviste scientifiche distorcono il processo scientifico e
rappresentano una tirannia che va spezzata. […] La scienza è a rischio: non è più affidabile perché in mano a una casta chiusa e tutt’altro che indipendente”, affermava il Premio Nobel per la medicina Randy Schekman nel 2013.

È tempo che la ricerca ritorni a essere indipendente, aperta e al servizio dei cittadini e che i diritti individuali siano garantiti. Il diritto alla salute, allo studio, ma anche il diritto ad avere dubbi, a informarsi e al rispetto, soprattutto da parte di uno Stato che per troppo tempo ha ignorato le istanze di un’ampia fascia di popolazione, compresi i tantissimi danneggiati da pratica vaccinale, spesso derisi, non riconosciuti e se
morti taciuti. Il Disegno di Legge 770 dovrebbe essere promulgato in quest’ottica.
Durante la Conferenza Stampa parleremo dello stato dell’arte dei progetti in corso sia dell’Associazione Corvelva (che dal 1993 si batte per la libertà di scelta vaccinale e terapeutica, raccogliendo le preoccupazioni di tante famiglie che da circa due anni si sono viste negare l’accesso ai servizi educativi per i propri figli) che del Comitato COSMI (nato dalle richieste inevase della Commissione Parlamentare d’Inchiesta Uranio Impoverito, composta da politici e consulenti tecnici che hanno presieduto l’ultima Commissione e da medici che hanno portato il loro apporto
 cientifico alla discussione), elencando tutte le figure che sono state informate e hanno disatteso il minimo ascolto di una parte della cittadinanza.

Interverranno:
On. Ivan Catalano – Vicepresidente Com. Parl. d’Inchiesta Uranio Impoverito (XVII Legislatura);
Dott.ssa Loretta Bolgan – Chimica specializzata in tecnologie farmaceutiche;
Dott. Pier Paolo Dal Monte – Chirurgo, epistemologo e saggista coautore del libro Immunità di Legge;
On. Sara Cunial – Gruppo Misto.
Modererà la Conferenza Stampa Nassim Langrudi – Referente dell’Associazione Corvelva.


21 giugno 2019

Mentre il mondo guarda Donald Trump, non si accorge di quello che sta veramente facendo la politica estera degli Stati Uniti


I nostri leader sanno come battere i tamburi di guerra e, di solito, noi li assecondiamo. Gli Stati Uniti minacciano di fare guerra all’Iran, in modo che l‘Iran possa chiudere lo Stretto di Hormuz e attaccare le navi da guerra americane nel Golfo? Israele colpisce obiettivi iraniani in Siria dopo che alcuni razzi sono caduti sul Golan, per far sì che che un conflitto arabo-israeliano, dopo quello del 1973, diventi sempre più probabile? Jared Kushner progetta di rendere pubblico “l’accordo del secolo” di Trump per la pace in Medio Oriente, ma non era morto e sepolto?
Nel frattempo le storie vere vengono spinte verso il fondo della pagina, o “sul retro del libro,” come eravamo soliti dire noi giornalisti.
Prendete, per esempio, l’intenzione di Donald Trump di concedere all‘Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti una fornitura supplementare di armi per un valore di miliardi di dollari, per imbarbarire sempre di più la guerra nello Yemen contro gli Houthi;  il fatto poi che questi ultimi siano sostenuti dall’Iran, almeno così sembra, è la causa di gran parte della violenza internazionale contro la Repubblica Islamica. Agenti dei servizi segreti francesi a Washington avrebbero scoperto che questa non è una richiesta abituale da parte di Riyadh, ma un appello disperato a Washington, perché talmente indiscriminato è stato l’uso da parte dei Sauditi delle munizioni fornite loro dagli Stati Uniti contro i ribelli Houthi (e contro civili, ospedali, centri di assistenza, scuole e feste di matrimonio) che stanno esaurendo le bombe, i missili guidati e non guidati, i pezzi di ricambio dei droni ed altre armi “di precisione” da utilizzare contro uno dei paesi più poveri del mondo.
Così, quando Trump si era trovato di fronte al Congresso, che voleva fermare le forniture (non ultimo perché i suoi membri erano ancora abbastanza contrariati per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi), l’elenco dei destinatari della fornitura di armi era stato modificato, in modo da includere il piccolo e impavido alleato dell’America, il re Abdullah II di Giordania. Certo, questo particolare era sfuggito a tutti quanti, no? Abbiamo aggiunto ai titoli [dei nostri giornali] le parole “e alla Giordania,” ma non ci siamo chiesti il perché. E le munizioni non arriveranno da vendite dirette agli Stati del Golfo, con un possibile tetto imposto dal Congresso di 25 milioni di dollari, ma dalle scorte militari del governo degli Stati Uniti e (così fanno capire i Francesi) una gran parte di queste armi andrà in Giordania.
E la cosa è molto strana, perché la Giordania, in questo momento, non è in guerra con nessuno e certamente non fa parte delle forze della “coalizione” saudita che bombardano lo Yemen.
Quindi, quanto di questi 8,1 miliardi di dollari di missili, bombe ecc. sarà inviato ad Amman? E quante di queste armi saranno scaricate dagli aerei militari statunitensi e ricaricate sui cargo sauditi, una volta che la merce sarà arrivata in Giordania? Solo una piccola, ma tradizionalmente coraggiosa, pubblicazione, l’indomito settimanale francese Le Canard enchaine ha raccolto questa storia. In passato le sue fonti di Washington si erano sempre dimostrate corrette, e tutto il miserabile trasferimento di armi è stato definito dal giornale come: “Molto scaltro, anche se non morale, [solo] una piccola inezia per nuovi massacri.”
E ora prendiamo in considerazione un’indagine del New York Times sulla distruzione della famiglia Mubarez, dovuta ad un attacco aereo americano in Afghanistan, il 23 settembre dell’anno scorso. La coalizione in Afghanistan guidata dagli USA aveva in un primo tempo negato l’attacco. Poi aveva circoscritto l’obiettivo limitandolo alle coordinate della casa della famiglia Mubarez, nella provincia di Wardak, dove la moglie di Masih Mubarez e i suoi sette figli avevano trascorso la mattinata, fino al momento del bombardamento. Il marito era in Iran. Nonostante ciò, gli Americani avevano affermato che i loro soldati si erano trovati “sotto il fuoco di un cecchino” proveniente dall’edificio e che, dopo il bombardamento, “in base alle nostre valutazioni, erano rimasti uccisi solo dei combattenti.”
Ma, dopo quelle che ovviamente erano state settimane di indagini giornalistiche condotte insieme al Bureau of Investigative Journalism, il New York Times ha rivelato questa settimana, in un articolo firmato a quattro mani, che una bomba di precisione a guida GPS, made in USA, aveva effettivamente ucciso la moglie di Mubarez; le sue quattro figlie Anisa, di 14 anni, Safia, di 12, Samina, sette e Fahima, cinque; i suoi tre figli Mohammad Wiqad, 10, Mohammad Ilyas, otto e Mohammad Fayaz, quattro; e quattro loro cugini adolescenti.
Mubarez, che aveva telefonato per l’ultima volta a sua moglie dall’Iran un’ora e mezza prima della sua morte, aeva detto degli Americani: “Possono uccidere il nemico, ma hanno distrutto solo la mia casa.” E un’ultima considerazione: nella sua ultima telefonata a casa, Mubarez aveva sentito la moglie dire che all’interno dell’abitazione erano presenti soldati americani e afghani. Che cosa significava?
In passato, questa sarebbe stata una storia da prima pagina sul New York Times. Sarebbero seguiti ulteriori articoli, forse un editoriale. Questa settimana è stata confinata nella sezione “Mondo/Asia” del quotidiano. Nell’edizione internazionale, era in fondo a pagina tre. Come il pezzo di Le Canard enchaine, anch’esso in fondo alla terza pagina, anche se in una pubblicazione di sole otto pagine; la storia sembra già essere caduta nel dimenticatoio. Come tante altre in questi giorni.
Prendiamo, ad esempio, la morte in un ospedale algerino dell’attivista berbero e avvocato Kamel Eddine Fekhar, che aveva intrapreso un lungo sciopero della fame dopo l’arresto. Il pouvoir (“potere”), lo stesso corrotto governo algerino che si era tenuto stretto il comatoso presidente Abdelaziz Bouteflika, fino a quando la folla non lo aveva costretto alle dimissioni, e che ora dice che le elezioni per un successore devono essere rinviate, aveva incarcerato Fekhar per “minacce alla sicurezza dello stato” e “incitamento all’odio razziale.” Questi erano i soliti, falsi pretesti che lo stesso pouvoir aveva utilizzato ogni volta che aveva imprigionato o ucciso gli attivisti politici durante la guerra civile del 1990-98 (i morti totali allora erano stati circa 250.000).
La storia, che altrimenti non sarebbe mai arrivata fino a noi, è stata tuttavia divulgata dal giornalista-avvocato tunisino Nessim Ben Gharbia. Ha sottolineato il fatto che Fekhar, piuttosto che essere regolarmente detenuto in attesa di processo con altri presunti sospettati, era stato tenuto in “segregazione cautelare,” dove interrogatori severi (e nel contesto algerino, dovremmo sapere cosa significa) sono condotti nei confronti di chi avrebbe commesso, secondo i testi legali, “i crimini più gravi,” un tipo di detenzione che dovrebbe essere, secondo l’articolo 59 della costituzione algerina, una misura “eccezionale.” Ma Ben Gharbia rivela in una piccola rivista in lingua francese che questa stessa normativa viene ora applicata a uomini e donne accusati di finti trasferimenti di denaro, “demoralizzazione” dell’esercito e “complotto” contro lo stato. Uno stato, si dovrebbe aggiungere, che aveva posto fine alla sua guerra civile con una legge che vietava qualsiasi punizione nei confronti dei dipendenti statali per quelli che potremmo chiamare crimini di guerra.
Le notizie di routine sulla morte di Fekhar non menzionavano questo straordinario sviluppo nel sistema carcerario del paese, che ora è considerato dall’Occidente come un bastione contro Isis e gli altri killer islamici. Né vi è stato alcun seguito, come si dice in gergo, all’articolo di Ben Gharbia.
Né è probabile che ci sia, in un mondo in cui tutti noi, più volte alla settimana, veniamo inondati dalla retorica dei Trump, dei Bolton e dei Pompeo, sì, e dei Khamenei, dei Netanyahu e dei Mohammed bin Salman.
E, suppongo, dei Farage, dei Gove e dei Johnson.
Forse è giunto il momento di non dare più a queste persone il diritto di scrivere la nostra agenda, ma di mettere delle persone reali in testa di pagina, ora che gli Assange e i Manning non possono più fare il lavoro per noi.
Robert Fisk
Fonte: www.independent.co.uk

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org