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27 novembre 2019

Propaganda e post-verità, di Thierry Meyssan



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Sisifo spinge faticosamente il masso in cima alla montagna delle proprie ambizioni; la pietra cade inesorabilmente dall’altro versante, verso gl’inferi. Sisifo ricomincia l’assurda fatica.

Propaganda

Nei sistemi in cui il potere ha bisogno della partecipazione del popolo, la propaganda ha lo scopo di ottenere l’adesione del maggior numero possibile di persone a un’ideologia e di mobilitarle per metterla in pratica.
I metodi di convincimento sono gli stessi, vengano essi usati in buona o malafede. Nel XX secolo i primi teorici del ricorso alla menzogna e alla reiterazione, nonché all’eliminazione dei punti di vista che si scostano dall’opinione corrente e all’irreggimentazione in seno a organizzazioni di massa, sono stati il deputato britannico Charles Masterman, il giornalista statunitense George Creel e, soprattutto, il ministro tedesco Joseph Goebbels, con le devastanti conseguenze che conosciamo [1]. Per questo, alla fine della seconda guerra mondiale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato tre risoluzioni di condanna dell’uso deliberato da parte dei media di menzogne al fine di provocare guerre, e a ingiungere agli Stati membri di vegliare sulla libera circolazione delle idee, unico antidoto all’intossicazione delle menti [2].
Le tecniche di propaganda perfezionate negli ultimi 75 anni, utilizzate in ogni conflitto internazionale, sono ora progressivamente sostituite da nuove tecniche d’influenza, da utilizzare nei Paesi in situazione di pace: non si tratta più di convincere le persone ad aderire a un’ideologia e ad agire al servizio del potere, si tratta invece di dissuaderle dall’intervenire, di paralizzarle.
Una strategia che si conforma a un’organizzazione della società “democratica”, dove il pubblico ha facoltà di sanzionare il potere, un fatto in altre epoche raro.
Una strategia che si diffonde da 18 anni con la “Guerra al terrorismo”. Espressione di cui numerosi intellettuali hanno rilevato l’assurdità: il terrorismo non è un nemico, bensì una tecnica militare. Come si può fare guerra alla guerra? Benché all’epoca non lo avessimo capito, l’invenzione di questa paradossale locuzione mirava a instaurare l’epoca della post-verità.

Post-verità

Prendiamo l’esempio della recente esecuzione di Abu Bakr al-Baghdadi. Sappiamo che una squadriglia di elicotteri non può attraversare, volando raso terra, il nord della Siria senza essere né vista dalla popolazione né intercettata dai sistemi antiaerei russi. Quel che ci hanno raccontato è chiaramente impossibile. Ciononostante, lungi dal mettere in discussione quel che noi bolliamo come propaganda, ci ritroviamo a discutere per scoprire se il califfo, acculato dalle forze speciali USA, si sia fatto saltare in aria con due piuttosto che con tre bambini.
In altri tempi saremmo stati tutti d’accordo nel dire che, se un elemento essenziale della narrazione è inverosimile, non possiamo prendere per buoni gli altri elementi del racconto, a cominciare, nel caso citato, dalla morte stessa del califfo. Ora invece i nostri meccanismi mentali sono cambiati: accettiamo che un elemento fattuale sia stato falsificato a priori per ragioni di sicurezza nazionale e consideriamo il resto della storia autentico. Alla fine dimenticheremo la diffidenza suscitata da questo o quest’altro elemento e verseremo fiumi d’inchiostro per raccontare una bella storia, costruita sugli elementi più inverosimili.
In altre parole, ci rendiamo istintivamente conto che la narrazione non relaziona fatti, ma veicola un messaggio. La nostra mente non esamina elementi, bensì assorbe il messaggio veicolato: anche Abu Bakr al-Baghdadi, come Osama Bin Laden, è stato giustiziato. Che la Forza sia sempre dalla parte degli Stati Uniti d’America.
Per spostare la nostra coscienza dai fatti al messaggio, gli speech writer sono costretti a diffondere una narrazione incoerente. Non commettono un ulteriore infelice errore, ma soddisfano un’esigenza tecnica del loro lavoro.
Nella propaganda classica si cercava di costruire storie coerenti, anche mascherando o travisando fatti. Ora non più. Non si cerca di persuadere con storie ben architettate, manipolando all’occorrenza e a proprio piacimento la realtà, bensì ci si rivolge a uno strato di coscienza intermedio, permeabile ai messaggi. Siamo consapevoli che la faccenda degli elicotteri è impossibile, tuttavia possiamo ragionare eliminando questo elemento dal campo della coscienza. Parte del nostro cervello è inibita.
Mentiamo a noi stessi.
Nella cronaca degli ultimi anni possiamo trovare numerosissimi esempi di come sia stata usata questa tecnica di condizionamento. Tutti quelli che potrei citare irriterebbero la maggior parte dei lettori perché ogni esempio implicherebbe il prendere atto di essere stati raggirati con la nostra stessa complicità. Detestiamo venir messi di fronte ai nostri errori.
Mi limito a un solo esempio, non recente ma fondamentale, che ancor oggi svolge ruolo di primaria importanza. Dopo gli attentati dell’11 Settembre le compagnie aeree pubblicarono immediatamente le liste d’imbarco complete dei passeggeri e del personale deceduto. Due giorni dopo il direttore dell’FBI raccontò la storia dei dieci pirati dell’aria, autori, lui disse, degli attentati. Ebbene, secondo la testimonianza a caldo delle compagnie aeree, nessuno di costoro si era imbarcato su uno dei quattro aerei. La versione dell’FBI è quindi impossibile. Eppure, diciotto anni dopo stiamo ancora discutendo della personalità degli “attentatori”.

Antidoto

Da 18 anni ci viene spiegato che, con la possibilità offerta a tutti di esprimersi su un blog o su un social-network, il progresso della tecnica ha svalutato la parola pubblicamente profferita. Chiunque può dire qualunque cosa gli passi per la testa. In altri tempi soltanto gli uomini politici e i giornalisti professionisti avevano la possibilità di esprimersi pubblicamente. Prestavano attenzione alla qualità dei contenuti dei loro discorsi e di quanto scrivevano. Oggi il vulgus pecus, il popolo ignorante, prende lucciole per lanterne e diffonde fake news.
Quel che accade è esattamente l’opposto. Uomini politici di primo piano, a cominciare dal presidente George Bush Jr. e dal primo ministro britannico Tony Blair, hanno tenuto discorsi incoerenti per inibire le reazioni del pubblico in generale e dei loro elettori in particolare: una tecnica che sostituisce l’assurdo alla verità, come altri in precedenza alla verità sostituivano la menzogna. Una tecnica che ha distrutto il funzionamento di sistemi democratici, che il comune mortale tenta di ripristinare con i mezzi di cui dispone.
Nelle reti televisive catodiche le righe di scansione dell’immagine sono 625. Basta che una sola di queste righe sia disturbata perché l’intera immagine si offuschi. In base allo stesso principio, basta un unico punto di vista discordante perché le menzogne diffuse da una propaganda onnipresente balzino agli occhi. Per questa ragione la propaganda menzognera esige una censura implacabile. Ma se la menzogna introduce volontariamente nel discorso un’incoerenza, facendola risaltare, non bisogna censurare i punti di vista alternativi. Al contrario bisogna lasciare che si esprimano al fine di sfruttarli, bollandone pubblicamente alcuni come fake news.
L’antidoto alla post-verità non è la verifica dei fatti – da sempre appannaggio di giornalisti e storici – bensì il ristabilimento della logica. Per questo motivo oggi sta prendendo piede una nuova forma di censura. La maggior parte degli utilizzatori di Facebook si sono visti disconnettere, senza tuttavia capirne, in numerosissimi casi, la ragione. Invano hanno cercato di scoprire quale parola proibita il sistema avesse scovato, o quale presa di posizione incivile avesse censurato un vigilante. In realtà quel che spesso è loro rimproverato, nonché arbitrariamente sanzionato, è il ripristino della logica nel ragionamento.

13 novembre 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 12 nov 2019


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
La Turquie expulsera les jihadistes de Daesh à partir du 11 novembre
 

 
Les banques libanaises priées de se recapitaliser
 

 
Les USA pourront conserver leur position de 1er producteur de pétrole
 

 
Réouverture en trompe-l'œil des banques libanaises
 

 
Les États-Unis se dissocient du négationnisme turc
 

 
Démission de Saad Hariri
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Mike Pompeo sur le retrait des États-Unis de l'accord de Paris
 

 
Réaction turque à la proposition française d'interdiction du port du foulard durant les sorties scolaires
 

 
Intervention de Jean-Yves Le Drian à l'Assemblée nationale sur l'offensive militaire turque dans le nord-est syrien
 

 
Donald Trump sur la mort d'Abou Bakr al-Baghdadi
 

 
Mike Pompeo sur la mort d'Abou Bakr Al-Baghdadi
 

 

« Horizons et débats », n°24, 11 novembre 2019
Le capitalisme à Hong Kong
Partenaires, 11 novembre 2019

« Horizons et débats », n°23, 28 novembre 2019
Trump contre la guerre
Partenaires, 11 novembre 2019
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12 novembre 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 12 nov 2019

Rete Voltaire
Focus




In breve

 
Dall'11 novembre la Turchia espellerà gli jihadisti di Daesh
 

 
Gli Stati Uniti potrebbero conservare l'attuale posizione di primo produttore mondiale di petrolio
 

 
L'illusoria riapertura delle banche libanesi
 
Controversie

 
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11 novembre 2019

La stampa australiana contro la censura del governo


La stampa australiana ha annerito i caratteri di stampa delle prime pagine e fatto annunci sulle reti televisive per protestare contro l’applicazione della legge sulla censura.
Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito hanno una legislazione molto stringente a protezione dei segreti di Stato.
Non si sente mai parlare, e a ragione, di censura governativa in questi Paesi, cionondimeno essa è molto frequente.
Tre giornalisti sono perseguiti per aver rivelato che: − il governo aveva intenzione di utilizzare gli strumenti d’intercettazione dei “Cinque Occhi” (i quattro Paesi di cui stiamo parlano e gli Stati Uniti) per spiare i cittadini australiani; − le forze speciali australiane hanno commesso crimini di guerra in Afghanistan.

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08 novembre 2019

François Hollande è il primo a riconoscere la sconfitta


L'ex presidente francese François Hollande ha per primo riconosciuto la sconfitta del vecchio mondo. In un’intervista all’AFP ha dichiarato:
«Cos’è accaduto in questa fase, forse l’ultima, del conflitto siriano? Hanno vinto tutti coloro cui si voleva impedire il trionfo: il regime di Bashar; la Turchia, che in realtà vuole dare la caccia ai kurdi, nostri alleati; infine Vladimir Putin, che è il pacificatore e i cui soldati sono andati, peraltro nello stesso tempo degli iraniani, a proteggere e salvare il regime di Bashar al-Assad».
François Hollande osserva la crisi del mondo occidentale, il cui principale leader, il presidente USA Donald Trump, ha deciso di non stare più al gioco:
«Siamo davanti a un problema della massima importanza per il futuro della NATO: come fidarsi del presidente americano Donald Trump?».

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06 novembre 2019

L’alba del nuovo mondo, di Thierry Meyssan


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Re Salman riceve il presidente Vladimir Putin, il pacificatore.


Thierry Meyssan rileva l’estrema gravità, non già del ritiro degli Stati Uniti dalla Siria, bensì del crollo dei paradigmi del mondo attuale. Secondo l’autore, stiamo entrando in un breve periodo di transizione durante il quale gli attuali padroni del gioco – i “capitalisti finanziari” che, secondo Meyssan, non sono imparentati né con il capitalismo né con le banche delle origini – saranno messi da parte a tutto vantaggio del primato del diritto, secondo le normeformulate dalla Russia nel 1899.
Stiamo vivendo uno di quei momenti che capitano soltanto una o due volte in un secolo. Sta nascendo un nuovo ordine mondiale. Tutti i punti di riferimento validi fino a oggi stanno sparendo. È il trionfo di chi, prima alla gogna, ora s’impone; è la discesa agl’inferi di chi prima governava. Le dichiarazioni ufficiali e le interpretazioni giornalistiche non rispecchiano, con ogni evidenza, gli eventi che si concatenano. I commentatori, per non essere travolti dal vortice della storia, devono cambiare al più presto i loro schemi mentali, sino a sconvolgerli completamente.
A febbraio 1943 la vittoria sovietica sul Reich nazista segnò il rovesciamento delle sorti della seconda guerra mondiale. Quel che seguì fu ineluttabile. Si dovette attendere lo sbarco degli anglo-statunitensi in Normandia a giugno 1944, la conferenza di Yalta a febbraio 1945, il suicidio del cancelliere Hitler a febbraio 1945 e, infine, la capitolazione del Reich l’8 maggio 1945 per veder sorgere un mondo nuovo.
In un anno, da giugno 1944 a maggio 1945, il Grande Reich fu sostituito dal duopolio URSS-Stati Uniti. Dodici anni dopo Regno Unito e Francia, all’epoca ancora le prime potenze mondiali, avrebbero assistito alla decolonizzazione dei loro imperi.
Oggi stiamo vivendo un momento analogo.
Ogni periodo storico ha il proprio sistema economico e per proteggerlo costruisce una sovrastruttura politica. Con la fine della guerra fredda e lo smembramento dell’Unione Sovietica, il presidente Bush padre smobilitò un milione di militari e affidò il perseguimento della prosperità degli Stati Uniti ai padroni delle multinazionali. Costoro si allearono con Deng Xiaoping, delocalizzarono posti di lavoro in Cina, facendola diventare l’officina del mondo. Invece di portare prosperità ai cittadini, le multinazionali si accaparrarono i profitti, causando la progressiva e lenta sparizione delle classi medie occidentali. Nel 2001 le multinazionali statunitensi finanziarono gli attentati dell’11 settembre, al fine d’imporre al Pentagono la strategia Rumsfeld/Cebrowski di distruzione delle strutture statali. Il presidente Bush figlio trasformò il Medio Oriente Allargato nel teatro di una “guerra senza fine”.
La liberazione in una settimana di un quarto di territorio siriano non è soltanto la vittoria del presidente Bashar al-Assad – “l’uomo che deve andarsene” ormai da otto anni – segna altresì lo smacco della strategia militare finalizzata a consolidare la supremazia del capitalismo finanziario. Quel che sembrava inimmaginabile è accaduto. L’ordine del mondo si è ribaltato. Il seguito è ineluttabile.
L’accoglienza in pompa magna del presidente Vladimir Putin in Arabia Saudita ed Emirati Arabi è sintomo dello spettacolare capovolgimento delle potenze del Golfo, che hanno cominciato a spostarsi nel campo russo.
Anche l’altrettanto spettacolare redistribuzione delle carte in Libano sancisce lo smacco politico del capitalismo finanziario. In un Paese dollarizzato, dove non si trova un dollaro da oltre un mese, dove le banche chiudono gli sportelli e i prelievi bancari sono soggetti a limiti, non saranno le manifestazione contro la corruzione a fermare il rovesciamento del vecchio ordine.
Le convulsioni del vecchio ordine si allargano. La responsabilità della rivolta popolare contro le misure imposte dal capitalismo finanziario viene addossata dal presidente ecuadoregno, Lenin Moreno, al predecessore, Rafael Correa, nonché al presidente venezuelano Nicolás Maduro, emblema della resistenza a questa forma di sfruttamento dell’uomo. Ebbene, Correa vive in esilio in Belgio, Maduro non esercita alcuna influenza in Ecuador.
Il Regno Unito ha già fatto ripiegare le forze speciali dalla Siria e sta tentando di uscire dallo Stato sovranazionale di Bruxelles, l’Unione Europea. Dopo il progetto di Theresa May che conservava il Mercato Comune, il Paese, con il progetto di Boris Johnson, vuole rompere ogni legame con l’istituzione europea. Dopo gli errori di Nicolas Sarkozy, François Hollande ed Emmanuel Macron, la Francia ha perso repentinamente credibilità e influenza. Gli Stati Uniti di Donald Trump vogliono cessare di essere la “nazione indispensabile”, il “gendarme del mondo” al servizio del capitalismo finanziario, per diventare una grande potenza economica. Ritirano l’arsenale nucleare dalla Turchia e si apprestano a chiudere il CentCom in Qatar.
La Russia, riconosciuta da tutti come Paese “pacificatore”, sta facendo trionfare il diritto internazionale, cui essa stessa diede vita convocando nel 1899 la Conferenza Internazionale dell’Aia per la Pace, e i cui principi i membri della NATO hanno calpestato.
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La Conferenza Internazionale dell’Aia per la Pace del 1899, le cui implicazioni saranno comprese solo dopo oltre un secolo.
Così come la seconda guerra mondiale mise fine alla Società delle Nazioni per far nascere l’ONU, il mondo nuovo che sta per sorgere darà probabilmente vita a una nuova organizzazione internazionale, fondata sui principi della Conferenza del 1899, voluta dallo zar Nicola II e dal premio Nobel per la Pace, il francese Léon Bourgeois. Per far questo saranno però necessari lo scioglimento della NATO – che tenterà di sopravvivere allargandosi nel Pacifico – e quello dell’Unione Europea, Stato-rifugio del capitalismo finanziario.
Bisogna capire bene quanto sta accadendo. Stiamo entrando in un periodo di transizione. Nel 1916 Lenin diceva che l’imperialismo era lo stadio supremo del capitalismo, di quel capitalismo che fecero sparire le due guerre mondiali e la crisi della borsa del 1929. Il mondo di oggi è quello del capitalismo finanziario, quella forma di capitalismo che devasta, una a una, ogni economia a vantaggio di pochi super-ricchi. Il suo stadio supremo suppone la divisione del mondo in due campi: da un lato i Paesi stabili e mondializzati, dall’altro le regioni del mondo deprivate delle strutture statali, ridotte a semplici riserve di materie prime. Questo modello – contestato dal presidente Trump negli Stati Uniti, dai Gilet Gialli in Europa e dalla Siria in Levante – agonizza sotto i nostri occhi.

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31 ottobre 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 30 ott 2019


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
L'esecuzione di Abu Bakr al-Baghdadi
 

 
Lo Hezbollah destabilizzato
 

 
La Germania vuole impegnarsi militarmente nel Medio Oriente Allargato
 

 
La geografia del Levante completamente modificata
 

 
La NATO sul punto d'implodere
 

 
L'imperialismo tedesco può sostituirsi a quello statunitense?
 

 
La Siria recupera i propri giacimenti petroliferi
 

 
La Russia richiama la Turchia al rispetto degli impegni
 

 
La stampa australiana contro la censura del governo
 

 
François Hollande è il primo a riconoscere la sconfitta
 
Controversie

 
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30 ottobre 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 30 ott 2019


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Les États-Unis se dissocient du négationnisme turc
 

 
Démission de Saad Hariri
 

 
L'exécution d'Abou Bakr al-Baghdadi,
 

 
Le Hezbollah déstabilisé
 

 
L'Allemagne cherche à s'investir militairement au Proche-Orient élargi
 

 
La géographie du Levant totalement modifiée
 

 
L'Otan sur le point d'imploser
 

 
L'impérialisme allemand peut-il remplacer celui des États-Unis ?
 

 
La Syrie récupère ses champs pétroliers
 

 
La Russie rappelle la Turquie au respect de ses engagements
 

 
La presse australienne contre la censure gouvernementale
 

 
Le premier, François Hollande reconnaît la défaite
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Donald Trump sur la mort d'Abou Bakr al-Baghdadi
 

 
Mike Pompeo sur la mort d'Abou Bakr Al-Baghdadi
 

 
Mémorandum d'accord entre la Turquie et la Fédération de Russie
 

 
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