20 gennaio 2020

Si prepara una nuova guerra di Thierry Meyssan



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Il presidente Fayez Al-Sarraj mette a punto il piano d’intervento turco con il sottosegretario alla Difesa, generale di brigata Salah Al-Namroush.


L’arrivo in Libia di nuove armi e di altri combattenti preannuncia una nuova guerra contro la popolazione. Dopo l’attacco della NATO, compiuto in conformità alla strategia della guerra senza fine di Rumsfeld/Cebrowski; in realtà la situazione non s’è mai acquietata. Compiendo un ulteriore passo i protagonisti, lungi dal risolvere alcunché, estenderanno l’area del conflitto.

Tutti sono d’accordo nel riconoscere che la drammatica situazione della Libia e del Sahel è conseguenza dell’intervento illegale della NATO del 2011. Eppure pochi hanno analizzato questo periodo e si sono sforzati di capire come si è arrivati al conflitto attuale. In assenza di ponderazione, ci avvieremo verso una nuova catastrofe.
È importante tener presente alcuni fatti, che invece ci ostiniamo a non ricordare: – La Jamahiriya libica, istituita con un colpo di Stato eccezionalmente poco cruento, non è stata la presa di potere d’un dittatore nevrotico, ma un atto di liberazione nazionale dall’imperialismo britannico. È stata anche espressione di volontà di modernizzazione, concretizzatasi nell’abolizione della schiavitù, nonché un tentativo di riconciliazione delle popolazioni arabe e nere africane. – La società libica è organizzata in tribù. È perciò impossibile, di fatto, instaurarvi la democrazia. Muammar Gheddafi aveva strutturato la Jamahiriya Araba Libica sul modello delle comunità immaginate dai socialisti utopici francesi del XIX secolo: una vita democratica a livello locale, abbandonando però l’ideale democratico a livello nazionale. Del resto, la Jamahiriya è morta per assenza di una politica di alleanze, dunque per non aver potuto difendersi. – La Coalizione che ha attaccato la Libia era guidata dagli Stati Uniti, che per tutto il conflitto hanno nascosto agli alleati il loro vero obiettivo e li hanno messi di fronte al fatto compiuto (leading from behind). Per mesi hanno proclamato che un intervento della NATO era fuori questione: eppure è stata quest’ultima a comandare le operazioni. Mai Washington ha cercato di proteggere i civili, né d’installare un governo al proprio servizio: ha voluto invece issare rivali al potere e impedire con ogni mezzo la pace (dottrina Rumsfeld/Cebrowski). – Mai c’è stata rivoluzione popolare contro la Jamahiriya, bensì l’entrata in azione di Al Qaeda in loco, il rinnovarsi della frattura tra Cirenaica e Tripolitania, e infine l’intervento coordinato dalla NATO (gli Alleati dal cielo, la tribù dei Misurata e le Forze speciali del Qatar al suolo).
La rivalità tra il governo di Tripoli e quello di Bengasi ha origine dalla divisione del Paese in due Stati, Tripolitania e Cirenaica, antecedente il 1951, nonché dal rinfocolarsi di questa divisione, grazie all’aggressione della NATO. Al contrario di quanto viene spontaneo pensare, per ristabilire la pace non bisogna sostenere un campo perché abbia il sopravvento sull’altro, bensì fare in modo che i due campi si uniscano contro i nemici del Paese.
Al momento il governo di Tripoli è sostenuto da ONU, Turchia e Qatar; quello di Bengasi da Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Francia e Russia. Coerenti con la propria strategia, gli Stati Uniti sono l’unico Paese a sostenere entrambe le parti, affinché si combattano tra loro per un tempo indefinito.
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Risoluzione della Grande Assemblea Nazionale turca che autorizza il dispiegamento di truppe in Libia.
Il 2 gennaio 2020 la Grande Assemblea Nazionale ha adottato ad Ankara un provvedimento che autorizza l’intervento militare turco. L’atto può essere interpretato in tre modi, che si sommano: – La Turchia appoggia la Confraternita dei Fratelli Mussulmani al potere a Tripoli. Ciò spiega il sostegno al governo di Tripoli anche del Qatar (favorevole alla Confraternita), nonché l’opposizione di Egitto, Emirati e Arabia Saudita. – La Turchia dà corso alle proprie ambizioni regionali appoggiandosi ai discendenti degli antichi soldati ottomani di Misurata. – La Turchia utilizza gli jihadisti che non è più in grado di proteggere a Idlib (Siria). Per questa ragione li sta trasferendo in Tripolitania per poi partire all’assalto di Bengasi.
Sul piano del diritto internazionale l’intervento turco è legale e si fonda sulla richiesta del governo di Tripoli, legalizzato dall’accordo di Skhirat (Marocco) del 17 dicembre 2015, e sulla risoluzione 2259 del 23 dicembre 2015. Ogni altro intervento estero è invece illegale, benché il governo di Tripoli sia formato da Fratelli Mussulmani, Al Qaeda e Daesh. Si assiste perciò a un’inversione dei ruoli: i progressisti si trovano ora nell’Est della Libia, i fanatici nell’Ovest.
Per il momento, schierati con il governo di Tripoli non ci sono che pochi soldati turchi, ma con Bengasi ci sono soldati egiziani, francesi, russi e degli Emirati. L’annuncio dell’invio ufficiale di altri soldati turchi non muterà l’equilibrio, mentre il trasferimento di jihadisti può coinvolgere centinaia di migliaia di combattenti e rovesciare lo scacchiere.
Ricordiamo che, diversamente dalla narrazione occidentale, sono combattenti libici di Al Qaeda – non già disertori siriani – ad aver creato agli inizi della guerra contro la Siria l’Esercito Siriano Libero. È prevedibile che ora si apprestino al viaggio di ritorno.
Per ora solo le milizie siriane turcomanne e la Legione del Levante (Faylaq al-Sham) si sono messe in movimento: circa cinquemila combattenti. Se la migrazione degli jihadisti prosegue attraverso la Tunisia potrebbe durare diversi anni, fino alla liberazione completa del governatorato di Idlib. Sarebbe un’eccellente notizia per la Siria, ma una catastrofe per la Libia, in particolare, e per il Sahel in generale.
Si ripresenterebbe in Libia la stessa situazione della Siria: gli jihadisti sostenuti dalla Turchia e le popolazioni locali sostenute dalla Russia; le due potenze attente a non affrontarsi direttamente, fintantoché la Turchia è membro dell’Alleanza Atlantica.
Installandosi a Tripoli, la Turchia controllerà anche il secondo flusso di migranti, quello verso l’Unione Europea. Potrà perciò rafforzare il ricatto che già esercita su Bruxelles grazie alle migrazioni dalla Turchia.
In assenza di frontiere fisiche, gli eserciti jihadisti sicuramente deborderanno nel deserto, passando dalla Libia all’insieme del Sahel. Renderanno i Paesi del G5-Sahel (Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad) ancora più dipendenti dalle forze antiterroriste francesi e dall’AfriCom. Minacceranno l’Algeria, ma non la Tunisia, già in mano ai Fratelli Mussulmani e gestore del transito di jihadisti a Djerba.
Le popolazioni sunnite del Sahel saranno allora epurate e i cristiani espulsi, come lo furono i cristiani d’Oriente.
Verrà il momento in cui gli eserciti jihadisti attraverseranno il Mediterraneo; le isole italiane (in particolare Lampedusa) e Malta si trovano a 500 miglia nautiche. In virtù dei Trattati dell’Alleanza Atlantica e di Maastricht, la VI flotta USA interverrà immediatamente per respingerli, ma il caos si propagherà inevitabilmente all’Europa Occidentale.
Agli europei che rovesciarono la Jamahiriya Araba Libica non resteranno che gli occhi per piangere.

18 gennaio 2020

EFFector List 18 gen 2020: Don't Sell Out Nonprofits


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Don't Sell Out Nonprofits - EFFector 32.18

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A new report, called Out of Control: How Consumers Are Exploited by the Online Advertising Industry, published by the Norwegian Consumer Council (NCC), looks at the hidden side of the data economy and its findings are alarming. The NCC report shows that a huge surveillance industry has built up around us. Instead, we need a user-oriented tech ecosystem that does not treat user data like a free resource to be exploited. To build alternative solutions to the incumbent online advertising systems, we need new laws that create strong privacy rights.

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In January, EFF filed an amicus brief asking the court to reject trademark protection for "Booking.com," pointing out that other travel companies that use variations of the word "booking" in their domain names could face legal threats if the mark were granted.
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A recent constitutional challenge launched by a coalition of activist and media groups could change mass surveillance in Germany. Will the court's decision have any impact on surveillance in the United States?
If 2018 was the year of communities standing together in the fight for democratic control over whether or not police may acquire surveillance technology, 2019 was the year that many of these same communities led the charge to ban government face surveillance. 

Announcements

January 21, 2020 - 6:00pm
Portland, OR
Smart City PDX is preparing two separate ordinances to ban face recognition — one for public agencies and another for private entities — and both are tentatively scheduled for City Council hearings this spring. Bring your questions and join the discussion!
January 24, 2020 - 9:00am to 11:00am
Los Angeles
Location: ICANN, 12025 E Waterfront Dr, Playa Vista, CA 90094
Don't let a private equity firm take over .ORG! On Friday, January 24th, join EFF, NTEN, Fight for the Future, Demand Progress, and other nonprofits for a rally outside ICANN's offices in Los Angeles. We'll be delivering our petition, signed by over 21,000 individuals and 600 organizations and NGOs, to ICANN staff. This is an important moment in the SaveDotOrg campaign and we want you to join us!
January 25, 2020 - 2:20pm
Oakland, CA
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Cell phones often act like an extension of ourselves, so security is of growing importance. What happens when law enforcement wants to see your phone? How can you browse on your phone more safely?  
January 28, 2020 - 7:00pm
San Francisco
Hyatt Regency San Francisco
5 Embarcadero Center
San Francisco, CA 94111
At USENIX's Enigma 2020 Conference, please join the Coalition Against Stalkerware for a conversation about how online tools can perpetuate harassment, stalking, abuse,  violence, and, most importantly, the role of Silicon Valley technologists and companies in addressing the intimate partner threat model.
January 31, 2020 - 12:00pm to February 2, 2020 - 2:00pm
Washington, DC
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17 gennaio 2020

Tesla, fine anno record in Borsa


Tesla è stata forse la più grande rivelazione tra i costruttori automobilistici dell’ultimo decennio. La società di Elon Musk - tra i ceo più anticonformisti in circolazione - sta battendo ogni record possibile e si prepara a chiudere il 2019 con una serie di risultati positivi.
Nel 2020 si aggiungono due nuovi modelli alla gamma: oltre a Model 3, S e X arriverà la crossover compatta Model Y. Bisognerà attendere invece l'avvio di produzione del 2021 per il Cybertruck: il pickup, secondo quanto dichiarato da Musk, ha già ricevuto preordini per oltre 200mila unità.
Il titolo in Borsa del costruttore ha raggiunto - nel momento in cui scriviamo - il valore massimo di oltre 419 dollari ad azione che ha permesso di raggiungere una capitalizzazione di più di 73 miliardi di dollari: una cifra enorme, che supera il valore del nuovo gruppo Fca-Psa (circa 50 miliardi), del doppio quello di Ford (37 miliardi di dollari) e del 37% quello di General Motors, fermandosi al terzo posto dopo Toyota (230 miliardi) e Volkswagen (98 miliardi).

Azioni a un +1.190% dal 2010 

Nel terzo trimestre di quest’anno Tesla ha guadagnato circa 1,89 dollari ad azione andando contro le previsioni della maggior parte degli analisti che stimavano una perdita di circa 0,24 centesimi per ognuna. Sale di conseguenza anche la fiducia degli investitori: da giugno le vendite allo scoperto delle azioni Tesla sono diminuite di circa il 20%, attestandosi intorno al 9,2%, un valore ancora alto ma in costante calo.
Il titolo del costruttore californiano ha guadagnato il 22% quest'anno, superando la media del 14% raggiunta dalle 10 maggiori case automobilistiche al mondo. Il dato che impressiona di più è forse quello della crescita registrata dalla “prima volta” sul mercato nel 2010: da quel giorno il valore è salito del 1.190%.

16 gennaio 2020

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 14 gen 2020


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
L'ONU sospende il diritto di voto di sette Stati
 

 
Twitter chiude account ufficiali venezuelani
 

 
In Venezuela Juan Guaidó persevera
 

 
Vladimir Putin a Damasco
 

 
Una fazione iraniana offre 80 milioni di dollari per assassinare Donald Trump
 

 
Juan Guaidó perde la legittimità
 

 
La NATO sospende le attività in Iraq
 

 
La giustificazione USA dell'assassinio del generale Soleimani
 

 
Medio Oriente e Stati Uniti in allerta
 
Controversie

 
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15 gennaio 2020

Blog Emanuela Orlandi: Laura Sgrò al Papa: “Risponda a richiesta verità”

Le privatizzazioni ci stanno riportando al Feudalesimo


L’America è il paese degli scandali. L’ultimo è l’uso da parte del multi-miliardario ebreo Mike Bloomberg di call center operati da carcerati per la pubblicità della sua campagna presidenziale.
A me sembra che lo scandalo sia l’attacco di Bloomberg alla Costituzione americana, non il suo utilizzo del lavoro carcerario. Bloomberg vuole abrogare il Secondo Emendamento e disarmare il popolo americano, proprio nel momento in cui il paese sta crollando spiritualmente, moralmente, economicamente e politicamente.
In un passato non lontano, avevo riferito sull’uso diffuso del lavoro penitenziario da parte delle principali aziende statunitensi e del Dipartimento della Difesa. Apple è una di queste aziende e stivali e abbigliamento per i militari vengono prodotti facendo lavorare i detenuti. Chiaramente, le autorità hanno legittimato le carceri private e l’appalto del lavoro penitenziario a basso costo ad entità private che lo utilizzano a scopo di lucro.
Bloomberg, secondo The Intercept, vale 54 miliardi di dollari ed Apple molto di più, almeno in base al mercato azionario. Se Apple può usare il lavoro dei carcerati, perché non può farlo Bloomberg?
Sono gli appaltatori che affittano i detenuti-lavorari a Bloomberg, ad Apple, al Dipartimento della Difesa, quelli che ci guadagnano. Incassano il salario minimo statale per i lavori penitenziari, mentre i carcerati sono retribuiti con pochi dollari al mese.
In passato, e forse ancora oggi in alcune regioni del paese, i detenuti lavoravano alla manutenzione delle strade pubbliche e non venivano pagati. Quindi, secondo logica, non c’è nulla di nuovo nell’utilizzo del lavoro carcerario. Questa argomentazione non tiene conto del fatto che, in precedenza, i detenuti lavoravano per la comunità, che, a sua volta, pagava le spese della loro incarcerazione. Oggi lavorano per le aziende private e generano profitti per le aziende private.
Quello che stiamo vivendo è il ritorno del Feudalesimo. Ecco come funziona il sistema penitenziario privato: lo stato arresta la gente e la incarcera nelle prigioni private. Lo stato poi usa i soldi dei contribuenti per pagare le aziende private che gestiscono queste prigioni. Questi centri di detenzione privati affittano il lavoro dei prigionieri ad altre società private che, a loro volta, rivendono i prodotti di questo lavoro a multinazionali e ad enti governativi sulla base del salario minimo sindacale.
Questo totale sfruttamento del lavoro è perfettamente legale. Ma non è diverso dai signori feudali che mettevano sotto servaggio gli uomini liberi e si appropriavano del loro lavoro. Il 96% circa dei carcerati non ha mai ricevuto un processo. Sono stati costretti ad autoincriminarsi, accettando un “patteggiamento,” per evitare una punizione più severa. Il restante 4%, se ha avuto un processo, non si è trattato di un processo equo, perché i processi equi non garantiscono le massime percentuali di condanne e le carriere dei funzionari di polizia, dei pubblici ministeri e dei giudici vengono prima della giustizia.
Oggi, una pena detentiva andrebbe considerata alla stregua di un servaggio, anche più pesante di quello dell’era feudale. All’inizio del periodo feudale esisteva ancora una certa reciprocità. Gli uomini liberi, che coltivavano i propri terreni, non avevano protezione contro le bande dei predoni, Vichinghi, Saraceni, Magiari, ed entravano al servizio di un signore in grado di dar loro la protezione di una fortezza e dei cavalieri con la corazza. La reciprocità era terminata con la fine delle incursioni, con gli ex-uomini liberi sotto servaggio e debitori verso il signore di un terzo di tutto il loro lavoro. Il servo della gleba di oggi deve dare alla prigione privata tutto il suo lavoro .
Le privatizzazioni sono il canto delle sirene dei libertari fautori del libero mercato. Hanno però bisogno di un’analisi più attenta di quella fatta dai libertari, visto che, nella maggior parte dei casi, le privatizzazioni avvantaggiano gli interessi privati a spese dei contribuenti. Nel caso delle carceri privatizzate, i contribuenti forniscono profitti alle società private che gestiscono le carceri. Queste aziende guadagnano ulteriormente affittando il lavoro dei prigionieri. Le grandi multinazionali beneficiano del basso costo del lavoro. Forse questo è un motivo per cui gli Stati Uniti hanno non solo la più alta percentuale di popolazione carceraria, ma anche il più alto numero di detenuti in assoluto. L’America ha più persone in carcere di quante ne abbia la Cina, un paese la cui popolazione è quattro volte maggiore.
Anche la privatizzazione del settore pubblico è ben avviata. Prendete in considerazione l’esercito americano. Molte attività precedentemente svolte dagli stessi militari sono ora affidate a società private. I cuochi dell’esercito e la corvè cucina sono spariti. Anche il settore rifornimenti è stato dato in appalto. Ho letto che persino la vigilanza armata nelle basi militari è fornita da compagnie private. Tutti questi esempi rappresentano l’uso del denaro pubblico per la creazione di profitti privati, tramite l’esternalizzazione di quelle che dovrebbero essere le funzioni di un governo. La privatizzazione dei servizi dell’esercito è una delle ragioni per cui le spese degli Stati Uniti nel settore della difesa sono così elevate.
In Florida, da circa tre anni, l’ispettorato della motorizzazione ha smesso di inviare le etichette per il rinnovo della validità delle targhe. Il governo dello stato lo ha affidato invece ad una società privata. Lo ricordo bene, perchè il mio rinnovo era arrivato di venerdì e il mio permesso era scaduto il lunedì precedente. Avevo chiesto alla motorizzazione perché il rinnovo fosse arrivato così in ritardo. La risposta era stata che i politici avevano esternalizzato il servizio rinnovi ai loro grandi amici e finanziatori.
Sempre in Florida, succedeva che, nel caso di una multa per un’infrazione al codice della strada, si poteva contestarla andando in tribunale o pagarla inviando direttamente un assegno. Oggi si può ancora andare in tribunale, o in un’autoscuola privata, ma non si può più spedire un assegno. Bisogna pagare con un assegno certificato da una banca o con un vaglia postale. Per evitare tempo e problemi, si può pagare con la carta di credito, ma anche quel servizio è stato privatizzato e la commissione per la comodità di utilizzare una carta di credito è abbastanza salata. In altre parole, i politici hanno creato un’altra società privata nella quale incanalare fondi statali, che poi vengono girati allo stato, non prima però che la società privata abbia riscosso la sua commissione sulla transazione elettronica.
Le privatizzazioni delle società pubbliche, spinte forse dagli oneri di segnalazione che la legge Sarbanes-Oxley impone alle società pubbliche, insieme alle fusioni, hanno ridotto il numero di società private di oltre la metà, tra il 1997 e il 2017. Vi sono ancora abbastanza aziende per un portafoglio azionario pensionistico diversificato. Tuttavia, le scelte si stanno restringendo. Se questo processo continua, le persone in cerca di investimenti favoriranno rapporti prezzo/utili più elevati anziché avere un portafoglio pensionistico vuoto.
In sostanza, le privatizzazioni delle funzioni pubbliche sono un modo per trasformare i pagamenti delle tasse in profitti per gruppi privati particolari. L’affermazione secondo cui le privatizzazioni riducono i costi è falsa. Aggiungendo ulteriori passaggi che generano profitti privati, le privatizzazioni aumentano i costi. Nella maggior parte dei casi, le privatizzazioni sono un modo per favorire chi è ben ammanigliato.
Le privatizzazioni, oltre a creare flussi di reddito per interessi privati, creano anche ricchezza privata trasferendo beni pubblici in mani private a prezzi sostanzialmente inferiori al valore di mercato. Questo è stato certamente il caso delle privatizzazioni delle società statali britanniche e francesi e del servizio postale britannico. Le privatizzazioni forzate imposte alla Grecia dall’UE hanno creato ricchezza per gli Europei del nord a spese della popolazione greca.
In una parola, le privatizzazioni sono un metodo di saccheggio. Dal momento le opportunità per un profitto onesto sono sempre di meno, si fanno strada le razzie. Aspettatevene sempre di più.
Aggiornamento: un lettore sottolinea che la popolazione carceraria degli Stati Uniti è superiore di 21.100 unità rispetto alle popolazioni carcerarie combinate di Cina e India, i due maggiori paesi in termini di popolazioni che, sommate tra loro, sono otto volte quella degli Stati Uniti.
Paul Craig Roberts

13 gennaio 2020

Wall Street golpista: ancora al potere i killer di Kennedy

Mathias Broeckers C'era un patto segreto tra Kennedy e Khruscev: mettere fine alla guerra fredda, disarmare i missili nucleari e collaborare persino nelle missioni spaziali. L'uccisione di Jfk mise fuori combattimento anche il leader sovietico. Da allora, per decenni, sia a Mosca che a Washington hanno comandato i falchi. Chi erano, negli Usa? Politici, ma in realtà emissari dell'élite finanziaria: Wall Street. Con alle spalle personaggi oscuri, già in affari con la Germania nazista, che dopo la guerra reclutarono nei loro servizi segreti la crema dell'apparato hitleriano di intelligence. Lo sostiene il giornalista investigativo tedesco Mathias Broeckers, autore di un nuovo dirompente libro-inchiesta sulla fine di John Fitzgerald Kennedy: nel 1963, dice Broeckers, è come se fosse finita la democrazia americana, congelata da un colpo di Stato. «In America, la democrazia effettiva tornerà solo quando verrà completamente "sdoganata" la verità sull'omicidio di Dallas». Un giallo per il quale l'allora braccio destro di Nixon, Roger Stone, oggi accusa nientemeno che l'ex presidente George Bush, uomo di Wall Street e dei petrolieri texani. Suo figlio, George Walker, gestirà poi l'altro grande "terremoto opaco" destinato a cambiare il mondo, l'11 Settembre.
La Cia, dichiara Broeckers in una lunga intervista concessa a Lars Schall e riportata su "Come Don Chisciotte", era in realtà uno strumento degli interessi finanziari fin dall'inizio.  Missione dell'intelligence: operazioni segrete, di cui informare – non sempre, e non completamente – il presidente. «Dal momento che il "padre" della Cia Allen Dulles era un avvocato di Wall Street e suo fratello John Foster guidava la politica estera, le operazioni sotto copertura sono state un affare di famiglia gestito dai fratelli Dulles e i loro clienti di Wall Street. Questo è quello a cui Jfk cercò di porre termine e quello che lo ha condannato a morte». I clienti Dulles, aggiunge Broeckers, erano i banchieri e le grandi società, che erano in ottimi rapporti d'affari con la Germania nazista negli anni '30 e anche durante la guerra. «Alcuni di loro, come Prescott Bush – nonno di George W. – sono stati incriminati per "aver collaborato con il nemico".
E Allen Dulles, capo della Oss in Svizzera durante la guerra, ha organizzato un sacco di questi rapporti», compresa «l'integrazione segreta del capo delle spie naziste Reinhard Gehlen e di alcune centinaia di suoi ufficiali delle Ss nell'esercito degli Stati Uniti», per la costituzione dell'apparato Cia. Tutto questo, Dulles l'ha fatto «in privato, senza alcuna posizione ufficiale», tra il 1945 e il 1947, «dal suo ufficio al "Council on Foreign Relations"». E' funque «una perfetta ironia, o meglio un grande cinismo», il fatto che sia stato il pupazzo dei petrolieri del Texas, Lyndon Johnson, a incaricare Allen Dulles, nemico di Kennedy, per gestire la Commissione Warren, incaricata di fingere di indagare sull'attentato. «Dal momento che aveva funzionato così bene ci hanno riprovato, questa volta senza successo», quando hanno tentato di Henry Kissingerpiazzare "Bloody Henry" Kissinger alla guida della commissione d'inchiesta per l'11 Settembre. 
Il blackout democratico dell'America comincia dunque il 22 novembre 1963. Per un motivo molto preciso, secondo Broeckers: dopo lo stop dei test nucleari, Jfk aveva annunciato ai suoi confidenti che sarebbe andato a Mosca, dopo la rielezione, per negoziare un trattato di pace. In pubblico aveva già annunciato di voler fermare la corsa agli armamenti, al fine di porre fine alla guerra fredda. In un memorandum della National Action Security aveva parlato di una collaborazione con i russi nello spazio. Dopo lo scambio di lettere segrete con Khruscev, che ha concluso la crisi dei missili, era in buoni rapporti con il leader sovietico, che al Cremlino aveva chiesto allo stesso modo il disarmo. La morte di Jfk ha incoraggiato gli estremisti sovietici a sbarazzarsi di lui. «Con Kennedy vivo, Khruscev sarebbe rimasto al potere e la guerra fredda avrebbe potuto essere conclusa negli anni '60. Ecco perché la morte di Jfk ha ancora importanza: è il crimine più importante della seconda metà del 20° secolo, è ancora irrisolto e ha segnato in un certo modo la fine della Repubblica americana. Da allora il complesso finanziario-militare-industriale ha comandato, e nessun presidente dopo Jfk ha avuto le palle per sfidarlo».
Il giornalista tedesco, che ha alle spalle decine di saggi e lavora attualmente per il quotidiano "Taz" e la webzine "Telepolis", insiste sulla ragione capitale – interamente geopolitica – dell'omicidio Kennedy: «Jfk aveva fatto passi definitivi per porre fine alla guerra fredda. Aveva negato il coinvolgimento dell'esercito nella Baia dei Porci, ereditato dal suo predecessore; aveva risolto la crisi dei missili a Cuba attraverso il contatto diretto e segreto con Khruscev; aveva assicurato uno stop ai test nucleari coi sovietici e aveva ordinato il ritiro dal Vietnam. Tutto questo contro la volontà dei militari, della Cia, e anche di molti membri della sua amministrazione». Era un uomo pieno di nemici: i "comunisti incalliti" in Russia, Cina e Cuba, ma anche gli israeliani, cui Jfk aveva dismesso le armi nucleari. Ce l'aveva con lui pure la Federal Reserve, a causa della sua idea di un nuovo dollaro "del governo", con copertura in argento, sottratto al controllo dei banchieri. E poi la mafia, a causa della sua rinuncia a invadere Cuba: le "famiglie" speravano di «riavere indietro i loro casinò e bordelli». Altri nemici, i sudisti razzisti, che non perdonavano a Kennedy l'impegno per i diritti civili. «Ma nessuno di loro – avverte Broeckers – aveva i mezzi e le opportunità per l'omicidio e, soprattutto, i mezzi per coprire il tutto negli anni». Chi aveva quei mezzi? Kennedy con Khruscev«Solo la Cia e l'esercito per la realizzazione, e l'Fbi e l'amministrazione Johnson per la copertura».
Ormai la verità sta venendo a galla, dopo decenni di reticenze e depistaggi. Le prime crepe negli anni '80, quando si è scoperto che erano falsi i tesserini dell'Fbi esibiti ai poliziotti sulla Dealey Plaza di Dallas. Responsabile della stampa di quei documenti era la "divisione tecnica" della Cia, presieduta da Sidney Gottlieb, famoso per il progetto "Mk ultra", attività di manipolazione mentale con ipnosi, sieri della verità, Lsd e messaggi subliminali. Tesserini falsi, su cui non indagarono mai né l'Fbi né la Commissione Warren. «Questo fatto da solo esclude che la mafia, i russi, i cubani, i cinesi o altri assassini autonomi abbiano fatto questo di proprio conto: e anche se questi gruppi fossero stati in grado di ottenere tesserini autentici dei servizi segreti, il fatto che questa contraffazione non sia stata investigata porta immediatamente l'Fbi di Hoover in cima agli indagati». Oggi, il team tecnico dell'Arrb (Assassination Records Review Board) ha stabilito al di là di ogni dubbio che l'autopsia e le radiografie di Kennedy, Il generale Curtis LeMaycustodite negli archivi nazionali, sono state manipolate: «Nessun mafioso, banchiere o cubano sarebbe stato in grado di farlo».
Quei falsi clamorosi, continua Broeckers, sono stati fabbricati all'ospedale militare di Bethseda, dove l'autopsia di Jfk è stata supervisionata da Curtis LeMay, il capo di stato maggiore dell'esercito americano, che era «uno dei nemici più accaniti di Jfk». LeMay era in vacanza a pescare, e quando ha avuto notizia della sparatoria di Dallas «è tornato a Washington subito – non per un'emergenza militare, ma per sedersi nella sala autopsie e fumarsi un sigaro», al cospetto del cadavere del suo nemico. Eppure, «le false immagini e radiografie, presentate da allora ad ogni ricercatore, sono una delle ragioni principali per cui la "teoria del proiettile magico" poteva reggere per così tanto tempo: solo i militari, da cui sono state fatte quelle foto e radiografie, erano in grado di organizzare quei falsi e metterli in archivio». Sempre grazie all'Arrb, ormai ci sono diverse prove che sia stato manipolato, il giorno dopo l'assassinio, persino il famoso filmato realizzato quel giorno a Dallas da un testimone, il sarto Abraham Zapruder, munito di cinepresa. «Tuttavia, anche l'attuale "originale" sembra mostrare chiaramente un colpo da davanti, dalla collinetta erbosa – dato che il falso non era perfetto». E il fatto che alla Commissione Warren sia stata mostrata solo una brutta copia in bianco e nero «indica che gli autori erano consapevoli di ciò». Altra prova della copertura: per anni, nessuno ha saputo che il film di Zapruder era stato poi acquistato dal gruppo Time/Life, esattamente come quello di un altro videomaker amatoriale, Orville Nix, il cui film è stato acquisito dalla United Press e fatto scomparire.
Il risultato della Commissione Warren è stato chiaro fin dall'inizio, perché la commissione non ha fatto nessuna indagine diretta e dipendeva interamente dai dati forniti dall'Fbi. «Hoover sapeva delle numerose tracce lasciate dalla Cia; nel caso, sapeva che avevano portato prove false di viaggi fatti da Oswald in Messico per accusarlo di essere comunista – e ha concluso, solo due giorni dopo la sparatoria, che a Dallas c'era solo il tiratore solitario Lee Harvey Oswald». Hoover odiava i Kennedy, in particolare il suo capo Robert Kennedy, ed era il responsabile principale dell'operazione congegnata per incastrare Oswald e coprire il caso. La Cia, aggiunge Broeckers, ha fabbricato le prove false per quella che Peter Dale Scott ("La politica sommersa e la morte di Jfk") chiama "la fase 1 della copertura", cioè il collegamento "comunista", quello che ha permesso a Lyndon Johnson – gridando al pericolo di una guerra nucleare – di premere sui membri della commissione per far loro prendere posizione e assicurarsi così il successo della "fase 2", Peter Dale Scottovvero il risultato della loro pseudo-inchiesta: lo "squilibrato" Oswald, un pazzo solitario.
«Tra tutti i crimini – osserva Broeckers – l'omicidio è quello con il maggior numero di casi risolti dai tribunali: non ci sarebbe stato alcun bisogno di tutte le coperture degli ultimi 50 anni se Lee Harvey Oswald fosse stato un pazzo solitario». Perché era necessario che Jack Ruby lo uccidesse? «Si conoscevano bene. E dato che Oswald era una risorsa di Fbi e Cia, doveva essere messo a tacere prima che potesse parlare». Ma attenzione: non c'era solo il piano per uccidere Kennedy a Dallas. Ce n'era almeno un altro, in programma per una visita di Kennedy a Chicago. «Era un complotto con evidenti parallelismi con quello di Dallas – un ex marine preparato come capro espiatorio, che ottenne un posto di lavoro in un edificio alto sul percorso che il corteo doveva percorrere un po' di settimane prima, e che si era addestrato con gli esuli cubani, come Oswald». Andò a monte. «Per caso, i tiratori scelti furono avvistati da un albergatore e la visita di Chicago fu annullata». Perché Jfk morì proprio il 22 novembre 1963? Il giornalista tedesco non ha dubbi: «Aveva fatto un cambiamento radicale, da presidente, verso una politica di riconciliazione e di pace. Aveva fatto arrabbiare i nemici, in campo militare Lucky Lucianoe nella Cia. E quando ha annunciato la fine della guerra fredda, nel suo discorso del 10 giugno 1963, si è condannato a morte».
Per il giornalista, questa motivazione è decisamente più forte di qualsiasi altra, compresa quella – pure rilevante – del coinvolgimento sistematico della mafia in parecchie operazioni targate Cia. «Dal "Progetto Luciano" nel 1943 – l'aiuto del boss della mafia imprigionato Lucky Luciano, all'invasione della Sicilia – la mafia è diventata lo strumento preferito della Cia per le operazioni segrete e per generare fondi neri dal business della droga: dovunque arrivava l'esercito Usa o la Cia stava facendo "cambiamenti di regime" – accusa Broecker – i soldi della droga erano essenziali per il finanziamento delle operazioni, dal Sud-Est asiatico negli anni '60 fino ad oggi in Afghanistan». E dal momento che l'agenzia governativa di Langley «non può vendere la "roba" direttamente, ha bisogno dei mafiosi per farlo, e ottenere la loro quota per finanziare i signori della guerra», chiamati a seconda dei casi "combattenti per la libertà" o "terroristi". Illuminante il caso di aziende come la Permindex, che è stata «una società di copertura per la Cia, l'Mi6 e il Mossad», perfettamente utile come «linea per il riciclaggio di denaro e il traffico d'armi». Continua Broecker: «Hanno lavorato insieme alla banca Meyer Lansky in Svizzera, che era gestita da Tibor Rosenbaum, che ha gestito la maggior parte del traffico d'armi del Mossad». Jim Garrison, il procuratore di New Orleans incaricato di indagare sull'omicidio Kennedy, stava andando nella giusta direzione? «Certo, perché Clay Shaw, proprietario del "New Orleans International Trade Mart" e uno dei direttori di Permindex, stava chiaramente lavorando con la Cia. Ecco perché il caso di Garrison è stato sabotato da Washington fin dall'inizio».
Determinante la disponibilità omicida dell'intelligence "deviata", e facilmente spiegabile: «Gli uomini dei servizi segreti erano per lo più sudisti, che rifiutavano profondamente la politica dei diritti civili di Jfk. Hanno gestito la sicurezza a Dallas in modo molto blando». Abraham Bolden, il primo afro-americano che Jfk aveva portato ai servizi segreti nel 1961, dice che quando ha provato a contattare la Commissione Warren per parlare dell'atteggiamento razzista dei suoi colleghi è stato incriminato da falsi testimoni corrotti e incarcerato. Oltre alla falsificazione dell'autospia e delle radiografie all'ospedale di Bethseda, i militari furono decisivi anche nell'alterare la testimonianza dei medici. Pressioni, depistaggi, manipolazioni. «I primi interrogatori di Marina Oswald non erano della polizia di Dallas, ma di ufficiali dell'intelligence militare, che hanno anche Il libro di Broeckersfornito un traduttore di dubbia serietà per le sue testimonianze e hanno contribuito in primo luogo a incastrare Oswald».
Da dove sono venuti i fondi per il colpo di Stato? Mathias Broeckers fa i nomi di due miliardari, i petrolieri texani Haroldson L. Hunt e Clint Murchison: «Sono i più probabili finanziatori, anche se non ci sono prove». Si sa che paragono di tasca loro l'annuncio sul giornale Dallas il giorno prima della visita, che indicava Kennedy come comunista e traditore. «Odiavano profondamente Jfk e avevano Lyndon Johnson in tasca, la loro assicurazione che tutto sarebbe stato coperto in modo corretto». Un nuovo e ben documentato libro di Richard Belzer ("Hit List") elenca 1.400 persone con una connessione con l'omicidio e, nei primi tre anni dopo l'assassinio, 33 di loro sono morti per cause non naturali. «La probabilità che questo accada per caso è di 1 su 137 miliardi». Ergo: l'unica spiegazione ragionevole è proprio quella del colpo di Stato, denunciato dallo stesso Gore Vidal quando dice che negli Usa ormai comanda «un sistema con un unico partito e due destre», sorretto dai grandi media che «fanno il lavaggio del cervello alla popolazione 24 ore al giorno e promuovono le guerre per il dominio imperiale globale», incluse le «operazioni segrete in tutto il mondo per garantire questo predominio». E questo, conclude Broeckers, andrà avanti «finché la verità sull'operazione segreta, il colpo di Stato contro la presidenza di Jfk, verrà tenuta nascosta».
(Il libro di Mathias Broeckers, "Jfk: Staatsstreich in Amerika", colpo di Stato in America, è stato appena pubblicato – per ora solo in tedesco – dalla Westend Verlag di Francoforte, agosto 2013. Autore di svariati saggi e libri-inchiesta, Broeckers si è occupato di misteri irrisolti, potere e traffico di droga, terrorismo e politica sommersa).