13 ottobre 2018

Ecco cosa ho scoperto trascorrendo una giornata con Gideon Levy, il più discusso giornalista israeliano


Gideon Levy è un po’ un re filosofo. Seduto nel suo minuscolo giardino in un sobborgo di Tel Aviv, col cappello di paglia che gli nasconde gli occhi scuri maliziosi, c’è però un che di un personaggio di Graham Greene nel più famigerato scrittore di Haaretz. Coraggioso, malinconico, sovversivo – in modo duro ed intransigente – è il tipo di giornalista che o si ama o si odia. I re filosofi del tipo di Platone sono forse necessari per la nostra salute morale, ma non sono buoni per la nostra pressione sanguigna. La vita di Levy è stata così minacciata dai suoi connazionali sol per aver detto la verità; e questo è il miglior premio che un giornalista possa ottenere.
Ama il giornalismo ma è inorridito dal suo declino. Il suo inglese è impeccabile ma a volte si infervora. Ecco un Levy arrabbiato sull’effetto delle storie dei giornali: “Nell’86, scrissi di una donna beduina palestinese che perse la propria bambina dopo aver dato alla luce in un posto di blocco. Provò in tre diversi posti [israeliani], le venne impedito e diede alla luce in auto. Loro [gli israeliani] non le permisero di portare il bambino in ospedale. Lo portò a piedi per due chilometri fino all’Augusta Victoria [ospedale di Gerusalemme Est]. Il bambino morì. Quando pubblicai questa storia – non voglio dire che Israele “trattenne il fiato”, ma fu un enorme scandalo, era coinvolto il governo, due agenti vennero portati in tribunale…”.
Poi Levy ha trovato altre dieci donne che avevano perso bambini ai checkpoint israeliani. “E a nessuno potrebbe importare di meno oramai. Oggi posso pubblicarlo e la gente sbadiglierebbe, quand’anche lo leggesse. [È] totalmente normalizzato, totalmente giustificato. Ora abbiamo una giustificazione per tutto. La disumanizzazione dei palestinesi ha raggiunto un livello di totale disinteresse. Posso dirvi, senza esagerare, che se un cane israeliano venisse ucciso dai palestinesi, otterrebbe più attenzione sui media israeliani che se 20 giovani palestinesi venissero uccisi – senza che abbiano fatto nulla – a colpi di arma da fuoco da cecchini sulla recinzione a Gaza. La vita dei palestinesi è diventata la cosa a meno prezzo. È un intero sistema di demonizzazione, di de-umanizzazione, un intero sistema di giustificazione: “noi” abbiamo sempre ragione e non possiamo mai sbagliare”.
Poi Levy se la prende con la brigata buonista. “Sto parlando dei liberali. Ci sono quelli [israeliani] che sono felici di qualsiasi morte palestinese. I liberal però ti daranno mille giustificazioni per mantenere la propria coscienza pulita e per non essere disturbati – ‘Non puoi sapere cos’è successo lì, non ci sei stato e, sai, puoi vedere solo parte dell’immagine…’. Ed è molto difficile continuare a raccontare queste bugie, questa è la più grande frustrazione. Vedono i cecchini uccidere un bambino che saluta. Lo fanno vedere in tv, cecchini che uccidono una bella infermiera in uniforme. Vedono un 15enne schiaffeggiare un soldato ed andare in prigione per otto mesi. E giustificano tutto”.
Facile intuire perché, non molto tempo fa, a Levy è stata data una guardia del corpo. “Sai, Robert, per così tanti anni, mi hanno detto: ‘Cerca di essere un po’ più moderato… Dì qualcosa di patriottico. Dì qualcosa di positivo su Israele’. Alla fin fine, diciamo e scriviamo ciò che pensiamo, e non pensiamo alle conseguenze. E devo dirti, molto francamente, che il prezzo pagato oggi da un giornalista russo o turco è molto più alto di qualsiasi altro. Non esageriamo. In fin dei conti, sono ancora un cittadino libero ed ho ancora totale libertà: libertà totale di scrivere ciò che voglio, soprattutto grazie al mio giornale – che è così solidale”.
“Sai, il mio editore è forse l’unico al mondo disposto a pagare milioni in termini di disdette per un articolo che ho scritto. A qualsiasi sottoscrittore che è arrabbiato con me direbbe: ‘Sai una cosa? Forse Haaretz non è il giornale per te!’. Dammi un altro editore che parla così. Grazie a lui, ho piena libertà. Dico quel che penso e sento”.
Il che ci dice qualcosa sia su Israele che sull’editore di Levy. Israele non sfugge mai però alle sue stoccate. “La cosa peggiore che stiamo combattendo è l’indifferenza”, dice. “L’apatia – che abbiamo così tanto in Israele. Se riesco quindi a scuotere i lettori in qualsiasi modo, a mandarli fuori di testa, a farli arrabbiare con me, con quel che dico… sai, molte volte penso che se li faccio arrabbiare così tanto, è un segno che da qualche parte nella loro coscienza sanno che qualcosa non va bene. Ci sono però momenti in cui hai paura, specialmente la sera prima in cui [un articolo] viene pubblicato. Mi dico sempre: ‘Non avrò esagerato stavolta?’. E poi, quando lo rileggo, dico sempre: ‘Avrei dovuto essere molto più estremo!’. Penso sempre di non esser andato abbastanza a fondo”.
Nella storia di Levy, il giornalismo ed Israele si intrecciano. Il suo rapporto di odio-amore con l’uno può essere confuso con il suo orrore per il sentiero su cui il suo paese – in cui i suoi genitori sono fuggiti dall’Europa quando era ancora Palestina – ora viaggia. “La cosa che mi manca davvero, le mie più grandi storie provenivano dalla Striscia di Gaza. E sono 11 anni che mi viene impedito di andarci, perché Israele non lascia entrare alcun israeliano, ancorché con doppia cittadinanza. Anche se la aprissero, pochissimi israeliani si preoccuperebbero di andarci. Hamas forse li fermerebbe. È un ordine contro cui i giornalisti israeliani non hanno mai protestato – tranne me. Perché a loro non potrebbe importare di meno – ricevono le informazioni dal portavoce dell’esercito israeliano – perché dovrebbero prendersi la briga di andare a Gaza?”.
Per Levy, invece, è una cosa professionale. “È una perdita molto profonda, perché le storie più forti erano sempre, e sono ancora, a Gaza. Il fatto che non possa essere lì in questi giorni… Voglio dire, mi chiedo sempre: ‘qual è il posto in cui vorresti di più andare nel mondo? Bali?’. E dico sempre la verità. ‘Gaza. Datemi una settimana a Gaza ora. E non ho bisogno di niente di più”.
I blog non hanno la credibilità dei giornali, dice Levy. “Dico però ai giovani – se e quando lo chiedono – di andare avanti. [Il giornalismo] è un ottimo lavoro, una professione meravigliosa. Non volevo diventarlo. Volevo diventare primo ministro. Le mie prime due scelte erano autista di autobus o primo ministro. Nessuno dei due ha funzionato. Sì, è una questione di leadership. L’autista del bus è il leader, dice lui alle altre persone cosa fare. Continuo a dire ai giovani: ‘Non troverete mai una professione del genere, con così tante opportunità. Avete bisogno solo di una cosa soprattutto, dovete essere curiosi’. È una qualità piuttosto rara, molto più rara di quanto si pensi, perché noi giornalisti pensiamo che tutti siano curiosi come noi”.
Il pessimismo oramai è in molti israeliani, nessuno più di Levy. “Guarda, ora abbiamo a che fare con 700.000 coloni [ebrei]. Non è realistico pensare che vengano cacciati 700.000 coloni. Senza la loro completa evacuazione, non si avrà mai uno stato palestinese vitale. Lo sanno tutti, ma tutti continuano con le solite solfe, perché fa comodo – all’Autorità Palestinese, all’Unione Europea, agli Stati Uniti – [dire] “due stati, due stati”. Dicendo così, l’occupazione durerà altri cento anni. Non succederà mai più. Abbiamo perso questo treno, e non tornerà mai più alla stazione”.
Torniamo ai peccati del giornalismo moderno. “Ammettiamolo – è tutto sui social media ora. Il nostro giornalismo sta morendo. Ora basta fare un tweet molto sofisticato. E per farlo, non devi andare da nessuna parte – seduto nella tua stanza, con un bicchiere di whisky, puoi essere molto, molto sofisticato con un certo senso dell’umorismo, e molto cinico. E questo forse è il problema principale. Voglio dire, pochissimi giornalisti si preoccupano davvero di qualcosa, agli altri importa apparire brillanti. Immagino ci siano alcune eccezioni. Non le vedo però né in Israele né in Cisgiordania. Sono attivisti ma non giornalisti. Ci sono molti giovani attivisti, che sono adorabili”.
Levy concorda sul fatto che Amira Hass di Haaretz, che vive in Cisgiordania, sia una sua pari, perlomeno per l’età – ha 65 anni – e “porta davvero il giornalismo ad un livello superiore perché vive con loro. Penso sia davvero senza precedenti: un giornalista che ‘vive col nemico’. Paga anche un grosso prezzo, in termini di minore importanza qui [in Israele]”.
Più volte però il giornalismo va sotto il microscopio di Levy. “Abbiamo alcuni giovani che vanno nelle zone di guerra solo per mostrare il proprio coraggio. Sono stati in Iraq, in Siria, in Iran. Tornano di solito con foto di sé nella reception dell’hotel, o in una sorta di cosiddetto campo di battaglia. Quando andai a Sarajevo nel ’93, ci andai anche per cercare l’ingiustizia. Non sono andato solo per ‘seguire la storia’. Ho cercato la “cattiveria” di una guerra. Penso ci sia stato molto male a Sarajevo. Ho visto cose che non ho mai visto qui – vecchie signore che scavavano nel terreno per cercare radici, perché non avevano alcunché da mangiare. L’ho visto coi miei stessi occhi. Qui, nei territori occupati, non lo vedi”.
I corrispondenti stranieri fanno poco meglio. “Vedo giornalisti, anche adesso, in piedi vicino alla recinzione [di Gaza], giornalisti che possono entrarci – in quei mesi sanguinosi, con quasi 200 vittime disarmate – e stanno molto, molto lontano. Entrare a Gaza ora non è pericoloso per i giornalisti stranieri. Li vedo però, alla BBC – ed anche su Al-Jazeera ogni tanto – dare i propri resoconti da una collina nel sud di Israele. Ricevono dei filmati, ovviamente dai social media, dai giornalisti locali. Non è però lo stesso”.
Come persistente critico di Israele e della malvagità del suo furto coloniale e del suo vile trattamento contro i palestinesi, mi trovo stranamente in contrasto con Levy – non tanto per la sua condanna dei giornalisti, quanto per la sua critica al popolo. I lettori israeliani sarebbero davvero più interessati alla morte di un cane israeliano che al massacro di 20 palestinesi? Sono scarsamente istruiti come sostiene Levy? Ha un po’ dell'”O tempora o mores”.
“Israele sta diventando uno dei paesi più ignoranti al mondo”, dice questo 65enne Cicerone. “Qualcuno ha detto che è meglio mantenere la gente ignorante… Le giovani generazioni non sanno nulla di nulla. Prova a parlare con qualcuno di loro – non ne hanno idea. Le cose più basilari – chiedi loro chi era Ben Gurion, chi era Moshe Dayan. Chiedi loro cosa sia la “Linea Verde”. Chiedi loro dove sia Jenin. Niente. Ancor prima del lavaggio del cervello, c’è l’ignoranza – parte di ciò che sanno è totalmente sbagliato”.
Un cameriere europeo parla meglio l’inglese di un giovane israeliano medio, sostiene Levy. La conoscenza dell’Olocausto e dei viaggi all’estero “è principalmente un’esperienza di viaggio con la loro scuola superiore ad Auschwitz, dove ti viene detto che il potere è l’unica cosa che conta: il potere militare, questa è l’unica garanzia, nient’altro che il potere militare; e che Israele, dopo l’Olocausto, ha il diritto di fare tutto ciò che vuole. Queste sono le lezioni. Nulla che abbia a che fare con la conoscenza”.
Sì, dice il nostro re filosofo, c’è “un ristretto gruppo di brillanti intellettuali”, ma un recente sondaggio ha scoperto che metà dei giovani israeliani riceve un’educazione da Terzo Mondo. Noi – e qui sono incluso nella generazione di Levy – siamo venuti al mondo dopo degli “eventi drammatici”. La Seconda Guerra Mondiale. Nel suo caso, la fondazione dello stato di Israele. I suoi genitori “si sono salvati all’ultimo minuto” dall’Europa.
“Avevamo anche delle valigie storiche sulle nostre spalle, nessun Facebook e Twitter potevano cancellarle. Oggi non ci sono eventi storici, neanche in questa regione. Cosa sta succedendo qui? Niente – tutto è più o meno uguale. Cinquant’anni di occupazione, nulla è sostanzialmente cambiato. Siamo nella stessa struttura… certo, più insediamenti, brutalità e meno la sensazione che la cosa sia temporanea. Ora è chiaro che non lo sia. Oramai è parte integrante di Israele”.
Ho chiesto a Levy se il sistema di voto proporzionale fosse stato fatto per creare governi di coalizione senza speranza. “Abbiamo quel che siamo”, risponde in modo sconfortante. “Israele è molto nazionalista, di destra e religiosa – molto più di quanto si pensi – ed il governo è uno specchio perfetto del popolo. Netanyahu è il miglior conduttore di Israele. È di gran lunga troppo istruito per il paese – ma, nella sua visione, questa è Israele. Potere, potere e potere – mantenere lo status quo per sempre, non credere affatto agli arabi. Non credere in alcun tipo di accordo con gli arabi, mai. Vivere solo di violenza, in un totale stato di guerra”.
Le relazioni con gli Stati Uniti sono facili. “Non credo che la gente sappia quanto Netanyahu detti la politica americana. Qualunque cosa sia decisa ora – UNRWA [l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione per la Palestina], tutti i tagli – viene da Israele. A Trump non potrebbe importare di meno. Pensi che sapesse cosa fosse l’UNRWA prima? Il razzismo è ora politicamente corretto”. Dove sono allora iniziati i problemi? “Nel ’67, lì è avvenuto il peccato originale. Tutto inizia da lì. E, volendo, il 1948 – perché il ’48 non si è mai fermato in quell’anno. Potremmo davvero aver aperto un nuovo capitolo”. Ci sono ancora esempi di grandi uomini, insiste, anche nel mondo post Seconda Guerra Mondiale. Mandela, ad esempio.
Il giornalista più irascibile ed irritante di Israele dice però anche che “forse siamo troppo vecchi e solo amareggiati, pensavamo di essere i migliori…”. All’apice del sua discorso, appena dietro di noi, un enorme gatto bianco salta dalla siepe del giardino in preda al panico, inseguito da un gatto grigio ancor più grande che digrigna i denti e tira su foglie e polvere. Il gatto più piccolo rappresenta i nemici di Levy. E, nonostante i suoi 65 anni, potete indovinare chi mi ricorda il gatto più grande.
Robert Fisk

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12 ottobre 2018

LA VOCE rooseveltiana N° 1 di Venerdì, 12 Ottobre 2018


La Voce Rooseveltiana


D(i)RITTI VERSO LA LIBERTÀ DAL BISOGNO
 
Siamo una comunità di cittadini che sognano il Rinascimento democratico
di cui la società ha bisogno




Editoriale
 
NOI AVANGUARDIE DEMOCRATICHE
di Gioele Magaldi



Movimento Roosevelt e Massonerie: entità diverse
e non assimilabili
Patrizia Scanu

Questo numero 1 de "La Voce rooseveltiana" diretta da Giorgio Cattaneo (dopo la pubblicazione del numero zero, scaricabile su https://blog.movimentoroosevelt.com/la-voce.html ) contiene già diversi resoconti di mie interviste e interventi recenti su varie questioni di stringente attualità.

Scriverò dunque questo sintetico editoriale avvalendomi soprattutto della testimonianza di altre voci, tutte autorevoli, perspicaci e limpide nello spiegare la natura specifica del Movimento Roosevelt, del tutto non assimilabile ad entità di tipo massonico o paramassonico.

Chiarire una volta per tutte che il MR non è un'organizzazione/associazione massonica o paramassonica, tuttavia, va di pari passo con la necessità di ribadire – erga omnes – che ogni cittadino autenticamente democratico dovrebbe nutrire nei confronti della Libera Muratoria e dei liberi muratori un sentimento profondo di ammirazione e riconoscenza.


 
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TragiComix
di Mirko Bonini

TragiComix by Mirko Bonini 2
 



Secondo Noi
   
Gioele Magaldi MAGALDI: SE IL PADRONE DRAGHI VISITA
IL MAGGIORDOMO MATTARELLA


Draghi e Mattarella, "padrone e maggiordomo": Gioele Magaldi sul canale YouTube di Border Nights, con David Gramiccioli, dopo la chiusura di "Massoneria On Air" 

Licenziato David Gramiccioli e chiusa "Massoneria On Air", Gioele Magaldi torna on line il lunedì mattina (sul canale YouTube di Border Nights, grazie a Carpeoro e Frabetti). Ospite Gramiccioli, licenziato da Colors Radio per le sue denunce giornalistiche. Magaldi ricorda Stefano Andreani e attacca Mattarella, "maggiordomo" imposto da Draghi al Quirinale.

(Intervento su YouTube, ripreso dal blog MR e da Libreidee).
CARPEORO: MASSONERIA DISCRIMINATA, MA NON TRASPARENTE

Gianfranco Carpeoro: colpa anche della massoneria se la Sicilia discrimina i massoni in modo anticostituzionale, obbligando i consiglieri regionali a rivelare la loro identità

«Dovrebbe essere la massoneria stessa, e non lo Stato, a imporre ai propri affiliati di dichiarare la propria identità se aspirano a cariche pubbliche». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, commentato l'adozione, in Sicilia, dell'obbligo all'autodenuncia da parte dei consiglieri regionali massoni, «provvedimento che peraltro mi pare incostituzionale».

(Intervento su YouTube, ripreso da Libreidee).
Gianfranco Carpeoro
Gioele Magaldi MAGALDI: MATTARELLA QUALE COSTITUZIONE DIFENDE, QUELLA DI MONTI?

Gioele Magaldi al presidente della Repubblica: Mattarella tutela la Costituzione democratica del 1948 o quella stuprata da Monti nel 2012 col pareggio di bilancio?

Non è piaciuto, al presidente del Movimento Roosevelt, l'appello del Quirinale al famigerato "equilibrio di bilancio" introdotto nella Costituzione nel 2012: contestando il deficit al 2,4% Mattarella quale Carta tutela, quella democratica del 1948 o quella "stuprata" dal governo Monti, imposto dalla supermassoneria neoaristocratica per commissariare il nostro paese?

(Intervento su YouTube, ripreso da Libreidee e dal blog MR, anche con comunicato stampa).
MOISO: FINTI PROGRESSISTI SI STRACCIANO LE VESTI PER QUEL DEFICIT AL 2,4%

Ridateci Keynes! Marco Moiso: davvero penoso lo spettacolo della sedicente sinistra italiana, terrorizzata dal deficit al 2,4% fissato dal governo (il minimo vitale)

Da Londra, lo sconcerto di Marco Moiso per l'allarmismo della sedicente sinistra (Pd e LeU) di fronte all'esiguo 2,4% di deficit fissato nel Def del governo Conte, che rappresenta il minimo vitale per ridare fiato all'economia delle aziende e delle famiglie. Come non ricordare il motto di Keynes, secondo cui l'unica cosa di cui avere paura è proprio la paura?

(Intervento sul blog MR).
Marco Moiso
Gioele Magaldi MAGALDI: TRIA SI DIMETTA, SE PENSA DI "SERVIRE" MASSONI OLIGARCHICI

Gioele Magaldi avverte il ministro Giovanni Tria: meglio che si dimetta, se intende tradire gli impegni gialloverdi per "servire" massoni neoaristocratici come Draghi

Il presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi, avverte il ministro Giovanni Tria: meglio che rassegni le dimissioni, se non intende rispettare il "contratto di governo" e pensa di comprimere il deficit – di cui l'Italia ha disperato bisogno – per compiacere i potenti massoni neoaristocratici come Draghi e i suoi terminali italiani, a cominciare da Visco.

(Intervento sul blog MR, ripreso da Libreidee).
CATTANEO: FOA ALLA RAI, CHE SUCCEDE SE UN ERETICO SALE AL POTERE?

Marcello Foa finalmente eletto presidente della Rai: che cosa accade quando accede al potere un vero eretico, "alieno" al pensiero unico dominante nei media mainstream?

Marcello Foa, autentico liberale disgustato dal neoliberismo, finalmente alla guida della televisione di Stato. Per Giorgio Cattaneo rappresenta un indizio: il governo gialloverde intende sfidare il mainstream anche sul piano mediatico, attraverso l'esemplare coerenza umana e professionale di un uomo libero e indipendente come il neo-eletto Foa.

(Intervento sul blog MR, ripreso da Libreidee).
Giorgio Cattaneo
Gioele Magaldi MAGALDI: IL SOVRANISMO È UNA FALSA MONETA, MEGLIO LA SOVRANITÀ

Gioele Magaldi: la sovranità è di tutti, mentre l'ambiguo "sovranismo" fa il gioco della guerra tra "piccole patrie" creata dagli oligarchi dell'attuale Disunione Europea. 

Sovranismo, maneggiare con cura. Gioele Magaldi risponde a Steve Bannon e Giorgia Meloni: giusto recuperare la dignità nazionale, ma non dalle piccole trincee care agli oligarchi finto-europeisti che stanno dividendo l'Europa, demolendola. La sovranità è di tutti e, per funzionare davvero, va declinata – oggi più che mai – in senso almeno continentale.

(Intervento su Colors Radio, ripreso dal blog MR e da Libreidee).
GALLONI: PERCHÉ L'ITALIA HA "BISOGNO" DI LAVORATORI CLANDESTINI

Nino Galloni: va spiegata la presenza, in Italia, di lavoratori stranieri sfruttati.
Serve un nuovo modello: filiere corte, basate innanzitutto sul mercato interno.


Nino Galloni: l'euro-globalizzazione esaspera la competizione e riempie anche l'Italia di lavoratori clandestini sfruttati. Molto meglio cambiare passo, con un nuovo modello di economia basato sullo sviluppo locale dei territori: filiere corte a chilometri zero. Una vera autoproduzione, pensata direttamente per soddisfare la domanda interna.

(Intervento su Scenari Economici, ripreso dal blog MR e da Libreidee).
Nino Galloni
Gianfranco Carpeoro CARPEORO: IPOCRITI, POSSIBILE CHE SIA SEMPRE COLPA DEI MASSONI?

Ipocrisia nazionale nell'Italia delle caste: è sempre "colpa" della massoneria. Gianfranco Carpeoro: nessuno sa che la democrazia è il "dono" storico delle logge?

A confronto con Fabio Frabetti di "Border Nights", Carpeoro denuncia l'ipocrisia antimassonica dell'Italia delle caste e difende il ruolo storico delle logge: «Anche se nessuno ha mai l'onestà intellettuale di ricordarlo, dobbiamo proprio alla libera muratoria la libertà di parola e il diritto di voto, in un paese in cui è stata abrogata la pena di morte».

(Intervento su YouTube, ripreso da Libreidee).

 

 
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MR News


MR News

 

ASSEMBLEA GENERALE: NUOVO PARADIGMA PER COSTRUIRE IL FUTURO


Stop alla "teologia" neoliberista che opprime i paesi dell'Ue: le idee del Movimento Roosevelt (in assemblea a Roma) per ridisegnare il futuro dell'Italia e dell'Europa

MARCO MOISO VICEPRESIDENTE
DEL MOVIMENTO 


Marco Moiso designato tra i vicepresidenti MR, accanto a Galloni, Cavaleiro e Winkler.
L'ex coordinatore ha ora la delega ai rapporti con la Segreteria Generale di Patrizia Scanu.

CONSOLI: L'ANGELO ECOLOGISTA DELL'ECONOMIA


Già braccio destro di Jeremy Rifkin, Angelo Consoli è il nuovo direttore del Dipartimento per la Transizione energetica e la Sovranità alimentare del Movimento Roosevelt.
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ALESSIA MUCCIO: MARE NOSTRUM,
NOI E I MIGRANTI

Università europee e incarichi nelle Nazioni Unite:
sarà Alessia Muccio a dirigere il Dipartimento MR per le Politiche del Mediterraneo e per i fenomeni migratori.

EGIDIO RANGONE:
UN ALTRO SVILUPPO PER L'ITALIA IN UE 

Economista, specializzato nello sviluppo dell'Est Europa: Egidio Rangone dirigerà il Dipartimento MR per Economia e Sviluppo (nonché, ad interim, Lavoro e Welfare).

TRE CANDIDATI
PER IL MR IN LOMBARDIA

Jancy Mary Beltrami, Vittorio Meroni e Andrey Pinto: 
3 candidati alla Segreteria regionale MR Lombardia. Candidature aperte fino al 26 ottobre, elezione il 30 novembre.
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Agenda MR

 

12-10

23-10
RIUNIONE MR PIEMONTE
(TORINO - h 19)
La banca, la moneta e l'usura: Daniele Gervasoni presenta il libro di Andrea Tarquini ai soci rooseveltiani del Piemonte, riuniti a Torino al Caffè Basaglia (Via Mantova, 34).

Introdotta da un apericena alle ore 19 (costo, 10 euro) la prossima riunione dei soci rooseveltiani piemontesi si terrà venerdì 12 ottobre al Caffè Basaglia di via Mantova 34 a Torino. Tema della serata: la presentazione, a cura di Daniele Gervasoni, del saggio di Andrea Tarquini "La banca, la moneta e l'usura" (Controcorrente, 2010).
(Adesioni via email entro domenica 7 ottobre a daniele.gervasoni@gmail.com).
FORUM ATENIESE
(LONDRA - h 19 GMT)
 
Il 23 ottobre riprendono le riunioni mensili del Forum Ateniese, format di libero dibattito democratico adottato dalla sezione Regno Unito del Movimento Roosevelt  

L'attività politica del MR Uk riprende decisa dopo la pausa estiva, con le consuete riunioni mensili stile 'Forum Ateniese', un format di libero scambio democratico di opinioni adottato dal MR UK da pià di un anno. L'appuntamento è per domenica 23 ottobre, ore 19.00 ora locale, come sempre presso l'Inca-Cgil – Italian Advice Centre (124 Canonbury Road, London N1 2UT). See you there!


(Per partecipare, scrivete a info@rooseveltmovement.co.uk)


26-10
ASSEMBLEA MR LOMBARDIA
(MILANO - h 20)
 
Jancy Beltrami, Vittorio Meroni e Andrey Pinto: a confronto i primi tre candidati per la nuova Segreteria regionale della Lombardia (l'elezione si svolgerà il 30 novembre).

Venerdì 26 ottobre (Circolo Arci Corvetto, via Oglio 21, Milano) si confronteranno i primi tre candidati emersi il 28 settembre per la Segreteria generale MR Lombardia: si tratta di Jancy Mary Beltrami, Vittorio Meroni e Andrey Pinto. Candidature ancora aperte fino al 26 ottobre, data nella quale i candidati presenteranno se stessi e il loro programma; l'elezione poi si svolgerà il 30 novembre. Già fissate le successive riunioni 2019, ogni ultimo venerdì del mese: 25 gennaio, 22 febbraio e 29 marzo. Per l'adesione all'assemblea del 26 ottobre (cena alle ore 19,30, riunione alle 21,30) occorre prenotarsi entro il 23 ottobre scrivendo a jancy.beltrami@movimentoroosevelt.com. Il circolo Corvetto concede gratuitamente la sala, purché ci si iscriva all'Arci (13 euro la tessera annuale). Per arrivarci: dal Duomo, linea metro gialla direzione San Donato, fermata Corvetto.


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Movimento Roosevelt / Democrazia contro oligarchia
 
Il mondo non è mai stato così ricco, eppure la società è colpita da diseguaglianze inaudite:
senza giustizia sociale non si possono garantire né diritti né pari opportunità.
Grazie all'opposizione artificiosa tra destra e sinistra, l'élite neoliberista ha potuto privatizzare il mondo, minando, dagli anni '70, il futuro delle istituzioni democratiche.
Oggi la vera contrapposizione politica non è più tra destra e sinistra, ma tra democrazia e oligarchia. 
Il Movimento Roosevelt è un soggetto politico meta-partitico ispirato da Gioele Magaldi
e istituito da 500 soci fondatori a Perugia  il 21 marzo del 2015.
Il nostro movimento è impegnato a smascherare la pretesa scientificità economicistica
del rigore nei bilanci pubblici, contribuendo al risveglio democratico della politica italiana, europea e mondiale.
Dobbiamo utilizzare indicatori economici che siano accurati nel misurare il benessere della collettività e ricominciare a costruire ricchezza con le politiche economiche proprie del modello post-keynesiano,
fondato sull'investimento pubblico strategico per rilanciare il settore privato.
Si tratta di una sfida culturale per la quale il Movimento Roosevelt si rivolge a tutte le persone di animo sinceramente progressista, disposte a contribuire a far crescere una nuova consapevolezza.
Per ridiventare cittadini e smettere di essere "sudditi" di anonimi tecnocrati, al servizio di potentati economici privatistici, abbiamo bisogno della consapevolezza, del supporto e dell'impegno del popolo.
L'orizzonte per il quale lavoriamo è squisitamente democratico: vogliamo restituire alla collettività
un futuro prospero e degno di essere vissuto appieno.





  LA VOCE Rooseveltiana
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[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 11 10 2018

Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
Washington corrompt des parlementaires macédoniens pour obtenir l'adhésion à l'Otan et à l'UE
 

 
Les expériences du Pentagone en Géorgie provoquent une épidémie de peste porcine en Belgique
 

 
Le Pentagone entend transformer des champs de céréales en OGM
 

 
Qui viole le Traité INF : Washington, Moscou ou les deux ?
 

 
Les crimes de Gilead Sciences masquent-ils des tests du Pentagone ?
 

 
Des États arabes s'apprêtent à renouer avec la Syrie
 

 
La CIJ suspend certaines sanctions US contre l'Iran
 

 
France-Iran : le représentant de l'ayatollah Khamenei relâché
 

 
Interpellation du représentant de l'ayatollah Khamenei en France
 

 
Les accusations de Netanyahu contre le Liban démenties par les faits
 

 
Le Pentagone pourrait retirer ses forces d'occupation de Syrie
 

 
Les Macédoniens se prononcent contre l'adhésion à l'Otan et à l'UE
 

 
La communication de Benjamin Netanyahu
 

 
CIJ : l'État de Palestine contre les États-Unis
 
Controverses
Fil diplomatique

 
La France dénonce le terrorisme iranien
 

 
Déclaration de l'Otan et de l'UE sur le référendum en Macédoine
 

 
« L'Otan, indispensable rempart de paix et de sécurité »
 

 
Déclaration du Petit Groupe sur la Syrie
 

 
Discours de Miguel Díaz-Canel devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours de Michel Aoun devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours d'Alain Berset devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours d'Emmanuel Macron devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Discours de Donald Trump devant la 73e séance de l'Assemblée générale des Nations unies
 

 
Ouverture de la 73ème session de l'Assemblée générale des Nations Unies
 

 
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