28 maggio 2018

Emergenza democratica in Italia e in Europa


Il Re è nudo e i processi democratici umiliati e controllati da potentati economico-finanziari sovranazionali; quelli che oggi controllano il vero potere. In questo video Marco Moiso invita invita tutti coloro che riconoscono nei valori democratici, a prescindere dai colori politici, rivendicare l'importanza delle elezioni e del volere popolare.


Roberto Quaglia: M5S e Lega, tra buone intenzioni e realpolitik

Il “colpo da maestro” degli Stati Uniti contro il Venezuela

Stella Calloni rivela il piano segreto del SouthCom per rovesciare la Repubblica Bolivariana di Venezuela. Il documento, che noi abbiamo pubblicato, contraddice l'impegno del presidente Trump di mettere fine ai sovvertimenti di regime che hanno caratterizzato la politica imperialista degli Stati Uniti. Il documento conferma che l'immagine caotica del Venezuela che si vuole accreditare a livello internazionale è totalmente artefatta ed è frutto esclusivamente dalla propaganda anglosassone.

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L’ammiraglio Kurt W. Tidd, comandante in capo del SouthCom.
Gli Stati Uniti e i loro alleati preparano in silenzio un piano brutale per «mettere fine alla dittatura» in Venezuela. La prima parte di questo «colpo da maestro» (Masterstroke), già predisposta, dovrebbe essere messa in atto prima delle prossime elezioni. Se l’esito di questa offensiva, che sarà sorretta dall’intero apparato propagandistico e mediatico, nonché da azioni violente “in difesa della democrazia”, non sarà la cacciata del presidente Nicolas Maduro, il piano B è già pronto, coinvolgerà molti Paesi per riuscire a imporre una “forza multilaterale” che intervenga militarmente.
Panama, Colombia, Brasile e Guyana, appoggiati dall’Argentina e da “altri amici”, sono il fulcro dell’operazione, con la regia del Pentagono. Tutto è pronto: le basi militari, i Paesi confinanti che forniranno aiuto diretto mettendo a disposizione ospedali e riserve di viveri per i soldati.
Ecco il contenuto di un documento di 11 pagine, non ancora divulgato, che porta la firma dell’ammiraglio Kurt Walter Tidd, attuale comandante in capo del SouthCom degli Stati Uniti [1].
Nel documento si analizza la situazione attuale, si ratificano la guerra contro il Venezuela e lo schema perverso di una guerra psicologica che utilizzerà mezzi come la persecuzione, le molestie, le infamie, non solo per farla finita con i dirigenti politici, ma anche per prostrare la popolazione.
Il rapporto afferma che «la dittatura chavista traballa per i problemi interni, per la grave penuria alimentare, per l’esaurimento del filone dell’esportazione del petrolio, per una corruzione sfrenata. Il sostegno internazionale, ottenuto a colpi di petrodollari, si sta affievolendo e il potere d’acquisto della valuta nazionale è in caduta libera».
Questa situazione, che [i golpisti] ammettono di aver loro stessi creato, favoriti da una sconvolgente impunità, non cambierà. Ritengono quindi giustificate le loro azioni, poiché il governo venezuelano, pur conservare il potere, adotterà nuove misure «populiste».
Nel documento, può meravigliarci il trattamento riservato all’opposizione, un’opposizione manipolata, guidata e pagata dagli Stati Uniti. Vi si legge infatti: «Il governo corrotto di Maduro crollerà, ma, purtroppo, le forze di opposizione che difendono la democrazia e il livello di vita della popolazione, non posseggono le capacità per mettere fine all’incubo venezuelano», a causa di dispute interne e di una «corruzione paragonabile a quella dei loro rivali, con i quali hanno in comune lo scarso senso di appartenenza» che «non permette loro di sfruttare al meglio la situazione e di prendere le decisioni opportune per rovesciare lo situazione di penuria e precarietà in cui il gruppo di pressione, che esercita la dittatura di sinistra, ha sprofondato il Paese».
Nel documento si legge che ci troviamo di fronte a «un’azione criminale, senza precedenti in America Latina». Al contrario, il governo del Venezuela non ha mai agito per ostacolare i vicini, anzi ha sempre dato prova di un’intensa solidarietà regionale e mondiale. Il piano statunitense sostiene che «la democrazia si sta diffondendo in America, continente che sembrava destinato a cadere sotto il controllo del populismo radicale. Argentina, Ecuador e Brasile ne sono esempi. Questa rinascita della democrazia si fonda su scelte coraggiose ed è propiziata dalle condizioni della regione. È venuto il momento per gli Stati Uniti di mostrare di essere implicati in questo processo, in cui la caduta della dittatura venezuelana segnerà un punto di svolta per il continente».
E il presidente Donald Trump deve essere pronto agire: «Si tratta della prima opportunità per l’amministrazione Trump di portare avanti la propria visione della democrazia e della sicurezza. Dimostrare un attivo impegno è cruciale, non solo per l’amministrazione, ma anche per il continente e per il mondo intero. È il momento di agire».
Questo implica, oltre all’eradicazione definitiva dello chavismo e all’espulsione del suo rappresentante, lavorare per «incoraggiare l’insoddisfazione popolare, favorendo maggiore instabilità e penuria dei beni fondamentali, per rendere irreversibile la sconfessione del dittatore al potere».
Se si vuole andare più a fondo nell’arte della perversione contro-rivoluzionaria, basti leggere la parte del documento in cui si raccomanda di «diffamare il presidente Maduro, di ridicolizzarlo e presentarlo come esempio di goffaggine e incompetenza, un fantoccio agli ordini di Cuba».
Si suggerisce anche di esacerbare le divisioni tra i membri del gruppo al potere, di rivelare le differenze fra il loro livello di vita e quello dei loro sostenitori, di fare in modo che queste differenze si accentuino.
Il piano è portare a termine azioni folgoranti, come quelle di Mauricio Macri in Argentina e di Michel Temer in Brasile, due maggiordomi agli ordini di Washington. Personalità corrotte, diventate, per grazia imperiale, «esemplari esponenti di trasparenza», che hanno preso provvedimenti che in poche ore, con la precisione di un missile, hanno distrutto gli Stati nazionali.
Il documento, firmato dal capo del SouthCom, chiede di rendere il Venezuela ingovernabile, per costringere Maduro a esitare, per indurlo a negoziare o a fuggire. Il piano, che dovrebbe portare in tempi brevi alla fine della cosiddetta dittatura del Venezuela, prevede che venga «incrementata l’instabilità interna, fino a un livello critico, intensificando la de-capitalizzazione del Paese, la fuga dei capitali esteri e favorendo il tracollo della moneta nazionale, applicando nuove misure inflazionistiche».
Altro obiettivo: «Ostacolare ogni forma d’importazione e, nello stesso tempo, demotivare gli eventuali investitori stranieri, per contribuire così a rendere più critica la situazione della popolazione».
In questo documento di 11 pagine ci si appella anche «agli alleati interni e alle altre persone, ben inserite nel panorama nazionale, con l’obiettivo di provocare manifestazioni, disordini e insicurezza, saccheggi, furti e attentati, sequestro di battelli e altri mezzi di trasporto, mettendo così a repentaglio la sicurezza dei Paesi limitrofi». È utile anche «causare vittime, addossandone la responsabilità al governo, aumentare agli occhi del mondo le proporzioni della crisi umanitaria». Tutto questo richiede un uso corrente della menzogna. Occorre parlare di corruzione generalizzata all’interno delle istituzioni, «collegarle al narcotraffico per degradarne l’immagine sia sul piano interno sia davanti al mondo intero». Questo senza disdegnare di «incoraggiare lo sfinimento dei membri del Partito Socialista Unificato del Venezuela (PSUV), accrescerne l’irritazione per indurli a rompere clamorosamente con il governo e a rifiutare quelle misure restrittive che li opprimono, come opprimono il resto della popolazione; […] L’opposizione è così debole che bisogna rafforzarla suscitando frizioni tra il PSUV e Somos Venezuela».
E non è tutto, bisogna «strutturare un piano per incrementare la diserzione dei quadri più preparati, per privare il Paese dei professionisti più altamente qualificati; la situazione interna si aggraverà ulteriormente e anche questa colpa ricadrà sul governo».

Ingerenza militare

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Come in un thriller, questo piano esorta a «utilizzare gli ufficiali dell’esercito come un’alternativa per una soluzione definitiva» e a «rendere ancora più dure le condizioni all’interno delle forze armate, per creare le condizioni per un colpo di Stato prima della fine del 2018, qualora la crisi interna non portasse al crollo della dittatura, o se il dittatore si rifiutasse di farsi da parte».
Prendendo in considerazione l’ipotesi che il piano di destabilizzazione interna non abbia successo, con evidente disprezzo per l’opposizione, il documento invita ad «alimentare in continuazione la tensione lungo il confine con la Colombia, incentivando il traffico di combustibile e altre merci, i movimenti dei paramilitari, le incursioni armate e di trafficanti di droga, per provocare incidenti con le forze di sicurezza di confine venezuelane »; chiama a «reclutare paramilitari, soprattutto nei campi di rifugiati della Cúcuta, della Huajira e nel nord della provincia di Santander, vaste zone popolate da cittadini colombiani che emigrarono in Venezuela e ora vogliono rientrare nel loro Paese per fuggire da un regime che ha permesso l’incremento delle attività destabilizzanti alla frontiera fra i due Paesi, sfruttando lo spazio lasciato vuoto dalle FARC [Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, ndt], la belligeranza dell’ELN [Esercito di Liberazione Nazionale colombiano, ndt] e le attività [paramilitari] del Cartello del Golfo».
Ed ecco la pianificazione del colpo finale: «Preparare il coinvolgimento delle forze alleate in appoggio degli ufficiali [ribelli] dell’esercito o per controllare la crisi interna, qualora esitino a prendere l’iniziativa, […] Fissare un termine breve per impedire al dittatore di allargare il proprio consenso e di continuare ad avere il controllo dello scacchiere interno. Se necessario, agire prima delle elezioni del prossimo mese di aprile».
Le elezioni si svolgeranno in realtà il 20 maggio, ma gli Stati Uniti e i loro alleati hanno già fatto sapere che non ne riconosceranno l’esito. Il punto cruciale è «ottenere l’appoggio e la cooperazione delle autorità dei Paesi amici (Brasile, Argentina, Colombia, Panama e Guyana). Organizzare l’approvvigionamento delle truppe, l’appoggio logistico e sanitario da Panama. Fare buon uso dei vantaggi della sorveglianza elettronica e dei segnali intelligenti, degli ospedali e degli equipaggiamenti sanitari del Darién (giungla panamense), dell’equipaggiamento in droni del Piano Colombia, come anche dei campi delle vecchie basi militari di Howard e Albroock (Panama) e di quelle lungo il Rio Hato. Approfittare anche nel Centro Regionale Umanitario delle Nazioni Unite, attrezzato per situazioni catastrofiche e di urgenza umanitaria, dotato di pista d’atterraggio e di riserve proprie».
Siamo di fronte a uno scenario d’intervento che prevede di «Promuovere il posizionamento di aerei di combattimento e di elicotteri, di blindati, di stazioni d’intelligence, di unità militari speciali per la logistica (poliziotti, responsabili militari, prigioni)». […] Bisognerà che «l’operazione militare venga sviluppata sotto bandiera internazionale, con l’avallo della Conferenza degli Eserciti Latino-Americani, sotto l’egida dell’OSA [Organizzazione degli Stati Americani, ndt] e con la supervisione, in ambito giuridico e mediatico, del suo segretario, Luis Almagro». Sarà opportuno «dichiarare la necessità per il Comando Continentale di corroborare la propria azione utilizzando gli strumenti della democrazia interamericana, per evitare uno strappo della democrazia». E, soprattutto, bisognerà operare per «un’unità d’intenti di Brasile, Argentina, Colombia e Panama, affinché contribuiscano a incrementare le truppe, per poter sfruttare la loro vicinanza geografica e la loro esperienza in operazioni in zone di foreste e nella giungla. A rafforzare la dimensione internazionale dell’operazione contribuirà la presenza di unità di combattimento degli Stati Uniti e delle nazioni prima menzionate, sotto il comando dello Stato Maggiore Congiunto, controllato dagli Stati Uniti».
Stupisce che questo piano abbia potuto essere impunemente architettato, a danno delle popolazioni e nell’illegalità più assoluta. Esso chiarisce la ragione delle recenti manovre militari degli Stati Uniti nella regione, lungo la frontiera tra Brasile e Venezuela (Brasile, Perù, Colombia), nell’Atlantico del Sud (Stati Uniti, Cile, Regno Unito, Argentina); nel caso argentino le manovre sono state fatte in ottobre-novembre 2017, senza alcuna autorizzazione del Congresso Nazionale.
«Utilizzare le strutture del territorio panamense per le retrovie e le capacità dell’Argentina per garantire la sicurezza dei porti e delle posizioni marittime […],
-  Appoggiarsi su Brasile e Guyana per servirsi della situazione migratoria, che si intende incoraggiare alla frontiera con la Guyana;
-  Coordinare l’appoggio a Colombia, Brasile, Guyana, Aruba, Curaçao, Trinidad e Tobago e ad altri Stati, per gestire il flusso di migranti venezuelani provocato dall’evoluzione della crisi».
Il piano prevede anche di «promuovere la partecipazione internazionale a questo sforzo, facente parte di un’operazione multilaterale cui contribuiscono Stati, Organizzazioni non governative, corpi internazionali, fornendo adeguata logistica, servizi d’intelligence, supporto per sorveglianza e controllo. Occorrerà precorrere gli avvenimenti, in particolare nei punti più vulnerabili, ad Aruba, Puerto Carreño, Inirida, Maicao, Barranquilla e Sincelejo in Colombia, e a Roraima, Manaos e Boavista in Brasile». Ecco disegnata la mappa di una guerra d’ingerenza annunciata.

Informazione strategica

In quanto alla prospettiva strategica, bisognerà soffocare «la simbolica presenza di Chavez, emblema dell’unità e del supporto popolare», continuare a molestare il dittatore, «additandolo come unico responsabile della crisi in cui è precipitata la nazione», e i suoi più stretti collaboratori, altrettanto corresponsabili della crisi e dell’impossibilità di uscirne.
In un altro paragrafo del documento si invita a «intensificare il malcontento contro il regime di Maduro, […] a mettere in luce l’inefficienza dei meccanismi d’integrazione, voluti dai regimi di Cuba e del Venezuela, in particolare dell’ALBA (Alleanza Bolivariana dei Popoli della nostra America) e di Petrocaribe.
In quanto alla propaganda mediatica, il piano vuole incrementare la diffusione nel Paese, nei media locali e stranieri, di messaggi costruiti su testimonianze e pubblicazioni dal Venezuela, usando qualunque mezzo, inclusi i social network, per disseminare messaggi che «veicolino attraverso i media la necessità di mettere fine a questa situazione, ormai insostenibile».
In uno degli ultimi paragrafi del documento si parla di garantire, o addirittura di mostrare, l’uso da parte della dittatura di mezzi violenti, per acquisire l’appoggio internazionale, utilizzando «tutte le competenze dell’esercito degli Stati Uniti nella guerra psicologica».
In altri termini si tratta di costruire scenari fondati su menzogne, montaggi di notizie, foto e video truccati, insomma di utilizzare tutti i mezzi già usati nelle guerre coloniali del XXI secolo.
Altro punto, «Gli Stati Uniti dovranno sostenere sul piano interno gli Stati americani che li sostengono», risollevare la loro immagine e mettere in evidenza «il carattere multilaterale delle istituzioni del sistema interamericano, strumenti per la soluzione di problemi regionali; infine promuovere l’idea della necessità dell’intervento militare dell’ONU, per imporre la pace dopo che la dittatura corrotta di Nicolas Maduro sarà stata spazzata via».

27 maggio 2018

IL GIALLO DEL DISCORSO DI CONTE - ControRassegna Blu #10 - 24/05/2018

NOVARTIS / PILLOLE & TANGENTI IN MEZZO MONDO, DALLA CASA BIANCA ALLA GRECIA


Tsunami sul colosso farmaceutico svizzero Novartis. Negli Stati Uniti sta scoppiando lo scandalo della "consulenza d'oro" pagata al team legale di Donald Trump in tutto il 2017, per allargare i suoi affari nel dopo Obamacare. E nell'affaire fa capolino anche una pornostar con gusti presidenziali, nonché un magnate russo amico di Rocket Donald.
In Grecia, poi, si sta scoperchiando il pentolone sulla montagna di tangenti pagate a mezza classe politica ellenica per una decina d'anni: tra i beneficiari il numero uno della Banca di Grecia ed ex super ministro delle finanze.
Di tutto e di più sul fronte dei maxi affari griffati Big Pharma.

QUELLA CONSULENZA DA 100 MILA DOLLARI AL MESE 
Partiamo dalla patata bollente servita negli Usa. Nella bufera è finito il potente studio legale che cura gli interessi di Donald Trump in veste presidenziale, ossia il "Michael Cohen's Essential Consultants", vero e proprio crocevia di affari, attraverso cui sono passate maxi tangenti che hanno condizionato e condizionano la politica a stelle e strisce, anche a livello internazionale.


Elliot Ehrat. In apertura Donald Trump

Interlocutore privilegiato, per tutto il 2017, del prestigioso studio, un altro pezzo da novanta di super contratti, vale a dire il "top lawyer" di Novartis, il legale a capo di un folto stuolo di avvocati e consulenti, Ellix Ehrat. Il quale ha appena rassegnato le sue irrevocabili dimissioni, a far data dal 1 giugno 2018, per via della sporca connection che il colosso farmaceutico ha cercato di stabilire con lo stesso entourage di Trump. Il quale, del resto, è in ottimi rapporti con il Ceo di Novartis, Vasant Narasimhan, con cui si è intrattenuto affettuosamente a cena durante l'ultimo summit che si è tenuto a Davos.


Vasant Narasimhan

Ma qual è, in dettaglio, il rapporto Casa Bianca-Novartis? A pochi giorni dall'insediamento presidenziale lo staff legale di Trump, capeggiato dall'avvocato Michael Cohen, stabilisce "in tempo reale" un rapporto contrattuale con quello di Novartis, rappresentato da Ehrot. Una sorta di super consulenza pagata la bellezza di 100 mila dollari al mese: il tutto perchè Novartis potesse contare sul supporto e i consigli operativi di "Essential Consultants" per districarsi meglio nella politica sanitaria che la nuova amministrazione Usa intendeva portare avanti, in particolare per il domani dell'Obamacare.
Il contratto è stato firmato a febbraio 2017, con una durata annuale.
Dopo un paio di mesi – raccontano fonti investigative – l'avvocato Ehrot "si è accorto che le cose non funzionavano per il verso sperato, ha constatato che il team Cohen non era l'interlocutore giusto e ha deciso di mettere fine alla collaborazione". Non mancando, però, di rispettare quanto previsto dal contratto: quindi per tutto il 2017 è stato versato da Novartis ad Essential Consultants l'importo pattuito di 100 mila dollari al mese.
Nel rassegnare le sue dimissioni, Ehrot ha voluto sottolineare: "Questo contratto, anche se perfetto sotto il profilo giuridico, è stato un errore. Nella mia veste di cofirmatario, pertanto, mi assumo la responsabilità di ciò per porre fine alle polemiche". Stesso copione, più o meno, recitato dall'altra super toga, Cohen. Scusate per la combine, voltiamo pagina e scordammoce 'o passato: anche se freschissimo, perchè si tratta di tutto lo scorso anno, il 2017.
Val la pena di rammentare che negli Stati Uniti l'industria farmaceutica è ormai saldamente attestata al primo posto nella sua attività di lobbyng, ed in particolare sul fronte del finanziamento alle campagne presidenziali, con una montagna da milioni di dollari suddivisi in modo praticamente bypartizan tra il partito democratico e quello repubblicano: come dire, vi paghiamo tutti, quindi dovete eseguire i nostri ordini. Ha perfino superato la sempre strapotente industria delle armi…

LA PORNO STAR & IL MAGNATE 

Michael Cohen

Ma eccoci ad un giallo nel giallo. Perchè il rampatissimo studio Michael Cohen's Essential Consultants ha curato un'altra pratica bollente: quella relativa ad una denunciante eccellente di Donald Trump sul fronte delle molestie, la porno star Stormy Daniels. Alla quale quale lo studio ha versato 130 mila dollari.
Il legale della bella Stormy, Michael Avenatti, ha verbalizzato pochi giorni fa, l'8 maggio, davanti agli inquirenti che indagano sulle acrobazie trumpiane, Russiagate e non solo. Ed ha ricostruito le tappe di un'altra bella somma, 500 mila dollari, che alla porno star sarebbe pervenuta dai conti del magnate russo-svizzero Viktor Vekselberg, una fortuna da 15 miliardi di dollari accumunalata negli States (petrolio e acciaio) e in ottimi rapporti con l'entourage trumpiano. La somma da mezzo milione di dollari, infatta, è transitata – secondo le ricostruzioni degli 007 a stelle e strisce – attraverso due sigle, Columbus Nova e Renova Group, quest'ultima direttamente controllata dal magnate russo e con quartier generale proprio in Svizzera.
Non è finita: perchè al dinamicissimo studio dell'avvocato Cohen fanno capo parecchie altre transazioni eccellenti, come nei casi del colosso AT&T e addirittura della Corea Aerospace, tutte con grossi interessi negli Usa. E su cui sono ora accesi i riflettori degli inquirenti.
Ma torniamo alle rogne giudiziarie di casa Novartis. E dagli States passiamo in Europa, per la precisione in Grecia.

E NOVARTIS CAVALCA IL CRAC DELLA GRECIA
Stavolta il bottino è da 3 miliardi di euro. Tanto è stato versato a politici e banchieri ellenici nell'arco di un decennio, tra il 2006 e il 2015, dalla Novartis, affinchè i suoi prodotti potessero essere non solo leader nel mercato farmaceutico locale, ma strapagati.
Con il crac finanziario, infatti, tutti i prodotti, anche quelli farmaceutici, hanno subito una battuta d'arresto: ma guarda caso le 'carissime' confezioni targate Novartis non hanno conosciuto crisi, perchè i consumatori potevano averle gratis. Lo strasforacchiato sistema sanitario greco rimborsava il prezzo pieno alle farmacie dietro presentazione della ricetta. Molti, all'epoca, si sono chiesti il motivo di quel miracolo. Ed eccolo ora spiegato con la maxi inchiesta delle toghe elleniche, che sta coinvolgendo mezza classe politica e non pochi banchieri di nome.
"Il più grande scandalo dalla costituzione dello stato greco, alla pari se non maggiore di quello Siemens di anni fa, e paragonabile a quello della Lista Lagarde", commentano alcuni media.
Tirati in ballo autorevoli membri del Pasok e di Nea Dimokratia: fior tra fiori, l'ex premier Antonis Samaras, l'ex ministro della salute Adonis Georgiades, quello degli Esteri Evangelos Venizelos e soprattutto delle Finanze Yannis Stournaras, che oggi siede sulla strategica poltrona di governatore della Banca di Grecia, e la cui abitazione è stata perquisita di cima a fondo ad aprile.


Stavros Kontonis

Secondo l'attuale ministro della Giustizia del governo Tsipras, Stavros Kontonis, "Novartis probabilmente ha corrotto migliaia di medici e dipendenti pubblici (le ultime stime parlano di circa 4 mila persone, ndr) per promuovere i suoi prodotti e ha continuato a vendere farmaci 'troppo cari' anche dopo che il paese è stato colpito dalla crisi economica nel 2010".
L'inchiesta è partita due anni fa e da allora – racconta la stampa locale – "sono stati interrogati dagli inquirenti decine e decine di manager, collaboratori, faccendieri, medici, pazienti e cittadini per far luce sul maxi buco creato nei conti pubblici greci dalla multinazionale elvetica".
Tutto è cominciato nel 2016 con il tentato suicidio di un ex manager di Novartis, per ore sul cornicione del centralissimo Hilton di Atene, salvato in extremis e poi deciso a vuotare il sacco con rivelazioni – viene raccontato – da far tremare le vene e i polsi.
Va rammentato che al summit del potente gruppo Bilderberg che si è tenuto nel 2009 ad Atene, erano presenti sia l'allora Ceo di Novartis, lo svizzero Daniel Vasella, che l'attuale numero uno della Banca di Grecia, l'inquisito Strournaras. Il quale dopo tre anni diventò ministro delle Finanze e già anni prima era salito alla ribalta delle cronache internazionali, per aver condotto, nel 2001, il passaggio dalla dracma all'euro.


Yannis Natsis

Sulla gravità dello scandalo Novartis in Grecia, ecco le parole di Yannis Natsis, una figura da non poco, visto che ricopre la carica di "Policy Coordinator" presso la "European Public Health Alliance": "Le accuse di corruzione dimostrano che l'industria farmaceutica ancora una volta abusa del suo strapotere. E nonostante la Grecia possa essere considerato ancora un paese a forte rischio sotto il profilo economico, numerosi medicinali con prezzi esorbitanti, soprattutto oncologici, sono ancora pienamente rimborsati dallo Stato, con profitti fiume per le multinazionali".
Anche il governo Tsipras, a questo punto, chiude gli occhi e incassa?  Staremo a vedere.
Tanto per distrarsi e non pensare alle rogne, Novartis continua nei suoi investimenti esteri (anche in Italia: nel prossimo triennio spenderà 200 milioni di euro) e nel suo shopping a livello internazionale.
Guarda caso, i più freschi affari issano la bandiera a stelle e strisce. Appena portato a termine, infatti, l'acquisto di un pezzo pregiato della farmaceutica statunitense, AveXis, specializzata in terapie geniche: in particolare, l'azienda sviluppa trattamenti per pazienti affetti da malattie rare in neurologia. Il prezzo per l'acquisizione è pari a 8,7 miliardi di dollari. Notano le cronache finanziarie: "Dal 2020 l'acquisizione avrà un impatto positivo sui conti economici di Novartis, grazie ad un forte incremento delle vendite in tale segmeno commerciale". La sigla che ha portato a termine l'operazione è la controllata Novartis Am Merger Corporation.
Sarà mai in grado, top Novartis, di brevettare e commercializzare un vaccino anti corruzione?

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26 maggio 2018

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 25 maggio 2018


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
La Knesset potrebbe appoggiare ufficialmente la creazione di un Kurdistan
 

 
Germania, Stati Uniti e Regno Unito disponevano del Novtichok
 

 
Lo Stato Profondo USA e la campagna di Trump
 

 
Il Canada impedisce ai venezuelani che vivono sul suo territorio di eleggere il loro presidente
 
Controversie

 
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