Visualizzazione post con etichetta Res Noster Pubblica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Res Noster Pubblica. Mostra tutti i post

10 dicembre 2018

La vendetta è mia, disse Washington


In Occidente la Giustizia è scomparsa. Il posto della Giustizia è stato preso dalla Vendetta. Questo fatto è illustrato in modo incontrovertibile dal calvario di Julian Assange, ormai giunto all’ottavo anno.
Da otto anni Assange vive all’interno di uno stato di polizia degno di Kafka. Era stato prima messo agli arresti domiciliari nella sua casa in Inghilterra e poi [praticamente incarcerato] nell’ambasciata ecuadoriana di Londra, nonostante non siano mai state formalizzate accuse contro di lui.
Nel frattempo, l’intero mondo occidentale, con l’eccezione dell’ex-presidente ecuadoriano Rafael Correa e di una agenzia delle Nazioni Unite che aveva stabilito che Assange era detenuto illegalmente, a causa del rifiuto da parte del governo inglese di riconoscere il suo diritto all’asilo politico, ha voltato le spalle a questa ingiustizia.
Assange è segregato nell’ambasciata ecuadoriana perché, per proteggerlo da un arresto pretestuoso, l’ex-presidente ecuadoriano Rafael Correa gli aveva concesso asilo politico. Però, il corrotto e servile governo della Gran Bretagna, che fa gli interessi di Washington e non quelli della legge o della giustizia, si è rifiutato di onorare l’asilo concesso ad Assange. Il vassallo statunitense noto come Gran Bretagna è pronto, su ordine di Washington, ad arrestare Assange non appena metterà piede fuori dall’ambasciate e a consegnarlo a Washington, dove un gran numero di congressisti, sia democratici che repubblicani, hanno già fatto sapere che [il giornalista] dovrebbe essere giustiziato. Il regime Trump, continuando con le pratiche illegali dei suoi predecessori, ha pronto un mandato di cattura segreto, che verrà reso pubblico una volta che avranno messo le mani su Assange.
L’attuale presidente dell’Ecuador, un servo di Washington, Lenin Moreno (una persona talmente senza carattere che il suo nome è un insulto al vero Lenin), sta lavorando ad un accordo con Washington per privare Assange del suo diritto di asilo, in modo che l’ambasciata ecuadoriana di Londra debba espellere Assange [e consegnarlo] nelle mani di Washington.
Che cosa ha fatto Assange? Nient’altro che dire la verità. E’ il giornalista responsabile di WikiLeaks, un’agenzia di stampa che pubblica documenti riservati, esattamente come aveva fatto il New York Times quando aveva pubblicato i Pentagon Papers, ottenuti tramite Daniel Ellsberg. Proprio come la pubblicazione dei Pentagon Papers aveva messo in imbarazzo il governo americano e aveva contribuito a porre fine alla insensata guerra del Vietnam, i documenti resi di dominio pubblico da WikiLeaks avevano messo in difficoltà il governo statunitense, facendo luce sui crimini di guerra di Washington, sulle bugie e sulle menzogne raccontate al popolo americano e agli alleati degli Stati Uniti.
Gli alleati, naturalmente, erano stati comprati da Washington ed erano rimasti silenziosi, ma gli Stati Uniti intendono crocifiggere Assange per l’imbarazzo e il danno causati al governo criminale di Washington.
Per rivendicare la propria autorità su Assange, Washington sta facendosi forza della extraterritorialità delle leggi americane, una rivendicazione che Washington basa non su principi legali, ma unicamente su quello della forza, per violare la sovranità delle nazioni indipendenti.
Assange è un cittadino dell’Australia e dell’Ecuador. Non deve rispondere alle leggi degli Stati Uniti. La falsa equiparazione che Washington sta cercando di stabilire fra l’appellarsi al Primo Emendamento e il tradimento fa capire come ormai il popolo americano sia completamente perso. Il silenzio dei media americani dimostra che alle prostitute della stampa non interessa perdere la protezione del Primo Emendamento, dal momento che non hanno nessuna intenzione di dire una qualsiasi verità.
Il rinvio a giudizio segreto di Washington (è segreto in modo che un teppistello da due soldi come James Ball possa scrivere sul Guardian che su Assange non pende nessuna minaccia di arresto) molto probabilmente accusa Assange di spionaggio. Ma non è legalmente possibile accusare di spionaggio un cittadino non appartenente alla propria nazione e che opera all’estero. Tutte le nazioni usano lo spionaggio. Ogni paese sulla Terra potrebbe accusare Washington di spionaggio e arrestare [gli agenti della] CIA. La CIA potrebbe, come spesso è successo, accusare Israele di spionaggio. Naturalmente, ogni cittadino israeliano, come Jonathan Pollard, incarcerato negli Stati Uniti con l’accusa di spionaggio diventa un punto di contrasto fra Washington ed Israele, ma Israele vince sempre. La corrotta amministrazione Obama aveva rilasciato Pollard, condannato all’ergastolo, su ordine e, senza dubbio, anche per le generose mazzette di Israele.
Se Assange fosse israeliano, sarebbe senza dubbio già libero e a casa, ma è invece cittadino di due nazioni i cui governi tengono in gran considerazione il fatto di essere vassalli di Washington.
C’è stato un tempo in America, molti decenni or sono, in cui i Democratici si battevano per la giustizia e i Repubblicani per la cupidigia.
C’è stato un tempo in America, prima dell’11 settembre, in cui i media sarebbero accorsi in difesa della libertà di stampa e avrebbero tutelato Assange dai maltrattamenti e dalle false accuse.
Per essere sicuro che i lettori capiscano, la persecuzione di Assange è identica a quella sofferta dal cardinale ungherese Josef Mindszenty, a cui non era stato riconosciuto dal governo sovietico il diritto di asilo concessogli dall’ambasciata degli Stati Uniti di Budapest e che era stato costretto a trascorrere tre anni della sua vita nell’ambasciata americana. Il presidente Nixon aveva negoziato il suo rilascio nel 1971, ma i detrattori di Nixon non riconoscono alcun merito al suo interessamento per un uomo ingiustamente incarcerato in un luogo della Terra dove regnava l’ingiustizia.
Al giorno d’oggi non c’è un simile interesse per l’ingiustizia, eccetto per i gruppi “vittime” della politica identitaria. Che ne è del difensore di Assange, ora che Rafael Correa è costretto a vivere all’estero per sfuggire alla persecuzione del fantoccio di Washington, Moreno?
La debolezza interiore dell’Occidente è spaventosa. Ce ne parla Caitlin Johnstone: “La disdicevole persecuzione di Assange da parte di Trump e la difesa a spada tratta che ne è stata fatta dal liberalismo corporativo ha completamente squalificato l’aspetto più importante di tutta la politica americana, in entrambi gli schieramenti. Nessuno, in quel disastro totale si batte più per qualcosa. Se pensate ancora che Trump o i Democratici vi proteggano dalla marea montante del fascismo, il vostro momento per uscire è arrivato.”
La totalità dei media e delle TV occidentali (anche la stessa RT) funziona come ministero della propaganda di Washington contro Assange. Per esempio, abbiamo letto più e più volte che Assange si nasconde nell’ambasciata ecuadoriana di Londra per sfuggire alle accuse di stupro formulate contro di lui in Svezia. Il fatto che le prostitute della stampa e le femministe possano tenere in vita questa accusa infondata, nonostante tutte le smentite ufficiali, ci fa vedere il mondo di Matrix in cui sono rinchiuse le popolazioni occidentali.
Assange non è mai stato accusato di stupro. Le due signore svedesi che lo avevano sedotto e portato nelle loro case e nei loro letti non hanno mai detto di essere state stuprate. Le tribolazioni di Assange erano iniziate quando una delle due donne che lo avevano sedotto si era preoccupata del fatto che egli non avesse usato il preservativo e che potesse essere affetto da HIV o AIDS. Aveva chiesto ad Assange di sottoporsi ai test per accertarsi che non soffrisse di malattie sessualmente trasmissibili, e Assange, offeso, aveva rifiutato. Invece avrebbe dovuto dire “Naturalmente, capisco la tua preoccupazione” e fare l’esame.
La donna si era rivolta alla polizia per vedere se fosse stato possibile costringere Assange a sottoporsi al test. Era stata la polizia a trasformare il tutto in un’indagine per stupro. Era stata fatta un’indagine e l’ufficio del procuratore legale svedese aveva lasciato cadere le accuse, dal momento che l’atto sessuale era stato consensuale.
Assange aveva lasciato la Svezia in modo assolutamente legale, non fuggendo, come vorrebbe la storia inventata da Washington. Era andato in Inghilterra, un altro errore, perché l’Inghilterra è terreno di gioco degli Stati Uniti. Washington e/o femministe lesbiche bramose di mettere sotto processo un maschio eterosessuale avevano convinto un procuratore svedese di sesso femminile a riaprire un caso già chiuso.
Con un gesto senza precedenti, il procuratore svedese aveva inoltrato una richiesta alla Gran Bretagna per l’estradizione di Assange [in Svezia], dove avrebbe dovuto essere interrogato. Gli ordini di estradizione sono validi solo se sono state formulate delle accuse e qui non c’erano accuse depositate perchè il caso era già stato chiuso. Anche un governo corrotto come quello inglese non aveva prima di allora acconsentito ad ordini di estradizione a scopo di interrogatorio. [Però, questa volta], il governo britannico, fantoccio di Washington, si era detto d’accordo nel consegnare Assange alla Svezia. Era evidente che, dal momento che in Svezia non esisteva nessun processo penale a carico di Assange, il procuratore svedese, probabilmente per denaro, lo avrebbe consegnato a Washington, dove non c’è tutela legale per nessuno, neanche per chi, come i delatori, è protetto dalle leggi degli Stati Uniti e che, nonostante la protezione della legge, finisce allo stesso modo in prigione.
Visto quello che si stava profilando all’orizzonte, Assange aveva ottenuto asilo politico dal presidente Correa ed era uscito dagli arresti domiciliari in Gran Bretagna per rifugiarsi nell’ambasciata ecuadoriana di Londra, dove si trova ancora adesso, nonostante il governo svedese abbia fatto cadere tutte le accuse contro di lui e abbia nuovamente chiuso il caso.
Nel frattempo, un procuratore degli Stati Uniti, corrotto come tutti (non credete mai a nessuna accusa federale, sono create dal nulla, senza bisogno di prove) era riuscito a convincere un incompetente gran giurì americano ad incriminare Assange per un reato che ancora non conosciamo, molto probabilmente per spionaggio. Il gran giurì che ha approvato questa incriminazione segreta non si è reso conto di aver messo sotto accusa una persona colpevole solo di aver detto la verità, che poi è esattamente quello che la Costituzione degli Stati Uniti protegge e richiede (se il governo fosse controllato dal popolo). Tutto quello che Assange aveva fatto era stato pubblicare i documenti inviati a WikiLeaks da una persona dotata di coscienza morale, turbata dalla palese criminalità e disumanità del governo statunitense.
Non c’è nessuna differenza legale fra la divulgazione da parte di Wikileaks dei documenti di cui era venuto in possesso e la pubblicazione da parte del New York Times dei Pentagon Papers. L’unica differenza è quella temporale. Quando Daniel Ellsberg aveva fatto avere i Pentagon Papers al New York Times, i media non erano stati ancora concentrati dal corrotto regime di Clinton nelle mani di poche persone e l’11 settembre, che sarebbe stato usato da Dick Cheney per criminalizzare chi osava dire la verità, non si era ancora verificato. Perciò, negli anni ‘70, era ancora possibile che una parte importante dei media potesse dire la verità. Tuttavia, L’unica ragione per la quale il New York Times aveva pubblicato i Pentagon Papers era stata l’odio che questo quotidiano provava per Richard Nixon, a cui i media democratici addossavano la colpa della guerra in Vietnam, anche se quella era stata una guerra voluta dal presidente democratico Johnson e Nixon voleva terminarla.
Quando la sclerotica popolazione americana ed occidentale prende come buone le bugie dei propri governi, accetta anche la propria fine e la propria schiavitù. Lo slancio e l’abbandono con cui in Occidente le persone si sottomettono lascia pensare che esse preferiscano l’asservimento. Non vogliono essere libere, perché la libertà comporta troppe responsabilità e queste non le vogliono.
Quello che desiderano è guardare un film, o un programma televisivo, giocare ad un videogame o fare sesso, fare compere, ubriacarsi, drogarsi o darsi ad una qualunque altra attività ricreativa che venga valutata più interessante della libertà, della verità o della giustizia.
Per una persona appartenente ad una generazione ormai quasi scomparsa è una cosa inspiegabile come le nazioni del pianeta, tanto più l’America, rimangano indifferenti, mentre il giornalista migliore, più fidato e onesto del mondo è destinato ad essere distrutto da un governo degli Stati Uniti totalmente corrotto. Il risultato della persecuzione di Assange sarà un processo che metterà in imbarazzo il governo americano.
Quando contemplo questa enorme ingiustizia a cui le popolazioni del mondo replicano con il silenzio, mi chiedo se quelli che cercano di salvare la civiltà occidentale non siano mal consigliati.
Qual è il senso di salvare una civiltà totalmente corrotta? Quelli che attaccano Assange sono esseri spregevoli. Se avrete la possibilità di spingere davanti ad un camion uno o più partecipanti al linciaggio, considerate il gesto come una opportunità per fare pulizia.
Paul Craig Roberts
Fonte: www.paulcraigroberts.org
20.11.2018
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

07 dicembre 2018

STRAGE DEL SANGUE INFETTO / LA SENTENZA DI NAPOLI SLITTA AD APRILE


Slitta la sentenza al processo per la “strage del sangue infetto” che si tiene al tribunale di  Napoli, davanti alla sesta sezione penale. 
In base al calendario stilato dal presidente, Antonio Palumbo, il pm Lucio Giugliano terrà la sua requisitoria il 21 gennaio 2019, poi sarà la volta delle arringhe dei legali delle parti civili, in prima fila Stefano Bertone ed Ermanno Zancla, nonché l’avvocatura dello Stato; quindi parleranno i legali degli imputati, ossia funzionari o ex funzionari del gruppo Marcucci e il legale dell’ex numero uno al Ministero della Sanità tra fine anni ’80 e inizio ’90, Duilio Poggiolini, grande amico di Sua Sanità Francesco De Lorenzo.
Tirate le somme, la sentenza non verrà pronunciata prima di aprile.
Un processo che ha largamente superato i 20 anni di vita. Morte “continua”, invece, per i parenti che hanno visto i loro padri, madri o figli morire per una trasfusione di sangue infetto o per l’assunzione di emoderivati killer. Appena otto le parti civili in aula a Napoli: ma le stime parlano di migliaia di vittime, un’atroce cifra che potrebbe arrivare a 5 mila. Un esercito di morti senza uno straccio di giustizia.
Le aziende leader europee (tra cui quelle del gruppo Marcucci) che importavano sangue soprattutto dagli Stati Uniti erano ben consapevoli di comprare partite spesso e volentieri infette: si trattava di sangue proveniente dalla carceri americane, in particolare dell’Arkansas. Lo sapevano bene le autorità di controllo a stelle e strisce (e anche canadesi), che regolarmente lo comunicavano alle aziende di importazione-lavorazione, come, appunto, quelle del gruppo toscano, oligopolista nel settore degli emoderivati, oggi battente bandiera “Kedrion”. 
Quindi, tutti sapevano: e se ne fottevano ampiamente di pazienti e cittadini, pur di cumulare montagne di profitti. Tanto è vero che le prime imputazioni parlavano di “omicidio doloso plurimo”, di “strage”, per poi man mano ammorbirsi in “omicidio colposo plurimo”. 
Il processo è cominciato nel 1998 a Trento, per poi passare, nel 2004, a Napoli, e giacere tra carte e scartoffie per oltre 10 anni (molte delle quali, anche importanti, perse nel corso del trasloco o trafugate nei sotterranei del centro direzionale di Napoli); e quindi iniziare nella primavera del 2016. 
Nel corso dell’ultima udienza che si è svolta il 19 novembre, sono stati presenti i consulenti tecnici nominati dal tribunale per sciogliere una serie di interrogativi. Hanno presentato una prima perizia circa un anno fa, del tutto lacunosa, con riferimenti bibliografici tratti soprattutto dagli studi del primo teste presente al processo, Piermannuccio Mannucci, un ematologo milanese in palese conflitto di interessi perchè ha lavorato anche per il gruppo Marcucci. 
Le parti civili e i legali della difesa hanno presentato ulteriori questi ai periti, che risponderanno all’udienza del 10 dicembre. E l’anno nuovo si apre con la fondamentale requisitoria del pm Giugliano, il quale nel corso del processo non ha brillato per una particolare incisività: “non un centravanti d’attacco, piuttosto uno stopper di difesa”, hanno commentato non pochi avvocati del foro di Napoli. “Il fatto non sussite – aggiungono – saranno le parole con le quali chiederà l’assoluzione degli imputati. Vogliamo scommettere?”. 
Staremo a vedere. 


04 dicembre 2018

LE VERITA’ DI GIOACCHINO GENCHI SU VIA D’AMELIO / CHI VESTI’ IL “PUPO” VINCENZO SCARANTINO?


Le verità di Gioacchino Genchi sulla strage di via D'Amelio e il ruolo giocato da Arnaldo La Barbera, l'ex capo del pool investigativo della polizia e poi questore a Palermo. Le ha raccontate davanti alla Commissione Antimafia dell'assemblea regionale siciliana presieduta da Claudio Fava, al lavoro dopo le motivazioni del Borsellino quater, per cercare di far luce su un giallo ancora irrisolto.
Ma chi è Genchi? Un ex poliziotto, per anni diventato il braccio destro di parecchi magistrati di prima linea. Lo fu, in particolare, di Luigi de Magistris, l'attuale sindaco di Napoli e una dozzina d'anni fa impegnato come pm in Calabria, autore delle famose inchieste "Why not " e "Poseidon", che gli vennero "scippate" dall'allora guardasigilli Clemente Mastella (giorni fa è arrivata la sentenza che considera illegittimo quello scippo: ma è ormai troppo tardi…). Genchi svolgeva un ruolo ben preciso: quello di super perito informatico, per passare ai raggi x migliaia e migliaia di intercettazioni telefoniche. I due, Genchi e de Magistris, vennero accusati, allora, di voler spiare mezza Italia.

OCCORREVA "VESTIRE IL PUPO" 

Arnaldo La Barbera. Sopra, Gioacchino Genchi

Torniamo alla strage di via D'Amelio. Genchi faceva parte del ristrettissimo pool di fidati collaboratori di La Barbera, quel "sinedrio" – come oggi lo definisce – per scoprire killer e mandanti dell'eccidio. Genchi, però, a un certo punto esce dal gruppo. Quando? "Quando La Barbera decise di 'vestire il pupo'", dichiara. E cioè di inventare di sana pianta il killer, di 'impupazzare' un mafioso qualunque di periferia trasformandolo nell'assassino perfetto. Organizzando, in questo modo, "il più grande depistaggio della storia italiana", come ha confermato la sentenza del Borsellino quater.
Genchi racconta di una lunghissima conversazione con La Barbera, dalle 19 del 4 maggio 1993 alle 6 del 5 maggio. Una maratona notturna. "Alla fine La Barbera piangeva", commenta Genchi.
Il quale riporta le parole che La Barbera gli avrebbe detto: "Ormai è fatta, due più due fanno quattro, la strage non può che essere responsabilità di Cosa nostra. Noi qui dobbiamo trovare qualche 'elemento minimale', addebitiamo tutto alla Cupola. Così poi io divento questore, tu vieni promosso per meriti straordinari e poi fra 3 o 4 anni diventi questore pure tu". Semplice come bere un biccher d'acqua.
L'"elemento minimale" – secondo la ricostruzione di Genchi – sarebbe stata una nota del Sisde, che metteva insieme il profilo giudiziario di Vincenzo Scarantino – il pupazzo killer – e ne dettagliava tutti i rapporti familiari e le amicizie all'interno delle cosche. La nota è datata 10 ottobre 1992, e a quanto pare la sua stesura sarebbe stata coordinata da Bruno Contrada. Da rammentare che anche La Barbera non solo era un pezzo grosso della polizia, ma era anche uomo dei Servizi, nome di battaglia "Rutilius".
Eccoci alla dichiarazione finale di Genchi: "Hanno individuato falsi colpevoli non per fare carriera o chiudere le indagini, ma per evitare di incastrare i veri autori della strage di via D'Amelio. I veri mandanti".


Bruno Contrada

Invece, nelle precedenti ricostruzioni, si raccontava della smania di La Barbera di diventare questore (cosa che poi accadde) e di sbattere un mostro in prima pagina, far vedere ai cittadini che il colpevole era stato incastrato.
La Barbera, comunque, a questa montagna di fatti e circostanza non può rispondere, perchè è morto il 19 dicembre 2002. Per cui è facile, ora, scaricare tutto su di lui. E parlare solo di lui.


TUTTE LE DOMANDE NON FATTE
C'è un domandone che nessuno, in commissione antimafia, ha fatto a Genchi: ma La Barbera agiva di testa sua, lui e il suo pool? E' normale che un pur potente vertice della polizia possa prendere inziative da solo, caso mai parlando con un amico del Sisde, e poi provvedere in modo del tutto autonomo?
Fino a prova contraria, si trattava di un'inchiesta, che qualche magistrato doveva pur coordinare. Perchè nessuna domanda a Genchi sul ruolo svolto dai magistrati? Poniamo un'ipotesi: La Barbera ha fatto tutto da solo, di sua precisa iniziativa, per motivi misteriosi. Ma allora, cosa ci stavano a fare i magistrati? A prendere la tintarella a Taormina? Semplici soprammobili?
Ipotesi numero due: i magistrati hanno lavorato in "sinergia", come le prassi indicano, con gli investigatori. A questo punto Scarantino è stato scelto di comune accordo, come del resto fa pensare l'immediata presa di posizione di Ilda Boccassini, che inviò una dettagliata e dura missiva ai magistrati inquirenti, mettendoli in guarda dal dare credibilità e affidabilità a Scarantino come pentito.
Come mai nessuno ha dato retta al parere di una toga che di mafia se ne intendeva e se ne intende, come la Boccassini?
Dicevamo: come mai nessuna domanda sui magistrati, tre in tutto, che hanno partecipato alle indagini? E cioè Anna Maria Palma, Carmine Petralia e Nino Di Matteo. Quest'ultimo tende a defilare la sua presenza, sostenendo che è arrivato a inchiesta già iniziata: sì, sei mesi dopo.


Il falso pentito Vincenzo Scarantino

L'unica a chiedere con forza quale preciso ruolo hanno avuto i tre magistrati nel taroccamento del pentito Scarantino è Fiammetta Borsellino, la quale – a proposito di Di Matteo – osserva: "Se era inesperto e alle prime armi perchè lo hanno messo ad indagare su mio padre?".
Ancora. Come mai nessuna domanda all'informatissimo Genchi sul ruolo svolto dall'allora procuratore capo Giovanni Tinebra?
Non è finita. Perchè allo 007 di casa nostra non sono stati chiesti ragguagli circa la storia dell'agenda rossa di Paolo Borsellino, a quanto pare passata di mano in mano, da Giuseppe Ajala a Giovanni Arcangioli, il carabiniere inquisito, processato e scagionato da ogni accusa? E – come racconta la giornalista d'inchiesta Roberta Ruscica, autrice de "I Boss di Stato" – passata anche tra le mani di Anna Maria Palma?
E poi. Come mai Genchi, dopo tanto parlare, non dice qualcosina in più su quei killer o mandanti che La Barbera avrebbe voluto proteggere? Possibile che in quella notte di rimembranze, confidenze & lacrime non gli sia sfuggito qualcosa? E lui stesso, Genchi, una qualche idea se la sarà pur fatta…

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

03 dicembre 2018

SOROS / LA STRENUA E CONTINUA DIFESA GRIFFATA REPUBBLICA


Repubblica scende l'ennesima volta in campo per difendere l'onore e il prestigio del "miliardario-filantropo di sinistra", George Soros, una vera icona secondo il quotidiano diretto da Mario Calabresi.
Stavolta la story è incentrata sulla bagarre che si è scatenata negli Usa tra Facebook e lo stesso Soros. Nel mirino dell'inviato speciale in bretelle dagli Usa, Federico Rampini, è finita la numero due di Facebook, Sheril Sandberg, una delle più note giornaliste americane, stimata per le sue qualità investigative.
Ecco cosa scrive il bretellato, riportando quanto riferisce un articolo del New York Times (non si è neanche scomodato più di tanto, Rampini, per scrivere la paginata pro Soros di Repubblica): "Fu lei in persona – scrive il super corrispondente – a commissionare 'fango' su Soros, per il solo fatto che il miliardario-filantropo di sinistra aveva osato criticare Facebook. Tutto ebbe inizio a gennaio, all'ultimo World Economic Forum di Davos. Vi partecipavano sia Sandberg che Soros. Lui criticò pubblicamente Facebook e Google, li definì pericolosi per la democrazia, invocò nuove regole e maggiori controlli sui giganti oligopolisti dell'economia digitale".
Ma eccoci al cuore della singolar tenzone. Riprendono le trombe di Rampini anti Sandberg: "Ma la Sandberg anzichè ripondere nel merito (alle accuse di Soros, ndr), chiese ai suoi collaboratori di indagare su Soros, sui suoi moventi, su eventuali interessi finanziari. Per esempio, se stesse effettuando 'vendite allo scoperto' in Borsa per arricchirsi dopo aver fatto scendere il titolo di Facebook. In cerca di prove per accusarlo di aggiotaggio, insomma: perchè se uno ti critica deve essere un delinquente che ci specula sopra".


Federico Rampini. In alto, Soros

Non basta. Il prode Rampini non ha terminato la genuflessione nei confronti del suo magnate-filantropo: "Soros risultava indigesto da tempo ai vertici dei social media, ma tutte le sue campagne si svolgevano alla luce del sole, per esempio finanziando un'associazione che si chiama 'Free from Facebook' e denuncia da tempo i pericoli di questa rete sociale".
Non è certo finita, ci sono altre cartucce nel cinturone del pistolero Rampini: "Sandberg ha fatto ingaggiare una nota società di relazioni pubbliche legata alla destra repubblicana, Definers Public Affairs, che ha cominciato una campagna anti Soros, rispolverando anche argomenti antisemiti. Proprio come si usa fare nel campo dei suprematisti bianchi, per i quali Soros è il capro espiatorio ideale, il regista del 'complotto giudaico-plutocratico' di hitleriana memoria".
E il tric trac finale: "Quando sul NYT cominciarono ad uscire le prime rivelazioni, Zuckerberg  e l'intero vertice aziendale fecero quadrato intorno alla Sandberg per difenderla. E lei cominciò ad accumulare bugie su bugie".
"La Sandberg sapeva tutto fin dall'inizio e fu la vera regista".
Sorgono spontanee un paio di domande. Sulle 'prodezze' di Soros, a cavallo della sua Open Society Foundation tanto umanitaria, se ne conoscono in dettaglio di tutti i colori e da un bel pezzo.
Dalla narrazione rampiniana, invece, sembra sia tutto spuntato fuori oggi come il cavolo a merenda.
Secondo punto. Ma conosce qualcosa mister Rampini del giornalismo d'inchiesta? Sa che è l'anima della vera informazione, e non i lecchinaggi di palazzo? Cosa c'è di strano se lady Sandberg ha sguinzagliato i suoi reporter a caccia di notizie sulle tante acrobazie finanziarie dal magnate? Sui suoi giganteschi affari? Sulle sue malefatte internazionali? Sa mister Rampini che Soros con una mano finanzia le Ong e con l'altra cerca di divorarsi interi Paesi pezzo pezzo, come da qualche anno sta cercando di fare con la Macedonia, mentre l'Italia potrebbe entrare presto nel suo mirino?
Finalmente qualcuno cerca di alzare i veli sull'impero Soros. Anche se a Rampini non piace…

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

LE CONTRADDIZIONI DELL’ANTIFASCISMO – Franco Cardini e Paolo Ercolani



Quanto c’è di fascista nell’antifascismo ormai vuoto di una sinistra che non sa più trovare in se stessa un principio di attrazione identitaria, e si autodefinisce solo come negazione delle identità altrui? È lecito pretendere di contrastare un fenomeno utilizzando lo stesso metodo che lo ha generato?
È questo il tema di “Neofascismo e Antifascismo“, un pamphlet dello storico Franco Cardini che in realtà è un’entrata a gamba tesa nel dibattito sulle grandi ideologie che hanno infuocato il ‘900 (qui per leggerlo).
Libropolis, davanti alle telecamere di Byoblu, se ne è parlato insieme a Paolo Ercolani, filosofo, scrittore, saggista e giornalista. Modera Alessandro Bedini.
Tutti gli interventi di Libropolis ripresi da Byoblu: https://www.youtube.com/playlist?list=PLimc7jftHxGUZveUQQHr1w1Eqa4AYHWjf
Fonte: www.byoblu.com

30 novembre 2018

Blog Emanuela Orlandi: La nostra genetista forense è pronta ad esami paralleli su quei resti

New article


Maria Antonietta Gregori "Solo l'esame del DNA può darci delle certezze e comunque noi faremo effettuare altre analisi in parallelo e alla luce del sole, dalla nostra Genetista Marina Baldi"
"La nostra genetista forense è pronta ad esami paralleli su quei resti"



Buona lettura
Copyright © 2018 emanuelaorlandi.altervista.org, All rights reserved.

Vaccini Hpv: “Manufactured Crisis” il film che svela la realtà criminale del vaccino hpv

E dopo VAXXED , ecco in arrivo “La crisi dell’HPV: reale o prodotta?” Una nuova versione cinematografica, un nuovo documentario che svela i danni a seguito della vaccinazione che dovrebbe proteggere dal papilloma virus.
Potrete visionarlo cliccando sul titolo (vi comparirà con Vimeo,  vi consigliamo di guardarlo e salvarlo).
Siamo a LONDRA, Regno Unito.  Un  docu-film, pubblicato online nel Regno Unito e visibile in tutta Europa questa settimana, mette in dubbio le affermazioni delle autorità sanitarie britanniche, danesi e spagnole sulla sicurezza del vaccino hpv. Giunge in un momento in cui  medici britannici ed europei stanno proponendo di estendere l’uso del vaccino anche ai bambini inferiori agli 11 anni, quindi non si parla più di adolescenti. Un obblig che si estenderà a caro prezzo questo (1).
“Manufactured crisis” : ciò che non ti dicono del vaccino HPV ” espone i casi di reazioni avverse gravi  che cambiano la vita a ragazze e giovani donne a seguito di somministrazione del vaccino Gardasil o Cervarix . Le reazioni avverse registrate includono grave disabilità, paralisi e persino la morte. Durante tutto il documentario, le famiglie raccontano i loro drammi e le loro vite cambiate per sempre. Storie strazianti che non possono e non devono essere ignorate.
Il film della durata di 60 minuti include anche le posizioni di medici e scienziati rispettati che sfidano le affermazioni sul valore del vaccino HPV. Loro affermano che ci vorranno almeno 10 anni prima di sapere se i vaccini HPV saranno davvero in grado di diminuire i casi di  cancro, comprese le forme più comuni di cancro cervicale ed -in caso affermativo- a quale costo.
Mettono in discussione anche i famosi “rischi e benefici” che pesano fortemente a favore della vaccinazione da sempre. In realtà, affermano gli scienziati, il caso della vaccinazione di massa non è chiaro. E queste decisioni sono state prese senza nemmeno considerare gli approcci alternativi e collaudati alla prevenzione, in particolare lo screening e l’educazione sessuale (2, 3).
Manufactured Crisis è una produzione di Alliance for Natural Health (ANH) realizzata in collaborazione con Sanevax , l’ associazione britannica di HPV Vaccine Injured Daughters (AHVID), l’ associazione danese delle vittime di vaccini HPV e l’associazione spagnola di persone danneggiate da vaccino HPV ( AAVP ).
Steve Hinks
Steve Hinks
Il vicepresidente di AHVID, Steve Hinks, ha dichiarato: “È ridicolo che così tanti professionisti del settore sanitario nel Regno Unito ignorino che la “sicurezza” e “l’efficacia” del vaccino HPV è in dubbio per il grave danno che sta causando. Perché non ci viene detta la verità? ”
Il presidente dell’Associazione danese delle vittime del vaccino contro l’HPV, Karsten Viborg ha dichiarato: “Il vaccino HPV è un esperimento enorme e molto pericoloso. Bambini e genitori hanno bisogno di informazioni corrette sui benefici e rischi. I nostri membri hanno tutti seguito la raccomandazione delle autorità per la vaccinazione – ora non c’è alcun dubbio: le autorità sanitarie non informano i cittadini ed i politici “.
La presidente dell’AAVP, Alicia Capilla, ha dichiarato: “Incomprensibilmente, le autorità sanitarie non vogliono collegare queste reazioni ai vaccini HPV, lasciando le vittime in una situazione di abbandono. ”
Norma Erickson
Norma Erickson
Il presidente di SaneVax, Norma Erickson, ha dichiarato: “Il team di SaneVax collabora con rappresentanti di oltre 50 paesi. Questo documentario mette in luce gli eventi che si verificano in ogni paese che ha adottato un programma nazionale di vaccinazione HPV. È giunto il momento di istituire il principio di precauzione in tutto il mondo. Dobbiamo scoprire perché così tanti soffrono e sviluppare protocolli di trattamento per aiutarli a riprendere in mano la propria vita “.
Questo documentario suggerisce gli interessi fraudolenti dei governi che hanno messo in primo piano questa procedura farmacologica al benessere e alla salute dei cittadini. Gli interessi commerciali vengono prima della salute pubblica.

LAURIE POWELL, EX DIRIGENTE DEL MARKETING FARMACEUTICO, AFFERMA:

“NON SI TRATTA DI CURA DEL PAZIENTE. SI TRATTA DI FARE SOLDI “.

Tim Reihm
Tim Reihm, the director of Manufactured Crisis
In una dichiarazione congiunta, i produttori del film hanno dichiarato: “Le autorità sanitarie stanno ingannando il pubblico sostenendo che la capacità del vaccino di aumentare gli anticorpi HPV nel giro di pochi anni equivale alla protezione dai tumori correlati all’HPV, in particolare il cancro del collo dell’utero. La scienza invece, ci svela altro.https://vimeo.com/277078546/7812e25bb1
“Tim Reihm, il regista e narratore del film va oltre:” Quello che abbiamo scoperto è stato un esempio scioccante di avidità aziendale, disonestà scientifica, complicità del governo e tragedia umana “.
“Manufactured crisis” : quello che non ti dicono sul vaccino HPV ” è prodotto da Focus for Health e Freda Birrell ed è diretto da Tim Reihm.

Il documentario di un’ora è disponibile sul seguente link:

 Ricerca e traduzione a cura di Vacciniinforma

(1) “The British Medical Association believes the HPV (human papilloma virus) vaccine should be given to youngsters under nine in an effort to catch them before they have sex” https://www.mirror.co.uk/lifestyle/health/health-experts-say-primary-school-12791841
2) “The cervical cancer rate in the USA is 12/100,000. By Merck’s own admission, for every 100,000 girls that receive Gardasil you can expect 2,300 serious adverse events.” Norma Erickson, president, Sanevax.
(3) “If your daughter gets regular Pap smears her chances of dying from cervical cancer are 0.00002%.” Shannon Mulvihill, executive director, Focus for Health.

27 novembre 2018

Blog Emanuela Orlandi: Ossa Nunziatura Apostolica

New article


Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 
con la dichiarazione di Pietro ORLANDI  inerente la presunta apertura in Vaticano di una inchiesta per fare chiarezza sul destino di Emanuela.

"LE OSSA NELLA NUNZIATURA APOSTOLICA"



Buona lettura
Copyright © 2018 emanuelaorlandi.altervista.org, All rights reserved.
Riceve questa mail perchè iscritto alla newsletter del Blog

TRONCHETTI PROVERA / ASSOLTO NELLA SPY STORY, “IL FATTO NON COSTITUISCE REATO”. E POTEVA NON SAPERE…


3 a 2. Dopo una battaglia giudiziaria durata 8 anni Marco Tronchetti Provera viene assolto dall'accusa di ricettazione per una brutta storia di spionaggio industriale. Secondo la Corte d'Appello di Milano, infatti, "il fatto non costituisce reato", mentre invece per ben due volte la Cassazione aveva sostenuto e documentato esattamente il contrario, chiedendo la condanna del patròn della ormai gialla Pirelli (è per oltre la metà dei cinesi).
Cassazione contro Appello, dunque, una giustizia spezzata esattamente a metà.
La fresca assoluzione è anche in stridente contrasto con le pesanti condanne inflitte nel 2009 ai due super spioni al servizio di Telecom e quindi di Tronchetti Provera all'epoca dei fatti, il 2004: Giuliano Tavaroli, il capo della security di Telecom, e Fabio Ghioni, un grosso pirata informatico (facevano parte del cosiddetto Tiger Team) hanno patteggiato una condanna rispettivamente a 3 anni e 8 mesi e 3 anni e 4 mesi.

Giuliano Tavaroli. Sopra, Marco Tronchetti Provera

Sorge spontanea la domanda: come mai il Capo – ossia Tronchetti Provera – alla fine la fa franca mentre i suoi dipendenti sono stati condannati? Poteva "non sapere" ? Nelle loro difese, infatti, i due hanno sempre sostenuto che l'ordine di spionaggio era arrivato dal numero uno e certo non era partito da loro. Ovvio, lo capisce anche un bimbo delle elementari: difficile che una decisione così delicata venga assunta in modo autonomo da due dipendenti senza l'avallo del capo.
Tronchetti si è difeso sostenendo che era sì al corrente della situazione, ma che per trovare la soluzione operativa venne fatta una brevissima riunione, cinque minuti e via. Come dire: deciso il da farsi, vedetevela poi voi sul 'come procedere'.
Ci ha creduto la Corte d'Appello, non ci aveva creduto la Cassazione.

SPIE CONTRO SPIE, LA GUERRA PER BRASIL TELECOM  
Ecco in breve cosa era successo. Nella guerra di Telecom, una delle partite più grosse si giocò, una quindicina d'anni fa, per il controllo di Brasil Telecom. Il gruppo anti Tronchetti ingaggiò una società investigativa, la Kroll, per dossierare Tronchetti (il quale, a sua volta, era coinvolto nell'altro grande scandalo sui dossieraggi illegali contro i rivali industriali e personali). L'ex vicepresidente dell'Inter venne a saperlo e quindi ordinò al suo team – capeggiato appunto da Tavaroli, braccio destro Ghioni – di trovare le prove. Il team riuscì a trafugare un cd made in Kroll e questo venne poi consegnato alla procura di Milano e anche a quella brasiliana. Insomma, una vera e propria guerra per bande.
Tronchetti ha sempre sostenuto di "non conoscere la provenienza illecita di quel cd"; la Cassazione, Tavaroli e Ghioni hanno sempre sostenuto il contrario. E la Terza Corte d'Appello di Milano ora ha messo la pietra tombale sulla vicenda credendo alle parole di Tronchetti.

Il tribunale di Milano

Incredibile ma vero. Ecco come funziona la giustizia italiana. Immaginate un piccolo imprenditore alle prese con una vicenda del genere: sarebbe rimasto stritolato da questo infernale meccanismo. Il Grande Tronchetti invece no: e può anche vantarsi di aver rinunciato alla prescrizione.
La vicenda fa andare in brodo di giuggiole il Corriere della Sera, che attacca l'accanimento giudiziario – figurarsi – contro gli imprenditori. Scrive Federico De Rosa: "La vicenda di Tronchetti è anche un riscatto nei confronti di un mondo, quello degli imprenditori, messi troppo spesso sotto accusa".
Un ultimo cenno alla motivazione, "il fatto non costituisce reato". Cosa, il dossieraggio? Lo spionaggio? La "non conoscenza" di Tronchetti su ciò che i suoi spioni facevano?
Siamo davvero ai confini della realtà.
P.S. Ricorderete l'altra maxi inchiesta sui dossieraggi voluti da Tronchetti ed eseguiti dal suo Tiger team sui suoi rivali industriali, politici e anche sportivi. Fece spiare perfino i calciatori della Juve e dell'Inter (in particolare Bobo Vieri) e la sua stessa moglie, Afef, sulla cui fedeltà evidentemente nutriva dei dubbi.
Ha subito qualcosa Tronchetti per quelle migliaia di spiate? Per aver fatto pedinare e intercettare a più non posso? Ancora una volta una giustizia a due facce. E sempre viene calpestata la giustizia con la G maiuscola.

To see the article visit www.lavocedellevoci.it

22 novembre 2018

Ma non dovevamo togliere le sanzioni alla Russia?


Fra le tante promesse elettorali che sembrano finite nel dimenticatoio, c'è anche quella di togliere le sanzioni alla Russia. Sia Salvini sia Di Maio si erano dichiarati a favore di una rimozione delle sanzioni, non per motivi ideologici, ma "perchè danneggiano l'economia italiana".
Che fine hanno fatto queste promesse?
Ieri lo stesso ministro degli esteri russo Lavrov ha concesso un'intervista a El Paìs, dichiarando: "Questa mitologica "minaccia russa" viene imposta agli europei primariamente dall'esterno. Le sanzioni alla russia sono state imposte all'Europa sotto ordini diretti di Washington. Secondo alcune stime, la perdita complessiva da parte delle nazioni europee a causa delle sanzioni è stata di oltre 100 miliardi di dollari. E' importante che i politici europei si rendano conto di questo."
Forse se ne renderanno anche conto, ma da noi di questo argomento da tempo non si sente più parlare. Non avevamo un ministro degli esteri, da qualche parte? Che fine ha fatto?
Inoltre, da ieri sono tornate in funzione le sanzioni americane contro l'Iran, che tendono a bloccare completamente l'esportazione iraniana di petrolio. A noi per ora verrà concesso - Deo gratias - di continuare a commerciare con loro per altri sei mesi, ma poi il divieto dovrebbe diventare tassativo per tutti.
E' possibile che non ci sia un solo politico italiano che abbia il coraggio di sollevare il nostro vero problema, che non è tanto la dipendenza (burocratica) da Bruxelles, quanto piuttosto la dipendenza (strategica e geopolitica) dai voleri e dagli umori degli Stati Uniti d'America?
Massimo Mazzucco
luogocomune.net