16 ottobre 2019

La verità su Ettore Majorana – Alfredo Ravelli



Alfredo Ravelli, cugino di Rolando Pelizza, strettissimo collaboratore del fisico Ettore Majorana e realizzatore della sua famosissima (e ricercatissima) macchina in grado di trasformare energia e materia, espone a Byoblu le prove che secondo lui documentano inequivocabilmente che Majorana, scomparso misteriosamente nel 1938, sarebbe stato ancora vivo fino a pochi anni fa, e la sua macchina avrebbe dimostrato di poter funzionare.
Chi era Ettore Majorana, perché sparì nel nulla tra il 26 e il 27 marzo del 1938 e soprattutto, che fine fece?
Alfredo Ravelli approfondisce il segreto di Majorana attraverso il suo ultimo libro, “2006: Majorana era vivo! – Le ultime lettere di Ettore Majorana a Rolando Pelizza”.
Quest’ultimo, che sarebbe rimasto in contatto con Majorana attraverso 15 lettere vergate a mano nel 1976 sulla piattaforma di un forte in alta montagna, con un esperimento videotrasmesso mostra ad alcuni conoscenti come sia capace di annichilire una roccia mediante una piccola macchina elaborata da Majorana e afferma di poter utilizzare l’antimateria.
Nei molti esperimenti eseguiti seguendo le istruzioni di Majorana, Pelizza con questa macchina – il cui uso pacifico consiste nella distruzione dei rifiuti e delle scorie radioattive – otterrebbe non solo la possibilità di distruggere elementi, ma soprattutto di poter ricavare grandi quantità di energia praticamente a costo zero. Nei successivi esperimenti Pelizza cerca piena conferma della terza fase indicatagli dal suo maestro: la trasformazione della materia.

15 ottobre 2019

[Reseau Voltaire] Les militaires français pris au piège en Syrie 14 ott 2019

Réseau Voltaire
Les militaires français pris au piège en Syrie
Réseau Voltaire | 14 octobre 2019
Le président Emmanuel Macron a réuni un Conseil de défense au PC Jupiter de l'Élysée, le 13 octobre 2019 en fin de soirée, pour statuer sur les forces militaires et civiles positionnées au Nord de la Syrie.
• En secret, le président Macron avait ajouté huit bases militaires à celle déjà implantée par le président Hollande. Toutes les neuf sont illégales au regard du droit international. Elles avaient pour mission de soutenir le démantèlement de la Syrie et la création d'un nouvel État, le « Rojava » (Kurdistan).
• Il avait également donné instruction à la DGSE de favoriser l'engagement d'anarchistes français dans les rangs du YPG kurde [1], dont un est déjà revenu en France et a tenté d'abattre un hélicoptère de la Gendarmerie nationale [2].
• Il avait enfin encouragé le déplacement d'ONG humanitaires sous contrôle militaire.
On ignore si le Conseil de défense a été informé à temps de l'accord, négocié au même moment par l'armée russe sur sa base aérienne d'Hmeimim, entre le YPG et la République arabe syrienne.
Les personnels français ont assisté durant trois ans, sans être autorisés à intervenir, aux crimes contre l'humanité perpétrés par des éléments kurdes contre les Assyriens chrétiens et les Arabes musulmans au Nord-Est de la Syrie.
Ils n'ont pas été repliés lorsque, le 6 octobre, la Maison-Blanche a informé la France de l'imminence de l'invasion turque, laquelle a débuté le 9 octobre.
Aujourd'hui, en l'absence des forces US, les personnels français sont pris entre deux feux : d'une part l'armée turque que le président Hollande a trahi en 2015, d'autre part les ex-alliés kurdes ralliés à la République arabe syrienne que la France combat.
Carte des bases secrètes françaises publiée par l'agence officielle turque, Anadolu Agency, en janvier 2019 :
JPEG - 76.3 ko
À lire sur voltairenet.org : Tout ce que l'on vous cache sur l'opération turque « Source de paix », une étude en trois parties de Thierry Meyssan.
- 1. La généalogie de la question kurde (mardi 15 octobre)
- 2. Le Kurdistan, imaginé par le colonialisme français (mercredi 16 octobre)
- 3. L'invasion turque du Rojava (jeudi 17 octobre)
[1] Cf. le film Sœurs d'armes, de Caroline Fourest, ex-porte-parole de l'Union communiste libertaire.
[2] « Ces revenants du Rojava qui inquiètent les services de renseignement », Matthieu Suc et Jacques Massey, Médiapart, 2 septembre 2019.
Abonnement    Réclamations


14 ottobre 2019

Il golpe anglo-americano che aveva messo fine all’indipendenza dell’Australia


Nel 1975, il Primo Ministro Gough Whitlam, che è mancato questa settimana [L’articolo è dell’ottobre 2014 ed era stato scritto subito dopo la morte dell’ex primo ministro, N.D.T.], aveva osato rivendicare l’autonomia del proprio paese. La CIA e il MI6 si erano assicurati che ne pagasse il prezzo.
Sui media e nell’establishment politico australiano è calato il silenzio sulla memoria del grande Primo Ministro riformatore Gough Whitlam. I suoi successi sono riconosciuti, seppur a malincuore, i suoi errori vengono sottolineati con falso rincrescimento. Ma la ragione principale del suo straordinario insuccesso politico, essi sperano, sarà seppellita con lui.
L’Australia, durante gli anni di Whitlam, 1972-75, era diventata per un breve periodo di tempo uno stato indipendente. Un commentatore americano aveva scritto che nessun paese aveva “invertito la sua posizione negli affari internazionali in modo così totale senza passare attraverso una rivoluzione interna.” Whitlam aveva posto fine alla servilità coloniale della sua nazione. Aveva abolito il patrocinio reale, indirizzato l’Australia verso il Movimento dei paesi non allineati, sostenuto le”zone di pace” e si era opposto ai test sulle armi nucleari.
Anche se non veniva considerato un laburista di sinistra, Whitlam era un socialdemocratico anticonformista per principio, orgoglio e correttezza. Credeva che una potenza straniera non dovesse controllare le risorse del suo paese e dettarne la politica economica ed estera. Aveva intenzione di “ricomprare la fattoria.” Nel redigere i primi atti legislativi sui diritti delle terre degli aborigeni, il suo governo aveva risvegliato il fantasma del più grande esproprio terriero nella storia dell’umanità, la colonizzazione britannica dell’Australia e la questione di chi fossero le enormi ricchezze naturali del continente insulare.
I Latino-Americani riconosceranno l’audacia e il pericolo di questa “voglia di libertà” in un paese il cui establishmente era indissolubilmente legato ad un grande potenza straniera. Gli Australiani avevano partecipato ad ogni avventura imperiale britannica, fin da quando in Cina era stata repressa la ribellione dei Boxer. Negli anni ’60, l’Australia aveva implorato per unirsi agli Stati Uniti nell’invasione del Vietnam, poi aveva messo a disposizione i suoi “black team” [gruppi di specialisti per operazioni clandestine], gestiti però dalla CIA. I cablogrammi diplomatici statunitensi pubblicati lo scorso anno da Wikileaks rivelano i nomi di figure di spicco in entrambi i principali partiti, tra cui un futuro primo ministro e un ministro degli esteri, nel ruolo di informatori di Washington durante gli anni di Whitlam.
Whitlam conosceva il rischio che stava correndo. Il giorno dopo la sua elezione, aveva ordinato che il suo staff non venisse “controllato o molestato” dal servizio di sicurezza australiana, Asio, allora come adesso legato all’intelligence anglo-americana. Quando i suoi ministri avevano pubblicamente condannato i bombardamenti americani sul Vietnam definendoli “corrotti e barbari,” un funzionario della stazione della CIA a Saigon aveva dichiarato: “Ci hanno detto che gli Australiani potrebbero benissimo essere considerati dei collaboratori dei Nord-Vietnamiti.
Whitlam aveva chiesto di sapere se e perché la CIA gestisse una base di spionaggio a Pine Gap, vicino ad Alice Springs, un gigantesco aspirapolvere che, come ha da poco rivelato Edward Snowden, consente agli Stati Uniti di spiare tutti. “Se cercherete di fregarci o di manipolarci,” aveva detto il primo ministro all’ambasciatore degli Stati Uniti, “[Pine Gap] diventerà una questione tutta da rivedere.
Victor Marchetti, l’ufficiale della CIA che aveva contribuito a creare Pine Gap, mi aveva confidato in seguito: “Quella minaccia di chiudere Pine Gap aveva fatto venire un colpo apoplettico alla Casa Bianca … si era iniziato a preparare una specie di [golpe come in] Cile.”
I messaggi top-secret di Pine Gap venivano decodificati da un’azienda dipendente dalla CIA, la TRW. Uno dei decodificatori era Christopher Boyce, un giovane turbato dall’inganno e dal tradimento da parte di un alleato. Boyce aveva riveato che la CIA si era infiltrata nella dirigenza politica e sindacale australiana e che si riferiva al Governatore Generale dell’Australia, Sir John Kerr, come “il nostro uomo, Kerr.”
Kerr non era solo l’uomo della Regina, aveva legami di vecchia data con l’intelligence anglo-americana. Era un appassionato sostenitore dell’Associazione Australiana per la Libertà Culturale, descritta da Jonathan Kwitny del Wall Street Journal nel suo libro, The Crimes of Patriots, come “un gruppo d’élite, esclusivamente su invito … smascherato di fronte al Congresso come fondato, finanziato e completamente gestito dalla CIA.” La CIA “aveva pagato i viaggi di Kerr, costruito il suo prestigio … Kerr aveva continuato ad assecondare la CIA per soldi.”
Quando Whitlam era stato rieletto per un secondo mandato, nel 1974, la Casa Bianca aveva inviato a Canberra come ambasciatore Marshall Green. Green era una figura imperiosa e sinistra, che operava all’ombra dello “stato profondo” americano. Conosciuto come il “maestro del golpe,” aveva avuto un ruolo centrale nel colpo di stato del 1965 contro il presidente Sukarno in Indonesia, che aveva provocato quasi un milione di morti. Uno dei suoi primi discorsi in Australia, presso l’Australian Institute of Directors, era stato descritto da un membro allarmato del pubblico come “un incitamento agli imprenditori del paese a ribellarsi contro il governo.
Gli Americani e gli Inglesi avevano lavorato insieme. Nel 1975, Whitlam aveva scoperto che il MI6 britannico stava operando contro il suo governo. “Gli Inglesi stavano effettivamente decodificando i messaggi segreti che arrivavano nel mio ufficio per gli affari esteri,” aveva detto in seguito. Uno dei suoi ministri, Clyde Cameron, mi aveva riferito: “Sapevamo che il MI6 stava spiando le riunioni di gabinetto per conto degli Americani.” Negli anni ’80, alcuni alti funzionari della CIA avevano rivelato che il “problema Whitlam” era stato discusso “con urgenza” dal direttore della CIA, William Colby e dal capo del MI6, Sir Maurice Oldfield. Un vicedirettore della CIA aveva detto: “Kerr ha fatto quello che gli era stato detto di fare.
Il 10 novembre 1975, a Whitlam era stato mostrato un messaggio telex top-secret proveniente da Theodore Shackley, il noto capo della divisione della CIA per l’Asia Orientale, che aveva contribuito al colpo di stato contro Salvador Allende in Cile, due anni prima.
Il messaggio di Shackley era stato letto a Whitlam. In esso si diceva che il primo ministro australiano rappresentava un rischio per la sicurezza del suo paese. Il giorno prima, Kerr aveva visitato il quartier generale del Defence Signals Directorate (DSD), la NSA australiana, dove era stato informato sulla “crisi della sicurezza.”
L’11 novembre, il giorno in cui Whitlam avrebbe dovuto informare il parlamento della presenza segreta della CIA in Australia, era stato convocato da Kerr. Invocando arcaici, vice-regali “poteri di riserva,” Kerr aveva licenziato il suo primo ministro democraticamente eletto. Il “problema Whitlam” era stato risolto e la politica australiana, e la nazione intera, non avrebbero mai più riconquistato la loro vera indipendenza.
John Pilger
Fonte: www.theguardian.com

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

11 ottobre 2019

[Reseau Voltaire] Les principaux titres de la semaine 9 ott 2019


Réseau Voltaire
Focus




En bref

 
L'accord secret sur la question kurde
 

 
30 morts dans les manifestations en Iraq
 

 
Le plan Erdoğan pour le Nord de la Syrie
 
Controverses
Fil diplomatique

 
Déclaration de Federica Mogherini sur la Syrie
 

 
Communiqué du Ministère russe des Affaires étrangères concernant l'interpellation d'une députée de la Douma aux États-Unis
 

 
Déclaration de la Maison-Blanche à propos des terroristes du Nord de la Syrie
 

 
Sergueï Lavrov au Club de Valdaï
 

 
Discours d'Emmanuel Macron devant l'Assemblée parlementaire du Conseil de l'Europe
 

 
abonnement    Réclamations


Unione nazionale in Siria e Venezuela, di Thierry Meyssan


All’inizio di settembre siamo stati i soli ad annunciare il passo decisivo contemporaneamente compiuto in Siria e Venezuela. Paesi che ora non cercano più di negoziare con i terroristi, bensì di costruire un nuovo regime in collaborazione con l’opposizione patriottica.

Siria e Venezuela si giocano contemporaneamente e parallelamente il proprio futuro. Ed è normale sia così, perché trattasi di conflitti che non hanno origine locale, ma sono frutto della strategia del Pentagono di distruzione delle strutture statali, avviata dapprima nel Medio Oriente Allargato, in seguito nel Bacino dei Caraibi (dottrina Rumsfeld/Cebrowski [1]).
La situazione e le capacità dei due Stati sono molto diverse, ma la resistenza al capitalismo globale è la medesima. Hugo Chávez (presidente dal 1999 al 2013) è stato portavoce delle popolazioni delle periferie del mondo, di fronte alle ambizioni delle società transnazionali. Deluso dalla defezione di alcune nazioni del Movimento dei Paesi Non-allineati, diventate vassalle degli Stati Uniti, Chávez e il presidente siriano Bashar al-Assad immaginarono di rifondare il Movimento su basi rinnovate e di chiamarlo Movimento dei Liberi Alleati [2]. A chi si poneva domande sui tempi di realizzazione di quest’ambizioso progetto, il presidente venezuelano rispondeva con la previsione che l’omologo siriano avrebbe occupato il suo posto sulla scena internazionale. Nel piano quinquennale 2007-2013, che redasse in prima persona, Chávez inserì anche istruzioni per le amministrazioni del Paese affinché sostenessero un alleato politico tanto lontano, la Siria [3].
Da 18 anni la guerra imperversa nel Medio Oriente Allargato e da otto in Siria. Afghanistan, Iraq e Libia sono già stati distrutti. Lo Yemen è ridotto alla fame. In Siria un governo in esilio è stato riconosciuto dagli Stati Uniti e da un pugno di loro alleati. Il patrimonio del Paese in Occidente è stato confiscato. Nella Lega Araba un governo alternativo ha rimpiazzato quello costituzionale. I vassalli regionali del Pentagono si sono messi agli ordini della NATO.
Nel Bacino dei Caraibi il preludio alla guerra è già in fase avanzata, soprattutto in Nicaragua e a Cuba. In Venezuela un autoproclamato presidente è stato riconosciuto dagli Stati Uniti e da un pugno di loro alleati. Il patrimonio del Paese in Occidente è stato confiscato. Nell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) un governo alternativo ha rimpiazzato quello costituzionale. I vassalli regionali del Pentagono stanno riattivando il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR).
La guerra in Siria è al termine perché la presenza militare russa rende impossibile l’invio di nuove truppe per combattere il governo [legittimo] del Paese, siano esse formate da soldati regolari statunitensi, da mercenari ufficialmente ingaggiati dal Pentagono o da mercenari ufficiosamente ingaggiati dagli alleati della NATO. Ma la vittoria contro decine di migliaia di mercenari dell’Esercito Arabo Siriano non significa pace.
In Siria e Venezuela la pace sarà possibile solo a condizione che la società fratturata – dalla guerra nel primo caso e dalla sua preparazione nel secondo – venga riparata. In Siria la riparazione potrà avvenire attraverso la redazione e l’adozione d’una nuova Costituzione, come previde quattro anni fa la risoluzione ONU 2254. Anche in Venezuela la pace dovrà passare dalla creazione di un regime di unione nazionale, ove si associno gli chavisti e l’opposizione patriottica, ancora viva nel Paese, cui sta a cuore la preservazione della nazione.
Con l’assenso del presidente Trump, nonostante l’opposizione dei generali del Pentagono e dei diplomatici del dipartimento di Stato, il 16 settembre Siria e Venezuela hanno fatto passi avanti in questa direzione. Lo stesso giorno Iran, Russia e Turchia hanno annunciato la formazione della Commissione Costituzionale Siriana [4] e il Venezuela l’apertura di un Tavolo di dialogo che riunisce rappresentanti del governo e dell’opposizione patriottica [5]. Un’iniziativa che si sostituisce ai negoziati che il governo costituzionale aveva intavolato alle Barbados – alla presenza di mediatori norvegesi – con i rappresentanti dell’autoproclamato presidente Guaidó; negoziati che quest’ultimo dichiarò esauriti e abbandonò. Analogamente, la Commissione Costituzionale Siriana mette fine ai negoziati che il governo conduceva da anni con gli jihadisti “moderati”, sotto gli auspici dell’ONU.
Dopo l’inizio della guerra in Siria il principio di Unione Nazionale si è gradualmente affermato. Il presidente Assad riuscì a organizzare nel 2014 un’elezione presidenziale conforme agli standard internazionali dei regimi democratici. In Venezuela invece questo principio rappresenta una novità, di cui ancora non tutti sono convinti. Un precedente tentativo avviato da papa Francesco è fallito. Questa volta, in poche ore, i negoziatori sono riusciti ad accordarsi su tutto quel che Guaidó asserisce di rivendicare, ma che in realtà rifiuta di formalizzare. Gli chavisti hanno smesso di disertare le sedute dell’Assemblea Nazionale; la riforma della Commissione elettorale è in gestazione; il vice-presidente dell’Assemblea Nazionale, prima agli arresti, è stato rilasciato; e via di questo passo.
La diffusione della notizia di questi considerevoli progressi ha coinciso con la vacanza del posto di Consigliere per la Sicurezza Nazionale USA. La sostituzione di John Bolton con Robert O’Brien favorisce l’avvio di un nuovo indirizzo a Washington. I due uomini hanno le medesime referenze ideologiche, l’“eccezionalismo statunitense”, ma stili opposti: il primo minaccia di guerra l’intero pianeta, il secondo è consumato negoziatore.
Giacché i partigiani del terrorismo – gli jihadisti “moderati” e i guarimberos di Juan Guaidó – ne sono esclusi, Unione Europea e Gruppo di Lima, privi del pragmatismo del presidente Trump, condannano questi progressi.

www.voltairenet.org

10 ottobre 2019

Rete Voltaire: I principali titoli della settimana 9 ott 2019


Rete Voltaire
Focus




In breve

 
L'accordo segreto sulla questione kurda
 

 
Iraq, trenta morti nelle manifestazioni
 

 
Il piano Erdoğan per il nord della Siria
 
Controversie

 
abbonamento    Reclami


09 ottobre 2019

10 cose da sapere prima di vedere la mostra Nikola Tesla Exhibition


La mostra Nikola Tesla Exhibition,dedicata al celebre inventore, arriverà in Italia il 5 ottobre 2019. L’evento sarà visitabile a Milano, l’unica tappa italiana del tour mondiale. Questa mostra interattiva è promossa da Venice Exhibition, in collaborazione con il “Nikola Tesla Museum” di Belgrado. Ecco cosa sapere prima di visitare la mostra Nikola Tesla Exhibition.


1. MILANO, UNICA TAPPA ITALIANA DEL TOUR MONDIALE

La prima e unica tappa italiana, del tour mondiale, arriverà nella nostra città. Un lungo e dettagliato percorso espositivo sulla figura di Nikola Tesla, un grande inventore che non ebbe in vita i riconoscimenti che gli spettavano. Quella che verrà presentata allo Spazio Ventura XV è la mostra più grande mai realizzata su Nikola Tesla. “Nikola Tesla Exhibition” è organizzata da Venice Exhibition, in collaborazione con il “Nikola Tesla Museum” di Belgrado.

2. COME È ORGANIZZATA LA VISITA?

Il percorso espositivo è suddiviso in due sezioni principali. La prima parte consente al visitatore di immergersi completamente nella vita di Nikola Tesla. I luoghi in cui ha vissuto e lavorato, i suoi progetti e reperti. Per un’ora circa si potrà così approfondire la conoscenza del grande scienziato e di tutte le sue opere. La seconda parte si visita in totale autonomia. Un’area libera interattiva dove approfondire i principi dinamico-elettrici studiati da Tesla attraverso l’interazione con macchine interattive.

3. UN’ESPERIENZA A 360°

Una mostra immersiva e coinvolgente, con esperienze scientifiche interattive. Potrete ammirare delle vere macchine funzionanti realizzate a partire dai suoi progetti. Saranno presenti anche ricostruzioni fedeli di ambienti in cui Tesla ha vissuto e lavorato. Una ricostruzione della camera di hotel dove venne ritrovato morto nel 1943 e il “Big Coil”, la famosa bobina che riproduce le scariche elettriche, simili a quelle prodotte in natura. Ci sarà anche una fedele riproduzione del laboratorio di “Colorado Springs” dove, nel 1899, riprodusse i famosi fulmini artificiali.

4. LA MOSTRA NIKOLA TESLA EXHIBITION È ADATTA AI BAMBINI?

Questa mostra rappresenta un’esperienza unica ed interattiva, che si adatta a tutti, grandi e piccini, dai 4 anni in su. La guida alla mostra, che vi guiderà passo passo nella prima sezione, è compresa nel biglietto d’ingresso.

5. CHI È NIKOLA TESLA

Mi chiamarono pazzo nel 1896 quando annunciai la scoperta di raggi cosmici. Ripetutamente si presero gioco di me quando avevo scoperto qualcosa di nuovo e poi, anni dopo, videro che avevo ragione.  – Nikola Tesla –
Nikola Tesla nacque a mezzanotte tra il 9 e il 10 luglio del 1856 a Smiljan, nella regione della Lika, nell’Impero Austro-Ungarico. Suo padre Milutin era un prete ortodosso e Nikola avrebbe dovuto seguire le orme del padre. Quando si ammalò gravemente di colera, suo padre promise di inviarlo alla migliore scuola di ingegneria tecnica in Europa, quando fosse migliorato. Così nell’autunno del 1875 si iscrisse al politecnico di Gratz e successivamente, nel 1880, proseguì gli studi a Praga. Un grande inventore che durante la sua vita non ebbe tutti i riconoscimenti che avrebbe meritato.

6. TESLA ED EDISON, GUERRA TRA LE CORRENTI

Due grandi menti che erano destinate a dividersi e scontrarsi, visto i diversi metodi ed obiettivi. Tesla lavorò nei rami dell’azienda di Edison. Quest’ultimo trasse beneficio dalle invenzioni di Tesla, a puro scopo personale. Questo incontro lo portò tuttavia a licenziarsi dalla Edison Company per cui lavorava, pieno di illusioni e promesse infrante, e per il grande lavoro realizzato dietro un compenso davvero ridicolo.

7. QUANDO VISITARE LA MOSTRA NIKOLA TESLA EXHIBITION

La mostra aprirà i battenti il 5 ottobre 2019 e sarà visitabile fino al 22 marzo 2020. Da martedì a venerdì dalle ore 10.00 alle ore 19.00, con ultimo ingresso alle ore 18.00. Sabato e domenica dalle 9.30 alle 20.30, con ultimo ingresso alle ore 19.30. Lunedì è il giorno di chiusura.

8. FASCE ORARIE E VISITE GUIDATE

La mostra Tesla è organizzata su fasce orarie e si visita esclusivamente in gruppi da 25/35 persone che entrano ogni 15 minuti accompagnati da una guida compresa nel biglietto d’ingresso.

9. BIGLIETTI

Per visitare la mostra è ovviamente necessario acquistare il biglietto. Il ticket d’ingresso è acquistabile direttamente allo Spazio Ventura XV, presso il sito di TicketOne o in una delle rivendite autorizzate. I pass a data fissa acquistabili sul sito hanno i diritti di prevendita.
Da martedì a venerdì
Intero 17 €
Ridotto Valido per over 65, ragazzi dai 5 ai 13 anni, studenti di ogni ordine e grado (Previa presentazione carta di riconoscimento alla cassa) 15 €
Gruppi Su prenotazione | Da un minimo di 10 ad un massimo di 25 persone 13 €
Scuole Su prenotazione 12 €
Ingresso gratuito Bambini fino a 4 anni e accompagnatori di disabili non autosufficienti (Previa presentazione carta di riconoscimento alla cassa)
Sabato e domenica
Intero 18 €
Ridotto Valido per over 65, ragazzi dai 5 ai 13 anni, studenti di ogni ordine e grado (Previa presentazione carta di riconoscimento alla cassa) 16 €
Gruppi Su prenotazione | Da un minimo di 10 ad un massimo di 25 persone 14 €
Scuole Su prenotazione 13 €
Ingresso gratuito Bambini fino a 4 anni e accompagnatori di disabili non autosufficienti (Previa presentazione carta di riconoscimento alla cassa)

10 COME RAGGIUNGERE LA MOSTRA E DOVE PARCHEGGIARE

La mostra si terrà presso lo Spazio Ventura XV. Potrete raggiungere l’esposizione utilizzando l’auto, la metropolitana  linea verde M2 con fermata Lambrate o alcuni mezzi di superficie come le linee 33, 39, 54, 75 e 924, che collegano molti punti della città.
Il percorso per arrivare in mostra è accessibile ai disabili, la sede espositiva è senza barriere persone diversamente abili o con invalidità
INDIRIZZO: Via Giovanni Privata Ventura 15 – Milano
www.milanolife.it