30 luglio 2019

L’Unione Europea avalla la nomina di quattro alti funzionari, di Thierry Meyssan


In forza dei Trattati, l’Unione Europea è diventata una struttura sovranazionale: dunque come potrebbero gli Stati membri nominare alti funzionari preposti a dare loro ordini? In realtà non lo fanno, si contentano di avallare le scelte NATO, discusse da Germania e Francia.


Prima delle elezioni del parlamento europeo, Stati Uniti, Germania e Francia avevano deciso che presidente della Commissione sarebbe stato il tedesco Manfred Weber, che si era impegnato a mettere fine ai lavori di costruzione del gasdotto Nord Stream 2 e a limitare l’acquisto da parte dell’Unione di idrocarburi russi, per favorire il gas USA, molto più oneroso sia per i costi di produzione che di trasporto.
Per sopire gli elettori europei, una propaganda battente sosteneva che il presidente della Commissione sarebbe stato eletto rispettando una «regola democratica»: il capolista del più importante gruppo parlamentare eletto. Nessuno dubitava che la presidenza sarebbe toccata a Manfred Weber, capo dei conservatori (PPE).
Si tratta ovviamente di una regola non democratica, dal momento che le regole della democrazia prevedono l’elezione di un esponente sostenuto da una maggioranza, non già meramente da un gruppo parlamentare. Stampa e candidati hanno però continuato a ripetere questa stupidaggine, perfettamente consapevoli che l’Unione altro non è che un’illusione.
All’ultimo momento però la Francia si è rimangiata la parola. Il presidente Emmanuel Macron ha pretestato che il suo gruppo parlamentare (ADLE, ora Renew Europe) aveva ottenuto un netto successo, tale da avanzare la pretesa a uno dei quattro più prestigiosi posti di alto funzionario. Macron ha quindi fatto insultare Weber dalla capolista del suo partito, Natalie Loiseau – che lo ha definito un «ectoplasma» – e ha posto il veto alla sua nomina. Dopo l’accordo sulla designazione della francese Christine Lagarde alla testa della Banca Centrale Europea, lo stesso Macron ha proposto un nuovo candidato tedesco, Ursula von der Leyen.
Due donne, Lagarde e von der Leyer, occuperanno così i posti di maggior prestigio; il belga Charles Michel presiederà invece il Consiglio dei capi di Stato e di governo, nonché il Consiglio dell’eurozona; lo spagnolo Josep Borrel sarà l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza. Questi due ultimi incarichi sono puramente formali: il presidente del Consiglio si limita a dare la parola e rappresenta l’Unione all’estero; l’Alto rappresentante è invece portavoce di una politica che tutti sanno essere fissata a Washington, di certo non a Bruxelles.
Queste nomine non sono scelte del Consiglio Europeo, bensì risultato di un accordo tra la cancelliera tedesca e il presidente francese, raggiunto in un colloquio privato. Il Consiglio non ha fatto che avallarle.
In base a quali criteri sono stati selezionati i quattro più alti funzionari delle istituzioni europee? Due requisiti sono imprescindibili:
-  essere atlantisti:
-  avere qualche cosa da nascondere, sì da poter essere ricattati in caso di perdita della fede atlantista.

Essere atlantista

Essere atlantista è qualità scontata per ogni funzionario europeo. Il Trattato di Maastricht e successivi stabiliscono infatti che la NATO, ossia l’alleanza militare antirussa, provveda alla difesa dell’Unione.
A inizio anno Ursula von der Leyen ha opportunamente pubblicato sul New York Times un intervento apologetico della NATO, che «difende l’ordine mondiale» [1].
L’atlantismo di Christine Lagarde non ha bisogno di essere dimostrato: ha iniziato la carriera politica come assistente parlamentare al Congresso USA, in seguito è diventata lobbysta dell’industria degli armamenti USA in contrapposizione a quella francese. Lagarde ha convinto la Polonia ad acquistare l’armamento Boeing e Lockheed-Martin invece che Airbus e Dassault [2].
Charles Michel è primo ministro del Paese ospite della NATO e per lui garantisce anche il padre, Louis Michel, ex commissario europeo per la Cooperazione internazionale, per gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi.
Josep Borrel, ex appartenente al kibbutz di Gal On (deserto del Negev), è stato presidente del parlamento europeo e ha difeso con fervore il principio del vassallaggio europeo all’Alleanza Atlantica.
Naturalmente questi quattro personaggi sono stati invitati alle riunioni del gruppo di Bilderberg, il club della NATO. Il mese scorso Josep Borrell non vi ha partecipato perché glielo ha proibito il primo ministro spagnolo.

“Essere alla catena”

Nonostante la fiducia in chi è al loro soldo, gli Stati Uniti gradiscono comunque disporre di uno strumento di pressione per un eventuale richiamo all’ordine. Infatti talvolta accade che alti funzionari non si accontentino di uno stipendio astronomico e abbiano velleità di servire i propri concittadini.
Era stata avviata un’inchiesta giudiziaria sulla gestione del ministero della Difesa da parte di Ursula von der Leyen. Benché l’esercito tedesco sia notoriamente sotto-equipaggiato, i colossali sforamenti dei preventivi avevano già portato all’apertura di un’inchiesta, affidata a uno studio di revisione contabile che aveva ritenuto adeguate le spiegazioni del ministero. La procura era stata però messa in allarme dalla scoperta che la vigilanza all’interno del gabinetto era stata svolta dal figlio di questa grande aristocratica. Per il diritto tedesco però la cancelleria ha il potere di bloccare le inchieste giudiziarie sui membri di governo.
Christine Lagarde è stata condannata, benché esentata dalla pena, dalla Corte di Giustizia della Repubblica Francese per «negligenza». Lagarde aveva deciso di portare una controversia finanziaria tra una banca pubblica e un ex ministro davanti a un organo di arbitraggio, invece che a un tribunale. L’arbitraggio ha dato torto allo Stato e ragione all’ex ministro, cosa che mai sarebbe dovuta accadere.
Ignoro in quali oscure vicende Charles Michel e Josep Borrel potrebbero essere implicati, ma di certo ce ne sono: il primo non ha forse accettato di capeggiare un governo minoritario e il secondo, all’apice della carriera, non si è volontariamente allontanato per una decina d’anni dalla politica?
La retribuzione di questi quattro funzionari sarà oltre due volte quella del presidente francese. Non si tratta di remunerare capacità eccezionali, bensì di garantirsi che saranno messe al servizio del sovrano: è il prezzo del tradimento.

29 luglio 2019

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Perché il Movimento 5 Stelle sui vaccini ha fallito. Parola del Corvelva


Riceviamo dal Corvelva, l’associazione veneta che da molti anni si impegna sul fronte dell’uso consapevole dei vaccini. E pubblichiamo.

Perché il Movimento 5 Stelle sui vaccini ha fallito? La risposta è semplice: perché i suoi rappresentanti non hanno esercitato le loro funzioni e inoltre hanno tradito le promesse fatte in campagna elettorale.
Il Movimento 5 Stelle sulla questione vaccini ha tradito le sue promesse ma ha fatto un unico sforzo: inviare un suo emissario alla Conferenza Stampa del 27 giugno 2019.  Il partito della “legalità e della trasparenza” il cui Ministro ha firmato la Relazione finale della Commissione “Uranio Impoverito” non ottempera ai suoi doveri e i suoi rappresentanti, parlamentari della Repubblica italiana, violano l’articolo 361 codice
penale,  ovvero “omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale”. Già, perché due sono le cose: o noi abbiamo mentito, pertanto un qualsiasi Parlamentare ci avrebbe dovuto denunciare per “Procurato allarme presso l’Autorità”, articolo 658 codice penale, oppure abbiamo ottemperato a tutti gli obblighi di legge, per cui abbiamo agito nella legalità. Chi dei due non rispetta la legge?
I fatti: la nostra Associazione nel 2018 ha deciso di commissionare a due laboratori analisi qualitative di alcuni vaccini, a proprie spese. Dobbiamo ripetere che abbiamo solo fatto ciò che lo Stato, mediante la sua Commissione Parlamentare di Inchiesta “Uranio Impoverito”, non ha fatto?
Dobbiamo ricordare che la medesima Commissione aveva le analisi dei vaccini tra gli scopi costitutivi? Dobbiamo ricordare che la relazione finale di febbraio 2018 è stata firmata dall’allora deputata Giulia Grillo?


Giulia Grillo
Ricordiamolo, male non fa. Con Delibera del 30 giugno 2015 è stata istituita la Commissione parlamentare di inchiesta che per brevità soprannominiamo “Uranio Impoverito”. All’Articolo. 1, lettera D di questa delibera, possiamo leggere che la Commissione aveva “il compito di indagare… componenti  dei vaccini somministrati al personale militare”. Non solo: la relazione finale pubblicata il 7 febbraio 2018, nelle conclusioni del capitolo “vaccini”, diceva che “il completamento dell’analisi documentale sui dossier di registrazione fin qui svolta (dalla commissione ndr), richiede la verifica sperimentale su vaccini da prelevare a campione… solo in tal modo è possibile controllare la conformità alla scheda tecnica nonché la presenza di componenti non dosati… questo obiettivo, già prefissato dalla legge istitutiva della Commissione non ha trovato attuazione a causa delle limitate risorse economiche a disposizione della Commissione”.
Quindi lo Stato si pone un obiettivo, non lo finanzia e non lo rispetta.
Quando nel 2018 abbiamo ricevuto i primi risultati delle analisi, allarmanti, abbiamo prontamente avvisato tutti gli enti regolatori: EMA, Istituto Superiore di Sanità, Ministero della Salute e AIFA, enti che per mesi si sono rimbalzati tra loro il problema.
Oggi alcuni risultati sono stati confermati interlaboratorio e mediante standard di controllo certificato, ovvero, lo spieghiamo per i meno avvezzi alla terminologia, abbiamo commissionato l’acquisto di alcuni composti per vaccino tra quelli rilevati per poterli confrontare e identificare. Di più non potevamo permetterci, non essendo noi ente di ricerca e finanziando questi lavori con le sole entrate in donazioni e quote associative.
In questo modo abbiamo identificato alcuni composti che evidenziano palesi non conformità in base alle normative nazionali ed europee, ma il fatto che solo questi siano stati acquistati e confrontati per identificarli non significa che tutti gli altri segnali emersi durante le analisi siano inesistenti. Esistono e ci sono, ma per confermare la loro precisa identità si necessita di altri studi che onestamente non competono al cittadino
né per logica né per legge.
Vogliamo qui ricordare che viviamo in Italia, quel meraviglioso Paese fatto anche di leggi e norme, tra cui il programma di controllo annuale della composizione dei medicinali commercializzati, ai sensi dell’art. 53, comma 15 del D.Lgs. 219/2006, dove si prevede l’obbligo di garantire che i farmaci in commercio corrispondano esattamente alle specifiche di qualità delle procedure autorizzative, concetto ribadito dal “Piano di Attività per l’anno 2018 – AIFA”,  dal “Piano di Attività per l’anno 2019  – AIFA” e il “Piano delle Performance 2019-2020 – AIFA”  per il contrasto al crimine farmaceutico. Basti pensare che l’articolo 445 del codice penale, “Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica” e l’articolo 443  del codice penale, “Commercio o somministrazione di medicinali guasti”, prevedono pene fino a 10 anni di carcere.
Il cittadino ha la possibilità, e per noi il dovere, di segnalare possibili difetti di produzione e difformità nella composizione di qualsiasi medicinale e l’ente preposto alla gestione di queste segnalazioni è proprio l’AIFA che, mediante il sistema di Rapid Alert, che recepisce disposizioni europee, si è data l’obiettivo di rispondere alle segnalazioni entro ventiquattro ore e di gestirle al 100%.
Ovvero, dovrebbero rispondere ad ogni segnalazione entro ventiquattro ore dalla ricezione.
Ventiquattro ore… ed è passato un anno.
Corvelva non ha mai detto di avere ragione, abbiamo informato e chiesto aiuto alle istituzioni che si sono mostrate sorde e questo avrà un costo politico certo, e lo avrà a maggior ragione nei confronti dei partiti che hanno costruito la propria propaganda elettorale sulla libertà di scelta e contro l’obbligo introdotto dalla legge Lorenzin e del partito che si ergeva a paladino della democrazia diretta e che, non solo è rimasto sordo, ma ha attaccato pubblicamente tramite un suo rappresentante un’associazione di privati cittadini, con accuse infondate e pretestuose in un contesto dai toni pacati e rispettosi, qual era la conferenza stampa tenutasi alla Camera dei Deputati.
Le nostre domande restano tuttora inevase:
AIFA ha mai eseguito analisi sul prodotto finito?
Se sì, dove sono le analisi di AIFA o dell’Istituto Superiore di Sanità?
Quante altre segnalazioni dei cittadini sono pervenute ad AIFA o altro organo, e sono rimaste inevase?
Concludiamo dicendo che sono stati ritirati dal commercio 62 farmaci nel 2016, 54 nel 2017 e 40 nel 2018,  per un totale di oltre 150 farmaci ritirati dal commercio nell’ultimo triennio, e nella quasi totalità dei casi il ritiro è avvenuto su segnalazione spontanea del produttore stesso.
Ricordiamo che tutti questi farmaci avevano superato i requisiti degli standard internazionali ed erano pertanto «certificati e conformi alle procedure e ai requisiti condivisi a livello europeo e internazionale sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili». Eppure, non erano sicuri, e sono stati ritirati dal commercio.