23 gennaio 2019

Monopolio in cambio di censura. Così nacque il copyright

Monopolio in cambio di censura. Così nacque il copyright
Coloro che si oppongono alla direttiva europea sul copyright (approvata il 12 settembre 2018) contestano in particolare due articoli: l’11 e il 13. Quest’ultimo, in particolare, introduce i famigerati filtri in upload sul materiale caricato dagli utenti, ma non punisce in nessun modo chi afferma in modo infondato di detenere diritti di proprietà intellettuale su certi materiali. Questa è una delle tante leggi che, per dirla con Rick Falkvinge, se applicate al “vecchio mondo analogico” suonerebbero assurde e ridicole. Illuminante l’esempio di Cory Doctorow:
Non puoi andare al cinema e, a un certo punto del film, urlare “Detengo i diritti intellettuali su quella canzone” e far interrompere il film
Condivisibile, dunque, la preoccupazione di chi -come gli Anonymous- denuncia il rischio che la violazione di copyright possa diventare una pretesto largamente utilizzato per impedire la pubblicazione di materiali (siano essi testi, immagini, video, qualsiasi cosa) ritenuti scomodi per tutt’altre ragioni.
In una parola: che si possa arrivare alla censura.
Questo scenario, del resto, non sarebbe certo una novità. Anzi: è esattamente così che è nato il copyright.
Il copyright fu inventato in Inghilterra nel 1557, regnante quella Maria I Tudor passata alla storia col soprannome di Bloody Mary. Come racconta Mauro Pili nel suo saggio sulla storia del movimento pirata:
Maria I aveva ereditato un’ Inghilterra protestante da suo padre, che aveva convertito l’intero paese dal cattolicesimo solo per divorziare da sua madre (e passare a sposare una mezza dozzina di altre donne in sequenza). Maria non era molto felice del trattamento di sua madre ed era stata allevata come cattolica; vide come suo dovere convertire l’Inghilterra di nuovo al cattolicesimo, indipendentemente dal costo in sangue.
Prese il trono a suo cugino nel 1553 e iniziò un giro di vite sui dissidenti politici che ancora oggi le fa guadagnare il soprannome di “Bloody Mary” (…) Oltre 280 dissidenti furono bruciati vivi per ordine di Maria I, come monito per gli altri.
In questo contesto, cercò un mezzo ulteriore per sopprimere la libertà di parola e di dissenso politico. Vedendo che in Francia contro la stampa la pena di morte aveva fallito miseramente, scelse una diabolica alleanza tra il capitale e la corona. Maria I° consegnò il monopolio della stampa il 4 maggio 1557 alla London Company of Stationers. In cambio di un monopolio lucrativo sulla stampa in tutta l’Inghilterra, la società si accordò a non stampare nulla che i censori della Corona ritenessero politicamente insubordinato.
Nulla di sorprendente, in fin dei conti. Uno Stato, quando impedisce la circolazione di un libro (o di un qualsiasi contenuto multimediale, al giorno d’oggi) fa oggettivamente più bella figura se dice che lo sta facendo per tutelare un diritto (la proprietà intellettuale) di qualcuno, anziché per censurare un pensiero critico.
Oggi come allora, la difesa della cosiddetta “proprietà intellettuale” (che alcuni economisti più propriamente chiamano monopolio intellettuale) rischia di diventare un grimandello con cui scardinare la libera circolazione delle idee e della conoscenza. I censori non sono più esseri umani, ma bot automatizzati i cui criteri di funzionamento possono solo essere immaginati, visto che di solito il loro codice sorgente non è certo aperto. 
Qualcuno potrebbe pensare che questi timori siano frutto di paranoie e preoccupazioni eccessive; eppure c’è chi ha già avuto un’anteprima di cosa potrebbe essere il domani. L’eurodeputata Julia Reda, ad agosto 2018, ha raccontato di aver visto sparire dal “principale motore di ricerca al mondo” alcuni suoi articoli su…la possibilità che alcuni articoli venissero rimossi.
E quegli articoli parlavano proprio dei bot per la censura automatica.

22 gennaio 2019

Ri-colonizzazione, di Thierry Meyssan


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L’impero britannico su cui il sole non tramonta mai.

Secondo Thierry Meyssan, una delle conseguenze della fine del mondo bipolare e, in seguito, del mondo unipolare è il ritorno in auge dei disegni coloniali. Dirigenti francesi, turchi e inglesi hanno pubblicamente dichiarato, in sequenza, che le ambizioni coloniali dei loro Paesi si sono riaccese. Rimane da vedere quali forme assumeranno nel XXI secolo.

L’impero francese

Da un decennio Rete Voltaire rileva l’incongruità dell’ambizione francese di ripristinare la propria autorità sulle ex colonie. Questa la logica sottesa alla nomina da parte del presidente Nicolas Sarkozy di Bernard Kouchner a ministro degli Esteri. Kouchner sostituì la nozione di «Diritti dell’uomo e del cittadino» dei rivoluzionari francesi con quella anglosassone di «Diritti dell’uomo» [1]. Più tardi, il presidente, e amico di Kouchner, François Hollande, durante una conferenza a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiarò che era tempo di ristabilire il mandato sulla Siria. Il nipote dell’ambasciatore François George-Picot (quello degli accordi Sykes-Picot), l’ex presidente Valéry Giscard d’Estaing, ne parlò con ancora maggiore chiarezza. Ed è in questo senso che va interpretata la volontà del presidente Emmanuel Macron di continuare la guerra contro la Siria, senza gli Stati Uniti.
In Francia c’è sempre stato un “partito coloniale”, trasversale ai partiti politici, che agisce come una lobby al servizio della classe possidente. Come in ogni periodo in cui diventa difficile per i capitalisti senza scrupoli conculcare la manodopera nazionale, riappare il mito della conquista coloniale. Se i Gilet Gialli si ribellano, noi continuiamo «lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo» da un’altra parte, sulle spalle dei siriani.
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L’impero francese “porta” la civilizzazione alle Colonie.
Un tempo, questa forma di dominazione si dissimulava, secondo le parole di Jules Ferry – sotto i cui auspici François Hollande consacrò il proprio mandato [2] –, dietro «il dovere di portare la civilizzazione». Oggi mira a proteggere i popoli i cui capi, democraticamente eletti, sono giudicati “dittatori”.
La Francia non è la sola ex potenza coloniale a reagire in questo modo. Poco tempo dopo la Turchia ne ha seguito l’esempio.

L’impero ottomano

Tre mesi dopo l’attentato e il fallito colpo di Stato del luglio 2016, il presidente Recep Tayyp Erdoğan pronunciava il discorso inaugurale dell’università a lui intitolata (RTEÜ), tracciando le linee delle ambizioni della Repubblica Turca dalla sua istituzione e delle ambizioni del nuovo regime [3]. Erdoğan motivava il proprio irredentismo riferendosi esplicitamente al «Giuramento Nazionale» (Misak-ı Millî) [4], adottato dal parlamento ottomano il 12 febbraio 1920.
Questo giuramento, fondamento del passaggio dall’Impero ottomano alla Repubblica Turca, rivendica i territori del nord-est della Grecia (Tracia e Dodecaneso) [5], tutta Cipro, il nord della Siria (inclusi Idleb, Aleppo e Hassakeh), e il nord dell’Iraq (compreso Mosul).
Attualmente, l’impero in via di ricostituzione occupa già il nord di Cipro (la pseudo-Repubblica Turca di Cipro del Nord), il nord-ovest della Siria e una piccola parte dell’Iraq. In tutte queste zone, dove vigono la lingua e la moneta turca, è stato nominato un prefetto (wali), il cui ufficio si trova nel Palazzo Bianco di Ankara.
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L’impero ottomano si fonda sull’ignoranza dei sudditi. Ha chiuso le scuole del mondo arabo.

L’impero britannico

Quanto al Regno Unito, da due anni esita su quale sarà il proprio futuro dopo la Brexit.
Poco dopo l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, il primo ministro, Theresa May, si è recato negli Stati Uniti. Rivolgendosi ai dirigenti del Partito Repubblicano, May ha proposto di ristabilire la leadership anglosassone sul resto del mondo [6]. Il presidente Trump era stato però eletto per liquidare i sogni imperiali, non per condividerli.
Delusa, May è andata in Cina a proporre al presidente Xi Jinping un controllo congiunto degli scambi internazionali. La City, ha affermato May, è pronta a garantire la convertibilità delle monete occidentali in yuan [7]. Ma il presidente Xi non era stato eletto per fare affari con l’erede della potenza che smantellò il suo Paese e gli impose la guerra dell’oppio.
May tentò una terza via con il Commonwealth [8]. Alcune ex colonie della Corona, come l’India, oggi sono in forte crescita e potrebbero diventare preziosi partner commerciali. Simbolicamente, si recò alla presidenza del Commonwealth accompagnata dal delfino della Corona, il principe Charles. May annunciò che finalmente ci si sarebbe incamminati verso un Regno Unito Globale (Global Britain).
In un’intervista al Sunday Telegraph, il 30 dicembre 2018 il ministro della Difesa britannico, Gavin Williamson, ha tracciato un’analisi della situazione. Dal fiasco del Canale di Suez, nel 1956, il Regno Unito porta avanti una politica di decolonizzazione e ritira le proprie truppe dall’estero. Oggi l’Inghilterra ha basi militari permanenti solo a Gibilterra, Cipro, Diego Garcia e alla Maluine (Falkland, secondo la denominazione imperiale). Sono 63 anni che Londra si rivolge all’Unione Europea, che Winston Churchill aveva immaginato ma a cui inizialmente non pensava che l’Inghilterra avrebbe aderito. La Brexit «fa a pezzi questa politica». Ora, «il Regno Unito torna a essere potenza globale».
Londra sta già pensando di aprire due basi militari permanenti. La prima dovrebbe essere in Asia (a Singapore o nel Brunei), la seconda in America Latina, probabilmente in Guyana, in modo da partecipare alla prossima tappa della strategia Rumsfeld-Cebrowski, la distruzione delle regioni del mondo non connesse alla globalizzazione. Dopo i Grandi Laghi africani e il Medio Oriente Allargato, il Bacino dei Caraibi; la guerra dovrebbe cominciare con un’invasione del Venezuela da parte di Colombia (filo-americana), Brasile (filo-israeliano) e Guyana (filo-britannica).
Senza zavorrarsi di idee lenitive come quelle dei francesi, gli inglesi edificarono un impero con il concorso delle multinazionali, al cui servizio misero il proprio esercito. Divisero il mondo in due, compendiando la separazione in questo titolo: il sovrano era re d’Inghilterra, ove doveva sottostare alla tradizione politica, e imperatore delle Indie, ove, come subentrante della Compagnia privata delle Indie, era puro autocrate.
La decolonizzazione era un corollario della Guerra Fredda. Fu imposta agli Stati dell’Europa Occidentale dal duopolio Usa-URSS. È preservata nel mondo unipolare, ma, con il ritiro statunitense dal Medio Oriente Allargato, la colonizzazione non incontrerà ostacoli.
È difficile prevedere quale forma assumerà la colonizzazione del futuro. Un tempo fu resa possibile da rilevanti differenze di livello nell’educazione. Ma oggi?

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Documenti allegati

[1] La differenza fra le due definizioni fu il principale argomento dibattuto durante la Rivoluzione Francese. La loro incompatibilità fu il tema dell’eponimo libro di Thomas Paine, il più venduto durante la Rivoluzione.
[2] « La France selon François Hollande », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 30 juillet 2012.
[3] “La strategia militare della nuova Turchia”, di Thierry Meyssan, Traduzione Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 21 ottobre 2017.
[4] « Serment national turc », Réseau Voltaire, 28 janvier 1920.
[5] “La Turchia annuncia di stare preparando l’invasione della Grecia”, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 20 febbraio 2018.
[6] “Theresa May addresses US Republican leaders”, by Theresa May, Voltaire Network, 27 January 2017.
[7] “Il Brexit ridistribuisce la geopolitica globale”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 27 giugno 2016.
[8] “La nuova politica estera britannica”, di Thierry Meyssan, Traduzione Matzu Yagi, Megachip-Globalist (Italia) , Rete Voltaire, 4 luglio 2016.

21 gennaio 2019

La pubblicità e il mondo accademico stanno controllando i nostri pensieri


Complici dell’industria pubblicitaria, le università ci inducono in tentazione, invece di  avvisarci come dovrebbero.
In che misura noi decidiamo? Ci diciamo di scegliere il corso delle nostre vite, ma è vero? Se io o voi fossimo vissuti 500 anni fa, la nostra visione del mondo, e le decisioni che avremmo preso di conseguenza, sarebbero state completamente diverse. Le nostre menti sono formate dall’ambiente sociale, in particolare dal sistema di credenze progettato da quelli al potere: una volta erano i monarchi, gli aristocratici e i teologi, oggi sono  le  multinazionali, i miliardari e i media.
Gli umani, i mammiferi sociali per eccellenza, sono spugne intellettuali ed etiche. Assorbiamo inconsciamente, nel bene o nel male, le influenze che ci circondano. Infatti, la sola idea che sia possibile formare le nostre stesse menti è un concetto acquisito, che cinque secoli fa sarebbe stato piuttosto alieno alla maggior parte delle persone. Questo non significa che non abbiamo capacità indipendenti di pensiero. Ma che per esercitarle, noi dobbiamo, con coscienza e grande sforzo, nuotare contro la corrente sociale che ci trascina, per lo più senza che ce ne rendiamo conto.
Però, anche se siamo complessivamente formati dall’ambiente sociale, certamente controlliamo le piccole decisioni che prendiamo? A volte. Magari. Ma anche qua siamo soggetti a una influenza costante, della quale vediamo una parte, ma non la gran parte. E c’è una grande industria che cerca di decidere al posto nostro. Le sue tecniche diventano sempre più sofisticate ogni anno, sfruttando le più recenti scoperte della neuroscienza e della psicologia. Tutto ciò ha il nome di pubblicità.
Ogni anno, vengono pubblicati nuovi libri su questo argomento, con titoli come Il Codice della Persuasione: Come il Neuromarketing Può Aiutarti a Persuadere Chiunque, Dovunque, in Qualsiasi MomentoAnche se molti libri sono senza dubbio sopravvalutati, essi descrivono anche una disciplina che si sta rapidamente  avvicinando alle nostre menti, rendendo sempre più difficile il pensiero indipendente. Pubblicità più sofisticate si intrecciano con tecnologie digitali progettate per eliminare le agenzie.
Quest’anno, lo psicologo infantile Richard Freed ha spiegato come nuove ricerche psicologiche siano state usate per sviluppare social media, videogiochi, telefonini con qualità genuinamente assuefative. Ha citato un esperto tecnologo che si vantava, con apparente giustificazione: “Abbiamo l’abilità di girare un po’ di manopole di controllo di una machine learning che abbiamo costruito e nel mondo centinaia di migliaia di persone cambieranno lentamente il loro comportamento in modi che, a loro insaputa, sembreranno naturali ma che in realtà sono stati progettati.”
L’obiettivo di questa intrusione mentale è di creare piattaforme pubblicitarie più efficaci. Ma lo sforzo è vano se noi manteniamo l’abilità di resistervi. Facebook, in accordo con un rapporto trapelato, ha svolto ricerche, condivise con un agenzia pubblicitaria, per determinare quando gli adolescenti che usano il suo network si sentono insicuri, inutili o stressati. Questo sembra essere il momento migliore per colpirli con micro promozioni mirate. Facebook ha negato di offrire “strumenti che prendono di mira le persone in base ai loro stati d’animo.”


Facebook, secondo un rapporto trapelato, ha sviluppato strumenti per determinare quando gli adolescenti che usano la sua rete si sentono insicuri, senza valore o stressati.


Ci possiamo aspettare che le agenzie commerciali proveranno qualsiasi stratagemma legale che possono portare a termine. Resta una decisione della società, rappresentata dai governi, se fermarli, attraverso quel tipo di regolamentazione che è venuta a mancare finora. Ma ciò che mi lascia perplesso e mi disgusta anche più di questo fallimento è la volontà delle università di ospitare e aiutare i pubblicizzanti ad entrare nel nostro cervello. L’ideale dell’Illuminismo, che le università affermano di abbracciare, è quello che ognuno dovrebbe pensare per se stesso. Quindi perché gestiscono dipartimenti in cui i ricercatori esplorano nuovi modi per bloccare questa capacità?
Lo chiedo perché, mentre consideravo la pazzia del consumismo  che in questo periodo dell’anno cresce oltre il livello normale di distruzione del pianeta, mi sono recentemente imbattuto in uno studio che mi ha meravigliato. È stato scritto da accademici delle università pubbliche in Olanda e negli Stati Uniti. Mi è parso che il loro obiettivo fosse decisamente in contrasto con l’interesse pubblico. Cercavano di identificare “i diversi modi in cui i consumatori resistono alla pubblicità, e le tattiche che possono essere usate per contrastare o evitare questa resistenza”.
Tra le tecniche “neutralizzanti” era evidenziata “camuffare l’intento persuasivo di un messaggio”; distrarre la nostra attenzione usando frasi confuse che rendono più difficile concentrarsi sull’intento del pubblicizzante; e “usare l’esaurimento cognitivo come tattica per ridurre l’abilità del consumatore nell’affrontare i messaggi”. Questo significa colpirci con un numero talmente alto di pubblicità da esaurire le risorse mentali, distruggendo la nostra capacità di pensare.
Incuriosito, ho cominciato a cercare studi accademici sullo stesso tema e ho trovato un’intera letteratura. C’erano articoli su ogni aspetto immaginabile di resistenza e suggerimenti che aiutavano a superarlo. Per esempio, mi sono imbattuto in uno studio che consiglia chi fa le pubblicità su come ricostruire la fiducia pubblica quando una celebrità con cui stanno lavorando si trova nei guai. Piuttosto che scaricare il prezioso collaboratore, i ricercatori suggeriscono che il modo migliore per recuperare “il fascino autentico e persuasivo di un testimonial”, la cui notorietà è calata, sia di fargli sfoderare  un “sorriso di Duchenne”, anche conosciuto come “sorriso genuino”. Lo studio ha precisamente anatomizzato questi sorrisi, fatto vedere come individuarli, discusso la “costruzione” della sincerità e “genuinità”: un magnifico esercizio di inaudita autenticità.
Un altro studio considerava come persuadere persone scettiche ad accettare le dichiarazioni di responsabilità sociale da parte di una multinazionale, specialmente quando queste pretese sono in conflitto con gli obiettivi finali della compagnia. (Un ovvio esempio è quello dei tentativi della Exxon Mobil di convincere le persone che l’azienda è ecologicamente responsabile perché compie ricerche su combustibili derivati da alghe, i quali un giorno potrebbero ridurre la CO2, anche se continua a pompare milioni di barili di petrolio al giorno). Speravo che lo studio consigliasse che il miglior modo per persuadere la gente fosse, per una compagnia, quello di cambiare pratica. Invece, gli autori della ricerca mostrano come immagini e comunicazioni possono essere combinate per minimizzare lo scetticismo delle persone interessate.
Un ulteriore studio trattava le pubblicità che lavorano sulla stimolazione FOMO – fear of missing out (la paura di perdersi qualcosa – n.d.T.). Si è notato come questi annunci funzionino tramite la “motivazione controllata”, che è una “maledizione per il benessere”. Le pubblicità FOMO, spiega la studio, tendono a causare un disagio in quelli che le notano. Continua poi mostrando come una migliore conoscenza della risposta delle persone “offra l’opportunità di innalzare l’efficacia di FOMO come possibile attivatore di acquisti”. Una tattica suggerita è di mantenere stimolata la paura di perdersi qualcosa, durante e dopo la decisione di comprare. Questo, suggeriscono, rende le persone più suscettibili ad altre pubblicità sulla stessa linea.
Sì, lo so: io lavoro in un’industria che riceve la maggior parte degli introiti dalla pubblicità, quindi ne sono complice anch’io. Ma quindi tutti lo siamo. La pubblicità, con un impatto distruttivo sul pianeta in cui viviamo, sulla nostra pace dei sensi e sulla nostra libertà, risiede nel cuore dell’economia basata sulla continua crescita. Questo ci dà ancora più ragioni per contrastarla. Tra i luoghi in cui questa sfida dovrebbe iniziare ci sono le università e le società accademiche, che dovrebbero impostare e mantenere gli standard etici. Se non riescono loro a nuotare contro queste correnti di desiderio calcolato e pensiero calcolato, chi lo potrà fare?
GEORGE MONBIOT è cronista del Guardian.
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da STEFANO
Fonte: comedonchisciotte.org

18 gennaio 2019

Blog Emanuela Orlandi: Federica Orlandi “Anche io avvicinata da Felix sull’autobus”

New article


Pubblicato un nuovo articolo nel Blog di Emanuela Orlandi 

La lettera del suicida Alfredo e una nuova interista all'amico di Felix dove gli viene fatta ascoltare la telefonata che preannunciava la presenza della salma di De Pedis a S.Apollinare. 



17 gennaio 2019

Conflitto economico rovente: la lotta per i minerali delle terre rare


Proprio come [per] la corsa all’oro della California tra il 1848 e il 1855, il Klondike canadese dal 1896 al 1899 e quella dell’Australia occidentale degli anni ’90 del 1800, il mondo sta vivendo una frenesia per ottenere i diritti minerari alla ricerca dell’oro attuale, cioè i minerali delle terre rare. Utilizzati per componenti di batterie per veicoli elettrici, telefoni cellulari, televisori a schermo piatto, chiavette USB, macchine fotografiche, missili a guida di precisione, magneti industriali, turbine eoliche, pannelli solari e altri oggetti high-tech, i minerali delle terre rare sono diventati il tipo di materia prima ricercata, come lo erano uranio e plutonio erano durante l’inizio dell’era atomica.
I minerali delle terre rare non sono di facile pronuncia allo stesso modo dell’oro, dell’argento e del platino. Per esempio, l’ossido di ittrio e l’europio, mentre sembrano poco importanti, sono ciò che fornisce la tonalità rossa nei televisori a colori.
Le nazioni di tutto il mondo stanno lottando per garantirsi riserve contenenti minerali di terre rare. La Cina, dove attualmente si trova un terzo dei minerali di terre rate del pianeta, ha severamente limitato l’esportazione dei minerali ad alleati e competitori. Una delle più grandi riserve conosciute di terre rare è il giacimento di Bayan Obo, nella Mongolia Interna cinese.
Le restrizioni all’esportazione della Cina hanno messo in moto le nazioni in tutto il mondo per missioni di ricerca, al fine di garantirsi sia le riserve di minerali di terre rare conosciute, che quelle non sfruttate. Uno di questi filoni principali di minerali di terre rare è stato scoperto ad Est-Sud nell’Oceano Pacifico. Le stime indicano che la regione oceanica profonda contiene il doppio delle terre rare rispetto a quelle trovate in Cina.
Alcuni di questi giacimenti si trovano in zone sottomarine geologicamente attive, dove i condotti vulcanici del fondale profondo emettono minerali di terre rare dalle espulsioni di lava e gas caldi. La scoperta che la regione del Pacifico meridionale è ricca di terre rare ha condotto le nazioni europee, tra cui la Francia e la Gran Bretagna, le quali mantengono colonie nella zona, a rivendicare la loro influenza coloniale. La Francia, ad esempio, è reticente a concedere ulteriore autonomia o indipendenza alla Nuova Caledonia, dove è previsto un referendum per l’indipendenza l’8 novembre, alla Polinesia francese e a Wallis e Futuna. Allo stesso modo, la Gran Bretagna ha mostrato un rinnovato interesse per le Isole Pitcairn, dove continua a vivere una manciata di discendenti degli ammutinati dell’HMS Bounty.
Nel 2015, l’Australia ha represso l’autogoverno dell’isola di Norfolk, trasformando l’isola in una municipalità ibrida del Nuovo Galles del Sud e dell’Australian Capital Territory (n.d.T. Territorio della Capitale Australiana). La Nuova Zelanda ha posto il veto sulle ambizioni di due dei suoi “Stati associati” indipendenti – le Isole Cook e Niue – per la piena adesione alle Nazioni Unite. Per queste potenze coloniali, non importa ciò che si trova al di sopra del mare –le località insulari – ma cosa si trova sotto il mare, all’interno dei confini marittimi dei territori, e si tratta proprio dei minerali di terre rare.
Con lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia, sono state scoperte riserve di terre rare in Groenlandia, un territorio “autonomo” della Danimarca. Le mosse del governo della Groenlandia per cercare l’indipendenza dalla Danimarca e permettere alle compagnie cinesi di estrarre minerali di terre rare hanno incontrato una dura opposizione da parte della Danimarca, degli Stati Uniti e della NATO.
Altri Paesi che possiedono depositi significativi di terre rare includono India, Russia, Vietnam, Malesia, Sudafrica, Australia, Canada, Brasile e Stati Uniti. Queste nazioni, così come la Cina, hanno tutte diversi livelli della necessaria forza politica, economica e militare per proteggere le loro riserve di terre rare.
Tuttavia, alcune nazioni in via di sviluppo, dove sono state scoperte terre rare, sono candidate allo sfruttamento spietato delle multinazionali, alcune sotto la direzione dei governi, per garantire i diritti esclusivi di estrazione mineraria. In effetti, la Toyota, che ha una stretta relazione con il governo giapponese, ha acquistato una miniera di terre rare in Vietnam per garantirsi tali diritti di esclusività.
Il Giappone potrebbe non doversi preoccupare del Vietnam come sua principale fonte di terre rare. All’inizio di quest’anno, un deposito di circa 16 milioni di tonnellate di ossidi minerali di terre rare è stato scoperto nei fanghi del fondale marino, situati a 1150 miglia a sud-est di Tokyo. Il deposito conteneva molte delle terre rare dalle quali dipende il settore dell’elettronica di consumo giapponese: l’ittrio, il disprosio, il terbio e l’europio.
In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, la columbite-tantalite, un minerale utilizzato nella fabbricazione di chip semiconduttori, è un bene così richiesto, per il quale i signori della guerra rivali, alcuni agenti per conto di attori esterni, tra cui Ruanda, Uganda, Israele, Giappone, Cina e Stati Uniti si combattono l’un l’altro per il controllo dell’estrazione e dell’esportazione del minerale.
Il Rwanda Mines, Petroleum e Gas Board ha firmato un accordo nel 2017 con un’importante azienda giapponese per l’estrazione di terre rare, per la prospezione e l’estrazione di terre rare, oltre al tungsteno, in Ruanda. Tuttavia, il Presidente ruandese Paul Kagame è noto per aver sostenuto i ribelli Tutsi nella RDC (Repubblica Democratica del Congo), che sfruttano le miniere di terre rare nelle province del Kivu meridionale e settentrionale e inviano i minerali rubati in Ruanda. Ci sono stati tentativi di ridurre il commercio dei “minerali di conflitto” nella regione dei Grandi Laghi in Africa, ma è stato tutto inutile.
Attualmente, le imprese statunitensi e cinesi stanno muovendo una guerra per l’influenza politica ed economica per l’accesso alle riserve di litio, cassiterite e cobalto nella RDC.
Accanto alla RDC, nel Burundi devastato dalla guerra civile, è stata scoperta nel 2017 una “vena principale” di altissima qualità di minerali di terre rare. Il Burundi, che un tempo era una colonia tedesca, ha visto la tedesca Thyssen Krupp intervenire per sfruttare le risorse minerarie. Thyssen Krupp ha anche iniziato a costruire un impianto di lavorazione in Burundi. Il governo tedesco è stato attaccato da gruppi per i diritti umani che lo accusano di appoggiare l’impresa mineraria tedesca, nota come Progetto Gakara, anche se il Presidente del Burundi Pierre Nkurunziza è stato eletto in modo dubbio per un terzo mandato. I gruppi imprenditoriali tedeschi si sono opposti alla tesi, secondo cui se la Germania non estraesse le terre rare del Burundi, lo farebbe la Cina.
Il governo francese non sta concentrando solo le sue attività di estrazione di terre rare nella sua tradizionale sfera di influenza francofona in Africa – Marocco, Burkina Faso, Niger, Madagascar, Guinea – ma più lontano, compresa la ricerca di attività minerarie di joint venture in Kazakistan.
Negli Stati Uniti, il Pentagono ha riconosciuto l’importanza delle terre rare per scopi militari. Il Defense Logistic Agency’s Strategic Materials Department ha il compito di assicurare una fornitura continua di terre rare agli appaltatori della difesa degli Stati Uniti. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti tiene traccia delle scoperte e delle attività minerarie per le terre rare in tutto il mondo, grazie a un contributo costante di informazioni, provenienti dalla Central Intelligence Agency e dalla National Security Agency. L’amministrazione Trump si è mossa per rendere accessibili a società private le aree faunistiche federali, i parchi nazionali e altri territori degli Stati Uniti alla prospezione e all’estrazione di terre rare, con grande disappunto degli ambientalisti e delle amministrazioni tribali dei nativi americani.
Nella fretta di allentare la dipendenza dalle esportazioni di terre rare cinesi, che sono state in ogni caso limitate da Pechino, le nazioni e le aziende di tutto il mondo hanno messo in marcia una competizione spietata per acquisire una posizione dominante nel mercato delle terre rare. Ciò che sta al vertice dell’interesse dei raccoglitori di informazioni economiche, sono riferimenti in e-mail, videoconferenze, telefonate, fax e documenti finanziari a termini quali europio, terbio, disprosio, ittrio, samario e altre terre rare.
Poiché il mondo diventa più dipendente dall’high-tech e dall’ “Internet delle cose”, consistenti di computer, telefoni cellulari, elettrodomestici, televisori, sistemi di sicurezza, automobili, ecc., la guerra economica per il controllo dei minerali delle terre rare si intensificherà. Esiste l’estrema possibilità che il conflitto economico possa trasformarsi in conflitti a fuoco, come è già avvenuto nella RDC.
 Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da NICKAL88

16 gennaio 2019

Angelo Mangano E L’Intreccio De Mauro, Mattei, Eni


Prosegue il racconto del  Questore Mangano e delle sue indagini sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro  

Al dottor Mangano, viene riferito confidenzialmente che il marchese siciliano Emanuele De Seta potrebbe essere a conoscenza di qualche fatto importante circa la vicenda del rapimento De Mauro. De Seta è spesso a Roma dove ha un'abitazione e il dottor Mangano decide di incontrarlo proprio nella capitale. Il funzionario crede che incontrandolo fuori dalla Sicilia e dal pesante clima omertoso che vi aleggia potrebbe aiutarlo nel farsi dare utili indicazioni sul rapimento del giornalista.

Prima dell'incontro, Mangano redige un appunto riservato del quale invia una copia alla Squadra Mobile di Palermo unitamente a quello successivo compilato pari data. Inoltre il 26 marzo 1971 copia dello stesso appunto fu fatto pervenire da Mangano all'onorevole Cattanei Presidente della Commissione Antimafia.- Copia del documento in questione è agli atti della Commissione Antimafia.

Roma, 10/11/1970 – "APPUNTO RISERVATO"
"Il noto avvocato Guarrasi durante la Guerra era Capitano dell'Autocentro in Libia. Rientrato in patria divenne aiutante di battaglia del generale Castellano in Sicilia, con il quale fece parte, poi della Commissione di Armistizio. Al termine della guerra divenne avvocato, consulente del principe Lanza di Trabia al quale fece fare una serie di errate operazioni.

Il Guarrasi politicamente in un primo tempo si portò con la lista di Vittorio Emanuele Orlando, poi con quella comunista, e quindi con quella del Partito Radicale. Successivamente divenne consigliere dell'On. Milazzo e fu l'artefice della nota "operazione Milazzo". Divenne molto amico di Gioia e Lima.

Al tempo dell'armistizio il Guarrasi unitamente al resto della Commissione, sostò ad Algeri per circa sei mesi e durante tale periodo ebbe la possibilità di conoscere tale Scampolino, del Servizio Segreto americano, addetto allo spionaggio militare. Lo Scampolino per tale ragione era in contatto con elementi mafiosi siciliani, i quali tramite il predetto Scampolino rimasero poi amici del Guarrasi.

Infatti quest'ultimo negli anni successivi, cioè dal 1944 al 1946, con molta frequenza riuniva nella sua abitazione i capi mafiosi siciliani tra cui il noto Genco Russo. Interruppe i rapporti con la mafia, almeno ufficialmente, soltanto negli anni in cui egli era divenuto comunista, per il cui partito fece notevoli operazioni finanziarie.

E' stato anche consocio di Guarnaschelli per il Casinò di Taormina. Fin dalla nascita dell'ENI divenne consulente di tale ente, carica che conserva tutt'ora; divenendo tra l'altro amico personale del Presidente Cefis.

E' consulente dell'Ente Minerario Siciliano, ed è naturalmente amico del Presidente Verzotto, nonché molto amico del rag. Buttafuoco. Mattei negli ultimi tempi aveva stretto amicizia con l'On.le D'Angelo, con il quale aveva preso accordi circa il programma dell'ENI in Sicilia, per cui, essendo il Guarrasi in contrasto con D'Angelo, era stato estromesso da Mattei dall'Ente. Il Guarrasi è ritornato poi in auge con L'ENI dopo che ha assunto la carica dell'Ente il dr Cefis.

E' ritenuto persona capace di commettere qualsiasi illegalità pur di raggiungere il proprio scopo. Capace anche di mettersi d'accordo con l'avversario del proprio cliente, senza scrupoli, mente tortuosa, intelligente ed opportunista. Non risulta che egli sia diventato proprietario di beni immobili dei Lanza di Trabia o che abbia fatto acquisti direttamente da questi ultimi."

Il 10 novembre 1970 Mangano incontra il Marchese De Seta a Roma; subito dopo redige il presente "appunto riservato", che unitamente al precedente sarà inviato alla Squadra Mobile di Palermo Copia del presente appunto Mangano la farà pervenire inoltre al Presidente della Commissione Antimafia Onorevole Cattanei il 26 marzo 1971. Il presente appunto così come quello sopra riportato è agli atti della Commissione Antimafia.

"Roma 10 novembre 1970 – APPUNTO RISERVATO"
"Da un colloquio odierno con il Marchese De Seta Emanuele si ha avuta la possibilità di confermare il contenuto dell'appunto precedente di pari data. Infatti il Guarrasi Consigliere d'Amministrazione del giornale L'ORA" di Palermo per circa una ventina di anni era legatissimo a Verzotto ed a La Cavera. Entrambi erano devotamente legati al primo che per la sua posizione stava al vertice del trio e manovrava a suo piacimento i primi due.

Il giorno successivo alla scomparsa del giornalista De Mauro, il sig. Giuggi Brucato telefono (segue numero utenza telefonica n. d. a) dell'abitazione e n. (segue numero utenza telefonica n. d. a.) della Galleria D'Arte di Palermo, parlando telefonicamente con il Marchese De Seta di tale sequestro alludeva al Guarrasi quale responsabile, senza però dare alcuna precisazione.

Il Verzotto era stato sistemato dal Guarrasi a presidente dell'Ente Minerario Siciliano, mentre La Cavera a Direttore generale della SOFIS, al tempo dell'Amministrazione Milazzo. (…). Il Guarrasi era anche amico del proprietario del Giornale di Sicilia Pirri, in quanto lo aveva sistemato quale Presidende della Bianchi Sicilia, società finanziata dalla SOFIS.

Il Guarrasi inoltre è socio con il Guardaschelli del Casinò di Taormina per il 10% ed è sempre stato legato al Guarcione eminentissimo mafioso, con il quale ha fatto importanti affari finanziari, tra cui una compravendita di circa trecento milioni da parte della "Meditteranea".

Il Buttafuoco era legato al Guarrasi in quanto entrambi avevano una particolare amicizia con il noto Salafia Emilio, ex campione olimpionico di scherma, che frequentemente alloggiava dal Guarrasi. Erano così stretti i legami di amicizia tra Guarrasi e Buttafuoco, che un giorno quest'ultimo ospitò nel tempo in cui era ricercata dalla Polizia la signora Ugonj cugina del Guarrasi, ospitalità sollecitata da parte di quest'ultimo. Altro legame era costituito dall'avvocato Pietro Allotta che si serviva come triburitarista di Buttafuoco e che nello stesso tempo era sostituto ed avvocato del Guarrasi. Il Guarrasi a sua volta ha sistemato il detto Allotta presso l'Ente Minerario Siciliano in qualità di consulente.

Il Guarrasi ha in atto un procedimento per bancarotta fraudolenta a Roma per il fallimento della "Mediterranea Assicurazioni"; altro procedimento pure per bancarotta fraudolenta è in corso di istruttoria a Palermo presso il giudice Chinnici in ordine al fallimento della società mineraria "La Valsasso" di Caltanissetta per un ammontare di sei miliardi di lire circa.

Il Buttafuoco tra il 1939 e il 1940 fu condannato per furto in danno di un consorzio, forse quello Agrario, alla pena di due anni di carcere che pare abbia scontato. Il La Cavera nei giorni del sequestro De Mauro se ne andò a Parigi, ufficialmente per una questione di pittura, giustificazione non ritenuta valida in quanto non è mai stato un esperto di pittura e non si è mai interessato a tale attività.

Guarrasi nella zona di Alcamo possiede la tenuta "Rapitalà", proprietà ereditata dal padre.
Tra il 1962 ed il 1966, l'ex giudice Vigneri istruì un procedimento penale a carico della zia di Guarrasi per stupefacenti, Il predetto magistrato, su vive sollecitazioni del Guarrasi ha assolto la donna affermando nella sentenza che essendo stata la predetta precedentemente intossicata, non aveva commesso il fatto con dolo. Subito dopo tale assoluzione il Guarrasi per riconoscenza ha immesso il Vigneri come socio nel "circolo della Vela". Inoltre negli anni successivi gli ha preparato su misura il concorso per L'Ente Minerario Siciliano, concorso fatto in maniera tale che il solo vincitore fosse il Vigneri. Si ritiene che detto Ente esplichi anche qualche attività poco chiara.

Come precedentemente accennato i due suddetti "rapporti"ovvero quello riguardante Vito Guarrasi e l'altro sulle dichiarazioni di De Seta furono da Mangano inviati alla Squadra Mobile di Palermo. Colpo di scena! I funzionari di Palermo asseriscono di non aver mai ricevuto quegli appunti da Mangano, oppure di non ricordare; qualcuno arrivò al punto di insinuare che Mangano si fosse inventato l'invio di quei documenti dei quali si trova solamente quello relativo a Antonino Buttafuoco inviato un mese prima e riportato nella precedente puntata.

Solo moltissimi anni dopo, ovvero nel 1988 durante le indagini sulla morte del Presidente dell'ENI Enrico Mattei e la scomparsa del Giornalista Mauro de Mauro, svolte dal sostituto Procuratore di Pavia dott. Vincenzo Calia i "rapporti" di Mangano vengono rinvenuti". Il mistero viene svelato dalla "Relazione conclusiva riguardante gli accertamenti svolti sul sequestro Mauro de Mauro avvenuto a Palermo il 16/9/1970": consegnata all'autorità giudiziaria nell'anno 2000, e che per la parte che riguarda l'argomento trattato è sotto riportata. Il contenuto completo di detta relazione trovasi nel link di cui alla nota (1).
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"Ulteriore azione depistante nell'ambito del "movente ENI/ Mattei" emerge dalle dichiarazioni rese a questa P.G. Da Angelo Mangano. Questi, nel 1970, era dirigente della Polizia Criminale del Ministero dell'Interno in servizio a Roma. Si era attivato per svolgere accertamenti sul sequestro De Mauro. L'alto dirigente ministeriale ha riferito a questa P.G. che le investigazioni da lui condotte, all'epoca del sequestro, lo avevano portato a ritenere che Mauro De Mauro era stato rapito ed ucciso per avere scoperto qualcosa di rilevante sulla morte non accidentale di Mattei. Inoltre, partendo da fonti confidenziali, aveva inviato alla Squadra Mobile di Palermo un appunto riservato, con il quale aveva attribuito la responsabilità del sequestro all' avvocato Vito Guarrasi, all'onorevole Graziano Verzotto (indicati anche quali responsabili della morte di Mattei), a Luciano Liggio e a Antonino Buttafuoco. Con tale appunto Mangano aveva sollecitato la Squadra Mobile ad eseguire degli accertamenti tendenti a verificare le confidenze ricevute su tali persone.

In merito il dott. Mangano ha riferito che "…queste ipotesi di investigazione non erano mai state prese in considerazione da Palermo. … è poi risultato che il documento, che evidentemente era scottante per le persone implicate, non era mai arrivato alla Squadra Mobile: almeno così avevano detto alla questura di Palermo. … Sul fatto che il documento era arrivato alla Squadra Mobile ne ho certezza anche perché qualche giorno dopo l'invio, avevo telefonato ad un funzionario di quel reparto, credo che fosse Bruno Contrada, ma sul punto non ho memoria certa, per chiedere se avevano provveduto ad interrogare una persona indicata nel mio appunto. Il funzionario aveva risposto evasivamente dicendomi che non avevano ancora avuto tempo e confermandomi così indirettamente che l'appunto lo avevano ricevuto. "Sulle affermazioni del questore Mangano va precisato che il documento da lui ricordato non è stato trovato nel fascicolo della Squadra Mobile, attentamente visionato presso la Questura di Palermo, ma è stato rinvenuto solo il 29/10/1998 agli atti in uno dei fascicoli dell'inchiesta parallela. Inoltre, la persona indicata nell'appunto riservato, tale Giuggi Brucato di Palermo (che aveva ricevuto delle confidenze secondo le quali Guarrasi poteva essere responsabile del sequestro De Mauro), non risulta essere mai stata effettivamente interrogata dalla polizia di Palermo".

Alla fine della relazione alla voce "conclusione" si legge:

"Il sequestro del giornalista Mauro De Mauro, alla luce del presente documento, deve essere virtualmente considerato risolto, sia sotto il profilo della causale – movente che per ciò che concerne il mandante. Non è un caso che questa polizia giudiziaria non abbia preso in considerazione le persone che materialmente hanno attuato il rapimento, pur in presenza di ampia documentazione in merito, perché non vi è alcun riscontro concreto, attendibile e utilizzabile. Del resto gli esecutori indicati dalle cronache (con qualche elemento oggettivamente valido) sono deceduti. Essi erano Luciano Leggio (detto Liggio), per i suoi collegamenti con Antonino Buttafuoco evidenziati dal questore Mangano…"

RELAZIONE CONCLUSIVA RIGUARDANTE GLI
ACCERTAMENTI SVOLTI SUL SEQUESTRO DI MAURO DE MAURO

di Carmrlo Carbone
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