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26 febbraio 2019

PROCESSO PER IL SANGUE INFETTO / TRAGICA SCENEGGIATA A NAPOLI


La tragedia che si trasforma in sceneggiata. Succede alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli durante una delle ultime udienze del processo per il sangue infetto.
Dopo la richiesta di assoluzione con formula piena degli imputati avanzata il 21 gennaio dal pm Lucio Giugliano, secondo cui “il fatto non sussiste”, all’udienza dell’11 febbraio parlano le parti civili di alcune associazioni e di alcuni pazienti deceduti (su un totale di otto rappresentate nel processo, anche se – come è noto – la strage per il sangue infetto ha ammazzato almeno 5 mila persone).

Prende la parola uno dei legali di parte civile, Emanuele Tomassi, che ha preso parte solo alle prime udienze, poi è sparito nel nulla e mai ricomparso in aula: fino all’udienza dell’11, quando fa una sbrigativa ricostruzione dei fatti e sottolinea il nesso causale tra la patologia del suo assistito (Cialone) e degli altri.
A questo punto il botto: perchè l’avvocato difensore, incredibilmente, chiede l’assoluzione di tutti gli imputati, ossia l’ex re mida della sanità Duilio Poggiolini e una decina di ex dipendenti del gruppo Marcucci, all’epoca dei fatti oligopolista nella lavorazione e distribuzione di emoderivati.
Il motivo? La prescrizione che, a suo parere, sarebbe intervenuta.

Trasecola il giudice monocratico della sesta sezione penale, Antonio Palumbo, il quale fa in tempo per sussurrare, “caso mai solo per alcune parti offese”, visto che i tempi della eventaule prescrizione variano da vittima a vittima.

Il legale del gruppo Marcucci, Alfonso Maria Stile, non crede ai suoi occhi e subito incalza: “La prescrizione non ci basta certo, noi vogliamo l’assoluzione piena nel merito”. Come del resto aveva chiesto il pm Giugliano.

Palumbo si ritira per decidere e al termine fa sapere: “non entro nel merito della prescrizione che verrà comunque tenuta presente al termine, ma intendo andare avanti nelle udienze previste”.
Alle prossime udienze fissate per il 18 e 19 febbraio parleranno i due legali-base delle altre parti civili, Stefano Bertone ed Ermanno Zancla. Che sono chiamati a suffragare quel nesso di causalità fondamentale per dimostrare la connessione tra la prima (o le prime) infusioni killer e l’insorgenza della patologia che ha portato ai decessi. Nonchè, di tutta evidenza, a smontate la balla della prescrizione.
Seguiranno poi i legali della difesa (Alfonso Stile, Carla Manduchi e Massimo Di Noia) che si troveranno la strada spianata e il lavoro già praticamente fatto dal pm Giugliano.
Per il 25 marzo è prevista la sentenza.


22 febbraio 2019

SANGUE INFETTO / UN CALVARIO DI 40 ANNI PER GLI EMODERIVATI KILLER. E LA GIUSTIZIA STA A GUARDARE


Processo per il sangue infetto alle battute finali davanti alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli presieduta dal giudice monocratico Antonio Palumbo. Un processo “storico” durato un quarto di secolo, partito a Trento, approdato a Napoli e del tutto ignorato dai media, sia locali che nazionali, e dalla politica, tanto per cambiare storicamente asservita ai voleri e poteri di Big Pharma.

DA TRENTO A NAPOLI, 20 ANNI DI FALDONI PROCESSUALI 

Andrea Marcucci
Alla sbarra l’ex re Mida della Sanità Duilio Poggiolini ed ex dipendenti del gruppo Marcucci, da sempre (almeno dalla metà degli anni ’70) oligopolista della lavorazione e distribuzione di emoderivati, fondato dal patriarca Guelfo deceduto a pochi mesi dall’inizio del processo partenopeo (partito ad aprile 2016), e oggi guidato dal figlio Paolo, fratello di Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato ma sbocciato sotto le protettive ali di Sua Sanità Francesco De Lorenzo.
Nella sua requisitoria del 21 gennaio il pm Lucio Giugliano ha chiesto l’assoluzione piena di tutti gli imputati perchè “il fatto non sussiste”. Secondo il pubblico ministero non è stato dimostrato il nesso causale che lega l’assunzione degli emoderivati killer alla morte dei pazienti infettati, otto rappresentati al processo partenopeo (uno è deceduto nel frattempo).
Ma il tragico numero della strage è di almeno 5 mila morti, che non potranno mai avere uno straccio di giustizia.
Altro colpo di scena all’udienza dell’11 febbraio, quando uno dei legali delle parti civili, Emanuele Tomassi, ha incredibilmente invocato la non punibilità di tutti gli imputati per via della prescrizione. Ai confini della realtà
Secondo formidabile assist per l’avvocato dei Marcucci, Alfonso Maria Stile, che ha ovviamente colto la palla al balzo e reclamato la piena assoluzione nel merito per gli imputati, perchè “il fatto non sussiste”, come chiesto dallo stesso pm. Altre parti civili non hanno battuto ciglio e si sono accodate.
Alle prossime udienze del 18 e 19 marzo parleranno le parti civili “superstiti”, i super cambattivi avvocati Stefano Bertone ed Ermanno Zancla, ai quali spetterà il compito, oltre che di contrastare la bufala-prescrizione, soprattutto di dimostrare il nesso causale tra la prima (o le prime) inoculazioni killer e l’insorgenza delle patologie, e quindi i decessi.
La sentenza è prevista per il 25 marzo.

UNA VOCE FIN DAL 1977

Paolo Marcucci
La Voce ha cominciato ad illustrare e denunciare i traffici di emoderivati fin dal 1977, quando in un’inchiesta sul gruppo Marcucci scrivemmo di provenienza del sangue anche da campi di raccolta e poliambulatori dell’ex Congo Belga.
Negli anni successivi si è poi scoperto che molte aziende del settore, nazionali ed estere, utilizzavano sangue proveniente perfino dalle galere degli Stati Uniti, in particolare quelle dell’Arkansas: senza che alcun serio controllo venisse mai effettuato.
Motivo per cui quelle stragi erano del tutto prevedibili e servivano a gonfiare i fatturati stramiliardari delle aziende produttrici e distributrici degli emoderivati killer.
Abbiamo seguito e documentato le udienze del processo partenopeo. E alla nostra redazione arrivano con frequenza lettere e mail di parenti che hanno sofferto sulla propria pelle il calvario spesso decennale subìto per via di quel sangue assassino.
Di seguito pubblichiamo quanto ci ha scritto un lettore, G.L, per documentare tutte le tappe di sofferenza della moglie: le prime infusioni di immunoglobuline nel triennio 1978-1979-1980, la diagnosi atroce nel 1991, la morte a luglio 2018. Quindi un calvario durato 40 anni, e negli ultimi sofferenze insopportabili.
“Ci siamo sposati nel 1973 e siamo andati a vivere a Firenze, io napoletano e lei veneta. Ad agosto 1991 la mia adorata moglie accusa sintomi di nausea e vomito. La diagnosi è severissima: crioglobulinemia mista essenziale di II tipo. Le viene riscontrata anche una grave insufficienza renale e una cardiopatia ipertensiva. Deve essere sottoposta a programmi di monitoraggio DH quattro volte l’anno sino al 2000, mentre deve seguire una terapia farmacologica ad alto dosaggio di cortisonici e citotossici”.

IMMUNOGLOBULINE KILLER DA VIENNA
“Durante i ricoveri per parto in strutture pubbliche le erano state somministrate 9 dosi di immunoglobuline anti D, una profilassi prevista dai protocolli per le partorienti con gruppo ORh, prodotti dalla Immuno di Vienna con plasma proveniente da un pool di donatori a pagamento importato dagli Usa e/o da paesi asiatici e africani. Le assunzioni di immunoglobuline avvennero negli anni ’78-79-80”.
“Tra il 2009 e il 2011 è stata visitata da un’epatologa e da un ematologo, ricercatori di eccellenza internazionale. La diagnosi di Epatite cronica HCV relata con complicanza di crioglobulinemia è conclamata da test di ultima generazione, non essendo disponibili test quali-quantitativi sino al 2000 circa presso la struttura pubblica”.

Un virus
“La viremia è stata latente per oltre dieci anni e il virus C ubiquitario, autoreplicandosi, ha causato le patologie gravi e irreversibili a tutti gli organi vitali: reni, cuore, polmoni, sistema immunitario e neuropatie periferiche. Dal 2014 soffriva di ridottissima capacità di deambulazione ed articolazione degli arti superiori”.
“Nel 2000 era stata posta in terapia dialitica sostitutiva trisettimanale, associata a patologie cardiovascolari, encefalopatia ischemica, depressione maggiore e sindromi correlate”.
“Ha subito 80 ricoveri in trent’anni, sino al 18 luglio 2018, quando è volata via”.
“La vicenda amministrativa (legge 210/92) è una autentica vergogna burocratica. Due CMO (Consulenze Mediche Ospedaliere), la prima del 2006 e la seconda del 2014, formulano all’unanimità un giudizio di sussistenza del nesso causale. Ma il Ministero rovescia tutto! Singolare, dato che le CMO sono organi ministeriali! Hanno cercato la data più utile al Ministero per autoassolversi dal reato di omicidio colposo o con colpa grave, a dire poco, se non doloso! Quanti altri se ne aggiungeranno? Non faranno notizia! Ma un Marcucci che siede ancora sui banchi del Parlamento è la figura che più smuove la immensa rabbia ed indignazione da cittadino!”.

“CAUSA-EFFETTO”, LE COINCIDENZE TEMPORALI
Le prime inchieste trentine hanno parlato di strage. Poi il processo è comincato nel 1999 con l’accusa di epidemia colposa. Quindi a Napoli il capo d’imputazione è ulteriormente scalato a omicidio colposo plurimo.
Spontanea la domanda: se tutti sapevano che quel sangue era infetto, veniva immesso sul mercato senza alcun test, ma solo per motivi economici, per far soldi a palati, non è giusto parlare di “strage scientifica”? I misteri della “giustizia” di casa nostra…
Al processo di Napoli, il pm “assolutorio” ha fatto un breve excursus temporale ed ha comunque individuato tra la metà degli anni ’70 e quella degli ’80 il periodo clou per le infezioni. Restringendo di più, tra il ’76 e l’83.
La moglie di G.L. ha ricevuto la prima somministrazione di immunoglobuline killer nel 1978, quando venne ricoverata per il parto. Le altre sono state effettuate tra il ’78 e l’80: quindi gli anni focali per quelle tremende infezioni.
La Voce, come abbiamo descritto giorni fa, ha pubblicato il primo articolo sulle importazioni di sangue non adeguatamente testato, quindi infetto, da parte del gruppo Marcucci, a luglio 1977.
Siamo proprio nel periodo bollente.

Elio Veltri
Nel caso della consorte di G.L., il prodotto era della casa farmaceutica Immuno, austriaca. Da tener conto che al processo di Napoli è presente solo il gruppo Marcucci, con i dirigenti delle sue aziende dell’epoca (Aima, Biagini etc). I big esteri – che pure si sono comportati in modo altrettanto “disinvolto”, senza effettuare alcun test su quei lotti infetti – forse solo in futuro potranno subire un processo analogo. O, più probabilmente, la passeranno liscia. Da rammentare che in Inghilterra solo a fine 2018 è stata costituita una commissione d’inchiesta alla Camera dei Lord sui traffici del sangue infetto e i 3 mila morti ufficialmente registrati in quel Paese.
G.L. scrive di plasma proveniente da donatori a pagamento degli Usa, dei paesi africani ed asiatici. Il regista americano Kelly Duda, nel suo choccante docufilm “Fattore VIII” ha dettagliato i percorsi di quel sangue killer proveniente dalle galere dell’Arkansas.
L’ematologo Elio Veltri, testimone (come Duda) al processo di Napoli, ha parlato senza mezzi termini di quelle importazioni di sangue infetto dagli Usa e dall’Africa. E lo ha documentato in un libro da lui firmato, “Non è un Paese per onesti”, con un intero capitolo dedicato proprio alla strage di innocenti.
Solo chi non vuol vedere (come nel processo partenopeo addirittura il pm e i legali di molte parti civili) non vede il “nesso causale” storico tra quelle importazioni di sangue infetto, l’insorgenza delle patologie virali e la morte dei pazienti.
Un numero di morti ormai incalcolabile, se non per difetto. E con la tragica constatazione – suffragata dalla tragedia vissuta nel corso di 40 anni da G.L. – che quelle morti continuano. E che continueranno ancora per anni, vista la tremenda “finestra temporale” ancora aperta (come per le sempre crescenti patologie nella Terra dei Fuochi a causa dei roghi super tossici).
E senza che la giustizia di casa nostra alzi un dito. Uno solo.
Almeno fino ad oggi.

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21 febbraio 2019

ILARIA ALPI / LA GIORNALISTA CHE VENNE UCCISA DUE VOLTE. NEL PIU’ TOTALE SILENZIO


 Uno dei più colossali depistaggi di Stato trova oggi la sua ennesima archiviazione. Per il caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, infatti, il gip del tribunale di Roma, Andrea Fanelli, dopo la richiesta avanzata dal pm Elisabetta Ceniccola e controfirmata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, ha messo la pietra tombale su quell'omicidio e su quel depistaggio.
Non bastavano le ultime news su un altro omicidio e un altro clamoroso depistaggio, quello di Paolo Borsellino: ora la giustizia (sic) di casa nostra concede il bis.
Un'altra vergogna che suona come un ceffone in faccia a tutti gli italiani che ormai vedono la Giustizia quotidianamente calpestata, senza che nessuno ad alcun livello, tantomeno politico, si alzi per dire qualcosa.
Totali muri di gomma, emblematizzati dagli omertosi e complici silenzi dei media.
Avete letto un rigo su Repubblica o il Corriere della Sera per Alpi e Borsellino?

IL BUIO DOPO PERUGIA
Sintetizzamo le ultime vicende del giallo Alpi. Partiamo dalla clamorosa sentenza di Perugia, che due anni fa ha permesso di riaprire il caso. Una sentenza che ha scagionato Hashi Omar Assan, il giovane somalo che aveva scontato 16 anni di galera ingiustamente: il mostro sbattuto in prima pagina dai media e soprattutto dagli inquirenti.

Omar Hassan Hashi. In apertura Ilaria Alpi

Proprio come nel caso Borsellino, anche questa volta la condanna di un innocente e la non-caccia ai veri esecutori e mandanti, è stata prodotta da un teste taroccato, Ali Rage, alias Gelle, preparato di tutto punto della polizia per fornire una versione fasulla, inventata da cima a fondo. Gelle, infatti, verbalizzò davanti a un pm ma non fu mai presente al processo: nonostante ciò Hashi Assan venne condannato, basandosi solo su quel teste, senza alcun altro riscontro. Ai confini della realtà.
Quel teste, che era stato preparato dalla polizia a fornire quella versione accusatoria contro Hashi Assan – proprio come Vincenzo Scarantino per i primi processi Borsellino – dopo ebbe paura, trascorse un paio di mesi a Roma sotto protezione della polizia, dai cui agenti veniva accompagnato in un'officina auto e la sera riportato nel suo rifugio. Poi Gelle partì in tutta tranquilltà per la Germania, quindi traslocò in Inghilterra.
Nel frattempo le forze dell'ordine neanche lo hanno cercato, pur dovendo testimoniare al processo, che comunque è andato incredilmente in porto, con la condanna di Hashi Assan.
Chi invece riesce a trovare Gelle con facilità e senza ovviamente poter contare sui mezzi di cui dispongono gli investigatori, è l'inviata di "Chi l'ha visto" Chiara Cazzaniga. Si informa presso la comunità somala di Roma, ottiene alcuni recapiti londinesi, vola lì e dopo alcune perlustrazioni trova senza tanti problemi Gelle. Il quale le rilascia una lunga intervista, in cui tira fuori la verità: certo non quella che fu costretto a raccontare al pm romano che la bevve d'un fiato, ma tutta un'altra storia. Dove Hashi Assan non c'entra assolutamente niente.
Racconta il suo "taroccamento", la versione che venne obbligato a recitare, e il dopo, con la protezione della polizia, il lavoro presso l'officina della quale fornisce tutti i dettagli, la comoda fuga e il quieto soggiorno londinese.

L'avvocato Douglas Duale

L'intervista consente all'avvocato del giovane somalo, Douglas Duale, di far riaprire il caso, competente per territorio Perugia, visto che vi sono implicati magistrati romani.
Una sentenza che fa storia, quella perugina, perchè si parla a chiare lettere di depistaggio di Stato. Nella sentenza viene ricostruito tutto il depistaggio mossa per mossa, azione per azione. Vengono fatti i nomi dei poliziotti – anche eccellenti – coinvolti, vengono forniti fortissimi elementi probatori, tracciate alcune solide piste.
A questo punto è un gioco da ragazzi, per la Procura di Roma, proseguire su quel solco tracciato da Perugia. I legali della famiglia Alpi (Antonio D'Amati, Giovanni D'Amati e Carlo Palermo) e soprattutto la madre di Ilaria, Luciana Riccardi, vedono finalmente uno squarcio nel buio e ovviamente chiedono la riapertura delle indagini.
Ma nonostante quella stradocumentata sentenza alla quale basterebbe dare un seguito, il pm Elisabetta Ceniccola della procura romana incredibilmente chiede l'archiviazione del caso, perchè a suo parere non vi sono elementi tali da proseguire nelle indagini, anche perchè sarebbe ormai trascorso troppo tempo. A controfirmare, quindi avallare in toto, quella richiesta di archiviazione è il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Siamo sempre più ai confini della realtà.
Eccoci agli ultimi mesi. Ad un certo punto sembra aprirsi un altro spiraglio, perchè dalla procura di Firenze arrivano dei materiali. Nel corso di un'indagine su altri fatti, i procuratori gigliati si imbattono in alcune intercettazioni telefoniche tra somali del 2011. In esse si parla anche dell'omicio di Ilaria e Miran.

La Procura di Roma

A Roma quindi si riapre il caso: o almeno sembra. Ma trascorono solo pochi mesi e di nuovo il pm Ceniccola chiede l'archiviazione, nonostante i legali di Ilaria abbiano nel frattempo prodotto altre memorie e presentato altri elementi. Niente, la procura capitolina ormai sembra tornata quel porto delle nebbie di tanti anni fa.
La richesta del pm Ceniccola a questo punto passa al vaglio definitivo del gip, Andrea Fanelli. Che inizia ad esaminare carte e documenti, poi chiede altro tempo prima di pronunciarsi.
La sua decisione, per l'archiviazione finale, arriva il 6 febbraio, e nei prossimi giorni verrà notificata alle parti, le quali potranno capire le motivazioni di tale scelta.

LA MAGISTRATURA GUARDA
Recapitolando. E' noto e stranoto che Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio all'epoca stavano indagando sui traffici di armi e rifiuti super tossici.
Che avevano scoperto i fili di quei traffici, i quali vedevano come protagonisti faccendieri italiani in combutta con i Servizi segreti sia somali che, soprattutto, italiani.
Che la Somalia era diventata un'ottima discarica per interrare enormi quantità di rifiuti in cambio di armi.
Che la rotta principale per l'interramento era la superstrada Mogadiscio-Bosaso, dove venivano ammassati e poi nascosti centinaia e centinaia di bidoni tossici.
Che quei traffici venivano addirittura agevolati dai soldi della cooperazione internazionale e del Fai (fondo aiuti internazionali)
Che vi erano impegnate imprese anche "eccellenti" le quali non verranno mai toccate e anzi negli anni vedranno aumentare i loro fatturati. La circostanza è tra l'altro documentata in altri procedimenti giudiziari in cui vengono tirate in ballo.

Giuseppe Pititto

Che l'ambasciatore italiano dell'epoca sapeva – anche delle inchieste di Ilaria – ed è stato a guardare. Nè ha collaborato con le autorità italiane che dal canto loro facevano finta di indagare.
Che 7 magistrati si sono alternati nelle inchieste senza mai cavare un ragno dal buco.
Che solo il primo magistrato impegnato, Giuseppe Pititto, aveva imboccato la pista giusta. Per questo l'indagine gli è stata sottratta senza alcun motivo, la rituale "incompatibilità ambientale". Dopo alcuni anni Pititto, nauseato, ha lasciato la magistratura, è passato a fare il dirigente alla Provincia di Roma e ha scritto un thriller che ricalca in modo perfetto il caso-Alpi: "Il grande corruttore", dove viene descritto il delitto di una giornalista, un omicidio di Stato in piena regola (il mandante è addirittura un ministro che diventerà presidente della repubblica…).
Che all'epoca la Digos di Udine aveva raccolto molto materiale che già indicava la pista giusta (rifiuti-armi-cooperazione).
Che il Consiglio superiore della magistratura non ha mia detto una parola su quei magistrati.
E' altrettanto noto che la famiglia Alpi non ha mai smesso di denunciare l'inerzia dei magistrati e la totale assenza della politica nel chiedere verità. Hanno rinunciato a portare avanti il "Premio Alpi" che ogni anno si teneva a Rimini, delusi dai colpevoli silenzi dei media. La madre di Ilaria ha sempre detto: "Lotterò fino alla fine dei miei giorni perchè sia fatta giustizia per mia figlia". Non ce l'ha fatta, è morta un anno fa.
Ed è soprattutto evidente che la giustizia italiana ormai è morta e sepolta. Le ultime due picconate sono state inferte per il caso Borsellino e per quello di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Uccisi due volte.
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20 febbraio 2019

BILDERBERG / QUEST’ANNO, A GIUGNO, APPUNTAMENTO IN CALIFORNIA


Il super meeting internazionale dei Bilderberg quest'anno si terrà a giugno in California. Lo fa sapere un sito a stelle e strisce di controinformazione, BSB, che sta per "Broad Street Beacon".

Fino a questo momento filtrano pochissimi dettagli. Non si conosce la data precisa, né ovviamente  niente sui partecipanti, il cui elenco in genere comincia a circolare solo una settimana prima dell'evento. C'è appena una voce: tra le guest stars potrebbe esserci Bill Gates, grande amico di uno degli organizzatori di quest'anno.

La location, per la precisione, è quella dell'Herrington's Sierra Pines Resort nel cuore delle Sierra Nevada Mountains. Una location assai poco accessibile, raggiungibile solo via elicottero e quindi ben al riparo dagli sguardi indiscreti. Zone meravigliose, dove sono stati ambientati decine di epici westerns.

A descrivere tali bellezze è il Chairman per l'occasione, Henry de Castris: "Un luogo 'perfetto' –  dipinge – immerso tra gli alberi e le belle montagne". Tutto ok. Ma ecco una nota stonata a far capolino. Perchè lo stesso de Castris nota: "It's also the final resting place of Hitler", che tradotto letteralmente significa "è anche l'ultimo posto in cui ha riposato Hitler".

Che senso ha? Cosa vogliono intendere quelle parole?
C'è forse un qualche collegamento con il fatto che l'associazione dei "Bilderberg" è stata fondata nel 1954 da un ex ufficiale nazista, il principe olandese Bernardo de Lippe-Biesterfeld, uno dei non pochi assassini poi a zonzo per il mondo? Boh.
Fatto sta che il meeting dei Bilderberg è diventato un must annuale, un appuntamento che tutti i potenti della Terra annotano scrupolosamente nella loro agenda. La location cambia, ovviamente, ogni anno, alternando Europa e Stati Uniti. L'anno scorso, ad esempio, il summit si tenne ai primi di giugno a Torino.

Vi prendono parte, appunto ogni anno, i più potenti e influenti vip della politica, dell'industria, della finanza, dei media di tutto il mondo. Non pochi gli italiani presenti. Tra gli aficionados Lilli Gruber, nel cui salotto di Otto e mezzo di tanto in tanto si parla dei "Bilderberg", in prima fila Emma Bonino, che nell'ultima apparizione ha detto: "Ma perchè alcuni giornalisti parlano di Bilderberg come se si trattasse del Ku Klux Klan?". La radicale animatrice di + Europa, abituata ai super meeting dell'International Board della Open Society Foundation griffata George Soros, non ha proprio niente di cui stupirsi…
nella foto la zona dell'Herrington's Sierra Pines Resort

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19 febbraio 2019

STRAGE DEL SANGUE INFETTO / MOLTI SAPEVANO E HANNO TACIUTO. FIN DA QUEL LONTANO 1977


Strage del sangue infetto: molti sapevano ma nessuno ha mai alzato un dito. Nel mondo scientifico, in quello farmaceutico, tra i media e nella classe politica c'è stata, fin dalla metà-fine anni '70, una piena consapevolezza di quei traffici killer a base di emoderivati miliardari, che facevano realizzare giganteschi profitti a chi lavorava e commercializzava quel sangue infetto. E la strage "scientificamente" organizzata era del tutto prevedibile, quindi evitabile.
Incredibile che tutto ciò non sia mai emerso nei tre processi per il sangue infetto celebrati negli ultimi 20 anni: il primo a Trento partito proprio nel 1999, il secondo trasferito a Napoli e subito abortito, il terzo ora alle battute finali sempre a Napoli dove la sentenza è prevista per il 25 marzo.
Nel corso di questo quarto di secolo (le prime indagini trentine risalgono addirittura a 27 anni fa) si è passati dalla prima ipotesi di strage – l'unica e sola in grado di fotografare sul serio la realtà dei fatti – per poi scalare man mano ad ipotesi meno gravi, come epidemia colposa e ora omicidio colposo plurimo.
Eppure, neanche in quest'ultima ipotesi giudiziaria sembra si riesca mai a far luce – giudiziaria, appunto, perchè quella storica è ormai acclarata – sulle palesi responsabilità, visto che lo stesso pm, ossia l'accusa, nel corso della requisitoria dello scorso 11 gennaio ha chiesto la piena assoluzione di tutti gli imputati perchè "il fatto non sussiste". Vale a dire che nessuno ha mai ammazzato nessuno, tantomeno i nove pazienti di cui si parla nel processo, rappresentati dalle parti civili: se la sono quantomeno cercata; oppure si tratta di suicidi perfetti via avvelenamento…

NUMERI E DATE DELLA STRAGE
Scherzi (tragici) a parte, le cifre "storiche" parlano di una strage da 5 mila vittime, come del resto in Inghiterra le cifre si attestano a quota 3 mila: ma lì almeno, a fine anno scorso, è stata avviata una commissione parlamentare d'inchiesta. Da noi la politica ancora una volta tace, è stata ed è collusa con Big Pharma, mentre si straccia ogni giorno le vesti con la maxi ipocrisia dei migranti! Dei morti per sangue infetto se ne strafregano. Come se ne fregano altamente i media, allineati e coperti per disinformare: il più totale, omertoso silenzio è calato anche sull'odierno processo partenopeo.
Nella sua requisitoria, comunque, il pm del processo di Napoli, Lucio Giugliano, ha ricostruito alcune date-base, tracciando una cronologia dei tragici fatti.
Quale è stato l'arco temporale base nel quale si sono concentrate le infezioni da emoderivati? Quello compreso tra gli anni '70 e gli '80. Il pubblico ministero ha fatto capire che lo stesso arco si può restringere, tra il 1975 e il 1985. Con gran probabilità, infatti, i contagi di sette pazienti su otto (uno nel frattempo è deceduto) sono tutti da collocare a fine anni '70 (soltanto nel caso di uno dei fratelli Scalvenzi la data si può collocare parecchio più in là, nel 1987).
Ancora. Alla sbarra ci sono oggi l'ex re dei farmaci al ministero della Sanità Duilio Poggiolini ed ex dirigenti e funzionari del gruppo Marcucci. Il pm ha dato dei numeri anche sui Marcucci: hanno chiesto la prima autorizzazione ministeriale per lavorare e commercializzare emoderivati (quindi anche ad importare il sangue) nel 1973, per poi ottenerla tre anni più tardi, nel 1976.
Chiaro quindi il contesto: gli anni bollenti sono i '70, quelli dove cominciano i traffici di sangue infetto e mettono a punto i motori, li scaldano e cominciano a correre i bolidi degli emoderivati, in pole position (vale a dire oligopolisti in Italia) le aziende del gruppo Marcucci, da Aima a Biagini.
In quegli anni i Marcucci fanno capolino anche a Napoli, mettendo le mani su un colosso farmaceutico "donato" dagli americani, Richardson Merrell.
Per questo motivo nel 1977 la Voce (allora "la Voce della Campania") pubblica la sua prima inchiesta sui traffici di sangue e sul ruolo giocato, in tutto il maxi business, dal gruppo Marcucci, all'epoca guidato dal padre-padrone Guelfo Marcucci, grande amico di Sua Sanità Francesco De Lorenzo: tanto che il figlio Andrea alle politiche del 1991 si presenterà sotto i vessilli del Pli targato Altissimo-De Lorenzo. Non basta, perchè a rinsaldare i legami societari provvederà anche il fratello di Sua Sanità, Renato De Lorenzo, che a fine anni '80 entra nel cda della Sclavo, la sigla in arrivo dal gruppo Montedison (la Anic del ramo farmaceutico) destinata a diventare una delle perle di casa Marcucci.

QUELLA PRIMA INCHIESTA DELLA VOCE NEL '77
Ma torniamo a quell'inchiesta della Voce nel 1977, attraverso la quale si ha la palese dimostrazione che la consapevolezza (e le notizie) su quei traffici circolavano già allora. Se la Voce ne scriveva, di tutta evidenza quelle storie erano ben note negli ambienti farmaceutici, ad esempio nella stessa Richardson Merrell. Ne parlavano i sindacalisti, filtravano alcune prime accuse da parte della Cgil, alla Voce di quegli spericolati traffici fornì molti dettagli un ricercatore della Merrell, Procolo Causa. Da tener presente che l'affare Merrell fu uno dei casi "industriali" saliti alla ribalta delle cronache dell'epoca, con il sottosegretario al Bilancio, l'andreottiano Vincenzo Scotti, impegnato in prima linea nella story.
Potete leggere quell'inchiesta in basso. Ma ecco di seguito, per maggior semplicità, alcuni stralci salienti.

Kelly Douda

"Il finanziere toscano Guelfo Marcucci ottiene dagli americani gli stabilimenti ex Merrell di via Pietro Castellino, al Vomero, e di Sant'Antimo, le attrezzature scientifiche, la ricchissima biblioteca. L'attività, ripresa ad inizio '76, procede a ritmo assai ridotto, con un bassissimo utilizzo degli impianti e della stessa mano d'opera, ridottasi di 180 unità per il mancato turn over. 'Se a questo si aggiunge che i centri direzionali sono stati spostati in Toscana – sostiene Laura Bellipanni del CdF dell'ex Merrell – si capisce come l'indotto prima di un miliardo si sia del tutto azzerato, e il settore biologico non tiri più e si limiti a trasformare gli emoderivati provenienti dall'AIMA, anch'essa di proprietà dei Marcucci'".
Si parla poi dei "14 miliardi complessivi concessi graziosamente dalla Richardson Merrell a Marcucci" e dei "tentativi di impedire le manovre speculative di Marcucci che cerca di vendere, a uso immobiliare, le aree del Vomero", il quartiere 'alto' di Napoli, in prossimità della zona ospedaliera.

DAI CENTRI NELL'EX CONGO BELGA… 
Ecco quindi il "Ritratto di un finanziere" dedicato al patròn Guelfo Marcucci. Siamo al passaggio-base, ossia l'interrogativo rimbalzato più volte in quasi tre anni di processo davanti alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli: "Quali le fonti di provenienza del sangue trattato negli stabilimenti Marcucci?", scrive la Voce, ricordiamolo, nel 1977.
La risposta: "In gran parte il terzo mondo, fino al 1975 prevalentemente il Congo ex belga. Qui l'abile finanziere aveva impiantato un centro poliambulatoriale e un centro di raccolta del sangue dove, mediante una tecnica assai sofisticata, veniva prelevata agli ignari donatori una quantità tripla di plasma sanguigno, reimmettendo in circuito i globuli rossi diluiti in apposita soluzione fisiologica. Saputo negli ambienti politici locali che il vento comincia a mutar direzione, Marcucci si affretta a vendere il tutto a una società americana, che dopo tre mesi viene nazionalizzata. Oggi Marcucci gestisce diversi centri di raccolta di sangue in varie parti del mondo, impiantando enormi speculazioni, per gli elevatissimi costi di vendita: basti pensare ai preparati Fattore VII, uno dei quali, il Kryobulin 50, costa 162.400 lire a confezione!".

L'intera, tragica storia è poi raccontata nel volume "Sua Sanità – Viaggio nella De Lorenzo story, un'azienda che scoppia di salute", edito a febbraio 1992 dalla Voce e dalla Publiprint di Trento.
Non solo Congo ex belga ed altri paesi africani e del terzo mondo, comunque, nel mirino del gruppo Marcucci.
Nel 2007, grazie ad uno choccante docufilm del regista americano Kelly Duda, veniamo a sapere che un'altra tra le fonti principali di approvvigionamento di sangue erano state addirittura le galere statunitesnsi, in particolare quelle dell'Arkansas.

ALLE GALERE DELL'ARKANSAS
Tutto viene illustrato in "Fattore VIII". Lo stesso Duda è stato convocato dagli avvocati delle parti civili, Stefano Bertone ed Ermanno Zancla, come teste al processo di Napoli.

Andrea Marcucci

Dove ha confermato ogni circostanza per filo e per segno ed ha parlato dei mesi e mesi di lavoro negli States sulle tracce del sangue infetto, nonché dei dorati trades senza alcuno scrupolo lungo l'asse Usa-Europa e, of course, Italia. Donatori prezzolati, non testati, a super rischio infezione: tutto il peggio possibile per avvelenare – scientemente – i poveri pazienti che si vedevano iniettare nelle vene quelle letali bombe ad orologeria.



                                                                          L'avvocato Stefano Bertone

Un altro teste base al processo partenopeo, l'ematologo milanese Piermannuccio Mannucci, nel corso della sua verbalizzazione ha avuto il coraggio di affermare: "Ho chiesto informazioni ai dirigenti del gruppo Marcucci per sapere da dove proveniva quel sangue. Mi hanno rassicurato, mi hanno detto che veniva dai campus universitari e dalle casanlinghe americane".
Incredibile ma vero. Un teste in palese conflitto d'interessi, Mannucci, dal momento che è stato consulente scientifico di Kedrion – l'attuale corazzata del gruppo Marcucci, guidata da Paolo, fratello di Andrea Marcucci, il capogruppo del Pd al Senato – ed ha partecipato, gettonato, a svariati simposi nazionali e internazionali organizzati dalla stessa Kedrion.
Anche la Bbc una decina d'anni fa ha mandato in onda un lungo j'accuse sui traffici di sangue infetto, non solo perchè la tragedia, come visto, l'ha investita con oltre 3 mila morti, ma anche perchè per alcuni anni il gruppo Marcucci ha potuto contare su un avvocato britannico di fama, David Mills, che all'epoca prestava i suoi servigi anche a Silvio Berlusconi, mentre la consorte di Mills era ottima amica, a sua volta, della moglie del premier Tony Blair.
Dio li fa e poi li accoppia.


Un carcere dell'Arkansas

CIECHI & COMPLICI
Tirando le somme: i traffici sono cominciati ad inizio anni '70 ed erano stranoti: perchè tutti hanno chiuso gli occhi? Come mai le autorità sanitarie, nazionali e internazionali, non hanno mosso neanche un dito, dall'inflessibile Food and Drug Administration fino al nostro Istituto Superiore di Sanità?
Big Pharma – ormai è strachiaro – ha comprato silenzi & collusioni. Anche a casa nostra, come del resto dimostra ampiamente la Farmatruffa, che ha visto la condanna penale e civile (5 milioni di euro a testa) per De Lorenzo e Poggiolini.
Ma come mai tutti, trasversalmente a livello politico in Italia, hanno dormito, o meglio sono stati complici silenti della strage?
Perchè solo in questo modo deve essere chiamata: strage. E se anche a Napoli San Gennaro non riuscirà nel miracolo d'una sentenza "storica" – come fa presagire la "requisitoria assolutoria" del pm – c'è pur sempre una Corte dell'Aja per i crimini contro l'umanità a poter "giudicare" su quei tragici fatti cominciati ad inizio anni '70 e documentalmente provati almeno da quel 1977.
Perchè, dopo oltre un quarto di secolo, giustizia sia..

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14 febbraio 2019

Copyright, approvato il testo finale. Ma si può ancora fermare



di Julia Reda

Poco fa i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio hanno concluso i negoziati a tre con un testo definitivo per la nuova direttiva UE sul diritto d'autore.

Per due anni abbiamo discusso diverse bozze e versioni dei controversi articoli 11 e 13. Ora, non c'è più ambiguità: Questa legge cambierà radicalmente Internet come la conosciamo noi, se sarà adottata nella prossima votazione finale. Ma possiamo ancora impedirlo!

Continuate a leggere per maggiori dettagli sul testo, su come siamo arrivati qui e su cosa fare ora:

Cosa c'è nella direttiva UE sul diritto d'autore

Fresche di stampa le formulazioni definitive degli articoli 11 e 13. Ecco la mia sintesi:

Articolo 13: Filtri in upload

Il negoziatore parlamentare Axel Voss ha accettato l'accordo tra Francia e Germania che ho esposto in un recente post:
  • I siti commerciali e le applicazioni in cui gli utenti possono pubblicare materiale devono fare "tutto il possibile" per acquistare preventivamente licenze per tutto ciò che gli utenti possono eventualmente caricare – cioè: tutti i contenuti protetti da copyright nel mondo. Un'impresa impossibile.
  • Inoltre, tutti i siti, tranne pochissimi (sia quelli piccoli che quelli molto nuovi) dovranno fare tutto ciò che è in loro potere per evitare che finisca online qualsiasi cosa che possa essere una copia non autorizzata di un'opera che un titolare dei diritti ha registrato con la piattaforma. Non avranno altra scelta se non quella di implementare filtri automatici di upload, che per loro natura sono costosi e soggetti ad errori.
  • Nel caso in cui un tribunale ritenga che i suoi sforzi di licenza o di filtraggio non siano abbastanza feroci, i siti saranno ritenuti direttamente responsabili delle violazioni come se fossero stati loro stessi a commetterle. Questa imponente minaccia porterà le piattaforme a rispettare eccessivamente queste regole per rimanere sul sicuro, peggiorando ulteriormente l'impatto sulla nostra libertà di parola.

Articolo 11: La "tassa sui link"

La versione finale di questo copyright extra per i siti di notizie assomiglia molto alla versione che ha già fallito in Germania, solo che questa volta non si limita ai motori di ricerca e agli aggregatori di notizie, il che significa che danneggerà molti più siti web.
  • La riproduzione di più di "singole parole o brevissimi estratti" di notizie richiede una licenza. Questo probabilmente coprirà molti dei frammenti comunemente mostrati oggi accanto ai link per darvi un'idea di ciò a cui portano. Dovremo aspettare e vedere come i tribunali interpretano nella pratica cosa significa "molto breve" – fino ad allora, il link (con i frammenti) sarà impantanato nell'incertezza del diritto.
  • Nessuna eccezione è prevista anche per i servizi gestiti da privati, piccole imprese o organizzazioni no profit, che probabilmente includono blog o siti web monetizzati.

Altre disposizioni

Il progetto per consentire agli europei di praticare il Text & Data mining, fondamentale per la ricerca moderna e lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, è stato ostacolato da troppe avvertenze e requisiti. I titolari dei diritti possono scegliere di non ricevere i dati delle loro opere da chiunque, ad eccezione degli istituti di ricerca.

Diritti d'autore: La proposta del Parlamento secondo cui gli autori dovrebbero avere il diritto a un compenso proporzionato è stata gravemente indebolita: i contratti di riacquisto totale continueranno ad essere la norma.

Miglioramenti minori per l'accesso al patrimonio culturale: le biblioteche potranno pubblicare online opere fuori commercio e i musei non potranno più rivendicare i diritti d'autore su fotografie di dipinti secolari.

Come siamo arrivati fin qui

La storia di questa legge è vergognosa. Fin dall'inizio, lo scopo degli articoli 11 e 13 non è mai stato quello di risolvere questioni chiaramente definite nel diritto d'autore con misure ben ponderate, ma di servire potenti interessi particolari, senza preoccuparsi quasi mai per i danni collaterali causati.

Nel perseguimento incessante di questo obiettivo, le preoccupazioni di accademici indipendenti, difensori dei diritti fondamentali, editori indipendenti, startup e molti altri sono state ignorate. A volte, si è diffusa la confusione sulle prove contrarie cristalline. Il negoziatore parlamentare Axel Voss ha anche diffamato la protesta senza precedenti di milioni di utenti internet come "costruita sulle menzogne".

Nel suo gruppo conservatore del PPE, la forza motrice di questa legge, i dissidenti sono stati emarginati. Il lavoro della loro rappresentante inizialmente nominata è stato buttato dalla finestra dopo che le conclusioni da lei raggiunte erano troppo sensate. Voss ha poi votato così ciecamente a favore di tutte le misure restrittive che è stato colto di sorpresa da alcune delle assurdità che aveva ottenuto l'approvazione. Il suo partito, la CDU/CSU tedesca, ha violato con noncuranza l'accordo di coalizione che avevano firmato (che rifiutava i filtri di upload), senza badare al proprio ministro delle questioni digitali.

Ci sono voluti sforzi egualmente erculi e sisifei attraverso le linee di partito per evitare che il testo risultasse ancora peggiore di quanto non sia ora.

Dulcis in fundo, un "commercio di cavalli" a porte chiuse tra Francia e Germania è stato sufficiente a superare le obiezioni…. finora.

Ciò che è importante notare, però: non è "l'UE" in generale ad essere colpevole, ma coloro che antepongono gli interessi particolari ai diritti fondamentali, che attualmente detengono un potere considerevole. Si può cambiare tutto questo alle urne! L'estrema destra antieuropea sta cercando di cogliere questa opportunità per promuovere la propria agenda nazionalista, mentre in realtà senza il persistente sostegno del gruppo di estrema destra dell'ENF (dominato dal Rassemblement/Front National) la legge avrebbe potuto essere fermata nella cruciale Commissione Affari Giuridici e in generale non sarebbe stata così estrema come lo è oggi.

Possiamo ancora fermarla

I negoziatori del Parlamento e del Consiglio che hanno concordato il testo definitivo ritornano ora alle loro istituzioni per ottenere l'approvazione del risultato. Se i due voti restano invariati, diventerà legge dell'UE, che gli Stati membri sono obbligati a recepire nel diritto nazionale.

In entrambi gli organi vi è resistenza.

Il percorso in Parlamento inizia con l'approvazione da parte della Commissione Affari Legali, che dovrebbe fissata per lunedì 18 febbraio.

Successivamente, in data da destinarsi, i governi degli Stati membri dell'UE voteranno in seno al Consiglio. La legge può essere fermata qui da 13 governi degli Stati membri o da un qualsiasi numero di governi che insieme rappresentano il 35% della popolazione dell'UE (calcolatrice). L'ultima volta, 8 paesi che rappresentano il 27% della popolazione si sono opposti. O un paese grande come la Germania o diversi paesi piccoli dovrebbero cambiare idea: Questo è il modo meno probabile per fermarlo.

La nostra ultima chance: la votazione finale in plenaria del Parlamento europeo, quando tutti i 751 deputati, eletti direttamente per rappresentare il popolo, hanno diritto di voto. La votazione si svolgerà tra il 25 e il 28 marzo, il 4 aprile o tra il 15 e il 18 aprile. Abbiamo già dimostrato lo scorso luglio che è possibile ottenere una maggioranza contro una cattiva proposta sul diritto d'autore.

La plenaria può votare per eliminare il disegno di legge – o per apportare modifiche, come la rimozione degli articoli 11 e 13. In quest'ultimo caso, spetta al Consiglio decidere se accettare queste modifiche (la direttiva diventa legge senza questi articoli) o accantonare il progetto fino a dopo le elezioni europee di maggio, che rimescoleranno tutte le carte.

È qui che entri in gioco tu

Il voto finale del Parlamento europeo si svolgerà solo poche settimane prima delle elezioni europee. La maggior parte degli eurodeputati – e certamente tutti i partiti – cercheranno di essere rieletti. Gli articoli 11 e 13 saranno sconfitti se un numero sufficiente di elettori renderà tali questioni rilevanti per le campagne elettorali. (Ecco come votare alle elezioni dell'UE – cambiare la lingua in una di quelle ufficiali del vostro paese per informazioni specifiche).

Sta a voi chiarire ai vostri rappresentanti: Il loro voto sull'opportunità di rompere Internet con gli articoli 11 e 13 comporterà o meno il vostro voto alle elezioni europee. Siate insistenti, ma per favore, siate sempre gentili.
  • Consulta il comportamento di voto dei tuoi rappresentanti su SaveYourInternet.eu
  • Chiamate o visitate gli uffici dei vostri eurodeputati (a Bruxelles, Strasburgo o nella loro circoscrizione locale).
  • Visitate gli eventi delle campagne e delle feste e sollevate l'argomento
  • Firma la petizione da record e diffondete la voce, se non l'hai ancora fatto.Insieme, possiamo ancora fermare questa legge.
Fonte: www.partito-pirata.it

12 febbraio 2019

VACCINI & C. / DAI LOTTI INFETTI AL GARDASIL KILLER, ECCO LE ULTIME DI “BIG PHARMA”


"I vaccini sono dei farmaci ai quali bisogna prestare la massima sorveglianza. Gli studi indipendenti presentati in questi giorni sui vaccini alimentano dei dubbi sulla loro composizione. Le ricerche vanno riprodotte e anche su queste ultime vanno fatti degli approfondimenti Non devono rimanere dubbi".
Sono alcune tra le parole pronunciate dal virologo Giulio Tarro nel corso del convegno promosso a Roma dall'Ordine Nazionale dei Biologi sul tema "Vaccinare in sicurezza". Allievo di Albert Sabin che scoprì il vaccino antipolio, due volte candidato al Nobel per la Medicina, al vertice della Commissione sulle biotecnologie della virosfera Wabt-Unesco, Tarro è stato da poco premiato negli Usa come "miglior virologo del mondo".
Tarro ha sottolineato che "nei paesi anglosassoni e scandinavi vige la legge della persuasione sui vaccini, mentre da noi c'è un obbligo e in quest'ultimo caso è giusto sapere che quello che viene somministrato ai più piccoli sia sicuro".
Il convegno si è tenuto il 25 gennaio, a poche settimane dalle polemiche scoppiate in seguito ad un'intervista rilasciata dal presidente dell'Ordine, Vincenzo D'Anna, al direttore del Tempo Franco Bechis, in cui illustrava gli choccanti risultati di un fresco studio scientifico condotto su due lotti di vaccini, dove è stata trovata ogni possibile"schifezza", per fare un solo esempio i glifosati.
Lo studio, cofinanziato dall'Ordine dei biologi, è stato condotto da alcuni ricercatori per conto del Corvelva, l'associazione veneta da anni in prima linea per un uso "consapevole" dei vaccini. E proprio al convegno "Vaccinare in sicurezza", la ricercatrice Loretta Bolgani ha avuto modo di illustrare in dettaglio i risultati scaturiti dallo studio.
Eccoci alle durissime parole pronunciate dal presidente dell'Ordine, D'Anna.

ORDINE DEI BIOLOGI, ECCO IL J'ACCUSE 



Vincenzo D'Anna

"Vogliamo sapere cosa c'è nei vaccini a livello quantitativo e qualitativo, dal punto di vista genomico e chimico. Sono sostanze che iniettiamo ai bambini appena nati e come scienziati ci corre l'obbligo di sapere se sono sicuri. I biologi hanno la piena libertà di dubitare e ricercare. Voglio che la categoria che rappresento sia libera di vivere la sua professione senza vincoli e senza bavagli".
Prosegue D'Anna: "Stiamo aspettando che il ministro Giulia Grillo, l'Agenzia Italiana del Farmaco e l'Istituto Superiore di Sanità esibiscano al popolo italiano le analisi che hanno consentito l'immissione in commercio dei vaccini. Chiediamo anche di vedere gli esami per la farmacovigilanza e il mantenimento dei vaccini. Mi accingo a denunciare per frode in commercio chiunque abbia omesso di vigilare sull'esatta procedura di controllo, visto che il popolo italiano ha l'obbligo del vaccino".
Su questo delicato punto precisa il numero uno dell'Ordine: "Faremo un esposto in Procura, perchè con i vaccini siamo di fronte ad una inadempienza che configura, se permane, una frode in commercio. Perchè è come mettere dei formaggini in commercio senza la data di scadenza e l'identificazione dei componenti. E' assurdo che per i vaccini non abbiamo i dati di farmacovigilanza. Devono tirare fuori le analisi perchè abbiamo il diritto di sapere se sono stati fatti i controlli".
Ed è andato giù ancor più duro: "L'Istituto Superiore di Sanità non ha fatto le analisi: mi querelino, così sapremo. Mi faccio tre mesi di carcere e poi vediamo le analisi. Seppure sono state fatte, sono schede tecniche fornite dai produttori, i quali per prassi italiana e per legge non hanno l'obbligo di fare le analisi sul prodotto finito. Stabiliscono loro il target su cui effettuare il controllo. Ci vogliamo preoccupare o no?".


Giulia Grillo

Così conclude: "Rifaremo le analisi sui vaccini in uso sulla popolazione, li finanzierà l'Ordine dei biologi, con due importanti virologi di fama internazionale, uno dei quali sarà il professor Giulio Tarro. Esamineremo la genomica, la parte proteica, la parte chimica che non è stata ancora valutata".

GARDASIL KILLER E "ACCISE" NEGLI USA…  
Passiamo agli Stati Uniti e a quanto è successo nel caso di Christina Richelle Tarsell, morta a 21 anni pochi giorni dopo l'inoculazione di un vaccino Hpv, "Gardasil".
Scrive un sito di genitori americani: "La famiglia Tarsell ha combattuto contro il governo degli Stati Uniti per otto lunghi anni per convalidare l'onere medico della prova che il vaccino Gardasil ha ucciso la loro figlia. Christina Richelle, 21 anni, è morta per un'aritmia indotta da una risposta autoimmune a Gardasil, un vaccino HPV che ha ricevuto solo pochi giorni prima della sua morte.
La sentenza finale è stata confermata dal Dipartimento della Salute e dei Servizi umani: il vaccino Gardasil della casa farmaceutica Merck causa problemi autoimmuni che provocano improvvisa debilitazione e/o morte. Se la ragazza fosse stata uccisa da un folle con un fucile, allora ci sarebbero stati titoli su tutte le testate nazionali e una marcia su Washington. Dal momento che questa giovane donna è stata 'colpita' a morte da un vaccino, tutta la storia viene nascosta".
Così prosegue il testo, riferendosi a dei numeri tragici e, appunto, ignorati dai media: "Ad oggi si ritiene che Gardasil sia responsabile della morte di 121 giovani donne e 57.520 segnalazioni di eventi avversi ottenuti dal Sistema di segnalazione degli eventi avversi da vaccino (VERS). Il caso  Tarsell fu inizialmente preso dalla Corte dei Vaccini, che è un sistema di indennizzo istituito per compensare le famiglie che subiscono un danno da vaccino. I produttori di vaccini pagano un'accisa (come si fa per i carburanti, ndr) a questo sistema per il vaccino che vendono. Il denaro viene utilizzato per pagare i danni a famiglie che possono dimostrare di essere state danneggiate da un vaccino. Questo sistema protegge i produttori di vaccini dal fatto di essere citati in giudizio in un vero tribunale, garantendo che i vaccini continuino ad essere fabbricati per 'il bene di tutti'".
Licenza di uccidere per Big Pharma.

… E TUTTE LE CORRUZIONI LEGALI VIA LOBBYNG 
Siamo adesso alle "corruzioni legali" organizzate negli Usa lungo tutto il fronte dell'industria farmaceutica.
L'attività di lobbyng dei colossi di Big Pharma, infatti, è in costante, esponenziale aumento.
L'industria farmaceutica è la prima in assoluto nelle hit di fatturati & utili, avendo ormai superato in tromba quella delle armi, la storica regina a stelle e strisce. Tanto che sono arcimilionarie le "donazioni" effettuate in occasione delle presidenziali Usa, il versamento bipartizan a democratici e repubblicani a botte da montagne di dollari.
Le più recenti cifre parlano chiaro. Ecco i dati di un fresco report: "I maggiori gruppi commerciali dell'industria farmaceutica hanno dichiarato di aver speso 27,5 milioni di dollari in attività di lobbismo nel 2018, 1,4 milioni in più rispetto a dieci anni fa, il 2009, da quando cioè il Congresso e la Casa Bianca hanno creato l'Affordable Care Act, la revisione sanitaria meglio conosciuta come Obamacare".
Così prosegue la nota: "L'impennata delle spese da parte della ricerca farmaceutica e dei produttori americani è arrivata quando l'industria non è riuscita a fermare una soluzione legislativa all'ultimo minuto che avrebbe ridotto la quota di spese nel programma popolare Midicare e preparandosi a quella che potrebbe essere la sua sfida più impegnativa per i prossimi decenni".
Ancora: "PhRMA, l'associazione di categoria dei principali produttori di farmaci statunitensi, ha speso oltre 6 milioni di dollari per esercitare pressioni sul Congresso e sull'amministrazione Trump nel quarto trimestre, in base alle dichiarazioni depositate presso l'Office of Public Records del Senato. La maggiore spesa trimestrale di sempre è arrivata nei primi tre mesi del 2018, quando ha dichiarato di aver speso quasi 10 milioni di dollari. Una portavoce del gruppo ha rifiutato di commentare".
Più nel dettaglio alcune cifre big per big. "Anche le spese di lobbyng per un gruppo di aziende farmaceutiche sono aumentate nel quarto trimeste 2018. Tra queste: Abbot Laboratories che ha speso 1,4 milioni di dollari; Johnson Services Inc. che ha speso 2,3 milioni di dollari. Anche AstraZeneca Pharmaceuticals LP, Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals Inc. e Teva Pharmaceutical Industries Ltd. hanno registrato un aumento delle spese".
Chiamalo, se vuoi, lobbyng. Da noi un quarto di secolo fa scoppiò la "Farmatruffa" che coinvolse decine di casa farmaceutiche e che portò alla condanna penale e civile (5 milioni di euro a testa) di Sua Sanità Francesco De Lorenzo e del re mida al ministero Duilio Poggiolini.
Definizioni differenti per una sostanza che non cambia. Le regine di Big Pharma investono montagne di euro e dollari comprando la "rouling class", la classe dirigente per ottenerne mille volte di più coi loro profitti.
Sulla pelle dei cittadini.

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