17 settembre 2019

Nikola Tesla, nel graphic novel di Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli la storia dell’inventore “romantico”


Cosa: “Nikola Tesla”, graphic novel di Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli Chi: intervista a Sergio Rossi Editore: Becco Giallo
Da sempre il nome di Nikola Tesla attiva la curiosità dei lettori, come di chi si occupa di scienza. Questo prolifico inventore serbocroato, che immigrò negli Stati Uniti a fine Ottocento, sembra rappresentare il lato oscuro della creatività in ambito scientifico. Infatti Tesla registrò in vita praticamente la stessa quantità di brevetti del suo prima socio poi antagonista Thomas Alva Edison, ma non seppe monetizzare le proprie idee. Uno scienziato non tanto avvolto da un’aura di maledettismo, quanto di sfortuna. Uno scienziato che però, per la sua dote di “vedere oltre” reale o fittizia non importa, ancora oggi raccoglie consensi e attenzioni. Non si spiegherebbe altrimenti il perché un miliardario come Elon Musk abbia voluto chiamare la sua compagnia automobilistica, interamente dedicata alla creazione autovetture futuribili, proprio Tesla Motors.
A Tesla Sergio Rossi (testi) e Giovanni Scarduelli (disegni) hanno dedicato un graphic novel edito per Becco Giallo e intitolato sobriamente Nikola Tesla. Ancora una volta, non sono tanto le invenzioni, ma l’uomo, lo scienziato a essere centro attivo, a mettere in moto la narrazione.
Sergio Rossi, che a Bologna ha da sempre casa, si è cimentato su una storia che, in qualche misura, gioca fra elementi didascalico-informativi e pura invenzione, puntando molto anche sul non detto, sull’assenza, sulla sottrazione. In questo aiutato dalle tavole in bianco e nero di Scarduelli, per altro al suo esordio. Ma, in Rossi, vi è forse un altro motivo meno evidente per questo suo riprendere la figura di Tesla.
«Per chi come me ha studiato fisica, Tesla è un nome molto noto:. Non solo ha inventato la macchina che converte la corrente continua in alternata, ma anche l’unità di misura della densità del campo magnetico porta il suo nome. Fuori dal mondo scientifico, Tesla è più noto per le bizzarrie e i presunti complotti legati alle invenzioni che non ha mai realizzato e che hanno ispirato molte leggende e molte storie. Era quindi un ottimo personaggio per un fumetto o un romanzo.»
In questo caso per un romanzo grafico…
«Precisamente.»
Nato da una tua idea?
«In realtà la proposta è venuta da Davide Calì, un grande scrittore, che aveva già contattato Becco Giallo. Io ho raccolto la proposta e l’ho sviluppata rendendola mia.»
Tornando a Tesla, oltre alla Fisica, cosa ti ha appassionato nella vita e nell’opera di questo croato che negli Stati Uniti trova gloria ma sperimenta anche disastrose cadute?
«Mi appassiona proprio la parabola di un uomo geniale che ha contributo a costruire il mondo che conosciamo. Ma mi appassiona anche il perché non abbia voluto studiare la Meccanica quantistica e la Relatività, le due teorie che avrebbero potuto far funzionare davvero le sue invenzioni e che aveva visto nascere. Non solo ha preso il bivio sbagliato, ma si è ostinato a rimanerci con tutte le conseguenze del caso: un personaggio tragico.»
Però è uno fra gli scienziati che fra fine Ottocento e inizi Novecento ci ha cambiato la vita, anzi: è fra quelli che hanno cambiato il mondo. Ma, appunto, uno fra altri. Perché a tuo avviso non è così?
«Sia perché il suo nome è legato a un’unità di misura usata tutti i giorni dai professionisti, basta chiedere a chi usa le macchine a risonanza magnetica; sia perché, banalmente, usiamo la corrente alternata. Il suo nome è poi legato a quello di Thomas Edison nella “Guerra delle correnti”, ossia la lotta per il controllo del mercato della corrente elettrica alla fine del XIX secolo negli Stati Uniti, che portò alla successiva elettrificazione del mondo. Edison era per la continua, Tesla per l’alternata, ma aveva ragione da vendere quest’ultimo. È un episodio raccontato nel film The Current War, di Alfonso Gomez Rejon, dove Tesla viene interpretato da Nicolas Hoult, mentre Edison è impersonato da Benedict Cumberbatch. Un film con un problema: il produttore. A produrlo è stato infatti Harvey Weinstein: chissà se uscirà mai.»
Le ultime notizie lo danno in uscita per questo ottobre.
«Speriamo. Sarebbe molto interessante vedere come viene trattato Tesla.»
Che come scienziato, nel nostro immaginario, appare forse più romantico rispetto ad altri suoi colleghi. Per esempio, Edison e Westinghouse, altri due grandi inventori con cui Tesla ha a che fare, appaiono molto pratici al suo confronto: sono imprenditori, sfruttano le loro invenzioni a fini economici, non si fermano al piacere della creazione.
«George Westinghouse aveva inventato i freni pneumatici per i treni, ma era soprattutto un industriale, quindi per lui il piacere era far soldi: infatti il suo nome è ancora oggi legato a una multinazionale. Edison era un grande autodidatta, aveva grandi idee, ha inventato la lampadina e il fonografo tra le tante, ma era anche un affarista spietato, forse dovuto al fatto che era nato poverissimo e lavorava da quando aveva dieci anni, chissà. Tesla aveva un altro temperamento rispetto ai due, e un altro vissuto. Gli interessavano solo le sue invenzioni, e probabilmente aveva un comportamento instabile, come mostrano le sue tante manie.»
Il romanzo che hai creato a quattro mani con Giovanni Scarduelli è giocato sulle assenze e da un presente che si volta a guardare il passato. Manca cioè la presenza fisica di Tesla, mentre la sua vita è raccontata “di riporto”. Perché hai scelto di sviluppare in questo modo la storia? Voglio dire, va bene l’alone di mistero e di follia che circonda l’inventore, ma non sarebbe stato più gestibile un racconto che lo facesse vedere vivo e attivo?
«Un Tesla vivo e attivo lo ha già raccontato benissimo Jean Echenoz nel bel romanzo Lampi, edito da Adelphi, quindi avrei fatto una copia. Inoltre a me piaceva raccontare sia come fosse stato possibile che un genio come Tesla avesse perso i treni della Quantistica e della Relatività – fatto che per me rimane IL vero mistero di questo scienziato –  sia come la sua figura fosse stata travisata. Inoltre come questa svista complottista, abbia ancora oggi presa sulle persone. Faccio un esempio. A una presentazione a Padova, mentre Giovanni le dedicava la sua copia del libro, una signora del pubblico mi ha detto, molto seriamente e molto pensosa, come se portasse un fardello di responsabilità enorme, che lei ha le prove di come la CIA (sì, proprio quella CIA) abbia insabbiato tutte le invenzioni di Tesla. Sembrava uscita dal nostro fumetto, e invece era lì, davanti a noi in carne e ossa.»
Quanto tempo vi è servito per coordinarvi da sceneggiatura a tavole definitive?
«Tra tutto qualche mese, forse un anno, ma solo perché io ho consegnato tardi, lo confesso. Quando ha avuto la sceneggiatura, Giovanni è stato bravo e veloce.»
Nel vostro romanzo grafico la vita di Tesla è la base di un possibile film, con annesso mistero. Come si ricollega questo elemento finzionale a Tesla?
«Tesla è molto citato da registi e fumettisti. Esiste davvero un film su Tesla, reperibile su Youtube, dove appunto si dà adito ai vari complotti, mentre come personaggio appare in The prestige di Christopher Nolan, dove è interpretato da David Bowie. Ci sono poi molti fumetti dove le sue invenzioni sono alla base della narrazione. Io stesso l’ho conosciuto, molti anni fa, in un numero speciale di Martin Mystere, uno dei tanti personaggi editi da Bonelli editore, scritto da Alfredo Castelli e disegnato da Giampiero Casertano.»
Quanto è mutata la sceneggiatura che avevi creato quando Scarduelli ha iniziato a lavorarci? E come avete lavorato? Sessioni dal vivo oppure tutto a distanza, via telefono, Skype ecc.?
«A dire il vero l’abbiamo mutata poco perché, dopo le prime tavole, l’ho rifinita sul suo disegno. Abbiamo lavorato per telefono, mail, whatsapp, e anche di persona. Mi mandava le matite, ne discutevamo e quindi le finiva. Giovanni si era appassionato alla storia e al personaggio, ed è stato bravissimo a far recitare i personaggi e a rendere le invenzioni e le foto dell’epoca.  Tesla è stato il suo primo libro a fumetti, e l’ha risolto con un impegno, una qualità e una professionalità da autore veterano.»

15 settembre 2019

11 SETTEMBRE / BUSH & CIA, LA LUNGA SCIA DI COLLUSIONI E DEPISTAGGI


Sono trascorsi 18 anni dalla tragedia delle Torri Gemelle che ha causato oltre 3 mila vittime e i cittadini americani stanno aprendo gli occhi sulle responsabilità di quell’11 settembre. Nonostante l’establishment a stelle strisce abbia fatto di tutto e cerchi ancora adesso di fare di tutto per nascondere le tremende verità.
Secondo un ultimo rilevamento, quasi il 60 per cento degli statunitensi pensa che il governo Usa insabbi quelle responsabilità.

George Bush
All’interno di questa larga, predominante fetta, c’è una parte dell’opinione pubblica che sostiene apertamente la pista della cospirazione interna: cioè che si sia trattato di un “lavoro interno” (“an inside job”) dell’allora amministrazione Bush (senior); non pochi poi addebitano colpe agli israeliani, soprattutto tra coloro che parlano di esplosivi all’interno delle Torri Gemelle.
Dal congresso degli Stati Uniti (sotto la presidenza Obama) è stato elaborato un ponderoso documento, dal quale emergono responsabilità riconducibili all’Arabia Saudita, che avrebbe coperto le frange estremistiche del terrore islamista. Ma niente di più. Dopo tanto lavoro, partorito un topolino. Tanto più per il fatto che dagli Usa non sono mai state intraprese azioni politiche o legali nei confronti di quel Paese, peraltro considerato un alleato strategico nel sempre bollente scacchiere mediorientale.

FAMIGLIE AMERICANE CONTRO SAUDITI
Due anni fa è partita un’azione legale (a fini risarcitori) intentata dai familiari delle vittime dell’11 settembre, proprio contro il governo saudita, accusato, appunto, di collusioni con i terroristi. Sostiene Andrew Maloney, il legale delle famiglie: “I sauditi hanno coperto. Sapevano che quel mattino erano arrivati a Los Angeles degli uomini di Al Qaeda. Così come lo sapeva bene la CIA”.
Eccoci al nodo, la Cia. Di cui si parla diffusamente nelle 6 mila e 800 pagine di carte e documenti presentati davanti alla Corte dall’avvocato Maloney. Il quale ha chiamato a testimoniare, tra gli altri, Fahad al-Thumairy, importante ufficiale saudita a Los Angeles e all’epoca imam alla moschea di Culver City, in California, frequentata da alcuni componenti del commando. Nel 2003 Thumairy è stato fermato all’aeroporto di Los Angeles (proveniente dalla Germania) e rimpatriato in Arabia Saudita perchè “sospettato di legami con i terroristi”. Ma oggi lavora ancora per il governo di Riyad. “Potete crederlo, questo?”, si è chiesto Maloney in aula.

Fahad al-Thumairy
Il legale sta cercando di ottenere dall’FBI – per via giudiziaria – tutti i contatti intercorsi con la Cia nei mesi precedenti e susseguenti all’attacco delle Torri Gemelle. Per dimostrare come la Cia fosse perfettamente a conoscenza dei piani di strage, non abbia fatto nulla per contrastarli e abbia molto limitato la condivisione delle informazioni con lo stesso Fbi.
Una guerra tutta interna agli Stati Uniti, dunque, con una Cia in campo – in combutta coi vertici governativi dell’epoca – per colludere, fiancheggiare, coprire e depistare, e un Fbi nei panni degli sprovveduti, tanto che nelle testimonianze di non pochi agenti dell’Fbi – anche apicali – fanno sempre capolino espressioni del tipo “ci hanno fregati”, “non ci hanno comunicato”, “ci hanno nascosto” e via di questo passo. Alice nel paese delle meraviglie, il potente e super attrezzato Federal Bureau ofInvestigation?

TUTTA CIA, DEPISTAGGIO PER DEPISTAGGIO
Sembrerebbe proprio di sì, stando a quanto raccolto dagli autori di un libro-inchiesta, “The Watchdogs didn’t Barc: The CIA, NSA, and the Crimes of the War on Terror”.
A firmarlo John Duffy, uno scrittore e attivista di sinistra, e Ray Novosielsky, un regista, i quali tra l’altro dieci anni fa, nel 2009, intervistarono un consulente della Casa Bianca (sotto le presidenze Bush senior e Clinton) per l’antiterrorismo, Richard Clark. In quella occasione Clark lanciò delle pesantissime accuse contro i vertici della Cia e del suo numero uno, George Tenet,a proposito della rocambolesca e mai chiarita cattura di Osama bin Laden: hanno nascosto tutte le informazioni – è il tono del j’accuse – così come hanno celato le notizie sull’arrivo negli Usa dei futuri terroristi Khalid al-Mihdhar eNawaf al-Hazmi.

Osama bin Laden
Davanti al Congresso Usa, nel 2002 Tenet aveva respinto i primi addebiti, sostenendo di non essere a conoscenza di eventuali pericoli prima dell’11 settembre. Clamorosamente smentito, tra l’altro, da una serie di cablogrammi che contenevano informazioni sugli spostamenti di quei terroristi.
Circa 50-60 ufficiali della Cia, oltre ovviamente al capo Tenet, erano a conscenza di quei fatti, è il senso dell’accusa di Clark, il quale parla senza peli sulla lingua di “agenti doppi”.

I due autori raccolgono svariate testimonianze, lungo il percorso di quella che definiscono la “cospirazione del silenzio”.
Uno dei principali agenti Fbi dell’antiterrorismo, Ali Soufan,esclama: “E’ orribile. Ancora non sappiamo cosa è successo, hanno nascosto tutto. L’11 settembre ha cambiato la storia. Ciò ha portato alle invasioni dell’Afghanistan e dell’Iran, l’estrema instabilità del Medio Oriente, la crescista dell’islamismo militante ma ha anche condotto gli Stati Uniti ad un regime quasi poliziesco”. Parole bollenti.
“Sono triste e depresso per queste cose”, osserva Mark Rossini,uno dei due agenti Fbi di maggior grado posti al coordinamento dell’operazione che ha portato alla misteriosa cattura di Osama bin Laden.
“Ci volevano chiaramente nascondere delle verità”, sottolineano altri due ufficiali di lunga esperienza all’Fbi, Pat D’Amuro Dale Watson.

Terry Strada
Durissime le affermazioni di Terry Strada, leader del gruppo “9/11 Families & Survivors United for Justice Against Terrorism”. Le sue parole: “E’ molto triste che ci sia ancora tutta questa oscurità su quella tragedia. E’ frustrante, e mi fa molto arrabbiare. E’ uno schiaffo in faccia. Pensano di essere al di sopra di tutto, sopra la legge e di non dover rispondere alle famiglie e al mondo. E’ semplicemente disgustoso”.

IL J’ACCUSE DI FERDINANDO IMPOSIMATO
Quasi dieci anni fa è stato Ferdinando Imposimato, il memorabile magistrato antiterrorismo e antimafia, a firmare un report infuocato sull’11 settembre che tirava pesantemente in ballo i vertici Usa e della Cia.
Imposimato, infatti, venne incaricato dal tribunale dell’Aja per i crimini contro l’umanità di preparare un dettagliato dossier per far luce su molti controversi aspetti. Un lavoro che Ferdinando prese molto a cuore. Consultò montagne di documenti, gli demmo una mano per tradurne alcuni (per anni ha scritto per la Voce), redasse un rapporto ponderoso, circa 150 pagine, che venne presentato a New York.

Ne emergeva un quadro probatorio schiacciante. Prove documentali sui contatti della Cia con una serie di terroristi, alcuni dei quali tranquillamente acquartierati negli Usa senza che nessuno alzasse un dito.
Un nome su tutti, quello di Mohamed Atta, il pilota del primo aereo – l’American Airlines Flight11– che si è schiantato contro le Torri Gemelle.
Nato in Egitto nel 1968, Atta trascorre parecchi anni in Germania e all’inizio del 2001 si trasferisce nel States. A Venice, in Florida, prende il brevetto di pilota. In tutti i mesi precedenti all’attacco, fa la spola tra Europa e Usa, e da uno Stato all’altro all’interno degli stessi Usa. Libero di volare come un fringuello, nonostante il suo nome compaia in chiara evidenza ai terminali della Cia e della stessa Fbi nella black list.

Mohammed Atta
Il vertice della Casa Bianca, in quei mesi del 2001, è tenuto costantemente informato dalla Cia: ossia Bush e i suoi scagnozzi sanno bene di che personaggio si tratta, così come di parecchi altri rampanti terroristi. Ma nessuno compie un… atto, una sola azione per fermarli.
Imposimato fornisce ampi ragguagli; fa nomi, cognomi e indirizzi dei principali personaggi coinvolti; così come di coloro i quali avrebbero dovuto vigilare, controllare e fermare quell’azione terroristica e non lo hanno fatto.
E’ successo qualcosa dopo quel potente atto d’accusa stradocumentato? Niente. Così come dopo altre accuse e inchieste al calor bianco, in Italia una per tutte quella firmata da Giulietto Chiesa sull’autodisastro delle Torri Gemelle.

BUSH & FRIENDS
Del resto, perché mai George W. Bushavrebbe dovuto alzare un dito, amico com’era della famiglia bin Laden?

Bjorn Borg e Loredana Bertè
Perché nell’agenda Bush va rammentata un’altra data da novanta. Quella di una gara di tennis e poi di un super pranzo. Tra le guest star il re della racchetta Bjorn Borg e la sua compagna di allora, Loredana Bertè. A raccontare la story alla Voce fu l’avvocato Carlo Taormina, che allora tutelava gli interessi della coppia Borg-Bertè.

Ma c’era un altro ospite eccellente, a quel meeting: Osama bin Laden. Proprio lui, il Principe del Terrore.